Libro VI°
I Palestinesi restituiscono l'arca
Libro VI:1 - I, I. - I Palestinesi, catturata l'arca dei loro nemici, la condussero nella città di Azoto, ponendola, come un trofeo, a lato del loro proprio dio, che si chiamava Dágon.
Libro VI:2 Il giorno appresso, quando allo spuntare del sole, tutti entrarono nel tempio per adorare il loro dio, lo trovarono che faceva lo stesso presso l'arca: giaceva, infatti, prostrato, essendo caduto dal piedestallo sul quale era sempre stato. Così essi lo drizzarono e lo posero nuovamente al suo posto, rattristati per quanto era accaduto. Ma ogni volta che andavano a visitare Dágon, lo trovavano sempre nella stessa posizione prostrato davanti all'arca, e rimasero molto perplessi e incerti.
Libro VI:3 Alla fine Dio lanciò contro la città di Azoto un gran malessere e pestilenza: morivano di dissenteria e acuti spasmi che li portavano a una rapida dissoluzione, e prima che l'anima si staccasse dal corpo rigettavano le viscere insanguinate e corrotte dal morbo. La regione poi era invasa da una moltitudine di sorci spuntati dalla terra che guastavano le campagne, non risparmiando né piante né frutti:
Libro VI:4 trovandosi in questi malanni, non potendo sopportare le sciagure, gli abitanti di Azoto compresero che da quell'arca venivano le loro sciagure e che la loro vittoria e la cattura del trofeo non erano stati per loro un beneficio.
Libro VI:5 Mandarono dunque a dire agli uomini di Ascalon che li pregavano di volere prendere in custodia loro l'arca; a questi non dispiacque la supplica degli abitanti di Azoto, e acconsentirono a fare loro questo piacere. Ma appena ricevettero l'arca, si trovarono nelle stesse traversie: l'arca recava con sé le medesime piaghe degli abitanti di Azoto a quelli che la ricevettero dalle loro mani. Così gli Ascaloniti se ne disfecero inviandola a città vicine.
Libro VI:6 E in questo modo l'arca si aggirò tra le cinque città dei Palestinesi, esigendo da ognuna una tassa per le varie infermità sorte tra di loro.
Libro VI:7 - 2. Stanchi per tanti mali provati e divenuti una lezione per tutti coloro che ne avevano sentito parlare, non volevano accogliere l'arca a così caro prezzo, e cercarono le vie e i mezzi di liberarsene.
Libro VI:8 Così i capi delle cinque città, Gitta, Accaron, Ascalon e ancora Gaza e Azoto, si incontrarono per deliberare che cosa fare. La loro prima risoluzione fu di restituire l'arca al popolo al quale apparteneva, giacché Dio difendeva la sua causa ed era il motivo per cui venivano i mali e la accompagnavano nelle loro città.
Libro VI:9 Alcuni affermavano che ciò non si doveva fare, ma sopportare questi mali con equanimità, tenendo conto che la loro causa non era altro che la natura, che periodicamente provoca cambiamenti anche nel corpo umano, nella terra, nelle piante e in tutti i prodotti della terra.
Libro VI:10 Ambedue le proposte furono però sconfitte e prevalse l'avviso di persone che in tempi passati avevano avuto credito per la loro intelligenza e sagacia, e che al presente pareva che fossero nel giusto. Il loro verdetto fu di non rinviare indietro l'arca, né di trattenerla, ma di dedicare a Dio cinque immagini d'oro, una per ogni città, quale offerta e affinché provvedesse alla loro salvezza e per averli conservati nella terra dei vivi allorché erano sul punto di venire sopraffatti dai mali; ed ancora un ugual numero di topi d'oro come quelli che avevano divorato e guastato la loro campagna.
Libro VI:11 Poi, dopo avere sistemato tutto questo in un cesto sopra l'arca, dovevano allestire un carro nuovo al quale aggiogare delle vacche sgravate da poco, chiudere i vitelli altrove affinché non distogliessero le madri seguendole, e queste, col desiderio di rivederli, percorressero più veloci la loro strada; le conducano, in seguito, sulla strada, mettano l'arca a un trivio, le lascino acconsentendo loro di scegliere il sentiero che più le aggrada.
Libro VI:12 Se prendono la via degli Ebrei e salgono nella loro regione, essi considerino l'arca come la causa di tutti i loro mali; ma se si volgono altrove, allora, dicevano: “Lasciatele andare, avendo scoperto che essa non ha un simile potere”.
Libro VI:13 - 3. Giudicarono che questo era ben detto e ratificarono il parere agendo in conformità di esso. Fecero gli oggetti detti sopra, condussero il carro
all'incrocio, e qui lo lasciarono ritirandosi. Videro allora le vacche andarsene sulla via giusta, quasi che qualcuno le guidasse; i capi dei Palestinesi le seguivano per vedere dove si sarebbero fermate e presso chi si sarebbero indirizzate.
Libro VI:14 C'è un villaggio nella tribù di Giuda che si chiama Bethes: e fu qui che arrivarono le giovenche; siccome le accolse una pianura grande e amena non proseguirono oltre e qui fermarono il carro. Per gli abitanti del villaggio fu uno spettacolo e fecero grande festa; poiché, essendo estate, tutti si trovavano in campagna a raccogliere le messi, e appena vista l'arca, rapiti dalla gioia, lasciarono cadere di mano il lavoro e correvano presto dal carro.
Libro VI:15 Tirata giù l'arca e il cesto contenente le immagini e i topi, li posero su di una pietra che si trovava nella pianura, offrirono poi a Dio uno splendido sacrificio con una festa gioiosa, e del carro e delle vacche fecero un olocausto. Visto tutto questo, i capi dei Palestinesi se ne tornarono indietro.
Libro VI:16 - 4. Tuttavia, l’ira e lo sdegno di Dio visitò settanta di quelli del villaggio di Bethes, li colpì e uccise perché si erano avvicinati all'arca, ma, non essendo sacerdoti, non avevano il privilegio di toccarla. Grande fu il lutto tra gli abitanti del villaggio che su di essi innalzarono una lamentazione com'era opportuno che si facesse per un castigo inviato da Dio: e ognuno aveva il suo da piangere.
Libro VI:17 Allora si riconobbero indegni di trattenere con loro l'arca e inviarono all'assemblea generale degli Ebrei la comunicazione che l'arca era stata restituita dai Palestinesi; saputo ciò, la fecero trasportare a Kariathjarim, città vicina al villaggio di Bethes;
Libro VI:18 e siccome quivi viveva un uomo della stirpe levita, di nome Aminadab, reputato per la sua rettitudine e pietà, introdussero l'arca in casa sua, giudicandola un luogo appropriato a Dio, essendo la dimora di un uomo giusto. I figli di questo uomo servirono l'arca e ne ebbero cura per venti anni; rimase, infatti, in Kariathjarim tutto questo tempo, dopo essere stata per quattro mesi tra i Palestinesi.
Libro VI:19 - II, I. - Ora, per tutto il tempo in cui la città di Kariathjarim ebbe la custodia dell'arca, tutto il popolo era rivolto alle preghiere e ai sacrifici a Dio, dimostrando grande zelo verso di Lui. Così il profeta, vedendone l'ardore, approfittò dell'opportunità per incontrarli, mentre erano in questo stato
d'animo, per parlare loro della libertà e dei benefici che portava, rivolgendosi loro con parole che giudicava molto atte a vincere e persuadere i loro cuori.
Libro VI:20 “Uomini”, disse, “che fino a oggi avete nei Palestinesi degli intollerabili nemici, ma Dio comincia a guardarvi benevolmente e da amico, non dovete accontentarvi di aspirare alla libertà, ma dovete anche operare affinché la possiate raggiungere, non liberandovi semplicemente dei vostri padroni e continuare ad agire in modo che essi rimangano sempre così.
Libro VI:21 Siate giusti e, allontanando l'iniquità dai vostri cuori, purgateli, rivolgetevi a Dio con tutto il vostro cuore e perseverate ad amarlo. Così facendo, ne avrete ogni bene, la liberazione da ogni schiavitù e la vittoria sui vostri nemici, e otterrete quei beni che non si acquistano con le armi, né con la robustezza corporale, né con una moltitudine di combattenti. E, infatti, non è per questo che Dio promette quei beni, bensì in merito di una vita virtuosa e giusta; è per assicurare la certezza delle sue promesse ch'io sono qui”.
Libro VI:22 Queste parole furono acclamate dalla moltitudine lieta di questa esortazione, e promise di rendersi gradita a Dio. Samuele, dunque, li radunò in una città di nome Masfata, che nella lingua degli Ebrei significa luogo cospicuo. Qui attinsero acqua e ne fecero libagioni a Dio, e, digiunando l'intera giornata, si dedicarono alla preghiera.
Libro VI:23 - 2. Ma il loro raduno in questo posto non passò inosservato dai Palestinesi, che, anzi, non appena seppero dell'adunanza, avanzarono in forza contro gli Ebrei con pesanti armi, sperando di coglierli all'improvviso e sprovveduti.
Libro VI:24 Sgomenti per l'attacco e l'animo sconvolto dalla paura, gli Ebrei corsero da Samuele e gli dichiararono che il loro cuore era colmo di paura al ricordo della precedente sconfitta; intendevano però stare calmi per non irritare le forze nemiche. “Tu ci hai radunati qui per preghiere, sacrifici e giuramenti, ed ora i nemici ci assaltano mentre noi siamo nudi e disarmati. Non ci resta altra speranza di salvezza all'infuori di te e di Dio supplicato da te, affinché possiamo scampare dal potere dei Palestinesi”.
Libro VI:25 Egli ordinò loro di farsi coraggio e promise che Dio li avrebbe soccorsi. In seguito prese un agnello da latte e ne fece un sacrificio per la folla e pregò Dio di stendere la sua destra su di essi nelle battaglie contro i Palestinesi, e di non permettere che subissero una seconda disfatta; Dio porse l'orecchio alle
suppliche, accolse il sacrificio con spirito lieto e pacifico, e diede loro la sicurezza di una trionfante vittoria.
Libro VI:26 La vittima era ancora sull'altare, egli ancora non l'aveva consumata con la sacra fiamma, quando le forze nemiche uscirono dall'accampamento e si schierarono per la battaglia, sperando nella vittoria, col pensiero di avere colto i Giudei in una condizione disperata visto che erano disarmati e adunati con tutt'altra intenzione che quella di combattere. Ma incontrarono cose che non avrebbero creduto se altri le avessero dette loro.
Libro VI:27 Prima Dio li scompigliò con un terremoto: una scossa alla terra, la fece tremare e la rese incerta sotto i loro piedi: al suo ondeggiare, i piedi erano insicuri e precipitavano nelle voragini che si aprivano qua e là; e rumoreggiando con tuoni e lampeggiando con folgori infuocate, strappò le armi dalle loro mani e, impotenti, li mise in fuga.
Libro VI:28 Allora Samuele li incalzò con la moltitudine (di cui disponeva) e ne massacrò molti inseguendoli in una località detta Correa; quivi piantò un sasso quasi a termine di confine della vittoria e della fuga dei nemici, e lo chiamò “Forte”, simbolo della forza data loro da Dio contro i nemici.
Libro VI:29 - 3. Dopo questa strage, non si mossero più a invadere gli Israeliti, ma dalla paura e dal ricordo di quanto era loro accaduto, se ne stettero quieti; e l'ardire che un tempo i Palestinesi avevano contro gli Ebrei, dopo questa vittoria, passò ai loro oppositori.
Libro VI:30 Così Samuele andò nell'accampamento contro di loro, ne uccise molti, ridusse considerevolmente la loro tracotanza, tolse loro la regione che essi, prima, avevano tolto ai Giudei dopo che li avevano soggiogati con le armi: è la regione che si estende dai confini di Gitta alla città di Accaron. In quel tempo c'era amicizia tra gli Israeliti e il resto dei Cananei.
Libro VI:31 - III, I. - Ora, il profeta Samuele, avendo dato un buon ordine al popolo e assegnato a ogni gruppo una città, ordinò loro che quivi ognuno si radunasse per comporre le differenze sorte tra loro. Egli, annualmente, faceva il giro di queste città giudicando le loro cause, e in tal modo continuò ad amministrare accuratamente la giustizia.
Travaglio di Samuele per la designazione di un re
Libro VI:32 - 2. In seguito, oppresso dall'età e impedito di seguire la sua solita condotta, cedette il comando e il governo del popolo ai suoi figli. Il più anziano di essi si chiamava Julus e il più giovane aveva il nome di Abira; ed egli incaricò l'uno di sedere in tribunale nella città di Bethel, e l'altro in Barsubei dividendo per ognuno la parte di popolo che doveva essere sotto la sua giurisdizione.
Libro VI:33 Ma questi giovani fornivano un illustre esempio e una prova che i figli non necessariamente assomigliano al carattere dei genitori: a volte avviene che da genitori cattivi vengano figli di belle doti e buoni, mentre figli di genitori virtuosi si dimostrano tristi e iniqui.
Libro VI:34 Poiché deviano dalle istituzioni paterne e prendono strade contrarie e barattano la giustizia con doni e sporchi guadagni, pronunciando giudizi non secondo la verità, ma in base al loro profitto e abbandonandosi a una vita leggera e dispendiosa, agendo anzitutto contro il volere di Dio, e poi contro quello del profeta, loro padre, che con zelo e cura mirava a che anche nella moltitudine regnasse la giustizia.
Libro VI:35 - 3. Ma il popolo, vedendo questi stravolgimento della precedente costituzione e del governo operati dai figli del profeta, stanco del loro modo di procedere, andò da Samuele, che era allora nella città di Armatha; gli espose le iniquità dei figli, aggiunse che, vecchio ormai qual era e indebolito per l'età avanzata, non poteva più amministrare direttamente i pubblici affari come per l'innanzi;
Libro VI:36 perciò lo pregava e supplicava che tra loro volesse designare un re per governare la nazione e punire i Palestinesi che ancora dovevano pagare le passate soperchieria. Queste parole dispiacquero moltissimo a Samuele, sia per l'innata sua rettitudine, sia per l'odio che aveva verso i re, in quanto era fortemente innamorato dell'aristocrazia, giacché essa rende felici e beati quanti si sottomettono al suo governo.
Libro VI:37 Così l'ansietà e le considerazioni suscitate in lui da questi discorsi gli fecero dimenticare il pensiero del cibo e del sonno, e passava tutta la notte a rivolgere e meditare nella sua mente questi problemi.
Libro VI:37 - 4. Egli era in questo stato, quando gli apparve la Divinità : lo confortò e gli disse di non affannarsi per questa domanda della moltitudine in quanto non disdegnava lui, ma Dio stesso, non volendo che regnasse solo Lui; tali cose architettavano fin dal giorno in cui li trasse dall'Egitto; ma non passerà molto tempo che ne avranno doloroso rimorso, “un rimorso che non potrà
arrestare ciò che sta per accadere, ma li convincerà a condannare se stessi per avere seguito sconsideratamente consigli poco riconoscenti verso di Me e verso il tuo ufficio profetico.
Libro VI:39 Ora ti ordino di eleggere per loro quel re che io ti additerò, dopo che tu li avrai messi in guardia dai mali cui vanno incontro sottoponendosi a un re, e dichiarino solennemente la responsabilità che si addossano”.
Esigenze di un re
Libro VI:40 - 5. Udito ciò, sul fare del giorno, Samuele radunò i Giudei e acconsentì a dare loro un re, ma disse che prima doveva esporre quanto sarebbe accaduto loro sotto il potere dei re e a quanti mali sarebbero stati soggetti. “Dovete conoscere”, egli disse, “che anzitutto prenderanno i vostri figli e ordineranno che alcuni di loro siano cocchieri, altri soldati a cavallo, altri guardie del corpo, altri corrieri o capitani di mille o di cento; di essi faranno anche degli armieri per i carri e per altri strumenti; altri li destinerà a coltivare la terra e ad avere cura dei loro campi e a zappare le vigne;
Libro VI:41 né vi sarà cosa che, sotto il loro comando, i vostri figli non dovranno fare come schiavi pagati a prezzi fisso. Le vostre figlie saranno addette ai profumi, alle cucine, ai forni, e saranno loro soggette in ogni lavoro manuale al quale sono sottoposte le donne di servizio e che compiono con paura e minaccia di bastonate e torture. Essi perciò vi sottrarranno i vostri averi per darli agli eunuchi, alle guardie del corpo, i vostri greggi per dividerli tra i loro cortigiani;
Libro VI:42 in breve, voi e tutto ciò che è vostro l'impiegherete a servizio del re e diverrete suoi domestici; ed egli, quando verrà, vi farà tornare alla memoria tutte le mie parole, e attraverso queste sofferenze giungerete a pentirvi e a implorare Dio affinché abbia pietà di voi e vi conceda presto la liberazione dai vostri re. E tuttavia Egli non ascolterà le vostre suppliche, ma le respingerà e permetterà che paghiate la pena del vostro cattivo consiglio”.
Libro VI:43 - 6. Nonostante queste predizioni sull'avvenire, la moltitudine fu sorda e rifiutò ostinatamente di ritrarre dalla sua mente una decisione profondamente radicata. Non si ritrasse, né fece alcun conto di quanto disse Samuele, anzi lo pressava inopportuna e insisteva affinché eleggesse il loro re e non si desse pensiero per il futuro,
Libro VI:44 dato che per umiliare i nemici era necessario che combattesse come loro, e non poteva esserci nulla di strano - visto che i loro vicini erano retti da re - nell'essere governati con la stessa forma di governo. Vedendo che neppure tali predizioni li aveva smossi dal loro intento, ma insistevano, Samuele disse: “Andatevene ognuno a casa sua. Nel tempo del bisogno, vi radunerò, quando saprò da Dio chi vi dà per vostro re”.
Saul, il primo re
Libro VI:45 - IV, I. - Vi era un uomo della tribù di Beniamino, di buon lignaggio e di buoni costumi, di nome Kis. Questi aveva un figlio, un giovane di bell'aspetto e di alta statura, in prudenza e senno sorpassava queste qualità.
Libro VI:46 Lo chiamavano Saul. Un giorno che alcune sue belle asine - delle quali si compiaceva più che di tutto quello che possedeva - si erano allontanate dal pascolo, Kis mandò il figlio con un servo alla ricerca delle bestie. Egli, dopo avere percorso tutta quanta la tribù paterna in cerca delle asine, passò in altre tribù, e anche qui, non riuscendo a trovarle, decise di ritornare, poiché il padre, a causa sua, non stesse in apprensione.
Libro VI:47 Ma quando furono alla città di Armatha, il servo che l'accompagnava disse che là si trovava un vero profeta e lo consigliò ad andare da lui dal quale avrebbero saputo che cosa ne era avvenuto delle asine. Egli rispose che se andavano dal profeta, non avevano nulla da offrirgli per l'oracolo, poiché le loro provviste erano finite.
Libro VI:48 Il servo però replicò di avere un quarto di siclo e glielo avrebbe dato - erano ingannati dal fatto che ignoravano che un profeta non accetta alcuna ricompensa -, e così andarono. Alle porte della città, incontrate delle ragazze che andavano ad attingere acqua, domandarono quale era la casa del profeta. Esse gliela indicarono avvertendoli di fare in fretta, prima che egli si sedesse a cena, poiché aveva molti invitati e si sedeva prima degli invitati.
Libro VI:49 Ora, la ragione per cui a quell'ora Samuele aveva convocato molta gente, era questa: aveva pregato Dio ogni giorno di rivelargli chi avrebbe fatto re e, nel giorno innanzi, Dio gli aveva annunziato che Egli stesso, nella stessa ora, gli avrebbe inviato un giovane della tribù di Beniamino. Perciò Samuele, seduto nella parte alta della sua casa aspettava che giungesse il tempo e, quando l'ora giunse, discese per la cena.
Libro VI:50 E incontrò Saul e Dio gli manifestò che a lui sarebbe stato affidato il comando. Ma Saul, avvicinatosi a Samuele, lo salutò pregandolo di mostrargli la casa del profeta perché egli, essendo forestiero, non lo sapeva.
Libro VI:51 Samuele allora gli disse che il profeta era lui e lo condusse a cena, assicurandolo che erano salve le asine in cerca delle quali era stato inviato, e che a lui erano destinate tante cose buone; egli interruppe “Ma io, padrone, sono impari a questo genere di speranze, io vengo da una tribù troppo piccola per fare il re e da una delle famiglie più misere. Tu ti prendi gioco e ridi di me parlando di cose troppo alte per la mia condizione”.
Libro VI:52 Ma il profeta l'introdusse a mensa facendo sedere lui e il suo servo nel luogo più alto degli altri invitati - settanta di numero - e ordinò agli inservienti di mettere una porzione regale davanti a Saul. Quando poi giunse l'ora d'andare a letto, tutti gli altri partirono, ognuno per la propria casa, mentre Saul, col servo, restò a dormire presso il profeta.
Elezione di Saul
Libro VI:53 - 2. Sul fare del giorno, Samuele lo fece alzare dal letto, l'accompagnò per un buon tratto di strada, gli ordinò di mandare innanzi il suo servo e di restare dietro di lui perché aveva qualcosa da dirgli privatamente.
Libro VI:54 Così Saul allontanò il servo, e il profeta, prese la fiasca dell'olio, la versò sul capo del giovane, lo baciò e disse: “Sii re, scelto da Dio per combattere i Palestinesi e difendere gli Ebrei. Questo ti sia di segno di quanto io voglio che tu sappia in anticipo:
Libro VI:55 quando sarai partito di qui, incontrerai tre uomini diretti alla volta di Bethel per onorare Dio; il primo che vedrai porterà tre pani, il secondo un capretto, e il terzo seguirà portando una pelle di vino. Questi uomini ti saluteranno, saranno cortesi verso di te, ti daranno due pani, e tu li accetterai.
Libro VI:56 Quando di qui giungerai al luogo detto "Tomba di Rachele", incontrerai uno che ti annunzierà che le asine sono salve. In seguito andando a Gabatha, troverai uno stuolo di profeti e, divinamente ispirato, ti unirai a loro e con essi profeterai, al punto che chiunque vedrà, si stordirà e stupito, dirà: "Il figlio di Kis com'è giunto a simile grado di felicità?"
Libro VI:57 E quando verranno a te questi segni, sappi che Dio è con te. Va a salutare tuo padre e i parenti. Ma allorché sarai chiamato da me, tu verrai a Galgala affinché offriamo sacrifici di ringraziamento a Dio per questi benefici”. Dopo tali dichiarazioni e predizioni, egli lasciò partire il giovane: ed ogni cosa avvenne a Saul come aveva predetto Samuele.
Libro VI:58 - 3. Ma allorché entrò a casa sua e il suo parente Abenar era quello che più amava tra tutti i suoi parenti - l'interrogò sul suo viaggio e su quanto gli era avvenuto, Saul gli disse della visita al profeta e ancora che le asine erano salve, ma nascose tutto il resto.
Libro VI:59 Intorno al regno e alle cose in relazione ad esso, mantenne il silenzio, temendo che le sue parole avrebbero suscitato invidia o beffe; anche a uno che giudicava il più leale degli amici e al quale era più affezionato che a tutti quelli del suo stesso sangue, ritenne più sicuro e prudente mantenere il proprio segreto, riflettendo, io penso, quale è veramente la natura umana in se stessa, e come nessuno, sia egli congiunto o stretto amico, mostri inalterata lealtà o mantenga la sua amicizia allorché gli sono attestati da Dio evidenti segni di distinzione: tutti gli uomini mostrano, verso queste distinzioni, un animo malevolo e invidioso.
Libro VI:60 - 4. Samuele convocò nuovamente il popolo nella città di Masfa, e rivolse loro quanto Dio gli aveva indicato. Disse che, sebbene Dio avessero concesso loro la libertà e resi schiavi i loro nemici, essi non furono riconoscenti ai Suoi benefici, rifiutarono la Sua sovranità, non riflettendo che era nel loro più grande interesse avere il più abile dei capi come loro sovrano
Libro VI:61 e che il migliore di tutti è Dio, avevano scelto di avere come loro re un uomo che tratta i sudditi come bestie secondo il suo volere e piacere e sotto l'impulso delle sue passioni e si abbandona pienamente al suo potere; (un uomo) che non è autore e creatore della stirpe umana e non si premura amorevolmente di custodirla, mentre Dio, proprio per questo, la protegge con cura. “Ma poiché”, aggiunse, “voi preferite così, e questo che è oltraggioso a Dio è quanto volete, disponetevi tutti per tribù e famiglie, e gettate le sorti”.
Libro VI:62 - 5. Gli Ebrei così fecero, e la sorte cadde sulla tribù di Beniamino; gettate le sorti su quella (tribù) ebbe successo la famiglia detta Matri - e gettate le sorti sugli individui di quella famiglia, caddero su Saul, figlio di Kis che ottenne il regno.
Libro VI:63 Sapendo questo, il giovane subito si sottrasse dall'adunanza non volendo, io penso, apparire pronto ad accettare il comando; e dimostrò tanta moderazione e modestia che, mentre la maggioranza non sa contenere la propria gioia neppure dopo piccoli successi, e subito si agita per fare mostra di sé, egli, lungi dal mostrare orgoglio per avere ottenuto un regno, ed essere stato designato signore di tutto questo popolo potente, si sottrasse dalla vista dei suoi futuri sudditi, obbligandoli a cercarlo non senza fatica.
Libro VI:64 Essi erano sopra pensiero e perplessi perché Saul non si trovava. Il profeta supplicò di indicargli dove fosse il giovane e di portarlo davanti ai loro occhi.
Libro VI:65 Saputo da Dio il luogo ove Saul si trovava nascosto, mandò a prenderlo; e allorché venne, lo pose in mezzo alla moltitudine. Egli li sorpassava tutti per statura: era veramente il più regale di tutti.
Libro VI:66 - 6. Allora il profeta disse: “Questo è il re che Dio vi ha dato. Guardate quanto si innalzi al di sopra di tutti e sia degno del comando!” Dopo l'acclamazione “Salute al re!” il profeta che aveva messo per iscritto tutto ciò che doveva accadere, lo lesse in presenza del re e pose il libro nella tenda di Dio come testimonianza di quanto aveva predetto per le future generazioni.
Libro VI:67 Terminato questo compito, Samuele congedò la moltitudine e si recò nella città di Armatha, sua patria. Saul, invece, partì per Gabatha, donde era nativo; lo accompagnavano molte buone persone per fare gli onori dovuti al re; ma i più erano tristi, avendone poca stima; ridevano degli altri, non gli offrivano doni, né si davano pena o cura di accattivarsi il favore di Saul.
Le guerre di Saul contro gli Ammoniti
Libro VI:68 - V, I. - Ma un mese dopo iniziò a guadagnarsi la stima di tutti per mezzo della guerra contro Naas, re degli Ammoniti. Costui aveva fatto molto male contro i Giudei che si erano stanziati al di là del fiume Giordano, avendo invaso il loro territorio con un grande esercito in assetto di guerra;
Libro VI:69 ridusse le loro città in schiavitù con la forza e la violenza e non soltanto se ne assicurò la soggezione per il presente, ma con accortezza e sagacia le fiaccò in modo tale che non potessero ribellarsi e sfuggire alla sua servitù. Perché sia a quanti si arresero a lui sotto giuramento, sia a quelli catturati, per legge di guerra fece cavare l'occhio destro.
Libro VI:70 E questo faceva con l'intento di renderli del tutto impediti, dato che l'occhio sinistro veniva coperto dallo scudo.
Libro VI:71 Il re degli Ammoniti, dopo avere ridotto in tal modo quelli al di là del Giordano, volse le armi contro quelli detti Galadeni. Pose l'accampamento vicino alla capitale dei suoi nemici, cioè Jabis, mandò loro dei legati ordinando di arrendersi subito sottintendendo che sarebbe stato cavato loro l'occhio destro, in caso contrario li minacciava di assedio e di distruzione delle loro città: a loro la scelta, se preferivano perdere una piccola porzione del corpo, oppure perderlo tutto.
Libro VI:72 I Galadeni, terrorizzati, non risposero a nessuna delle due proposte, la resa oppure la guerra, ma domandarono una tregua di sette giorni, per inviare dei messi ai connazionali e sollecitare il loro aiuto. Se l'aiuto fosse giunto, avrebbero combattuto; ma se da questa parte non ci fosse stata alcuna speranza, si sarebbero arresi e sottoposti al suo giudizio.
Libro VI:73 - 2. Naas, sprezzante verso i Galadeni e verso la loro risposta, accordò la tregua e permise di rivolgersi a tutti gli alleati che volevano. Essi spedirono subito ambasciatori a ogni città degli Israeliti per riferire le minacce di Naas e le angustie in cui si trovavano.
Libro VI:74 All'udire la condizione degli Jabisiti, proruppero in lacrime e lamenti; ma al di là di questo, la paura non consentiva loro di fare altro. Ma allorché gli ambasciatori giunsero nella città del re Saul e narrarono il pericolo nel quale si trovavano quelli di Jabis, anche qui il popolo si agitò come ovunque, perché deploravano le calamità dei loro fratelli.
Libro VI:75 Saul, però, che stava entrando in città dai lavori di campagna, incontrò i suoi concittadino in lacrime e, chiesto il motivo della loro confusione e tristezza, venne a conoscenza delle notizie degli ambasciatori.
Libro VI:76 Subito, divinamente ispirato, rimanda gli uomini di Jabes con la promessa di andare in loro aiuto di li a tre giorni e di vincere i nemici prima del sorgere del sole, di modo che il sole, sorgendo, li vedrà vittoriosi e affrancati dalla paura; ordinò tuttavia che alcuni di loro restassero con lui per guidarlo lungo il cammino.
Libro VI:77 - 3. Volendo poi scuotere il popolo alla guerra contro gli Ammoniti, con il timore di un castigo e affinché si radunassero più in fretta, egli tagliò i
nervi ai suoi buoi e minacciò di fare altrettanto alle bestie di tutti quelli che il giorno dopo non si sarebbero presentati in armi al Giordano per seguire lui e il profeta Samuele ovunque li avessero guidati.
Libro VI:78 Per la paura del minacciato castigo, essi, dunque, si trovarono insieme al tempo stabilito, e quando egli passò in rassegna la moltitudine presso la città di Bala, trovò che ammontava a 700.000, senza contare la tribù di Giuda: di questa tribù ce n'erano 70.000.
Libro VI:79 Passato il Giordano, fece durante l'intera notte un cammino di ben dieci schoenoi, giunse prima che sorgesse il sole, divise l'esercito in tre parti e all'improvviso si slanciò sul nemico, che non prevedeva una simile azione, iniziò la battaglia, uccise una moltitudine di Ammoniti e lo stesso re Naas.
Libro VI:80 Questa brillante impresa compiuta da Saul, divulgò le sue gesta tra tutti gli Ebrei e gli valse gran fama di uomo valoroso. Se prima c'era qualcuno che non lo stimasse, adesso si volsero tutti ad onorarlo e stimarlo come il migliore di tutti gli uomini. Poiché, non pago di avere salvato gli abitanti di Jabes, penetrò nel paese degli Ammoniti, lo sottomise tutto; prese molto bottino e, pieno di gloria, se ne ritornò a casa sua.
Libro VI:81 Il popolo, lieto per le gesta di Saul, esultava di avere eletto un simile re e, a coloro che avevano sostenuto che al pubblico egli non avrebbe arrecato alcun beneficio, gridavano, dicendo: “Dove sono ora quelli?” E “Ne paghino il fio!” E tutto ciò che suole dire una moltitudine imbaldanzita dai propri successi contro coloro che, poco prima, ne disprezzavano gli autori.
Libro VI:82 Saul, mentre gradiva la loro buona volontà e la devozione che avevano verso di lui, così giurava che in quel giorno non avrebbe permesso che alcuno dei suoi connazionali fosse messo a morte, in quanto sarebbe cosa mostruosa macchiare la vittoria, data da Dio, versando del sangue e uccidendo uomini della propria stirpe, ed era meglio fare festa in buona pace e vicendevole armonia.
Seconda elezioni e unzione di Saul
Libro VI:83 - 4. Samuele, poi, avendo dichiarato necessario confermare il regno a Saul con una seconda elezione, radunò tutti nella città di Galgala, poiché aveva ordinato che convenissero tutti quivi. Così, ancora una volta, il profeta unse Saul
con l'olio sacro davanti a tutto il popolo, e, per la seconda volta lo proclamò re. E così lo stato degli Ebrei si mutò in monarchia.
Libro VI:84 Sotto Mosè e sotto il suo discepolo Gesù, che era il capo supremo, essi (i Giudei) si ressero con l'aristocrazia; dopo la sua morte, per uno spazio di diciotto anni, la moltitudine andò avanti in uno stato di anarchia;
Libro VI:85 dopo ritornarono al primo governo conferendo la suprema autorità giudiziaria a colui che in guerra si dimostrava più valoroso e abile; è per questo che chiamarono questo periodo della loro vita politica "età dei giudici".
Riflessioni di Samuele
Libro VI:86 - 5. Il profeta Samuele convocò un'assemblea di Ebrei, e disse: “Vi scongiuro, per il sommo Dio che diede vita e condusse quegli eccellenti fratelli, intendo Mosè e Aaronne, e liberò dalle mani degli Egiziani i vostri padri sottraendoli dai ceppi, senza dimostrarvi un favore eccessivo, senza cedere alla paura, senza lasciare spazio ad alcun altro sentimento di interessi, ditemi se per ambizione o parzialità mi sia fatto traviare da ciò che è retto e giusto per amore di guadagno o cupidigia o per amore verso altri.
Libro VI:87 Accusatemi, se mai ho commesso cose del genere, se mai ho ricevuto vitello o pecora o cose del genere, la cui accettazione per proprio sostentamento appaia degna di biasimo, o se ho dato di che dolersi ad alcuno prendendo con la forza a mio uso un giuramento altrui: se mai commisi uno di questi crimini, attestatelo qui, ora, in presenza del re”. Allora tutti gridarono che non commise alcuna di quelle cose, bensì aveva governato la nazione santamente e con rettitudine.
Libro VI:88 - 6. Ricevuta da tutti questa testimonianza, Samuele disse: “Visto che avete riconosciuto di non potermi attribuire alcun crimine, a tutt'oggi, venite ora e uditemi mentre io vi dico, con tutta sincerità, che avete fatto un gran torto a Dio chiedendogli un re.
Libro VI:89 Dovreste ricordare che soltanto con settanta anime della vostra stirpe il progenitore Giacobbe scese in Egitto, costretto dalla fame, e qui, nella prosperità, si accrebbe in molte migliaia, fu soggetto a schiavitù e maltrattamenti da parte degli Egiziani; e alle preghiere dei nostri padri, senza alcun re, Dio concesse la liberazione da tante angustie soltanto inviando i fratelli Mosè e Aaronne che vi guidarono nella terra che oggi abitate.
Libro VI:90 E, nonostante abbiate goduto di questi beni venuti da Dio, avete tradito il Suo culto religioso e la Sua pietà. Ciononostante, allorché siete caduti nelle mani dei vostri nemici, Egli vi liberò, prima facendovi trionfare sugli Assiri e sul loro potere, poi dandovi la vittoria su Ammoniti e Moabiti, e infine sui Palestinesi, tutto questo l'avete compiuto non sotto la guida di un re, ma guidati da Jefte e Gedeone.
Libro VI:91 Che sciocchezza fu la vostra, fuggire da Dio e volere essere sotto un re! Sì, io ve l'ho designato dopo che Egli stesso lo scelse. Tuttavia, per dimostrarvi all'evenienza l'ira di Dio e il Suo cruccio per la vostra scelta monarchica, io prevarrò con Lui mostrandovi questo con manifesti prodigi. Infatti, ciò che nessuno di voi ha mai visto, accadrà adesso: vi farò testimoni di una tempesta a mezza estate, per mezzo delle mie preghiere a Dio”.
Libro VI:92 Non appena Samuele terminò di dire queste parole alla moltitudine, Dio attestò la verità di quanto aveva detto il profeta con tuoni, lampi e con un rovescio di grandine, tanto che la moltitudine terrorizzata e sbalordita riconobbe l'errore e l'ignoranza che l'aveva indotta a cadere, e implorarono il profeta che, qual padre dolce e gentile, implorasse Dio di ritornare benevolo a loro, come era prima, e perdonasse loro questo peccato commesso, oltre a tutte le altre insolenze e trasgressione.
Libro VI:93 Egli promise che avrebbe pregato Dio affinché perdonasse loro; intanto li esortò a essere giusti e buoni, e ad avere sempre davanti agli occhi i malanni avvenuti su di loro a motivo delle trasgressioni dalla virtù, i segni di Dio e la legislazione di Mosè, se bramano seguitare nella salvezza e nella felicità sotto il loro re. Ma qualora trascurassero questo, egli disse, sarebbe venuta da Dio, su di loro e sul loro re una grande sventura.
Libro VI:94 Dopo avere pronunciato queste profetiche parole agli Ebrei, Samuele li congedò a casa loro, confermando ancora una volta il regno a Saul.
Preparazione alla guerra contro i Palestinesi
Libro VI:95 - VI, I. - Dalla moltitudine Saul scelse tremila, duemila per sua guardia del corpo che prese con sé e andò a stare nella città di Bethel, gli altri (mille) li diede come guardia del corpo a suo figlio Gionata, che mandò a Gebal. E Gionata assediò e prese una fortezza dei Palestinesi non lungi da Gebal.
Libro VI:96 I Palestinesi, quando vinsero i Giudei, avevano tolto loro le armi e occupato le postazioni più guarnite della regione con le guarnigioni e avevano inoltre vietato di portare armi di ferro e qualsiasi uso del ferro. In seguito a questo divieto, quando gli agricoltori abbisognavano di riparare qualche strumento agricolo, vomero, zappa, o altro, dovevano per questo andare dai Palestinesi.
Guerra contro i Palestinesi
Libro VI:97 Così, allorché i Palestinesi udirono della distruzione della loro guarnigione, si infuriarono e presero quella disfatta a loro vergogna e affronto e marciarono contro i Giudei con 300.000 fanti, 30.000 carri, 6.000 cavalli,
Libro VI:98 e posero il campo intorno alla città di Machma. Venuto a conoscenza di questo, Saul, re degli Ebrei, discese nella città di Galgala e inviò araldi per tutta la regione a bandire la guerra contro i Palestinesi in nome della libertà, sminuendone e spregiandone la loro forza in modo così trascurabile e tale che essi non ne avessero paura e non si azzardassero a scendere in guerra contro di loro.
Libro VI:99 Ma quelli di Saul, avvertita la moltitudine dei Palestinesi, rimasero costernati: parte si nascose in spelonche e caverne, e la maggioranza se ne fuggì al di là del Giordano, nel territorio di Gad e Ruben.
Libro VI:100 - 2. Saul, allora, mandò a chiamare il profeta per trattare in sua presenza della guerra e della situazione; egli gli ordinò di aspettarlo dov'era, e di preparare le vittime per il sacrificio; egli sarebbe arrivato da lui dopo sei giorni e avrebbero offerto il sacrificio nel settimo giorno; e insieme avrebbero attaccato i nemici.
Libro VI:101 Egli aspettò, come gli aveva ingiunto il profeta; poi tuttavia non volle seguitare nell'osservanza del suo ordine, e, quando vide che il profeta indugiava e i suoi soldati lo abbandonavano, prese le vittime e offrì lui stesso il sacrificio.
Libro VI:102 Poi, udito che Samuele si avvicinava, gli andò incontro. Ma il profeta gli disse che non aveva agito correttamente disobbedendo ai suoi ordini e precorrendo il suo arrivo: poiché egli era giunto conforme alla volontà di Dio per presiedere alle preghiere e ai sacrifici in favore della moltitudine; ed ora egli, con la sua precipitazione, aveva offerto malamente quei sacrifici.
Libro VI:103 Saul si scusò affermando di avere atteso per i giorni stabiliti, ma la necessità e la diserzione dei suoi soldati per paura del campo nemico eretto a Machma e per la voce sparsasi della sua discesa a Galgala, lo avevano indotto ad accelerare il sacrificio.
Libro VI:104 Samuele riprese dicendo: “Se da parte tua avessi agito correttamente, non mi avresti frainteso e non avresti preso alla leggera gli ordini che Dio mi ha dato per il caso presente; senza questa fretta tanto esagerata rispetto al presente bisogno, a te e ai tuoi discendenti sarebbe stata offerta la ricompensa di un regno lunghissimo!”.
Libro VI:105 Così Samuele, amareggiato per l'accaduto se ne ritornò a casa, mentre Saul soltanto con seicento andò nella città di Gabaon con il figlio Gionata. La maggioranza non aveva armi, perché la regione scarseggiava di ferro e di persone capaci a forgiare armi; giacché i Palestinesi avevano proibito che ve ne fosse, come abbiamo detto poc'anzi.
Impresa di Gionata
Libro VI:106 Ora i Palestinesi divisero in tre parti le loro forze, e avanzando su altrettante strade, procedevano distruggendo la regione degli Ebrei sotto gli occhi di Saul, loro re, e di suo figlio Gionata; soltanto con seicento erano impotenti a difendere la terra.
Libro VI:107 Sedevano su di una collina, Saul, suo figlio e il sommo sacerdote Achia, discendente del sommo sacerdote Eli; osservando la devastazione della terra si trovavano in uno stato di angoscia profonda. Il figlio di Saul propose al suo scudiero di inoltrarsi segretamente nel campo nemico creando scompiglio e confusione.
Libro VI:108 Lo scudiero rispose di essere pronto a seguirlo dovunque l'avesse condotto, anche a costo della propria vita; avuto l'aiuto del giovane, discese dalla collina e si diresse verso il nemico. Ora il campo nemico era posto su di un dirupo che si stendeva lungo e sottile, chiuso da un anello roccioso con tre punte che offriva una buona trincea contro ogni tentativo di attacco.
Libro VI:109 Perciò non vi era nessuna cura per custodire il campo, essendo provvisto di una sicurezza naturale, si pensava che fosse assolutamente impossibile a chiunque non solo salirvi, ma anche solo avvicinarvici.
Libro VI:110 Quando, dunque, furono vicini all'accampamento, Gionata faceva coraggio allo scudiero, dicendo: “Ora attacchiamo il nemico! Se, vedendoci, ci invitano a salire da loro, prendi questo come un presagio di vittoria; ma se non fanno parola, come gente che non ci chiama, allora torniamocene indietro”.
Libro VI:111 Ma mentre si accostavano al campo nemico, proprio sul fare del giorno, i Palestinesi li spiavano e si dicevano l'un l'altro: “Ecco gli Ebrei venire fuori dalle loro buche e caverne”, e poi a Gionata e al suo scudiero: “Venite” gridavano, “salite su da noi a ricevere il castigo dovuto alla vostra audacia”.
Libro VI:112 Il figlio di Saul accolse quella voce come un augurio di vittoria: abbandonarono subito il luogo d'onde erano stati visti dai nemici e, girando a lato di esso, raggiunsero la rocca che a motivo della sua posizione era rimasta sguarnita di guardie;
Libro VI:113 di qui, arrampicandosi con gran fatica, facendo forza sulle asperità del suolo, si arrampicarono fino dai nemici, li assalirono durante il sonno, e ne trucidarono una ventina, gettarono negli altri spavento e terrore tanto che alcuni si liberarono di tutte le armi e fuggirono,
Libro VI:114 e la maggior parte, non riconoscendo i propri camerati, a motivo delle molte etnie, e credendosi l'un l'altro nemici - non supponendo che contro di loro erano andati solo due Ebrei - fecero battaglia tra di loro: alcuni di essi morirono di spada, altri mentre fuggivano, venivano spinti sulle rocce e precipitarono nei dirupi.
Libro VI:115 - 3. Avendo le spie di Saul riferito al re che nel campo dei Palestinesi vi era un gran movimento, Saul indagò se qualcuno dei suoi si era allontanato; saputo che suo figlio e il suo scudiero erano assenti, ordinò al sommo sacerdote di indossare i suoi abiti di sommo sacerdote, e gli predicesse che cosa stava per accadere; avendogli detto che ci sarebbe stata vittoria e trionfo sui nemici, uscì contro i Palestinesi e si lanciò su di essi mentre sono in pieno disordine e si stanno massacrando l'un l'altro.
Libro VI:116 Inoltre quelli che prima si erano rifugiati in spelonche e caverne, sentito che Saul era vittorioso, andarono numerosi da lui; e quindi il numero degli Ebrei che lo seguirono raggiunse il numero di circa 10.000; ed egli incalzò i nemici sparpagliati in tutta la regione. Ma o per la gioia di una vittoria così inaspettata - gli uomini sono portati a perdere il controllo della ragione quando
sono baciati dalla fortuna - oppure per ignoranza, incorse in un gravissimo e biasimevole errore.
Libro VI:117 Volendo vendicarsi e liberarsi completamente dei Palestinesi, lanciò la maledizione “quell'Ebreo che desiste dall'uccidere i nemici per prendere cibo, e prima che scenda la notte si astiene dalla carneficina e dall'inseguirli, sia maledetto”.
Libro VI:118 Dopo che Saul parlò così, mentre essi si trovavano in una folta boscaglia, piena di api, della tribù di Efraim, il figlio di Saul che non aveva udito la maledizione del padre né l'assenso prestatovi dalla moltitudine, si imbatté in un favo di miele e iniziò a mangiarne.
Libro VI:119 Informato, nel mentre, che il padre con solenne maledizione aveva vietato a chiunque di gustare qualsiasi cosa prima del tramonto del sole, smise di mangiare, ma disse che l'interdizione del padre non era giusta, perché rinforzati dal cibo, con maggiore nerbo e vigore avrebbero potuto inseguire e ammazzare una quantità maggiore di nemici.
Libro VI:120 - 4. Erano molte migliaia i Palestinesi che essi passarono a fil di spada, prima che nella tarda sera si recassero a saccheggiare il campo nemico; quivi, preso un ricco bottino e bestiame, iniziarono a scannarne e mangiarne così lordi ancora di sangue; ma gli scribi riferirono al re che la moltitudine stava peccando contro Dio in quanto, dopo aver sacrificato, ora stavano mangiando prima di essersi debitamente lavati del sangue e purificata la carne.
Libro VI:121 Allora Saul ordinò di rotolare un grosso sasso in mezzo al campo, di bandire che sacrificassero su di esso le loro vittime, e di non fare festa con carne insanguinata, poiché ciò non era a Dio gradito. Quando tutti fecero questo, obbedendo all'ordinanza del re, Saul eresse un altare e offrì su di esso olocausti a Dio. Questo fu il primo altare che eresse.
Libro VI:122 - 5. Desiderando condurre subito l'esercito nell'accampamento nemico, prima che spuntasse il giorno, per saccheggiare ogni cosa e vedendo che i suoi soldati erano pronti a seguirlo senza alcuna esitazione, e dimostravano prontezza nell'obbedire ai suoi ordini, il re chiamò il sommo sacerdote Achitob e gli ordinò di accertarsi se era gradito a Dio e se avesse permesso loro di seguitare fino all'accampamento nemico e distruggere quelli che vi si trovavano.
Libro VI:123 Il sacerdote gli riferì che Dio non dava alcuna risposta. “Non è senza motivo”, disse Saul, “Che alle nostre sollecitazioni Dio non risponda, Egli
che dapprima ci ha fatto conoscere ogni cosa e ha anticipato le nostre domande: da parte nostra vi è qualche segreto peccato contro di Lui, e questa è la causa del Suo silenzio.
Libro VI:124 E io giuro, per lo stesso, Dio, che se il colpevole fosse anche mio figlio Gionata, lo ammazzerò per propiziare così Dio, proprio come se fosse un altro, come se fosse un estraneo, non imparentato con me, del quale vendicarmi per Lui”.
Libro VI:125 La moltitudine presente, acclamò il suo agire; egli raccolse tutti insieme in un luogo, e lui e il figlio si misero in disparte; e con la sorte, cercò di scoprire il colpevole: e la sorte indicò Gionata.
Libro VI:126 Richiesto dal padre sulla sua condotta, quale manchevolezza avesse commesso, che cosa di ingiusto o di profano fosse cosciente in tutta la vita, “di nulla, disse, ad eccezione del fatto che ieri, ignorando il tuo giuramento imprecatorio, mentre ero all'inseguimento del nemico, assaggiai un favo di miele”. Saul allora giurò di ammazzarlo rispettando il giuramento più della generazione, della natura e dell'amicizia.
Libro VI:127 Ma egli, all'annuncio di morte non si smarrì, anzi, si mostrò un animo nobile e magnanimo: “Né io”, disse, “ti supplico di risparmiarmi, padre. Dolcissima sarà per me la morte che mi verrà a motivo della tua pietà e dopo una vittoria così brillante. E’ infatti una somma consolazione lasciare gli Ebrei vittoriosi sui Palestinesi”.
Libro VI:128 A queste parole tutto il popolo si rammaricò e simpatizzò per lui, giurando che non avrebbe sopportato che Gionata, autore di quella vittoria, fosse condannato a morire. Così lo sottrassero alla maledizione di suo padre, e innalzarono per il giovane preghiere a Dio affinché Egli lo volesse benevolmente assolvere dal suo peccato.
Vittorie, famiglia, armamento di Saul
Libro VI:129 - 6. Saul ritornò nella sua città, dopo avere eliminato circa 60.000 nemici. Egli poi regnò felicemente: fece guerra alle nazioni vicine sottomettendo Ammoniti, Moabiti, Palestinesi, Idumei, Amaleciti e il re di Soba. Egli aveva tre figli maschi: Gionata, Gesù e Melchis; e le sue figlie erano Merobe e Michaal.
Libro VI:130 Al comando dell'esercito aveva Abenar, figlio di suo zio. Il nome di questo zio era Ner; Ner e Kis, padre di Saul, erano fratelli, figli di Abelio. Saul aveva anche una quantità di carri e di cavalieri, onde, quando faceva la guerra ne usciva vittorioso; portò gli Ebrei a grandi successi e prosperità, e li rese più potenti delle nazioni che vi erano allora; e i giovani che eccellevano in statura e bellezza li prendeva a guardie del corpo.
Sterminio degli Amaleciti
Libro VI:131 - VII, I. - Ora Samuele andò da Saul e gli disse di essere stato inviato da Dio a ricordargli che Dio lo aveva preferito al di là di tutti gli altri e lo aveva creato re; egli perciò doveva obbedire e dare ascolto a Lui, poiché, mentre egli aveva potere sopra le nazioni, Dio aveva potere su di lui e su tutte le cose.
Libro VI:132 Gli annunziò dunque che Dio aveva parlato così: “Come nel deserto gli Amaleciti fecero molto male agli Ebrei durante l'esodo dall'Egitto e nel loro cammino verso la terra che ora è loro, io ti ordino di vendicarti sugli Amaleciti con le armi e, quando li avrai vinti, di non lasciare vivo nessuno di loro.
Libro VI:133 Passerete sopra ogni età iniziando dalle donne e dai bambini: questa sarà la vendetta per quello che essi fecero ai vostri antenati; Tu non devi risparmiare né bestie da soma, né qualsivoglia animale per tuo uso o per tua proprietà, ma devolvere tutto a Dio in ossequio agli ordini di Mosè per cancellare il nome di Amalec”.
Libro VI:134 - 2. Saul promise di eseguire queste ingiunzione; e riflettendo che l'obbedienza a Dio non consiste soltanto nell'eseguire questa campagna conto gli Amaleciti, ma anche nel mostrare prontezza e celerità e nell'allontanare ogni indugio. Radunò tutte le sue forze, le condusse a Galgala, ove le contò, e trovò che gli Israeliti, senza contare la tribù di Giuda, erano circa 200.000, e questa tribù da sola dava 30.000 combattenti.
Libro VI:135 Avendo invasa la regione degli Amaleciti, Saul collocò molti agguati e insidie nelle gole circostanti con l'intenzione non solo di batterli combattendo apertamente, ma anche di piombare all'improvviso su di loro per le strade, chiuderli e ammazzarli; e infatti, scontratosi con loro, li mise in fuga, inseguì poi i fuggitivi e li distrusse tutti.
Libro VI:136 Compiuta l'impresa, con successo, in conformità alla predizione di Dio, attaccò le città degli Amaleciti: parte con macchine da guerra, parte con camminamenti sotterranea e bastioni esterni, alcune con la fame e la sete, altre ancora assediate e prese con altri mezzi; seguitò con la strage di donne e bambini; non ritenne di compiere un atto barbaro o ripugnante all'umana natura, anzitutto perché si trattava di nemici, e poi perché c'era il comando di Dio, al quale era pericoloso disobbedire.
Libro VI:137 Egli prese prigioniero anche il re nemico, Agag, che per la sua ammirevole bellezza e straordinaria statura, giudicò degno di venire risparmiato; e qui non era più in accordo al volere di Dio, ma seguiva i suoi sentimenti personali, e cedeva fuori tempo alla compassione quando a lui non era permesso senza pericolo.
Libro VI:138 Poiché Dio odiava la stirpe degli Amaleciti gli aveva ordinato di non risparmiare neppure i bambini, dei quali è più naturale che si abbia compassione. Saul tuttavia salvò il loro re, autore di tanti mali per gli Ebrei, avendo maggiore riguardo per la bellezza del suo nemico che memoria per gli ordini di Dio.
Libro VI:139 Anche la moltitudine gli fu compagna nel peccato: poiché risparmiò da morte le bestie e gli animali e serbò come bottino ciò che Dio aveva ordinato di non serbare, e portò via ancora altri beni e ricchezze; invece distrussero quanto non era oggetto di desiderio, e non portava vantaggio a chi lo possedeva.
Libro VI:140 - 3. Conquistato tutto il distretto del Pelusio in Egitto che si estende fino al Mar Rosso, Saul distrusse, come nemici, tutti gli abitanti, risparmiò esclusivamente quelli della stirpe dei Sicherniti che si erano insediati nel cuore della regione di Madian. Prima della battaglia aveva inviato a costoro degli ambasciatori avvertendoli di ritirarsi se non volevano correre la sorte degli Amaleciti; essendo essi parenti di Raguele, suocero di Mosè, egli aveva una buona ragione per risparmiarli.
Libro VI:141 - 4. Saul non trascurò alcuna delle ingiunzioni ricevute dal profeta allorché diede inizio alla campagna contro gli Amaleciti, ma le eseguì tutte puntualmente e, vinti i nemici, ritornò a casa lieto del suo successo.
Declino di Saul
Libro VI:142 A Dio però dispiacque che avesse salvato la vita al re degli Amaleciti, e che la moltitudine avesse rapito del bestiame essendo cose che Egli non aveva permesso; Egli, infatti, ritenne oltraggioso, dopo avere conquistato e condotto alla disfatta i nemici per mezzo di quella forza che Egli stesso aveva dato loro, trovarsi poi davanti a un disprezzo e una disobbedienza che mai essi avrebbero dimostrato verso un re umano.
Libro VI:143 Disse perciò al profeta Samuele che si pentiva di avere eletto re Saul, perché non eseguiva in alcun modo i suoi ordini, ma agiva seguendo il proprio piacere. Udendo ciò, Samuele provò un grande turbamento, e per tutta la notte supplicò Dio che accordasse il suo favore a Saul, e non rimanesse adirato con lui.
Libro VI:144 Ma, alle preghiere del profeta, Egli non volle concedere perdono a Saul, non giudicando equo perdonare i peccati per l'intercessione di un altro; perché nulla favorisce di più il lassismo della condiscendenza verso i colpevoli, e chi cerca dolcezza e favore, senza volerlo, incoraggia il disordine.
Libro VI:145 Avendo Dio respinto la preghiera del profeta e dimostrato che si pentiva (di Saul re), sul fare del giorno Samuele comparve a Galgala per incontrare Saul. Appena lo vide, il re gli corse incontro e lo abbracciò. “Ringrazio Dio”, disse, “che mi ha concesso la vittoria; perciò tutti i suoi ordini sono stati eseguiti”.
Libro VI:146 Onde Samuele rimase sorpreso: “Da dove vengono”, disse, “le voci di pecore e buoi che sento salire dal campo?”. Il re rispose che il popolo li aveva serbati per offrirli in sacrificio, ma la stirpe degli Amaleciti era stata sterminata completamente secondo il comando avuto, non lasciandone vivo alcuno salvo soltanto il re che egli aveva conservato e portato a Samuele e sul conto del quale avrebbero deliberato insieme.
Libro VI:147 Ma il profeta rispose che Dio non si compiace dei sacrifici, ma delle persone buone e giuste, quelle cioè che compiono la sua volontà, eseguiscono i suoi ordini, e giudicano di agire correttamente solo quando si attengono agli ordini di Dio; e il dispregio non consiste nel non offrirgli sacrifici, ma nel mostrarsi disobbedienti a Lui.
Libro VI:148 “E da coloro che non Gli sono soggetti e non prestano a Dio il solo vero culto a lui gradito, anche se offrissero molte vittime pingui, anche se presentassero una abbondanza di doni in argento e oro, Egli non gradirebbe
questi doni, anzi volgerebbe altrove la faccia e li riterrebbe come segni di iniquità piuttosto che segni di pietà.
Libro VI:149 Ma da coloro che non sono attenti ad altro che alla parola di Dio e ai Suoi comandi, e preferiscono morire piuttosto che trasgredire una sia pur minima cosa nella quale Egli si compiace, da costoro non domanda sacrifici, e seppure Gliene offrissero, quantunque modesti, riceverebbe più di buon grado questo omaggio dalla loro povertà che dalle immense ricchezze degli altri.
Libro VI:150 Sappi, dunque, che tu sei incorso nella collera di Dio poiché hai osservato con leggerezza le Sue ingiunzioni e le hai trascurate. Come pensi tu che Egli guardi a sacrifici provenienti da quelle cose che Egli aveva ordinato di distruggere? A meno che tu pensassi che sacrificarle a Dio e distruggerle fossero la stessa cosa! Aspettati, dunque, di rimanere privato del regno e del potere sul quale tu hai fatto affidamento, trascurando Dio che te lo aveva dato”.
Libro VI:151 Saul ammise la sua mancanza e non negò il suo peccato. “Sì”, disse, “ho violato gli ordini del profeta; tuttavia fu per paura e per riguardo verso i soldati se non li distolsi e non li trattenne dal rapire la preda. Ma perdonami e sii misericordioso!”. E promise di guardarsi, in futuro, dal peccare. In seguito supplicò il profeta di ritornare (con lui) e offrire a Dio un sacrificio di ringraziamento. Ma egli vide che Dio non era riconciliabile; e si diresse verso casa sua.
Libro VI:152 - 5. Allora Saul volle trattenere Samuele e lo prese per il mantello e, siccome Samuele se ne andava di fuga, lo tirò con tale violenza che gli squarciò la veste.
Libro VI:153 Allora il profeta gli disse che proprio così il regno era stato strappato da lui, e gli succederà un uomo buono e giusto - Dio è fedele in ciò che ha decretato a suo riguardo: poiché mutare e cambiare giudizio è proprio dell'umana fragilità, non della forza divina.
Libro VI:154 Saul rispose di aver avuto dei pensieri empi, ma non poteva disfare quello che ormai era fatto; tuttavia lo supplicò di onorarlo almeno agli occhi della moltitudine andando con lui a venerare Dio. Samuele acconsentì alla sua supplica e andò con lui a venerare Dio.
Libro VI:155 Venne poi portato alla sua presenza Agag, re degli Amaleciti; e quando domandò qual genere di amara morte gli sarebbe riservata, rispose: “Come tu hai fatto gemere molte madri ebree e le hai addolorate per i loro figli,
così addolorerai tua madre con la tua distruzione”. Poi ordinò che fosse subito ucciso a Galgala; ed egli partì per la città di Armatha.
Un nuovo re
Libro VI:156 - VIII, I. - Mentre Saul, il re, rammaricandosi di essersi reso nemico a Dio, ritornò alla sua reggia in Gaba, nome che significa “colline”, e da quel giorno non comparve più davanti al profeta.
Libro VI:157 Samuele tuttavia si rammaricava per lui; Dio allora gli diede ordine di non darsene più pensiero, ma prendere l'olio sacro e andare nella città di Bethlemme da Jesse, figlio di Obed, e di ungere come futuro re quello dei suoi figli che Lui stesso gli avrebbe indicato; egli replicò di temere che Saul, venuto a conoscenza di questo, lo uccidesse in una imboscata oppure apertamente. Ma Dio lo rassicurò, gli preparò un cammino sicuro ed egli andò nella detta città.
Libro VI:158 Qui tutti lo salutavano e gli chiedevano quale fosse il motivo della sua venuta; ed egli rispondeva di essere venuto per offrire un sacrificio a Dio. Compiuto il sacrificio, chiamò Jesse con i suoi figli alla sacra festività, e fissato il maggiore dei figli, alto di statura e avvenente, pensava, dalle fattezze, che quello doveva essere il futuro re.
Libro VI:159 Ma il suo pensiero era errato, non collimava col disegno di Dio; allorché, infatti, domandò se doveva ungere con l’olio il giovane che aveva ammirato e che riteneva degno della regalità, Egli rispose che l'uomo e Dio non guardano le stesse cose.
Libro VI:160 “Tu, guardando la bellezza di questo giovane, pensi che nessuno più di lui è degno di essere re, ma io non faccio del regno un premio all'avvenenza del corpo, ma ai pregi dell'animo; io cerco uno che abbia questo ben fatto, ma sia anche fornito di pietà, di giustizia, di fortezza e di obbedienza, qualità che costituiscono la bellezza dell'anima”.
Libro VI:161 Dopo che Dio ebbe parlato così, Samuele ordinò a Jesse di presentargli tutti i suoi figli, ed egli ne fece venire altri cinque; il più anziano si chiamava Eliab, il secondo Aminadab, il terzo Samal, il quarto Natanael, il quinto Rael, e il sesto Asam.
Libro VI:162 Il profeta, vedendo che l'avvenenza di costoro non era inferiore al più anziano, domandò a Dio quale di essi egli aveva scelto per re. E allorquando gli rispose, “nessuno!”, domandò a Jesse se aveva ancora altri figli;
Libro VI:162 gli rispose che ne aveva ancora uno di nome Davide: ma era pastore e si trovava a guardare il gregge; egli allora ordinò di mandarlo a chiamare subito, perché non era possibile sedersi a banchettare senza di lui.
Libro VI:164 Ora, alla chiamata del padre, giunse presto Davide - un ragazzo dal pelo rosso, occhi vivaci, di bell'aspetto -: “Questo”, mormorò tra sé Samuele, “è quello che Dio elesse per il regno”; si sedette e fece sedere il giovane affianco a sé, e poi Jesse con gli altri suoi figli.
Libro VI:165 In seguito, mentre Davide osservava, prese l'olio e lo unse, e parlò piano al suo orecchio, spiegando che Dio l'aveva scelto perché fosse re; lo esortò anche ad essere giusto e obbediente ai voleri di Lui, perché in tal modo la sua regalità sarebbe durata a lungo, e il suo casato sarebbe divenuto illustre e famoso; egli avrebbe vinto i Palestinesi, riportato vittorie e trionfi nelle guerre contro qualunque nazione avesse combattuto, durante la vita si sarebbe acquistata una fama gloriosa che lascerà ai suoi posteri.
Davide suona per Saul
Libro VI:166 - 2. Dopo queste raccomandazioni Samuele se ne andò, e Dio, abbandonato Saul, si volse a Davide il quale iniziò a profetare allorché lo spirito divino andò in lui. Saul, invece, era assalito da certe afflizioni e da demoni causanti soffocamento e strangola - menti tali che i medici non riuscirono a trovare altro rimedio all'infuori della ricerca di qualcuno che avesse il potere di espellerli (quei demoni) col suono dell'arpa, ogni volta che quei demoni cattivi lo assalivano e lo agitavano, e che gli stesse affianco con strumenti a corda e con i suoi canti.
Libro VI:167 Saul non indugiò e diede ordine che gli si cercasse un uomo per questo. E quando uno dei presenti affermò di avere visto nella città di Bethlemme uno dei figli di Jesse, un ragazzo in tenera età, ma piacente e gentile, e, sotto ogni aspetto, degno di stima, espertissimo nel suono dell'arpa e nel canto, ed eccellente soldato, Saul mandò subito da Jesse ordinandogli di togliere Davide dalle greggi e di mandarlo da lui; desiderava, egli disse, vedere il giovane, avendo avuto sentore della sua bravura e avvenenza.
Libro VI:168 Così Jesse gli mandò il figlio dandogli anche dei doni da portare a Saul. Allorché venne, Saul fu soddisfatto di lui, lo creò suo scudiero e lo ebbe in grande onore, perché la sua infermità era alleggerita da lui: e quando veniva agitato dai demoni cattivi, in qualsiasi tempo ciò accadesse, non aveva altro medico all'infuori di Davide, che col canto di canzoni e il suono dell'arpa, faceva ritornare Saul in se stesso.
Libro VI:169 Saul, dunque, comunicò a Jesse, padre del ragazzo, il proprio desiderio che lasciasse Davide presso di sé, poiché la vista del ragazzo e la sua presenza gli dava conforto. Jesse non si oppose al volere di Saul, e gli permise di trattenerlo.
Davide e Goliath
Libro VI:170 - IX, I. - Non molto tempo dopo, i Palestinesi si raccolsero e misero insieme un grande esercito, e mossero contro gli Israeliti: occuparono la regione tra Soko e Azeka e quivi innalzarono il campo. Saul rispose muovendo il suo esercito contro di essi; avendo eretto il campo su di una montagna, obbligò i Palestinesi ad abbandonare il primo accampamento e a porsi su di un'altra montagna sovrastante quella su cui si trovava Saul.
Libro VI:171 - I due accampamenti erano separati da una vallata situata tra le montagne nelle quali essi si trovavano. Ora dal campo dei Palestinesi venne giù uno chiamato Goliath, della città di Gitta; uomo di gigantesca statura, misurava quattro cubiti e un palmo di altezza, ed era coperto di un'armatura proporzionata alla sua statura. Indossava una corazza del peso di cinquemila sicli, con elmo e gambiere di bronzo, come era da aspettarsi, per la protezione delle membra di un uomo di statura così prodigiosa. La sua lancia non era leggera abbastanza per essere portata dalla mano destra, ma egli la reggeva in alto sugli omeri; aveva anche un'asta del peso di seicento sicli, e molti lo seguivano portando la sua armatura.
Libro VI:172 Stando ritto tra gli opposti eserciti, questo Goliath lanciò un forte boato rivolto a Saul e agli Ebrei, disse: “Vi libero dalla battaglia e dai suoi pericoli. Che bisogno c'è che il vostro esercito ci affronti e sia malmenato?
Libro VI:173 Datemi uno dei vostri che combatta con me e l'esito della guerra sia deciso dalla vittoria di uno, al popolo del vincitore sia il dominio, a quelli dell'altra parte la schiavitù. E’ molto meglio, io penso, e più prudente giungere allo scopo col rischio di uno solo che con quello di tutti”.
Libro VI:174 Ciò detto, si ritirò nel suo accampamento. Venne nuovamente il giorno appresso e disse le stesse parole, e così per quaranta giorni non cessò di sfidare i suoi nemici con gli stessi termini, fino ad incutere timore sia a Saul che al suo esercito. E sebbene essi si mantenessero pronti alla battaglia, non vennero mai allo scontro.
Libro VI:175 - 2. Ora, allo scoppio della guerra tra gli Ebrei e i Palestinesi, Saul aveva rinviato Davide a suo padre Jesse accontentandosi degli ultimi tre figli mandatigli a combattere e a partecipare ai pericoli della guerra.
Libro VI:176 Inizialmente, Davide era ritornato al suo gregge e agli animali da pascolo. Ma non molto tempo dopo andò a visitare l'accampamento degli Ebrei, mandato dal padre a portare provviste ai fratelli e a rendersi conto di come stavano.
Libro VI:177 Nuovamente venne Goliath, sfidandoli e ingiuriandoli che tra loro non vi fosse alcun coraggioso che scendesse a misurarsi con lui mentre Davide si intratteneva con i fratelli in merito alle commissioni avute dal padre. All'udire il Palestinese oltraggiare e offendere l'esercito, si indignò e disse ai fratelli di essere pronto ad affrontare questo nemico in uno scontro singolare.
Libro VI:178 Il fratello maggiore, Eliab, lo rimproverò dicendogli che era più ardimentoso di quanto convenisse alla sua età e ignorante di quanto occorresse, ingiungendogli di ritornarsene al gregge e da suo padre. Per rispetto verso il fratello, Davide si ritirò, ma manifestò ad alcuni soldati che era sua intenzione combattere contro lo sfidante.
Libro VI:179 Allorché l'intenzione del ragazzo fu riferita a Saul, il re lo mandò a chiamare; e quando gli domandò che cosa desiderava dire, rispose: “Non ti abbattere, né avere paura, o re! Io umilierò l'arroganza del nemico affrontandolo in campo e atterrando davanti a me questo gagliardo gigante.
Libro VI:180 Così egli sarà schernito, e il tuo esercito avrà grande gloria, se sarà ucciso non da un uomo abile in guerra ed esperto in battaglia, ma da uno che, in vero, non è più vecchio di un fanciullo”.
Libro VI:181 - 3. Saul ammirava l'intraprendenza e il coraggio del ragazzo, ma non si sentiva di dare a lui piena fiducia a motivo dei suoi anni; diceva, infatti, che era troppo fragile per combattere con un guerriero consumato. Davide
replicò: “Queste promesse le faccio nella certezza che Dio è con me; io ho già avuto prova del Suo aiuto.
Libro VI:182 Una volta che un leone aveva attaccato il mio gregge e si portò via un agnello, io l'ho inseguito e, raggiuntolo, presi l'agnello dalle sue fauci, e allorché si lanciò su di me, lo afferrai per la coda e l'uccisi gettandolo a terra.
Libro VI:183 Feci la stessa cosa lottando contro un orso. Pensate che il nemico sia come una di queste fiere? E’ tanto tempo che insulta il nostro esercito e bestemmia il nostro Dio; Egli lo abbandonerà nelle mie mani”.
Libro VI:184 - 4. Allora Saul, pregando che l'ardore e il coraggio del ragazzo fosse da Dio ricompensato con pari esito, disse: “Vai a combattere!”. Poi lo vestì con la propria corazza, gli cinse la spada ai fianchi, gli adattò l'elmo sulla testa, e così lo licenziò.
Libro VI:185 Ma Davide era appesantito da questa armatura, non era infatti abituato, né aveva imparato, a portare l'armatura, e disse: “Tieni per te, o re, questa bella parata! Tu sei veramente abile a portarla, e permetti a me, come tuo servo, di combattere come voglio”. Depose, quindi, l'armatura, e prese il suo bastone, dal torrente tolse cinque ciottoli che mise nella sua tasca da pastore e, con una fionda nella mano destra si avviò a incontrare Goliath.
Libro VI:186 Vedendolo venire in quello stato, il nemico mostrò il suo disprezzo e prese a deriderlo perché andava a combattere gli uomini, con le armi con le quali si scacciano i cani e si tengono lontani. O l'aveva preso, forse, per un cane e non come un uomo? “No”, rispose Davide, “neppure per un cane ma per qualcosa di peggio”. Questo suscitò l'ira di Goliath che invocò su di lui le maledizioni in nome del suo dio, minacciò di strappare la sua carne e darla alle bestie della terra e agli uccelli del cielo.
Libro VI:187 Davide gli rispose: “Tu vieni contro di me con spada, asta e corazza, mentre io vengo contro di te con Dio come armatura, che annienterà con le nostre mani te e tutto il vostro esercito. oggi, infatti, ti mozzerò la testa e il fusto che resterà, lo darò ai cani, tuoi compagni; tutti gli uomini impareranno che gli Ebrei hanno la Divinità che li protegge e che Egli si prende cura di noi, è nostra armatura e nostra forza, e che ogni altro armamento e forza sono impotenti ove Dio non c'è”.
Libro VI:188 Ora, il Palestinese, impedito dal peso della sua armatura, non poteva muoversi con agilità, e andava passo passo alla volta di Davide,
deridendolo e sicuro di ucciderlo senza difficoltà, inerme com'era e ancora fanciullo per l'età.
Libro VI:189 - 5. Il giovane gli andava incontro accompagnato da un alleato invisibile al nemico, e questo era Dio; trasse dalla tasca i ciottoli che vi aveva messo, raccolti dal torrente, li aggiustò bene alla sua fionda, e li scagliò in fronte a Goliath, lo colpì in fronte e il ciottolo, per l'impeto, penetrò fino al cervello, tanto che Goliath, subito sbalordito, stramazzò faccia a terra.
Libro VI:190 Poi, correndo innanzi, si pose sul nemico prostrato, trasse la spada di lui - egli non ne aveva - e gli mozzò la testa.
Libro VI:191 La caduta di Goliath portò lo scompiglio e la fuga tra i Palestinesi; poiché, allorché videro a terra il loro più valoroso guerriero, temettero un completo disastro e decisero di non resistere più un momento e di salvarsi dal pericolo con una disordinata e disonorevole fuga. Ma Saul e tutto l'esercito degli Ebrei si lanciarono schiamazzando dietro di loro, e dall'inseguimento ne seguì una carneficina fino ai confini di Gitta e alle porte di Ascalon.
Libro VI:192 - I Palestinesi uccisi furono 30.000, e doppio fu il numero dei feriti. Saul, in seguito, ritornato nel loro accampamento, distrusse lo steccato e diede fuoco a tutto; Davide portò la testa di Goliath nella propria tenda e consacrò a Dio la sua spada.
Gelosia e odio di Saul
Libro VI:193 - X, I. - Ma le donne attizzarono l'invidia e l'odio di Saul contro di lui. Poiché andando incontro all'esercito vittorioso con cembali, tamburelli e ogni altro segno di gioia, le donne più anziane cantavano: “Quante migliaia di Palestinesi uccise Saul!”, ma le ragazze: “Quante decine di migliaia distrusse Davide!”
Libro VI:194 All'udire che a lui era attribuita una parte minore di credito, mentre la parte maggiore, le decine di migliaia, al fanciullo, il re meditò: “Dopo una così splendida acclamazione a Davide non manca più nulla, fuorché la regalità”. E cominciò a temerlo e a guardarlo con sospetto.
Libro VI:195 Quindi, siccome la paura glielo faceva credere troppo vicino alla sua persona - lo aveva fatto suo scudiero - lo rimosse da quel posto troppo vicino alla sua persona, e lo nominò chiliarca, (chi comanda mille uomini ) dandogli
così un posto migliore, ma, lui pensava, più sicuro per se stesso. Intendeva, infatti, mandarlo contro il nemico, coinvolgendolo così nelle battaglie, con la speranza che in mezzo a questi pericoli avrebbe incontrato la morte.
Davide sposa la figlia di Saul
Libro VI:196 - 2. Ma ovunque era protetto da Dio, in qualsiasi luogo si recasse, tutto gli andava bene ed era così fortunato in ogni cosa che il suo straordinario valore lo rendeva caro a tutto il popolo, non solo, ma una figlia di Saul, che era ancora vergine, si invaghì di lui; la passione divenne così accesa che si tradì e ne fu data notizia al padre.
Libro VI:197 Ed egli, lieto della notizia, colse l'occasione per tendere un inganno a Davide, e disse a quello che lo aveva informato, che sarebbe stato lieto di dare la fanciulla a Davide, sperando che, accettando la scommessa, avrebbe incontrato pericoli e la perdita della vita. “Mi impegno”, disse, “di dare a lui mia figlia in matrimonio, quando egli mi porterà la testa di seicento nemici.
Libro VI:198 L'offerta di un premio così prestigioso, e la brama di farsi un nome con un'impresa così pericolosa e appena credibile, lo farà correre subito a compierla, e resterà ucciso dai Palestinesi, e il mio progetto contro di lui andrà a meraviglia: me ne libererò, ma la sua morte avverrà per mano di altri, non da me”.
Libro VI:199 E dà ordine ai suoi uomini di esplorare l'intenzione di Davide in merito al matrimonio con la fanciulla. Essi iniziarono perciò a fargliene parola, dicendo che Saul l'amava teneramente, come pure tutto il popolo, e si augurava di unire la figlia in matrimonio con lui.
Libro VI:200 Ma egli rispose: “Vi pare poca cosa divenire genero del re? A me di certo non sembra così; tanto più ch'io sono di umile condizione e non ho né gloria né onori che mi distinguano”. Allorché Saul, informato dai suoi uomini, udì la risposta di Davide, disse: “Rispondetegli che io non ho bisogno di denari né di regali di nozze - questo sarebbe vendere la figlia, non darla in matrimonio - , ma da un genero che ha tanto coraggio e ogni altra virtù, ch'io vedo in lui,
Libro VI:201 mi auguro di ricevere, in cambio del matrimonio con mia figlia, non oro o argento - non questo che mi verrebbe dalla famiglia di suo padre -, ma solo il castigo dei Palestinesi e seicento loro teste.
Libro VI:202 Per me, infatti, non c'è dono più desiderabile e magnifico di questo, e alla mia fanciulla sarebbe molto più gradito unirsi a un simile marito che ha tanto credito nella disfatta dei nostri nemici, che il solito regalo di nozze”.
Libro VI:203 - 3. Quando queste parole furono riferite a Davide, credette che veramente Saul desiderasse stringere legami di sangue con lui, e, senza riflettere se l'impresa propostagli era possibile o difficile, con i suoi compagni corse subito incontro ai nemici per portare a termine il compito assegnatogli quale condizione per il matrimonio: Dio, infatti, rendeva ogni cosa possibile e facile per Davide, e ne uccise molti: tagliò seicento teste, e fece ritorno dal re, gliele presentò e chiese, come ricompensa, le nozze.
Libro VI:204 Saul, non vedendo come poter sfuggire alle sue promesse, gli diede la figlia di nome Melcha; ritenne che sarebbe stato disonorevole per lui sia apparire menzognero, sia avere acconsentito al matrimonio soltanto per mettere Davide in pericolo di morte con un'impresa impossibile.
Decisione di uccidere Davide
Libro VI:205 - XI, I. - Comunque Saul non poteva durare a lungo in questo stato di cose. Vedendo Davide favorito da Dio e dalla moltitudine, si allarmò e - incapace di nascondere le sue paure -trattandosi di grandi interessi, cioè del regno e della vita e la perdita dell'uno o dell'altra sarebbe stata una grande sciagura, risolse di uccidere Davide, e incaricò Gionata, suo figlio e il più fidato dei suoi familiari, di farlo fuori.
Libro VI:206 Questi, stupito del cambiamento di sentimenti del padre riguardo a Davide, ché dopo la grande benevolenza di una volta, ora, senza via di mezzo, lo voleva morto, ma amando il ragazzo e venerandolo per le sue virtù, gli rivelò i piani segreti e le intenzioni di suo padre.
Libro VI:207 Perciò gli consigliò di stare attento, di dileguarsi il giorno dopo dicendo che sarebbe andato a salutare suo padre; e ogni qualvolta gli si prestava l'opportunità, si sarebbe intrattenuto con lui su Davide per scoprirne la ragione; e avrebbe, in seguito, fatto luce su questo,
Libro VI:208 dicendogli che in base a quello non v'era motivo per mettere a morte una persona che aveva reso così tanti servizi al popolo e beneficato anche lui, per questo poteva ben perdonare anche errori molto più gravi. “Io ti
informerò”, aggiunse, “quale è l'intenzione di mio padre”. Davide assecondando un consiglio così eccellente, si sottrasse alla vista di Saul.
Libro VI:209 - 2. Il giorno dopo Gionata andò da Saul, e, trovatolo sereno e allegro, iniziò subito a parlargli di Davide: “Che colpa grande o piccola, padre, puoi avere trovato in lui per ordinarci di ammazzare una persona che ha fatto molto per la tua salvezza ed ancora più castigando i Palestinesi
Libro VI:210 e ha così liberato il popolo degli Ebrei dalla vergogna e dalla derisione sopportata per quaranta giorni, osando affrontare la sfida del nemico, colui che poi ti ha portato tutte le teste nemiche che tu gli avevi imposto, ed ebbe in premio mia sorella come sposa? Sicché la sua morte sarà più grave per noi, non soltanto a motivo dei suoi meriti, ma anche per i vincoli di parentela; tua figlia, infatti, sarà ugualmente colpita dalla sua morte, costretta a sperimentare la vedovanza prima ancora di gustare la gioia del matrimonio!
Libro VI:211 Con tali considerazioni arrenditi a più moderati consigli; non fare del male a una persona che anzitutto ha fatto a noi un grande servizio restituendoti la salute, allorché scacciò lo spirito cattivo e i demoni che ti crucciavano, rese la pace all'animo tuo, e poi ci ha vendicato dei nostri nemici. Sarebbe vergognoso dimenticare tutte queste cose”.
Libro VI:212 Saul, conquistato da queste parole, giurò al figlio che non avrebbe fatto alcun male a Davide: una parola giusta prevalse sullo sdegno e sulla paura. Gionata mandò a chiamare Davide e l'informò non solo della buona e rassicurante disposizione di suo padre, ma lo introdusse alla sua presenza, e Davide stette col re come prima.
Libro VI:213 - 3. Intorno a quel tempo, i Palestinesi scesero nuovamente in campo contro gli Ebrei e Saul mandò Davide a combatterli con l'esercito; egli affrontò i Palestinesi in battaglia, ne uccise molti e ritornò vittorioso dal re. Tuttavia Saul non lo accolse come egli si aspettava dopo il suo successo, convinto che Davide fosse diventato per lui più pericoloso a motivo delle sue gesta.
Libro VI:214 Ma quando lo spirito demoniaco venne nuovamente su di lui, e iniziò ancora a straziarlo e confonderlo, chiamò Davide nella camera in cui stava e, tenendo in mano la sua asta, gli ordinò di calmarlo con l'arpa e i canti. Poi, quando Davide terminò quanto gli aveva ordinato Saul, con tutta la sua forza, scagliò l'asta contro di lui; Davide se ne avvide in tempo e la schivò: poi fuggì a casa sua ove rimase tutto il giorno.
Libro VI:215 - 4. Calata la notte, il re diede l'ordine di spiarlo fino all'aurora, affinché non fuggisse sottraendosi completamente; era infatti suo intento portarlo davanti alla giustizia per metterlo a morte. Ma Melcha, sposa di Davide e figlia del re, lo avvertì dell'intenzione del padre: lei corse in aiuto del marito, disperata per lui e in tremendo affanno per la propria vita, poiché non avrebbe potuto sopportare la vita senza di lui.
Libro VI:216 “Il sole non ti (Davide) colga qui”, disse, “altrimenti non ti guarderà più. Fuggi, dunque, lontano, quanto la notte te lo consente: possa Dio prolungare per te le sue ore. Sappi che se sei colto dal padre, sei perduto”.
Libro VI:217 Così detto, lo fece calare da una finestra e lo mise in salvo. Poi preparò il letto, come si suole fare per un infermo, mise sotto le coperte un fegato di capra; e quando sul fare del giorno suo padre mandò a catturare Davide, lei disse ai messi, che tutta la notte gli era stata affianco a motivo dell'indisposizione, e mostrò loro il letto tutto coperto; e il palpitare che faceva il fegato sotto le coperte li convinse che là sotto c'era Davide infermo e ansimante.
Libro VI:218 Tornati i messi con la notizia che Davide nella notte si era ammalato, egli ordinò che glielo conducessero così com'era; voleva, infatti, ucciderlo. Quando tornarono, scoprirono il letto, si accorsero dell'artificio della donna, e ne avvertirono il re.
Libro VI:219 Quando il padre la rimproverò di avere salvato un nemico e ingannato lui, lei inventò una scusa tanto verosimile, dicendo che il marito aveva minacciato di ucciderla e così, terrificata, gli prestò aiuto per fuggire; meritava dunque il perdono, visto che aveva agito sotto costrizione e non di libera volontà. “Perché non posso credere”, lei disse, “che fosse maggiore il tuo desiderio di uccidere il tuo nemico che quello di salvare la mia vita”. E Saul perdonò la fanciulla.
Libro VI:220 Scampato da quel pericolo, Davide riparò in Armatha dal profeta Samuele: gli raccontò il complotto del re per ucciderlo, e come avesse scansato l'asta con la quale voleva ucciderlo, nonostante non fosse colpevole nei suoi riguardi, né codardo nel combattere i nemici, anzi con l'aiuto di Dio, in ogni caso ebbe sempre fortuna. Ed essere questa, appunto, la ragione dell'odio di Saul contro Davide.
Aumenta l'odio di Saul; inizia la vita raminga di Davide
Libro VI:221 - 5. Conosciuta l'iniquità del re, il profeta lasciò la città di Armatha e condusse Davide in un luogo chiamato Galbuath e qui si fermò. Ora, quando dissero a Saul che Davide si trovava presso il profeta, inviò uomini armati con l'ordine di arrestarlo e portarlo da lui.
Libro VI:222 Giunti da Samuele, incontrarono un drappello di profeti e anch'essi furono presi dallo spirito di Dio, e incominciarono a profetare. Udito questo, Saul mandò altri all'inseguimento di Davide, ma anche costoro si trovarono nella stessa condizione dei primi; ne mandò ancora degli altri, ma anche questi profetarono allo stesso modo; egli, allora, pieno di collera, va finalmente di persona;
Libro VI:223 e quando giunse vicino a loro, prima ancora di vederlo, Samuele lo fece profetare. Arrivato davanti a lui, Saul fuori di senno, sotto l'impulso di tanto spirito, strappò i suoi abiti e restò prostrato al suolo davanti a Samuele e Davide per l'intera giornata e la notte.
Libro VI:224 - 6. In seguito, però, Davide si rivolse a Gionata, figlio di Saul, lamentandosi delle trame ordite contro di lui da suo padre dicendo che pur non essendo reo di alcun errore o delitto, era da lui cercato con ogni mezzo per farlo uccidere; egli [Gionata] lo invitò a non prestare fede ai sospetti, né ai detrattori, se pure vi erano persone che operavano così, ma ad avere fiducia in lui e si facesse coraggio; perché, disse, suo padre non macchinava nulla del genere contro di lui, in caso contrario egli glielo avrebbe palesato, e gliene avrebbe domandato il parere: stante il fatto che egli agiva sempre in concerto con lui.
Libro VI:225 Ma Davide giurava che le cose stavano veramente così, e gli domandava di crederlo e di guardare alla sua salvezza, invece di contestare sdegnosamente la verità delle sue parole, e rimandare la constatazione della verità fino a quando l'avrebbe vista realizzata o saputo del suo assassinio; egli dichiarò che suo padre non gli aveva detto nulla perché era a conoscenza della sua amicizia e della sua buona disposizione verso di lui.
Impegno di Gionata per Davide
Libro VI:226 - 7. Dolente di vederlo così preoccupato delle intenzioni di Saul, Gionata l'interrogò su che cosa potrebbe fare. “So bene”, disse, “che tu mi compiaci in tutto e mi concedi ogni cosa. Domani è la luna nuova, e in tale giorno sono solito cenare col re.
Libro VI:227 Se, dunque, a te pare, io uscirò fuori della città, e mi terrò nascosto nella pianura; se egli domanda di me, tu digli ch'io sono andato alla mia nativa Bethlemme ove la mia tribù ha una festa, aggiungendo che tu stesso me l'hai concesso. Se egli dirà, come si è soliti dire a proposito di amici viaggianti “buon viaggio a lui”, sappi che egli non cela alcuna malizia o inimicizia ma se risponde diversamente, questo sarà un segno dei suoi disegni contro di me.
Libro VI:228 Tu poi mi farai sapere quale è il pensiero di tuo padre: concedimi questo per la pietà e per l'amicizia che ti strinse a me per la quale tu hai giudicato opportuno accogliere i miei impegni e da parte tua gratificarmi dei tuoi, tu mio padrone e io tuo servo. Ma qualora tu scopra in me qualcosa di colpevole, uccidimi tu stesso, anticipando così tuo padre”.
Libro VI:229 - 8. Amareggiato da queste ultime parole, Gionata gli promise di comportarsi così, e aggiunse che se il padre gli rispondesse crudelmente e in modo tale da manifestare la propria collera, egli avrebbe messo al corrente Davide. Affinché avesse ancora più fiducia in lui, lo condusse fuori all'aria aperta e pura, e giurò di non trascurare nulla per la sua salvezza.
Libro VI:230 “Questo Dio, disse, che tu vedi così grande e diffuso ovunque, il quale conosce il mio pensiero prima ancora ch'io lo manifesti con le parole, prendo Lui a testimonio degli accordi con te, per questo io non cesserò mai di esplorare costantemente i disegni di mio padre fino a quando non li scoprirò chiaramente e giungerò ai segreti del suo animo.
Libro VI:231 E, scopertili, non te li nasconderò e ti avvertirò della sua disposizione, sia essa malevola, sia benevola. Questo nostro Dio sa quanto io preghi che Egli sia sempre con te. Ora, di certo, c'è con te; non si dimenticherà di te in avvenire, ma ti renderà più forte dei tuoi nemici, siano essi mio padre o io stesso.
Libro VI:232 Ricordati soltanto di questo, qualora mi accadesse di morire, salva i miei figli e sia tu la loro ricompensa a me dovuta per i presenti servizi”.
Libro VI:233 Fatti questi giuramenti, licenziò Davide dicendogli di andare in un certo luogo, nella pianura, ove egli (Gionata) era solito esercitarsi con l'arco. “Quando avrò conosciuto la disposizione del padre, ti raggiungerò là con un ragazzo; se, dopo aver scagliato tre dardi al bersaglio, dirò al ragazzo di andare a prenderli e portarmeli, perché si troveranno davanti a lui, sappi che non hai da temere nulla di male da mio padre; ma se tu mi sentirai dire il contrario, allora anche tu aspettati il contrario dal re.
Libro VI:234 Tuttavia tu troverai salvezza nelle mie mani, non incorrerai in nessun male. Guarda però di ricordarti di questo nei tempi della tua prosperità, occupati gentilmente dei miei figli”. Ricevuto da Gionata queste assicurazioni, Davide si ritirò nel luogo convenuto.
Libro VI:235 - 9. Il giorno appresso, che era la luna nuova, il re, dopo essersi purificato secondo l'uso, andò alla cena; quando suo figlio Gionata si fu seduto alla sua destra e Abener - comandante in capo dell'esercito - alla sua sinistra, notò che il seggio di Davide era vuoto: ma se ne stette calmo, supponendo che si tenesse lontano perché non avesse terminato la sua purificazione dopo l'unione sessuale.
Libro VI:236 Siccome anche nel giorno appresso non comparve, domandò al figlio Gionata perché né ieri né oggi il figlio di Jesse era presente alla cena e al banchetto. Egli rispose, secondo l'accordo, che era andato al luogo ove era nato, dove la sua tribù teneva una festa e che aveva domandato il suo permesso. “Anzi, aggiunse, ha invitato anche me a intervenire al sacrificio e, se tu me lo permetti, vado; ti è ben nota, infatti, la mia amicizia verso di lui”.
Libro VI:237 Fu allora che Gionata si rese conto della malevolenza del padre verso Davide, e ne scorse chiaramente le intenzioni. Poiché Saul non trattenne la propria ira, ma lo dichiarò un figlio come di un rinnegato e nemico, e lo accusò come partigiano in lega con Davide e suo complice, privo di rispetto verso se stesso e verso sua madre, nel prendere quell'atteggiamento, e nel rifiuto di credere che fino a quando Davide vivrà, il mantenimento del regno sarà insicuro. “Or dunque, disse, mandalo a chiamare affinché sia punito”.
Libro VI:238 Gionata replicò: “Ma per quale misfatto lo vuoi punire?”. Ormai Saul sfogò la sua collera non più con parole e bestemmie, ma afferrò l'asta e la scagliò contro di lui con la volontà di ucciderlo; ma gli amici glielo impedirono; per il figlio fu però evidente quanto egli odiasse Davide, e come anelava a eliminarlo al punto che, per suo motivo, diventava assassino del figlio.
Libro VI:239 - 10. Allora il figlio del re si assentò dalla festa, impedito dal dolore di prendere un boccone, e passò la notte in lacrime pensando a se stesso appena scampato dalla morte, e a Davide oramai condannato a morte. Ma allo spuntare del giorno andò nella pianura di fronte alla città; in apparenza per divertirsi, ma in realtà per comunicare all'amico la disposizione del padre, conforme all'accordo.
Libro VI:240 Dopo aver eseguito quello che era stato concordato, Gionata inviò il ragazzo in città, mentre Davide poté venire fuori indisturbato, incontrarlo e parlare con lui. Appena fu fuori, cadde ai piedi di Gionata in venerazione del salvatore della sua persona.
Libro VI:241 Ma Gionata lo sollevò da terra, si abbracciarono, e stettero a lungo salutandosi e piangendo sulla loro giovane età, sulla loro invidiata amicizia prossima a separarli, per loro la separazione era né più né meno che una morte. Con fatica si ripresero dai lamenti, ed esortandosi a vicenda, nel ricordo dei giuramenti, si divisero.
Vita da proscritto di Davide
Libro VI:242 - XII, I. - Davide, fuggendo dal re e dalla morte che da lui gli veniva arrivò alla città di Naba presso il sommo sacerdote Abimelech, il quale si stupì nel vederlo giungere tutto solo senza un amico o un familiare al seguito, e volle sapere il motivo per cui non avesse alcuno che lo accompagnasse.
Libro VI:243 Egli rispose che il re lo aveva incaricato di una missione segreta, per questo non aveva voluto scorta, dato che egli desiderava restare ignoto. “Tuttavia, aggiunse, ho ordinato ai miei servi di raggiungermi in questo luogo”. Egli inoltre gli domandò di fornirgli provviste per un viaggio; così facendo, disse, agirebbe da amico, assistendolo nella causa che aveva in corso.
Libro VI:244 Ottenute queste, chiese ancora se avesse qualche arma, spada o lancia che fosse. Era presente anche un servo di Saul, nativo della Siria, ( un Edomita) di nome Doeg, custode delle mule del re. Il sommo sacerdote rispose che non aveva alcuna arma del genere, ma aveva là quella spada di Goliath che Davide stesso aveva offerto a Dio dopo avere ucciso il Palestinese.
Libro VI:245 - 2. Presa questa, Davide fuggì al di là del territorio ebraico a Gitta, città dei Palestinesi, nella quale regnava il re Anchus. Qui fu riconosciuto dai servi del re al quale riferirono che c'era Davide, quello che aveva ucciso molte migliaia di Palestinesi. Davide, temendo di essere messo a morte da lui, e dopo avere scampato il pericolo di cadere in mano di Saul, per non incappare in uguale destino nelle sue mani, si finse maniaco e furioso, fino a buttare schiuma dalla bocca e a manifestare alla presenza del re di Gitta tutti i sintomi atti a convincerlo della sua pazzia.
Libro VI:246 Il re rimase fortemente indignato con i suoi servi che gli avevano portato innanzi un pazzo e diede ordini affinché Davide venisse subito espulso.
Libro VI:247 - 3. Scampato così da Gitta, si recò nella tribù di Giuda, prese dimora in una spelonca nella vicina città di Adullam, e mandò a svelare ai suoi fratelli il luogo ove si trovava. Essi si recarono da lui con tutti i parenti; e con loro accorsero tutti quanti si trovavano in bisogno o avevano paura del re Saul, protestandosi pronti a obbedire ai suoi ordini. Costoro erano, in tutti, circa quattrocento.
Libro VI:248 Fattosi coraggio nel vedersi già assistito da una forza, partì di là e andò dal re dei Moabiti, e lo pregò di accogliere nella sua regione i suoi genitori fino a tanto che egli constatasse come sarebbero andate le cose proprie. Il favore gli fu accordato, e per tutto il tempo che i genitori di Davide si trattennero là, furono da lui trattati con sommo onore.
Libro VI:249 - 4. A lui intanto il profeta ordinò di lasciare il deserto e di andare nelle terre della tribù di Giuda e restare là; obbedendo all'ordine, si recò nella città di Saris e qui dimorò.
Libro VI:250 Udito che Davide era stato visto con un largo seguito, Saul cadde in una confusione straordinaria e ne fu costernato; conoscendo l'indole e il coraggio dell'uomo sospettava che ne derivasse qualche grande attentato che sarebbe stato causa di rimpianto e di dolore.
Libro VI:251 Poi, convocati a sé, sulla collina sulla quale aveva eretto il suo palazzo, i propri amici, i capitani e la tribù dalla quale era nativo, sedutosi in un certo posto, detto Arura, con i suoi ufficiali e attorno a sé la sua compagnia di guardie del corpo, si indirizzò loro nel modo seguente: “Uomini della mia stessa tribù, miei benefattori, ricordate, non ho dubbi, i benefici ch'io vi concessi, come feci alcuni di voi proprietari di molti campi, ed altri innalzai a onori e cariche presso il popolo.
Libro VI:252 Domando, dunque, a voi se dal figlio di Jesse ve ne aspettate di più e di maggiori; so bene, che tutti correte dietro di lui a motivo di mio figlio, Gionata, che ha assunto egli stesso questo atteggiamento, e ha persuaso voi a fare lo stesso.
Libro VI:253 Non ignoro i giuramenti e i patti intercorsi tra lui e Davide, né che Gionata è consigliere e complice di coloro che ordiscono contro di me; e nessuno
di voi si interessa di queste cose, ma ve ne state aspettando di vedere quanto accadrà”.
Libro VI:254 Allorché il re si zittì, non vi fu alcuno tra gli astanti che gli rispondesse; soltanto Doeg il Siro, custode delle sue mule, disse di avere visto Davide quando andò nella città di Naba da Abimelech, il sommo sacerdote, e attraverso le profezie del sacerdote, Davide venne a conoscenza di quanto sarebbe accaduto e ricevette delle provvigioni e la spada di Gobath, affinché se ne andasse dove voleva senza paura.
Truce misfatto di Saul
Libro VI:255 - 5. Saul allora mandò a dire al sommo sacerdote e a tutta la sua famiglia: “Che torto ti ho fatto o quale ingiuria, che tu hai accolto il figlio di Jesse e hai dato viveri e armi a colui che complotta contro il mio regno? E perché tu gli hai manifestati gli oracoli sul futuro? Tu, infatti, non ignoravi che egli fuggiva da me e che odia il mio casato”.
Libro VI:256 Il sommo sacerdote non negò quanto era avvenuto, ma confessò francamente di avere fornito tali cose, tuttavia non per favorire Davide ma lui. Disse: “Io lo conobbi non come tuo nemico, ma come uno dei tuoi più fedeli servitori e tuo capitano e, quel che è più, come tuo genero e parente.
Libro VI:257 Certo, tali dignità gli uomini non concedono ai loro nemici, ma le riservano soltanto per le persone più care e stimate. Né questa è la prima volta che io profetizzo per lui: spesso ho fatto così in altre occasioni. E quando egli mi disse che lo mandavi tu per una impresa di gran rilievo, io pensai che negargli quanto chiedeva, sarebbe stato un oppormi ai tuoi voleri piuttosto che ai suoi.
Libro VI:258 Perciò non pensare sinistramente di me, né volere credere che la cortesia che allora gli usai fosse diretta a favorire i disegni di Davide di cui ora hai notizia, né considerare con sospetto, quanto io considerai un atto di umanità: poiché fu al tuo amico, al tuo genero e capitano ch'io lo rivolsi, non a un tuo nemico”.
Libro VI:259 - 6. Con queste parole, il sommo sacerdote non persuase Saul; la paura non gli permetteva di prestare fede a una difesa, anche se veritiera; onde ordinò ai suoi soldati di circondare lui e i suoi discendenti, di ucciderli. Ma essi non ardirono mettere le mani addosso al sommo pontefice, temendo più
l'offendere Dio che disobbedire al re, incaricarono Doeg, il Siro, di eseguire l'assassinio.
Libro VI:260 Questi prese in aiuto dei malvagi come lui e uccisero Abimelech e la sua famiglia: erano in tutti circa trecentocinque. Saul mandò anche uomini a Naba, città dei sacerdoti, e fece uccidere tutti, non risparmiando né donne né bambini, né quelli di alcun'altra età, e bruciò la città.
Libro VI:261 Sfuggì soltanto un figlio di Abimelech, di nome Abiathar. Tutto questo accadde in pieno accordo a quanto Dio aveva predetto a Eli, sommo sacerdote, allorché assicurò che, a motivo delle iniquità dei suoi due figli, la sua discendenza sarebbe stata distrutta.
Libro VI:262 - 7. Ma il re Saul perpetrando un'azione così crudele come la carneficina di un'intera famiglia di classe sacerdotale, senza provare pietà per i bambini né riverenza per gli anziani, giungendo alla demolizione della città scelta da Dio stesso come dimora e nutrice di sacerdoti e profeti, scelta come unica località per produrre persone del genere, Saul dunque fece a tutti conoscere e comprendere chiaramente il carattere dell'umana natura.
Libro VI:263 Fino a quando uno si trova in una condizione privata e bassa, nell'incapacità di indulgere ai suoi istinti o di osare tutto quello che desidera, è gentile e moderato e insegue soltanto quanto è giusto, e tiene rivolto il suo pensiero e i suoi sforzi soltanto a questo. Anche riguardo a Dio, egli è persuaso che Lui è presente in ogni evento della vita, e non vede soltanto le azioni che si compiono, ma conosce distintamente i pensieri d'onde quelle promanano.
Libro VI:264 Ma se giunge al potere e alla sovranità, si sveste di tutte quelle qualità, mette da parte costumi e maniere, quasi fossero maschere, assume in loro vece alterigia, arroganza e disprezzo di tutte le cose umane e divine:
Libro VI:265 e proprio quando ha maggiormente bisogno di pietà e di giustizia, per essere ormai oggetto dell'invidia altrui e i suoi pensieri e le azioni sono esposti allo sguardo di tutti, allora - quasi che Dio non li vedesse più o di Lui non avesse più paura a motivo della propria autorità, escono in azioni sfrenate:
Libro VI:266 ha paura dei rumori, i suoi odi sono ostinati, irrazionali i suoi amori, considera tutto ciò valido, sicuro, vero, gradito agli uomini e a Dio; del futuro non si dà pensiero.
Libro VI:267 Prima onora quanti si sono affaticati al suo servizio, ma poi invidia gli onori che egli stesso ha conferito; promuove uomini ad alte onorificenze, e poi li priva non solo di queste, ma proprio per queste, li priva della stessa vita sotto accuse così maligne che la loro stravaganza rende incredibili; infligge castighi non per reati che li meritano, ma per calunnie e accuse non vagliate, né colpiscono soltanto quelli che ne sono oggetto, ma egli può uccidere impunemente chiunque.
Libro VI:268 Di tutto questo abbiamo un chiaro esempio nella condotta di Saul, figlio di Kis, il primo - dopo il periodo dell'aristocrazia e il governo dei Giudici - a divenire re degli Ebrei: poiché egli uccise trecento sacerdoti e profeti per un sospetto contro Abimelech, e distrusse inoltre la loro città, sforzandosi in tal modo di lasciare quello che era virtualmente il loro tempio privo di sacerdoti e profeti, uccidendone anzitutto così tanti, e poi eliminando anche la loro famiglia, sicché altri non ne nascessero dopo di loro.
Libro VI:269 - 8. Ora Abiathar, il figlio di Abimelech, l'unico che scampò della famiglia dei sacerdoti assassinati da Saul, fuggì da Davide e gli riferì della sua famiglia e dell'assassinio del padre;
Libro VI:270 egli rispose di avere intuito l'arrivo di tali cose allorché vide Doeg. Aveva sopettato, disse, che il sommo sacerdote sarebbe stato denunziato al re da quest'uomo, e si dolse di essere stato causa della loro sfortuna; tuttavia si fermasse e stesse con lui, visto che altrove non sarebbe altrettanto nascosto.
Saul e Davide nel deserto di Zif
Libro VI:271 - XIII, I. - In quel periodo Davide, udito che i Palestinesi avevano invaso la regione dei Killani e la stavano depredando, decise di scendere in campo contro di loro, dopo avere interrogato Dio tramite il profeta, se gli avesse concesso la vittoria. Quando il profeta gli riferì che i segni di Dio gli erano favorevoli, si slanciò sui Palestinesi con i suoi compagni, ne fece una carneficina e tolse loro il bottino.
Libro VI:272 Siccome dopo restò con i Killani fino a quando ebbero raccolte e trebbiate le messi, la sua presenza fu riferita al re Saul. La sua impresa e il successo non rimasero limitati a quanti ne erano stati testimoni, ma la fama si diffuse alle orecchie di tutti, il re compreso, con lodi per le gesta e per colui che le aveva compiute.
Libro VI:273 Saul si rallegrò alla notizia che Davide era in Killa: “Finalmente, disse, Dio l'ha consegnato nelle mie mani, avendolo costretto ad entrare in una città cinta di mura, con porte e catenacci”, e ordinò a tutto il popolo di marciare su Killa, stringerla d'assedio, prenderla e uccidere Davide.
Libro VI:274 Ma allorché Davide scoprì la cosa, fu avvertito da Dio che qualora si trattenesse a Killa più a lungo gli abitanti lo avrebbero consegnato a Saul; prese allora i suoi quattrocento uomini e dalla città fuggì nel deserto in un luogo chiamato Enghedon. Il re, saputo che era fuggito dai Killani, desistette dall'inseguirlo.
Libro VI:275 - 2. Davide, in seguito, se ne partì e andò in un luogo chiamato Kainè, nella regione di Zifene; quivi fu incontrato da Gionata figlio di Saul, il quale, dopo averlo abbracciato, l'invitò a farsi coraggio, a sperare bene per il futuro, a non abbattersi per la condizione presente, poiché sarebbe divenuto re e avrebbe avuto a sua disposizione tutta la forza degli Ebrei, e la conquista di tali cose richiedeva grandi fatiche.
Libro VI:276 Poi, rinnovati i giuramenti per tutta la vita di reciproco amore e fedeltà, invocata la testimonianza di Dio sulle maledizioni, invocate su se stesso qualora avesse violato il loro giuramento e cambiato in tutt'altro, lo lasciò dopo avere alquanto alleggerito le sue preoccupazioni e i suoi timori, e se ne ritornò a casa sua.
Libro VI:277 Ma i Zifeni, volendosi ingraziare Saul, lo avvertirono che Davide si trovava presso di loro, e gli promisero che se andava da loro, l'avrebbero consegnato nelle sue mani; giacché, qualora fossero occupati i transiti alla loro regione, gli sarebbe stato impossibile sfuggire altrove.
Libro VI:278 Il re li lodò e protestò il proprio obbligo verso di loro per la notizia intorno al suo nemico, e promise che in breve avrebbe ricompensato la loro fedeltà; inviò poi quelli che dovevano eseguire la ricerca di Davide per tutto il deserto, ed egli stesso in seguito li avrebbe poi seguiti.
Libro VI:279 Così quelli precedettero il re nella caccia e cattura di Davide, poiché non solo erano ansiosi per la segnalazione fattagli della presenza del suo nemico ma desideravano dargli così una prova più concreta della loro devozione consegnandolo in suo potere. Tuttavia non riuscirono nel loro intento iniquo e ingiusto, tanto più iniquo in quanto non sarebbero incorsi in alcun pericolo qualora non avessero informato Saul.
Libro VI:280 Per adulazione e per l'attesa di ricevere dal re un guadagno, calunniarono e promisero di consegnare un uomo timorato di Dio, del quale ingiustamente si cercava la morte, mentre avrebbe potuto rimanere nascosto. Difatti, Davide, venuto a conoscenza della malvagità degli Zifeni e dell'approssimarsi del re, abbandonò i passi stretti della loro regione e fuggì sulla vasta rupe che si trova nel deserto di Simone.
Libro VI:281 - 3. Saul si affrettò all'inseguimento: lungo il cammino fu avvertito che Davide era uscito da quelle strettoie e così si incamminò verso l'altro lato della rupe. E proprio quando Davide era sul punto di venire catturato, Saul fu distolto dall'inseguimento dalla notizia che i Palestinesi avevano compiuto una nuova invasione nel territorio degli Ebrei; allora ritornò per affrontarli essendo i suoi naturali nemici, giudicò più necessario lottare contro di essi, piuttosto che impegnarsi nella cattura di un suo personale nemico, lasciando che la terra fosse devastata.
Libro VI:282 - 4. Dopo questa insperata liberazione dal pericolo, Davide riparò nei luoghi angusti dell'Engadene. Scacciati i Palestinesi, fu riferito a Saul che Davide si trovava entro i confini dell'Engadene.
Libro VI:283 Prese allora trecento soldati e si avviò alla volta di lui. E allorché era giunto non lungi dalla regione, vide lungo la strada una grotta vasta, larga e lunga dove, casualmente, Davide si nascondeva con i suoi quattrocento; quivi, pressato da un naturale bisogno, Saul si inoltrò tutto solo;
Libro VI:284 ma fu visto da uno dei compagni di Davide, che subito corse da lui dicendo che Dio gli offriva l'occasione di vendicarsi del suo nemico, e lo consigliò di troncare la testa a Saul, liberandosi dal suo peregrinare e dei disagi; ma Davide si alzò e tagliò soltanto un lembo di lana del mantello che indossava Saul, e subito se ne pentì: “Non è giusto, disse, uccidere il proprio padrone, né colui che Dio ha voluto onorare della regalità; poiché se egli è cattivo con noi, non è questo un motivo perché io sia tale con lui”.
Libro VI:285 Quando Saul uscì dalla grotta, Davide andò avanti", alzò la voce pregando Saul di ascoltarlo; il re si voltò, ed egli si prostrò faccia a terra, com'è costume, e disse: “Non è a gente iniqua, o re, né a fabbricanti di calunnie menzognere che devi porgere l'orecchio e fare loro l'onore di prestare fede, mentre guardi con sospetto le persone amiche: è dalle opere che tu dovresti giudicare il carattere di tutti gli uomini.
Libro VI:286 Poiché la calunnia non fa che ingannare, mentre le opere sono la prova più sicura dell'amicizia. Duplice è la natura delle parole: alcune sono vere, altre false; sono i fatti che presentano agli occhi le intenzioni.
Libro VI:287 Conosci, dunque, da queste prove, che il mio animo è buono verso di te e verso la tua famiglia, e tu dovresti credere a me invece di prestare fede a quanti mi accusano di cose ch'io non ho mai avuto in mente e che io mai avrei posto in atto, invece di attentare costantemente alla mia vita senza altro pensiero, giorno e notte, fuorché la mia eliminazione, che tu ingiustamente vai perseguendo.
Libro VI:288 E come hai mai potuto pensare di me cose così sinistre da credere che io volessi toglierti la vita? E come tu non oltraggi Dio giudicando nemico, un uomo che oggi stesso, aveva la possibilità di vendicarsi e di punirti, e invece si rifiutò di fare così, non volle approfittare di una occasione, che se fosse stata offerta a te contro di me, tu non te la saresti lasciata sfuggire?
Libro VI:289 Allorché ho reciso un lembo del tuo mantello, avrei potuto reciderti la testa”. A questo punto e per avvalorare le proprie parole gli mostrò il lembo reciso del mantello. “Ma io mi sono astenuto, proseguì, da una giusta vendetta, mentre tu non ti vergogni dell'odio ingiusto che hai contro di me. Dio sia giudice ed esamini la condotta di ambedue”.
Libro VI:290 Allora Saul stordito per la sua straordinaria salvezza e fuori di sé per il contegno discreto e la bella indole del giovane, sospirò profondamente. Quando Davide fece lo stesso, “a me, disse (Saul), conviene il pianto, poiché tu a me non hai fatto altro che del bene, mentre a te io non ho fatto altro che del male. Oggi tu hai dimostrato di avere la giustizia degli antichi, che hanno ordinato che colui che incontra i propri nemici in un luogo solitario, deve risparmiare loro la vita.
Libro VI:291 Perciò ora credo fermamente che Dio ti ha custodito per il regno , e che il dominio su tutti gli Ebrei spetta a te. Dammi, con giuramento, la sicurezza che tu non estinguerai la mia stirpe, né a motivo del rancore contro di me, distruggerai la mia posterità, ma vorrai serbare intatta la mia casa”. Davide prestò il giuramento che desiderava, e lasciò che Saul se ne andasse libero nel suo regno, mentre egli e i suoi si inoltrarono lungo la strettoia per Masthera.
Morte di Samuele
Libro VI:292 - 5. Intorno a questo tempo morì il profeta Samuele, uomo che godette tra gli Ebrei di una reputazione non comune. La sua virtù e l'affezione della moltitudine per lui furono manifeste sia dal lungo rimpianto che vi fu tra il popolo, sia dalla magnificenza e dal fervore col quale accompagnarono la sua sepoltura, e dalla osservanza accurata dei riti tradizionali.
Libro VI:293 Lo seppellirono nella sua nativa Armatha, lo piansero per molti giorni, non con quel semplice pianto che si fa per la morte di un estraneo, ma ognuno con un dolore personale, come se si fosse trattato di un familiare.
Libro VI:294 Fu un uomo giusto, di indole buona, e perciò molto caro a Dio. Governò e guidò il popolo dopo la morte del sommo sacerdote Eli per venti anni, da solo, e con il re Saul per altri diciotto. Tale, dunque, fu la fine di quanto riguarda Samuele.
Davide e Nabal
Libro VI:295 - 6. Ora tra gli Zifeni c'era un uomo, della città di Emman, ricco e padrone di molte greggi; possedeva un gregge di tremila pecore e mille capre. Davide aveva dato ordine ai suoi di guardarsi bene dal toccarle, di non fare a esse danno alcuno né per cupidigia, né per bisogno, poiché trovandosi nel deserto potevano facilmente essere scoperti: dovevano astenersi da qualsiasi ingiuria e giudicare più importante di tutto non offendere un uomo, e che era un oltraggio e un'offesa contro Dio toccare quanto appartiene a un altro.
Libro VI:296 Ai suoi dava questi insegnamenti giudicandosi obbligato verso un uomo per bene e degno di tale premura verso di lui. Ma Nabal, tale era il suo nome, era un uomo selvatico, di cattivo carattere, abituato a vivere alla maniera dei cani; ma era stato benedetto con una moglie virtuosa, discreta e di bello aspetto.
Libro VI:297 Al tempo in cui Nabal tosava le sue pecore, Davide mandò dieci dei suoi uomini a salutarlo e ad augurargli che questo potesse ripetersi ancora in futuro per molti anni. Inoltre lo pregava di volergli concedere qualcosa della sua abbondanza; egli avrà saputo dai suoi pastori che Davide e i suoi uomini non avevano fatto loro alcuna molestia, che anzi erano stati dei custodi sia per loro sia per i greggi durante tutta la lunga permanenza nel deserto; non avrà motivo di pentirsi di avere dato qualcosa a Davide.
Libro VI:298 Gli inviati riferirono queste cose a Nabal, ma questi li accolse con durezza e in un modo incivile: prima domandò loro chi fosse questo Davide, e quando gli dissero che era il figlio di Jesse, esclamò: “Così oggi i fuggiaschi, insolentiscono e si vantano di avere abbandonato i padroni”.
Libro VI:299 Quando gli riportarono queste parole, Davide ne restò profondamente indignato, ordinò a quattrocento dei suoi uomini di seguirlo in armi, ne lasciò duecento - ora ne aveva seicento - a custodia dei bagagli, e marciò contro Nabal: si era obbligato, con giuramento, di distruggere la sua casa e tutti i suoi possedimenti in quella stessa notte; era adirato non solo per l'ingratitudine verso di loro, non tenendo conto della molta umanità usata verso di lui, ma anche perché aveva insultato e ingiuriato quelli dai quali non aveva ricevuto torto alcuno.
Libro VI:300 - 7. - Ora uno dei servi che pascolavano i greggi di Nabal, riferì alla sua padrona, la moglie di lui, che Davide aveva inviato dei messi, per non so qual cosa, e non solo non ebbe accoglienza, ma fu pure insultato con maniere ingiuriose, nonostante egli avesse dimostrato cortesia ai pastori e protetto i loro greggi: questo comportamento, aggiunse, potrebbe rivelarsi dannoso per il padrone e per lei stessa.
Davide e Abigai
Libro VI:301 Udito questo racconto del servo, Abigai - tale era il suo nome - allestì le sue asine, le caricò con ogni genere di doni e, senza farne parola al marito - era fuori di sé per avere bevuto troppo -, si incamminò alla volta di Davide. Mentre discendeva dalla montagna, incontrò Davide che con i suoi quattrocento veniva contro Nabal.
Libro VI:302 Alla vista di lui, la donna balzò dal giumento e si prostrò a terra davanti a lui; poi lo invitò a non ricordarsi delle parole di Nabal poiché egli non ignorava che lui rispondeva al proprio nome - nella lingua degli Ebrei Nabal significa “mentecatto”, e quanto a sé si scusò asserendo di non avere visto i messi di Davide.
Libro VI:303 “Perciò perdonami, disse, e ringrazia Dio che ti ha distolto dal macchiarti di sangue umano. Se tu, infatti, ti serbi puro, Egli stesso ti vendicherà dai malvagi, e il male che pende su Nabal cada ancora sul capo dei tuoi nemici.
Libro VI:304 Sii benevolo verso di me, degnandoti di accettare da me questi doni e, in grazia mia, respingi lo sdegno e la collera che hai concepito contro mio marito e contro la sua casa: a te ben si addice dolcezza e umanità, tanto più che sei destinato a regnare”.
Libro VI:305 Davide, accettando i doni, disse: “Veramente è la bontà di Dio che ti ha condotto, o donna, davanti a noi; ché altrimenti non avresti visto il domani, giacché avevo giurato di distruggere, in questa stessa notte, la casa di Nabal, non risparmiando alcuno di voi che appartenete a un uomo che fu così spregevole e ingrato verso di me e verso i miei. Ma tu ora hai prevenuto e addolcito la mia collera, poiché Dio ha cura di te. Ma, quanto a Nabal, sebbene oggi, per amor tuo, io risparmi il castigo dovutogli, non sfuggirà alla retribuzione; la sua condotta troverà un'altra occasione per portarlo alla rovina”.
Libro VI:306 - 8. Ciò detto, congedò la donna; di ritorno a casa sua, lei trovò il marito che gozzovigliava con una considerevole compagnia e già greve dal bere: così, sul momento, non gli manifestò nulla di quanto avvenuto. Ma all'indomani, quando aveva la mente sgombra, gli raccontò ogni cosa, tanto che le sue parole e il dolore da esse prodotto gli causarono un collasso e il suo corpo rimase come morto; sopravvisse non più di dieci giorni, e poi Nabal cessò di vivere.
Libro VI:307 Sentita la notizia della sua morte, Davide riconobbe che bene era stato vendicato da Dio; Nabal era stato ucciso dalla sua stessa cattiveria, mentre egli aveva le proprie mani pulite. Allora capì anche che Dio insegue il malvagio, che Egli non trascura l'agire dell'uomo, ma dà ad ognuno quello che gli spetta: ai giusti il premio, e agli iniqui il castigo.
Libro VI:308 Inviò poi messi alla donna invitandola a vivere con lui e a diventare sua moglie. Agli inviati lei rispose che era indegna anche di toccargli i piedi, ma ciononostante andò con tutti i suoi servi. E così visse con lui, avendo ottenuto tanto onore per la sua discrezione e per la rettitudine del suo carattere, e anche per la sua avvenenza.
Libro VI:309 Davide aveva già un'altra moglie, quella che egli prese dalla città di Abisar; quanto a Melcha, figlia di Saul, una volta moglie di Davide, da suo padre fu data in matrimonio a Feltia, figlio di Liso della città di Getha.
Magnanimità di Davide verso Saul
Libro VI:310 - 9. Dopo di ciò alcuni Zifiti andarono a informare Saul che Davide si trovava nuovamente nella loro regione, e che lo potevano arrestare purché egli volesse aiutarli; egli mosse contro di lui con trecento soldati e all'approssimarsi della notte si accampò in un luogo detto Sikella.
Libro VI:311 Saputo che Saul stava venendo contro di lui, Davide inviò degli esploratori con l'ordine di riferirgli fino a che parte della regione si era inoltrato Saul; e quando gli riferirono che stava trascorrendo la notte a Sikella, separato dai suoi, prese con sé Abisai, figlio di sua sorella Saruia, e Abimelech l'Hittita e si diresse all'accampamento di Saul.
Libro VI:312 Quando Davide penetrò nell'accampamento del re, Saul stava dormendo con i suoi soldati e il loro comandante Abener che giacevano in circolo attorno a lui; egli però non volle uccidere Saul del quale aveva riconosciuto il giaciglio dall'asta fissa nel suolo al suo fianco, né lo permise ad Abisai che voleva trucidarlo e si era lanciato in avanti con tale intento; ma disse che era cosa indegna uccidere il re eletto da Dio, anche se è malvagio, poiché è da Colui che gli aveva dato il comando che gli verrà la punizione nel tempo dovuto: e così lo dissuase dalla sua collera.
Libro VI:313 In segno di non averlo ucciso, pur potendolo, egli prese l'asta e la fiasca dell'acqua che era proprio a lato di Saul e, senza essere visto da alcuno nel campo ove tutti erano avvolti nel sonno, se ne uscì dopo avere eseguito tranquillamente quanto con l'aiuto del tempo e del suo coraggio aveva stabilito contro quelli del re.
Libro VI:314 Poi, attraversato il torrente e salito sulla cima di una collina dalla quale poteva essere udita la sua voce, gridò rivolto alle truppe di Saul e al loro comandante Abener, li destò dal sonno rivolgendosi a lui e alla sua gente. Quando il comandante udì e domandò chi lo chiamasse, Davide rispose:
Libro VI:315 “Sono io, il figlio di Jesse, fuggiasco da voi. Come mai tu così grande e onorato da occupare il primo posto presso il re; ti curi così poco di custodire la persona del tuo padrone e ti è più caro il sonno che la salvezza e la cura di lui? Queste cose sono degne di morte, poiché poc'anzi alcuni di noi sono entrati nell'accampamento, dentro la tenda del re e di tutti gli altri, e voi non vi siete accorti di nulla. Cerca ora l'asta del re e la fiasca dell'acqua e capirai in mezzo a quale rischio ti sei trovato senza che tu te ne accorgessi”.
Libro VI:316 Saul riconobbe la voce di Davide e comprese che pur essendo stato alla sua mercé, addormentato e trascurato dalle proprie guardie, tuttavia non lo
aveva ucciso; gli aveva risparmiato la vita, che giustamente avrebbe potuto togliergli; lo ringraziò per averlo risparmiato e lo esortò ad avere coraggio, e a non avere paura in futuro di soffrire da lui alcun danno nel suo ritorno a casa.
Libro VI:317 Poiché ormai era sicuro di essere amato filialmente (da Davide) più di quanto egli (Saul) amasse se stesso, visto che aveva inseguito quest'uomo che avrebbe potuto essere il suo custode e che aveva offerto così tante prove di lealtà, lui lo aveva invece costretto a vivere così a lungo da fuggiasco in pericolo di vita, lontano dagli amici e dai parenti; benché lui non si stancasse mai di salvarlo e di restituirgli una vita manifestamente perduta.
Libro VI:318 Davide gli suggerì di mandare a prendere la sua asta e la fiasca dell'acqua, aggiungendo “Dio sia giudice del carattere di ambedue, e del loro modo di agire. Egli sa che oggi, quando io avevo la possibilità di ucciderti, mi sono ritirato”.
Libro VI:319 - 10. Saul, sfuggito per la seconda volta dalle mani di Davide, se ne ritornò al palazzo e alla sua patria. Ma Davide, temendo che, restando dov'era sarebbe stato catturato da Saul, giudicò saggio discendere e restare nella terra dei Palestinesi. Con la compagnia di seicento seguaci si recò da Anchus, re di Gitta, una delle loro cinque città.
Libro VI:320 Accolto dal re, che sia a lui che ai suoi uomini concesse un'abitazione - e così fu anche per le sue due mogli Achima e Abigaia -, si stabilì a Gitta. Udito questo, Saul non si diede più pensiero di inviare o di marciare egli stesso contro di lui, perché già due volte era stato in imminente pericolo di cadere nelle sue mani, mentre cercava di prenderlo.
Libro VI:321 Ma a Davide non piaceva restare nella città di Gitta, e pregò il re che l'aveva accolto con tanta umanità di accordargli ancora un favore assegnandogli un altro luogo nella sua regione dove abitare; si vergognava, disse, di essergli di peso e noioso seguitando a vivere in quella città.
Libro VI:322 Così Anchus gli assegnò un villaggio chiamato Sekella, che gli piaceva così tanto che, quando divenne re, lo considerava come sua proprietà privata, e così fecero i suoi figli dopo di lui. Ma di questo parleremo appresso. Ora il tempo che Davide trascorse in Sekella della Palestina fu di quattro mesi e venti giorni.
Libro VI:323 Clandestinamente, egli compì delle incursioni nelle vicine terre dei Palestinesi, i Serriti e gli Amaleciti che facevano razzie nella regione e poi se ne
ritornavano con gran bottino di pecore e di cammelli; si asteneva dal catturare uomini, per timore che l'accusassero presso il re Anchus, al quale tuttavia mandava in dono parte del bottino.
Libro VI:324 E quando il re gli domandò su chi avesse attaccato per prendere tutto quel bottino, egli rispose che si trattava del popolo abitante a sud dei Giudei, dimorante nella pianura; e riuscì a far credere questo ad Anchus. Egli, infatti, sperava che Davide fosse giunto ad odiare la propria gente e che l'avrebbe avuto come un suo servo per tutto il tempo che avrebbe vissuto presso di lui e avrebbe dimorato col suo popolo.
Libro VI:325 - XIV, I. - All'incirca nello stesso periodo i Palestinesi decisero di muovere contro gli Israeliti e avvisarono tutti i loro alleati di incontrarsi a Rega d'onde sarebbero partiti contro gli Ebrei. Anchus, re di Gitta pregò Davide di volerlo aiutare con i suoi soldati.
Libro VI:326 Ed egli rispose che volentieri l'avrebbe fatto, aggiungendo che era giunta, per lui, l'opportunità di ripagarlo dei buoni uffici e dell'ospitalità; onde il re promise che dopo la vittoria avrebbe fatto di lui la sua guardia del corpo, quando la guerra contro il nemico sarebbe stata favorevole a loro: con questa promessa di onore e confidenza sperava di aumentare ancora più l'ardore di lui.
Ultima guerra di Saul
Libro VI:327 - 2. Ora Saul, re degli Ebrei, aveva bandito dai suoi domini gli indovini, i ventriloqui e quanti esercitavano simili artifici, ad eccezione dei profeti. Udito poi che i Palestinesi erano vicini e stavano accampati presso la città di Sune, nella pianura, egli mosse subito contro di loro con le sue forze
Libro VI:328 e, raggiunta una montagna, chiamata Gelboe, piantò l'accampamento di fronte al nemico. Ma alla vista delle forze nemiche fu colto da paura: erano realmente numerose, ed egli le giudicò superiori alle proprie.
Libro VI:329 Per mezzo di profeti, interrogò un oracolo di Dio in merito alla battaglia e al suo esito; siccome da Dio non veniva alcun responso, Saul ne rimase ancora più spaventato, gli mancò il cuore, prevedendo un inevitabile disastro, non essendoci più, al suo fianco la mano di Dio. Tuttavia diede ordine che gli si cercasse una donna tra le ventriloqui e le negromanti che richiamano gli spiriti dei trapassati per sapere, per mezzo loro, come sarebbero andati i fatti.
Libro VI:330 Infatti questo tipo di ventriloqui richiamano gli spiriti trapassati e, per mezzo loro, predicono il futuro a chi lo desidera. Informato da uno dei servi che nella città di Dora vi era una donna del genere, all'insaputa di tutti nell'accampamento, si svestì delle vesti regali e, accompagnato da due servi che sapeva fidatissimi, si recò a Dora da questa donna e la pregò di fargli comparire davanti, per mezzo della divinazione, l'anima di colui che egli avesse nominato.
Libro VI:331 Ma la donna obiettò che mai avrebbe sfidato il re, che aveva espulso quella classe di indovini; e che egli non agiva da persona leale che, non avendo nulla da rimproverarle, le tira un laccio per indurla a compiere atti proibiti e farla punire; perciò egli giurò che nessuno l'avrebbe saputo, che egli non avrebbe parlato con nessuno della sua divinazione e che lei non avrebbe corso alcun rischio.
Libro VI:332 Convinta da questi giuramenti, dimenticò i suoi timori e lui le ordinò di richiamargli l'anima di Samuele. Lei, ignorando chi fosse questo Samuele, lo chiamò dall'Ade. Allorché egli apparve, alla vista di quel venerabile e splendido uomo divino, la donna si turbò e, stordita dalla visione, esclamò: “Non sei tu il re Saul?” Glielo aveva rivelato Samuele.
Libro VI:333 Egli le rispose che era proprio così e le domandò donde venisse quel suo turbamento: lei rispose di avere visto venire su uno dalla forma in tutto simile a Dio. Richiesta di descrivere le sembianze, il vestito e l'età dell'uomo, lei lo descrisse di età avanzata, di portamento distinto, indossante il manto sacerdotale.
Libro VI:334 Da questi segni, il re riconobbe Samuele e prostratosi al suolo lo salutò e venerò. Interrogato dall'anima di Samuele per qual motivo l'avesse disturbata e fatta salire, espose il suo bisogno: i nemici l'incalzavano gravemente, ed era sfiduciato nel presente stato di bisogno, abbandonato da Dio e sfornito di oracolo sia da parte dei profeti sia da parte di sogni: “Per questo ho fatto ricorso a te, che ti sei sempre preso cura di me”.
Libro VI:335 Ma Samuele, vedendolo ormai prossimo al cambio della sua fortuna, disse: “E’ inutile volere conoscere qualcosa da me quando Dio ti ha abbandonato. Ascolta comunque: Davide regnerà e condurrà a buon fine la guerra,
Libro VI:336 mentre tu perderai la sovranità e la vita poiché hai disobbedito a Dio nella guerra contro gli Amaleciti e non hai osservato i suoi ordini, come ti
predissi quando ero ancora in vita. Sappi ancora che il popolo sarà abbandonato nelle mani dei tuoi nemici, che tu e i tuoi figli cadrete domani in battaglia e sarai con me”.
Libro VI:337 - 3. Dal dolore, all'udire queste cose, Saul restò senza voce: cadde al suolo, o per il colpo inflittogli da queste rivelazioni o perché esausto - dal giorno e dalla notte antecedente non aveva preso cibo alcuno - giacque inerte come un cadavere.
Libro VI:338 Allorché, con grande difficoltà, si riprese, la donna lo costrinse a prendere cibo, domandandoglielo come un favore per l'atto di divinazione non permesso e che lei si era azzardata a compiere fino a quando non lo conobbe. Chiese con insistenza che le permettesse di apparecchiargli la tavola affinché mangiasse, riacquistasse le forze e potesse fare ritorno al suo accampamento; e benché egli nel suo sconforto rifiutasse e si ritraesse indietro con decisione, l'insistenza di lei l'aiutò a cedere.
Libro VI:339 Sebbene non possedesse che un vitellino che aveva tirato su e allevato in casa con diligenza e attenzione, era una donna lavoratrice e si accontentava di questa unica proprietà, tuttavia lo uccise e preparò la carne per lui e per i suoi. E in quella notte, Saul ritornò al suo accampamento.
Libro VI:340 - 4. E’ giusto qui ammirare la generosità di questa donna: sebbene dal re le fosse vietata un'arte che le avrebbe reso la vita casalinga più semplice e confortevole, e sebbene prima non lo avesse mai visto, non ebbe alcun risentimento verso di lui che aveva vietato la sua professione, né lo respinse come uno straniero, né come persona con la quale non era mai stata in confidenza;
Libro VI:341 invece gli diede la propria simpatia, lo consolò e lo esortò a compiere quello a cui egli guardava con malavoglia e gli offrì con larga cordialità l'unica cosa che nella sua povertà possedeva. E fece tutto questo non per riceverne qualche beneficio, né per averne qualche favore in futuro - sapeva infatti che egli era in procinto di morire, quantunque gli uomini di loro natura o si studiano di fare del bene a coloro dai quali furono beneficati, o lusingano coloro dai quali potranno, forse, ricevere qualche beneficio in futuro.
Libro VI:342 E’ bene, dunque, imitare questa donna e fare del bene a tutti quanti ne hanno bisogno e non considerare nulla migliore di questo né più appropriato alla natura umana, né che più ci renda simili a Dio benevolo e
pronto ad accordarci i suoi doni. A proposito di questa donna, basti quanto ho detto.
Libro VI:343 Ora passerò a riflessioni utili a stati, popolazioni, nazioni, e di interesse a tutta la gente dabbene, d'onde si trarrà incitamento alla virtù, ad aspirare a quelle cose che possano dare loro gloria e fama eterna, ispirare nel cuore dei re delle nazioni, dei capi delle città un grande desiderio e zelo per nobili gesta, stimolarli ad affrontare pericoli e morte per la loro patria e ammaestrarli a non fare conto di qualsiasi pericolo.
Libro VI:344 L'occasione per tale discorso me la presta Saul, re degli Ebrei. Sebbene egli conoscesse quanto stava per accadere e la sua prossima morte, come gli era stato predetto dal profeta, ciononostante non fuggì da esse, né per amore della vita diede il suo popolo in balia del nemico, e disonorò la dignità regale:
Libro VI:345 giudicò, invece, nobile esporre a quei pericoli se stesso, la sua casa e i suoi figli, e cadere combattendo per i suoi sudditi; preferì che i figli andassero incontro alla morte da valorosi, piuttosto che lasciarli dopo di sé, mentre ancora era incerto che tipo di uomini sarebbero stati. Così, dai successori e posterità, avrebbe ottenuto gloria e fama immortale.
Libro VI:346 Solo un uomo così, secondo la mia opinione, è giusto, virile, saggio ed egli - se di simili uomini mai ve ne furono o ve ne saranno - merita che tutti gli uomini riconoscano la sua virtù. Poiché quelli che vanno in guerra con la speranza di vincere o di ritornare salvi, sebbene compiano imprese gloriose, secondo me è errato che siano descritti e considerati dagli storici e dagli scrittori dei valorosi.
Libro VI:347 Non v'è dubbio che siano degni di lode, ma termini come “intrepido”, “audace”, “sprezzante dei pericoli” si possono correttamente adoperare soltanto per coloro che hanno emulato Saul. Infatti, quanti non sanno che cosa loro accadrà in guerra, non indietreggiano, ma si affidano a un futuro incerto cavalcando l'impetuoso mare della sorte, non per questo sono coraggiosi, seppure compiono prodezze;
Libro VI:348 colui invece che non ha in cuore alcuna speranza di successo, prevede anzi che deve morire combattendo, per questo non deve abbattersi, né sbigottirsi davanti al terribile destino, ma affrontare con piena conoscenza quanto sta accadendo: questo - a mio giudizio - è prova di autentico valore.
Libro VI:349 E questo è appunto quanto fece Saul, mostrando che quanti aspirano a una buona fama dopo la morte, è necessario che agiscano in tal modo, adoperandosi per ottenerla; specialmente i re devono agire così, poiché la grandezza del loro potere, non solo vieta loro di essere malvagi verso i sudditi, ma anche di avere una virtù mediocre.
Libro VI:350 A proposito di Saul e del suo coraggio posso anche dire di più, in quanto si prestano ad essere argomento di un ricchissimo materiale; ma per non apparire di cattivo gusto nell'offrire questo panegirico, ritornerò al punto dal quale sono partito per la presente digressione.
Libro VI:351 - 5. Come dissi, i Palestinesi avevano già pronto il loro campo secondo le tribù, i regni e le satrapie, quando finalmente apparve il re Anchus con tutte le sue truppe, seguito da Davide con i suoi seicento soldati.
Libro VI:352 I capi dei Palestinesi, vedendolo, domandarono al re donde venissero quegli Ebrei, e chi li avesse chiamati; egli rispose che era Davide fuggito da Saul, suo padrone, e andato da lui che lo aveva accolto e ora, desiderando ripagare il favore e vendicarsi di Saul, combatteva insieme ad essi.
Libro VI:353 I capi, però, lo ripresero perché aveva preso come alleato uno che era loro nemico; e lo consigliarono di licenziarlo, affinché senza volerlo, la presenza di Davide non fosse causa di qualche grave danno ai suoi amici e offrisse a Davide stesso l'opportunità di riconciliarsi col suo padrone a nocumento del proprio esercito.
Libro VI:354 In questo modo lo persuasero a rinviare lui e i seicento soldati al luogo ove aveva concesso di abitare: questo, infatti, era quel Davide del quale le ragazze cantavano che aveva ucciso molte migliaia di Palestinesi. Udite queste cose, il re di Gitta chiamò Davide e gli disse:
Libro VI:355 “Da parte mia posso testimoniarti l'impegno e l’amicizia che hai dimostrato verso di me, ed è per questo che ti ho condotto come alleato, ma questo non piace ai capi. Ordunque, tra un giorno vattene al luogo che ti ho assegnato, e per quanto ti riguarda non avere alcun timore. Là custodisci la regione in mia vece, acciocché non sia invasa da nemici. Anche questo fa parte di un'alleanza”.
Libro VI:356 Così Davide se ne andò a Sikella, come aveva ordinato il re di Gitta. E proprio nel tempo in cui egli si era allontanato per prestare aiuto ai Palestinesi, gli Amaleciti avevano compiuto un'incursione, preso d'assalto
Sikella, e dopo averla incendiata e fatto grande bottino da quella città e dal restante territorio dei Palestinesi, si erano ritirati.
Libro VI:357 - 6. Quando Davide trovò Sikella saccheggiata e derubata di ogni cosa, le sue mogli, che erano due, e quelle dei suoi compagni prese prigioniere con i loro figli, si stracciò di dosso i vestiti;
Libro VI:358 e piangendo e lamentandosi con gli amici, rimase così prostrato da questa calamità che, alla lunga, gli mancarono persino le lacrime. Poco mancò che non fosse lapidato a morte dai suoi compagni, profondamente rattristati per la cattura delle loro mogli e dei figli, dando a lui la responsabilità dell'accaduto.
Libro VI:359 Riavutosi dallo strazio, elevò la mente a Dio e pregò il sommo sacerdote Abiathar di indossare l'abito sacerdotale e di interrogare Dio affinché gli predicesse se, qualora inseguisse gli Amaleciti, Egli gli concedesse di raggiungerli e liberare donne e bambini, e vendicarsi contro i propri nemici.
Libro VI:360 E quando il sommo sacerdote gli diede ordine di inseguirli con i suoi seicento soldati, egli si affrettò sulle tracce del nemico; giunto a un torrente chiamato Baselos, scorse un vagabondo, di stirpe egiziana, sfinito dalla miseria e dalla fame - aveva patito tre giorni girando per quel deserto, senza cibo. Prima gli diede da bere e da mangiare, poi Davide gli domandò chi era e donde veniva.
Libro VI:361 Quello rispose di essere di stirpe egiziana e di essere stato abbandonato là dal suo padrone, perché incapace a seguirlo a motivo della sua infermità; manifestò inoltre di essere uno di quelli che avevano bruciato e saccheggiato parti della Giudea e Sikella.
Libro VI:362 Così Davide si servi di lui come guida verso gli Amaleciti: e li raggiunse mentre se ne stavano sdraiati al suolo, alcuni prendevano il pranzo pomeridiano, altri erano ubriachi e oppressi dal vino, in festa con la preda e il bottino catturati. Giunto all'improvviso su di loro, ne fece una grande carneficina, perché erano disarmati, non si aspettavano una simile sventura: intenti a bere e ai bagordi furono tutti una facile preda.
Libro VI:363 Alcuni, sorpresi mentre preparavano le tavole, furono massacrati accanto ad esse, e i rivoli del loro sangue imbrattarono vivande e cibi; chi fu trucidato mentre brindava, e chi mentre, ubriaco, giaceva pieno di sonno; e quanti avrebbero potuto armarsi e fare resistenza, caddero e furono fatti a pezzi con non meno facilità di quelli che giacevano al suolo inermi.
Libro VI:364 Anche i compagni di Davide seguitarono la carneficina dalla prima ora fino alla sera, sicché di Amaleciti non ne rimasero più di quattrocento: e questi sfuggirono montando veloci cammelli. Davide ricuperò così non solo il bottino che il nemico gli aveva sottratto, ma anche le sue donne e quelle dei suoi compagni.
Libro VI:365 Nel ritorno, quando giunsero al luogo ove duecento uomini, incapaci a seguire tutti gli altri, erano rimasti a custodia dei bagagli, i quattrocento non volevano dividere con essi i guadagni e il bottino della spedizione: affermavano che, non avendo sopportato l'inseguimento, dovevano accontentarsi di riavere le mogli che erano state recuperate.
Libro VI:366 Ma Davide dimostrò che il loro giudizio era cattivo e ingiusto; poiché, disse, Dio aveva concesso loro di vendicarsi dei nemici, e ricuperare tutti i loro averi, erano obbligati a dare una parte uguale dei guadagni a tutti quanti avevano partecipato alla spedizione, tanto più che erano rimasti a custodia dei bagagli.
Libro VI:367 Perciò al suo ritorno a Sikella, Davide inviò porzioni del bottino a tutti i suoi congiunti e amici della tribù di Giuda. Così fu del saccheggio di Sikella e del massacro degli Amaleciti.
Morte di Saul
Libro VI:368 - 7. Intanto i Palestinesi si erano scontrati in battaglia con gli Israeliti e, dopo un aspro combattimento, i Palestinesi vinsero e massacrarono molti dei loro avversari. Saul, re di Israele, e i suoi figli combatterono strenuamente mettendo nella battaglia tutto il loro coraggio, pensando che la loro gloria sarebbe restata unicamente nel loro nobile morire; azzardando disperatamente tutto contro il nemico, a loro non restava ormai più nulla.
Libro VI:369 Si tirarono addosso tutto lo schieramento dei nemici e, circondati, perirono dopo avere ucciso molti dei Palestinesi. Ora i suoi figli erano Gionata, Aminadab e Melchis. Quando questi caddero, l'esercito degli Ebrei si diede alla fuga, ne seguì disordine e confusione; e quando il nemico si abbatté su di loro, vi fu un massacro.
Libro VI:370 Saul allora si diede alla fuga, circondato da uomini prodi; ma li perse tutti ad eccezione di pochi, perché i Palestinesi lo facevano segno degli arcieri e dei lanciatori di giavellotti. Egli stesso, dopo avere compiuto numerose
prodezze e ricevuto molte ferite, non poté più reggere né sopportare oltre questi colpi; essendo troppo debole per suicidarsi, ordinò al suo scudiero di estrarre la sua spada e di trafiggerlo prima che i nemici lo prendessero vivo.
Libro VI:371 Ma, non osando lo scudiero uccidere il suo padrone, egli stesso sguainò la sua spada, la puntò al petto e vi si lasciò cadere sopra; ma, chinandosi sopra di essa per fare penetrare la lama, non riusciva a spingerla oltre: allora si voltò, vide che là c'era un giovane, gli domandò chi fosse e, saputo che era un Amalecita, lo pregò di fare forza sulla spada, visto che lui non riusciva a farlo con le proprie mani: e così gli procurò la morte che desiderava.
Libro VI:372 Fatto questo, gli tolse il suo braccialetto d'oro dal braccio e la corona reale, e poi si dileguò. Lo scudiero alla vista di Saul morto, si suicidò. Della guardia del corpo del re nessuno sfuggì, ma tutti caddero sul monte detto Gelboe.
Libro VI:373 Gli Ebrei che abitavano nella valle al di là del Giordano e quelli che avevano le loro città nella piana, quando udirono che Saul e i suoi figli erano caduti e con essi era perita l'intera moltitudine, abbandonarono le loro città e si rifugiarono in quelle fortificate; e i Palestinesi, trovandole deserte, vi si insediarono.
Libro VI:374 - 8. Il dì appresso, mentre i Palestinesi spogliavano i cadaveri dei loro nemici, allorché giunsero ai corpi di Saul e dei suoi figli, li spogliarono, mozzarono loro la testa e mandarono banditori per tutto il paese ad annunziare che i loro nemici erano caduti. Le loro armature le appesero nel tempio di Astarte, e impalarono i loro corpi sulle mura della città di Bethsan, ora chiamata Scitopoli.
Libro VI:375 Ma quando gli abitanti di Jabes, città della Galaadite, seppero che essi avevano mutilato i cadaveri di Saul e dei suoi figli, inorridirono al pensiero di lasciarli insepolti, e così i più validi e arditi - questa è una città feconda di uomini forti e animosi -, uscirono, camminarono un'intera notte e raggiunsero Bethsan;
Libro VI:376 si avvicinarono alle mura nemiche, tolsero i cadaveri di Saul e dei suoi figli e li portarono a Jabes: il nemico non poté né osò opporsi, trattandosi di uomini gagliardi.
Libro VI:377 Quelli di Jabes seppellirono i corpi nel più bel posto del loro paese, detto Arura, con pubblico lamento; le donne e i fanciulli seguitarono il pianto
per sette giorni, battendosi il petto e piangendo per il re e i suoi figli, senza toccare cibo e bevanda.
Libro VI:378 Così venne la fine di Saul, come Samuele aveva predetto, a motivo della sua disobbedienza agli ordini di Dio riguardo agli Amaleciti, e a motivo della distruzione che aveva operato contro la famiglia di Abimelech, sommo sacerdote, dello stesso Abimelech e della città dei sommi sacerdoti. Vivente Samuele regnò anni diciotto, dopo la sua morte ventidue. Così ebbe fine la vita di Saul.