domenica 16 ottobre 2011

Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio Libro VII° (7/20)

Libro VII°

Pianto di Davide
Libro VII:1 - I, I. Ora questa guerra ebbe luogo nello stesso giorno in cui Davide ritornò a Sikella dopo la vittoria sugli Amaleciti. Due giorni dopo che era a Sikella, nel terzo giorno, venne l'uccisore di Saul, sfuggito dalla guerra con i Palestinesi: indossava abiti laceri e il capo era cosparso di cenere.
Libro VII:2 Si prostrò davanti a Davide e alla sua domanda donde venisse in quello stato, rispose: “Dalla battaglia degli Israeliti”. Poi proseguì manifestandogli il disastroso esito per gli Ebrei: molte migliaia trucidati, anche Saul, il loro re, e i suoi figli caduti.
Libro VII:3 Aggiunse di sapere queste cose perché teste oculare sia della disfatta degli Ebrei sia della fuga del re; confessò inoltre di avere egli stesso ucciso Saul, dietro suo ordine, quando stava per essere catturato dai nemici in quanto, gettatosi sulla propria spada, a motivo delle molte sue ferite, era troppo debole per farla finita da solo.
Libro VII:4 Quale attestato dell'uccisione di Saul, gli mostrò l'ornamento d'oro che il re portava al braccio e la corona tolta dal cadavere di Saul per portarla a lui. Davide, non potendo ulteriormente dubitare di quanto diceva, davanti a prove così chiare della morte di Saul davanti ai suoi occhi, stracciò le proprie vesti e per tutto quel giorno elevò pianti e lamenti insieme ai suoi compagni.
Libro VII:5 Lo strazio era più profondo per Gionata, figlio di Saul, che era stato il suo amico più fedele, e responsabile di avergli salvato la vita; tanta fu la nobiltà e la lealtà mostrata da lui per Saul che non solo era rattristato per la sua morte, sebbene più volte fosse stato in pericolo di vita per mano sua, ma punì colui che lo aveva ucciso;
Libro VII:6 gli disse che egli si era fatto accusatore di se stesso per avere ucciso il re; e, saputo che suo padre era di stirpe Amalecita, diede ordine che fosse ucciso. Scrisse anche lamentazioni ed elogi funebri per Saul e per Gionata, che si conservano fino ai miei giorni.
Davide re a Ebron
Libro VII:7 - 2. Finito di rendere questi onori al re, e terminato il lutto, per mezzo del profeta interrogò Dio sulla città che gli assegnava per abitarvi tra quelle della tribù di Giuda; rispostogli che gli assegnava Ebron, egli lasciò Sikella e si recò in quel luogo, prendendo con sé le mogli che erano due, e i soldati.
Libro VII:8 Quivi si radunò da lui tutto il popolo della predetta tribù e lo proclamò re. Quando seppe che gli abitanti di Jabes della Galaadite avevano sepolto Saul e i suoi figli, mandò loro messaggi di lode e di approvazione per l'atto compiuto e promise che li avrebbe ripagati per il loro ossequio reso ai morti; nello stesso tempo li informò che la tribù di Giuda lo aveva scelto come re.
Libro VII:9 - 3. Quando il comandante in capo di Saul, Abenner, figlio di Ner, uomo d'azione e di buon carattere, seppe che il re, Gionata e i suoi due figli erano caduti, si affrettò all'accampamento, prese il suo figlio superstite, che si chiamava Jebosthos, lo portò da tutti quelli che erano al di là del Giordano, e lo proclamò re della moltitudine ad eccezione della tribù di Giuda;
Libro VII:10 fissò come sua reale residenza la città chiamata, nella lingua del paese, Manalis, che in greco significa “Campi fortificati”. Di qui Abenner mosse con uno scelto gruppo di soldati con l'intento di attaccare quelli della tribù di Giuda, sdegnato che avessero scelto Davide come re.
Libro VII:11 Fu incontrato da Joab, inviato da Davide, Joab era figlio di Saruia e di Suri, sua madre era sorella di Davide del quale egli era il comandante in capo: con lui erano Abisai e Asael suoi fratelli, tutti i soldati di Davide; incontratolo presso una fontana, nelle vicinanze della città di Gabaon, si preparò per lo scontro.
Libro VII:12 Abenner allora gli propose di vedere chi di loro avesse più coraggio; si convenne che si sarebbero affrontati dodici combattenti per parte.
Di comune accordo, nello spazio tra le opposte linee, avanzarono gli uomini scelti dai rispettivi comandanti. Tirarono le loro lance, estrassero le spade, afferrarono la testa dell'avversario e, tenendola stretta si cacciavano reciprocamente le punte della spada nelle costole e nei fianchi, fintanto che morirono, quasi con un reciproco accordo.
Libro VII:13 Allorché questi caddero, si attaccarono i due eserciti, ci fu una tremenda zuffa e quelli di Abenner furono sconfitti; messi in fuga Joab non si trattenne dall'inseguimento, anzi egli stesso si accaniva dietro di loro e dava ordini ai suoi soldati di seguire i loro calcagni e di non stancarsi di seminare morte.
Libro VII:14 Anche i suoi fratelli combattevano con coraggio; tra tutti si evidenziava il più giovane, Asael, famoso per la sua velocità nella corsa, perché batteva non solo gli uomini, ma si dice che avesse anche sorpassato un destriero messo a gareggiare con lui. Egli insegna Abenner con foga e per l'impeto che lo portava diritto, non si volgeva mai, né da una parte, né dall'altra.
Libro VII:15 Ma Abenner si voltò per smorzare la sua foga, dicendogli dapprima di spogliare dell'armatura uno dei suoi soldati, poi, non essendo riuscito a persuaderlo, lo consigliò di fermarsi e di abbandonare l'inseguimento perché altrimenti avrebbe potuto ucciderlo e così perdere le sue relazioni di amicizia con il fratello; egli però non prestò attenzione a quelle parole e continuava l'inseguimento. Abenner, pur seguitando la fuga, girò abilmente l'asta all'indietro e d'un sol colpo lo colpì e lo stese morto a terra.
Libro VII:16 Quando quelli che con lui inseguivano Abenner giunsero al luogo ove egli si trovava, circondarono il suo corpo morto e più non si curarono di inseguire il nemico. Ma Joab e il fratello Abisai oltrepassarono il cadavere e dallo sdegno per la morte del fratello presero motivo per incalzare ancora più Abenner, e con incredibile velocità e determinazione lo inseguirono fino a un luogo chiamato Ammata: il sole era al tramonto.
Libro VII:17 In quel luogo Joab salì su di una collina, donde gettò uno sguardo su Abenner e sugli uomini della tribù di Beniamino che erano con lui. Qui Abenner alzò la voce e disse che non era conveniente che uomini della stessa tribù litigassero e combattessero; disse inoltre che Asael, il fratello di Joab, non aveva capito bene, non avendo ascoltato le sue esortazioni che l'invitavano a cessare di inseguirlo; per tale motivo fu colpito e morì. Joab accettò questo giudizio, considerò le parole come un'espressione di simpatia, diede il segnale
con la tromba e chiamò a raccolta i suoi uomini, ponendo fine a un ulteriore inseguimento.
Libro VII:18 E mentre Joab, nella notte si accampò in quel luogo, Abenner marciò per l'intera notte, passò il fiume Giordano e andò ai Parembolai dal figlio di Saul, Jebosthos. Il giorno seguente Joab fece la conta dei morti e diede sepoltura a tutti quanti.
Libro VII:19 Vi furono circa trecentosessanta caduti tra i soldati di Abenner, e diciannove tra quelli di Davide, e ancora Asael, il cui corpo da Joab e da Abisai fu portato di là a Bethlemme e sepolto nella tomba dei loro padri. Poi andarono a Ebron da Davide.
Guerra civile
Libro VII:20 Da quel tempo iniziò una guerra civile tra gli Ebrei e durò un bel po': quelli della fazione di Davide seguitarono ad affermarsi sempre come i più forti ed ebbero anche maggiore fortuna, mentre il figlio di Saul e i suoi sudditi di un giorno divennero più deboli.
Libro VII:21 - 4. Intorno a questo tempo a Davide erano nati sei figli da altrettante mogli: il primo di questi lo ebbe da Achina, fu chiamato Amnon; il secondo da Abigaia, era chiamato Daniele; il nome del terzo, nato da Machame, figlia di Tolomaio, re dei Ghesseriti, era Absalom; il quarto, dalla moglie Aghithe, si chiamava Adonia; il quinto, figlio di Abitale, si chiamava Safatia; e il sesto da Aigla, si chiamava Jethroas.
Libro VII:22 Quando scoppiò la guerra civile, i seguaci dei due re si scontrarono e combatterono più volte; Abenner, comandante in capo del figlio di Saul, era uomo abile e godeva di molto favore da parte della plebe, fece in modo di mantenerlo dalla parte di Jebosthos, ed esso lo sostenne per un tempo considerevole.
Libro VII:23 Più tardi tuttavia, Abenner fu molto offeso e sdegnato, quando essendo accusato di intimità con una concubina di Saul, di nome Resfa, figlia di Sibato, venne censurato da Jebosthos; si irritò e arrabbiò per il trattamento da lui ritenuto ingiusto, nonostante la grande cura che gli aveva dedicato; perciò lo minacciò di trasferire a Davide la regalità e di dimostrare che non era per merito della sua forza o prudenza che egli comandava sul popolo al di là del Giordano, ma per merito della sua condotta e lealtà.
Libro VII:24 Poi inviò dei messi a Davide, in Ebron, pregandolo di volersi obbligare con giuramento che, allorquando avesse indotto il popolo a ribellarsi al figlio di Saul e portato lui a proclamarsi re di tutta la regione, egli l'avrebbe avuto come compagno e amico.
Libro VII:25 Davide fu molto lieto dell'offerta fattagli dai messi di Abenner, ne accettò i termini, e come prima prova dell'accordo gli domandò che gli rimandasse la moglie che aveva comprato a prezzo di tanti pericoli e con le teste di seicento Palestinesi, da lui portate a suo padre Saul quale prezzo per lei.
Libro VII:26 Subito Abenner prese Melchale da Ofeltias che allora viveva con lei, e la inviò da Davide; Jebosthos era connivente, in quanto Davide gli aveva scritto di avere la giusta rivendicazione di riprendere la propria moglie.
Libro VII:27 Convocati gli anziani del popolo, i gli ufficiali inferiori e i chiliarchi, si rivolse loro dicendo che quando si erano preparati per staccarsi da Jebosthos per mettersi dalla parte di Davide, egli li aveva dissuasi da questo tentativo, ma ora li lasciava liberi di andare dove volevano; il motivo era costituito dal fatto che aveva saputo che Dio, attraverso il profeta Samuele, aveva scelto Davide come re di tutti gli Ebrei e aveva predetto che nessun altro, all'infuori di lui, avrebbe punito i Palestinesi e fatti suoi sudditi con le sue vittorie.
Libro VII:28 Quando gli anziani e i capi udirono questo e compresero che il parere di Abenner sulla situazione concordava con quanto essi, un tempo, avevano avuto, si volsero in favore di Davide;
Libro VII:29 conquistati costoro, Abenner convocò la tribù di Beniamino - era, infatti, da questa tribù che proveniva la guardia personale di Jebosthos - e tenne loro lo stesso discorso. Vedendo che essi non facevano alcuna obiezione e accettavano la sua proposta, prese con sé una ventina di compagni e andò da Davide per ricevere di persona il suo giuramento - noi tutti abbiamo fiducia più in quello che facciamo noi di persona, che in quanto facciamo per mezzo di altri -, e così l'informò su quanto aveva fatto con i capi e con tutt'intera la tribù.
Libro VII:30 Fu accolto amichevolmente da Davide e trattenuto con splendide e generose feste per molti giorni; chiese poi di essere congedato affinché potesse approntare la moltitudine e presentarne il comando lui presente e sotto i suoi occhi.
Assassinio di Abenner
Libro VII:31 - 5. Davide aveva appena licenziato Abenner, quando giunse a Ebron il suo comandante in capo Joab; saputo che era venuto Abenner ed era ripartito poco prima, dopo che si erano compresi e accordati in merito alla sovranità, temette che potesse conferire a lui gli onori del primo posto, essendo uno che avrebbe potuto assisterlo per la stabilizzazione del regno, e inoltre come persona acuta nel trattare gli affari e approfittare delle occasioni propizie, mentre egli stesso venisse degradato e privato del comando, si decise per una scelta disonesta e cattiva.
Libro VII:32 Anzitutto tentò di calunniarlo presso il re consigliandolo a stare in guardia e a non fidarsi degli accordi avvenuti con Abenner, poiché faceva ogni cosa, disse, per assicurare la sovranità al figlio di Saul; dopo essere venuto da lui, da persona disonesta e perfida qual era, se ne ripartì con la speranza di realizzare i suoi malvagi disegni portando avanti piani accuratamente preparati.
Libro VII:33 Siccome Davide non fu mosso da tali artifici e non fu indotto ad adirarsi, egli allora si avviò su di una strada ancora più ardita: decise di uccidere Abenner e spedì gente al suo seguito e a essi diede ordine che, appena trovato, lo riportassero da lui, in nome di Davide, dicendo che doveva discutere con lui certe cose in merito agli affari loro, cose che aveva dimenticato di menzionare allorché Abenner era con lui.
Libro VII:34 Quando Abenner udì questo dai messaggeri - costoro lo incontrarono in un certo luogo chiamato Besera, lontano venti stadi da Ebron non sospettò nulla di quanto stava per accadere, e tornò indietro. Incontratolo alla porta, Joab lo salutò con grandi manifestazioni di benevolenza e di amicizia - spessissimo coloro che sono in procinto di compiere azioni malvage, si atteggiano a uomini veramente buoni per allontanare ogni sospetto dai loro malvagi disegni –
Libro VII:35 e poi, trattolo in disparte dai suoi familiari, quasi avesse qualcosa da dirgli in privato, lo condusse in una parte solitaria nella zona dove c'erano solo lui e suo fratello Abisai, estrasse il pugnale e glielo piantò sotto il fianco.
Libro VII:36 Così Abenner finì con questa perfidia di Joab, che pretendeva di avere agito così per vendicare suo fratello Asael, poiché, allorquando egli aveva inseguito Abenner, questo lo catturò e l'uccise nella lotta che avvenne presso Ebron; ma in realtà era per il timore che gli fosse tolto il comando dell'esercito e
il posto d'onore di cui godeva presso il re, dei quali poteva essere privato, il primo posto d'onore avrebbe potuto essere conferito da Davide ad Abenner.
Libro VII:37 Di qui si vede a qual grado di temerarietà gli uomini sono condotti per amore dell'ambizione e del potere, e affinché questi non vadano ad altri; perché l'ambizione di averli passa attraverso innumerevoli atti malvagi, e il timore di perderli porta a mantenerne il possesso con azioni ancora più perverse;
Libro VII:38 poiché, a loro modo di giudicare non v'è maggiore sfortuna di quella di ottenere un grande grado di autorità e poi perderlo, dopo che si era preso gusto ai benefici che ne derivano; essendo questo una sciagura ancora maggiore, essi van macchinando e arrischiando atti sempre più spietati, nel timore di perdere quello che hanno. Ma su questa materia è sufficiente questo breve discorso.
Libro VII:39 - 6. Quando Davide seppe che Abenner era stato ucciso, ne ebbe l'anima addolorata e, alzando la mano destra a Dio, a voce alta chiamò tutti a testimonianza del fatto che egli non aveva parte alcuna all'omicidio di Abenner e che non era per ordine suo né dietro un suo desiderio che Abenner era morto; invocò ancora terribili maledizioni sull'uomo che l'aveva assassinato, e dichiarò complici e soggetti ai castighi tutta la sua casa e i suoi compagni per la di lui morte;
Libro VII:40 egli, infatti, era molto interessato a che non apparisse di avere tradito Abenner, dopo la fiducia e il giuramento che aveva dato ad Abenner. Ordinò inoltre che tutto il popolo piangesse e alzasse lamenti per l'uomo e onorasse il suo corpo con gli abituali riti, stracciando le vesti e vestendosi di sacco, e in questo modo lo accompagnassero alla tomba.
Libro VII:41 Anch'egli seguiva con gli anziani e quelli aventi comando, battendosi il petto e mostrando con le lacrime quanto l'avesse amato da vivo, ne compiangesse la morte, e come la sua uccisione non corrispondesse alla sua volontà.
Libro VII:42 Gli diede poi una magnifica sepoltura in Ebron e compose una lamentazione per il morto: in piedi presso la sua tomba iniziò la lamentazione, seguita poi dagli altri. La morte di Abenner lo colpì in modo così profondo che non volle prendere cibo nonostante gli inviti dei suoi compagni, e giurò che non avrebbe assaggiato nulla prima del tramonto del sole.
Libro VII:43 Questa condotta gli conciliò la benevolenza della moltitudine; quanti, infatti, amavano Abenner, approvarono moltissimo l'onore reso al morto e l'avergli mantenuto inviolabile la sua fede, in quanto aveva ritenuto giusto rendergli tutti i tributi funebri come se fosse un parente e un amico, non trattandolo in modo ignobile come se fosse un nemico, dandogli una semplice e trascurata sepoltura. Tutti gli altri approvarono che avesse dimostrato un'indole dolce e gentile: in simili circostanze ognuno si sarebbe ripromesso di ricevere dal re le stesse attestazioni che vedeva ricevere Abenner da morto.
Libro VII:44 Ma al di là di questo, era molto naturale che Davide si conquistasse una buona fama dandosi pensiero di lui affinché nessuno sospettasse che Abenner era stato assassinato da lui; disse anche alla moltitudine quanto era stato profondo il dolore per la morte di un uomo così buono, e non minore era il danno che ne derivava agli Ebrei, privati di uno che poteva salvarli con i suoi ottimi consigli e col suo valore in guerra.
Libro VII:45 “Ma, soggiunse, Dio che ha cura di tutto, non permetterà che lasciamo questo atto invendicato. Quanto a me, voi sapete che non posso fare nulla contro Joab e Abisai, figli di Servia, essendo più potenti di me, ma la Divinità infliggerà loro la giusta punizione per l'azione indegna”. In tal modo ebbe fine la vita di Abenner.
Assassinio di Jebosthos
Libro VII:46 - II, I. - Quando ebbe notizia della sua fine, il figlio di Saul, Jebosthos, non la prese a cuor leggero, perché era suo congiunto e quello che gli aveva procurato la regalità: si rammaricò moltissimo e fu oltremodo rattristato per la morte di Abenner; anch'egli non sarebbe sopravvissuto a lungo, ma sarebbe morto vittima di un complotto dei figli di Eremmon, i cui nomi erano Bana e Thaenos;
Libro VII:47 costoro, di nascita Beniaminiti, appartenevano a una ragguardevole classe sociale, calcolavano che se avessero ucciso Jebosthos avrebbero avuto grandi doni da Davide e che il loro atto avrebbe procurato loro un comando militare o qualche altro segno di fiducia da lui.
Libro VII:48 Ed ecco, quando trovarono Jebosthos solo e nel sonno pomeridiano privo di guardie e senza la vigilanza dell'usciera, anch'essa addormentata per la
stanchezza dei lavori compiuti e per l'eccessivo calore, si insinuarono nella camera ove giaceva addormentato il figlio di Saul e l'uccisero.
Libro VII:49 Poi gli tagliarono il capo e viaggiando notte e giorno, col pensiero di coloro che fuggono dalle persone che hanno offeso e diretti verso quelli che saranno loro grati per ciò che hanno fatto, e offriranno loro sicurezza, giunsero a Ebron e mostrarono a Davide il capo di Jebosthos; gli si presentarono come favorevoli a lui e perciò gli avevano tolto di mezzo un nemico e competitore nel regno.
Libro VII:50 Ma egli non accolse il loro operato come essi speravano. “O pessimi, esclamò, e prossimi al meritato castigo! Non sapevate come ho trattato colui che uccise Saul, mi portò la sua corona d'oro, benché egli l'avesse ucciso per fargli un favore affinché non lo catturassero i nemici?
Libro VII:51 O, forse, supponete ch'io sia cambiato e non sia più lo stesso uomo, e mi compiaccia degli scellerati, e giudichi con favore i vostri sanguinosi misfatti, avendo voi trucidato nel suo stesso letto un uomo giusto che non ha fatto male a nessuno, anzi a voi aveva dimostrano grande amicizia e onore?
Libro VII:52 Perciò ne sconterete il fio per avere osato ucciderlo e darete a me soddisfazione per l'avere trucidato Jebosthos credendo che volentieri io ne avrei sentito la morte: non avreste infatti potuto fare torto maggiore al mio onore che supporre una cosa del genere”. Dopo queste parole, inflisse loro ogni genere di torture e li mise a morte. Il capo di Jebosthos lo seppellì con ogni onore nel sepolcro di Abenner.
Davide re di Giuda e di Israele
Libro VII:53 - 2. Allorché queste cose ebbero così fine, giunsero a Ebron da Davide tutti i principali uomini del popolo degli Ebrei, i chiliarchi con i loro capi e gli si offrirono ricordandogli la lealtà sempre dimostratagli quando ancora viveva Saul, e l'onore che gli avevano reso sempre da quando era diventato chiliarca; dichiararono inoltre che egli era stato scelto quale re da Dio per mezzo del profeta Samuele, insieme ai suoi figli, e che Dio aveva dato a lui il potere di salvare la regione degli Ebrei vincendo i Palestinesi.
Libro VII:54 Davide li elogiò per la devozione e li incitò a seguitare in essa poiché, soggiunse, non avrebbero motivo di rimpiangere questa condotta. Poi,
dopo averli intrattenuti e trattati cortesemente, rinviò affinché indirizzassero a lui tutto il popolo.
Libro VII:55 Vennero allora da lui circa seimilaottocento uomini della tribù di Giuda armati di asta e scudo, che erano rimasti fedeli al figlio di Saul e non si erano uniti alla tribù di Giuda, e proclamarono Davide re.
Libro VII:56 Dalla tribù di Simeone vennero settemilacento. Dalla tribù di Levi, sotto il comando di Jodam, vennero quattromilasettecento; con questi si trovava il sommo sacerdote Sadoc e ventidue parenti come capi; dalla tribù di Beniamino vennero quattromila uomini armati: perché (il resto della tribù) era ancora in attesa che il re fosse uno della famiglia di Saul.
Libro VII:57 Dalla tribù di Efraim vennero ventimila ottocento addestrati ed eccezionalmente gagliardi; da metà della tribù di Manasse vennero diciottomila; dalla tribù di Issachar vennero duecento che sapevano prevedere il futuro e ventimila uomini armati;
Libro VII:58 dalla tribù di Zabulan vennero cinquantamila uomini sceltissimi, perché questa tribù fu l'unica che aderì tutta a Davide. Tutti costoro erano dotati di un armamentario uguale a quello della tribù di Giuda. Dalla tribù di Neftali vennero mille uomini eminenti e capi armati di scudo e lancia, e (il resto della) tribù che li seguiva era innumerevole;
Libro VII:59 dalla tribù di Dan vennero ventisettemilaseicento uomini scelti; dalla tribù di Aser vennero quarantamila. Dalle due tribù al di là del Giordano e dal resto della tribù di Manasse vennero centoventimila armati con scudo, lancia, elmo e spada; anche l'altra tribù usava le stesse spade.
Libro VII:60 Tutta questa moltitudine si radunò a Ebron davanti a Davide con grande accompagnamento di grano, di vino e ogni genere di cibo, e a una voce confermarono Davide re. Per tre giorni il popolo fece festa e banchettò a Ebron: dopo, Davide partì di là con tutti loro e andò a Gerusalemme.
La conquista di Gerusalemme
Libro VII:61 - III, I. - Ma i Gebusei, Cananei di stirpe, che abitavano la città, chiusero le porte in faccia, e collocarono sulle mura quelli che avevano perso un occhio o una gamba e quelli che erano zoppicanti, per farsi beffe del re; questi sciancati, dicevano, gli avrebbero impedito l'ingresso. Agivano così a motivo del
loro eccesso di fiducia nella resistenza delle loro mura; ma (Davide) sdegnato, iniziò l'assedio di Gerusalemme.
Libro VII:62 Con grande diligenza e ardimento spinse l'impresa per dimostrare subito la sua forza con la cattura della città e per dissuadere chiunque dal trattarlo alla maniera dei Gebusei; prese con la forza la città bassa;
Libro VII:63 ma era rimasta ancora la cittadella; il re decise di accrescere l'ardire dei suoi soldati per l'impresa, con promesse di onorificenze e ricompense, e a chiunque per primo si fosse arrampicato dalla valle alla cittadella che la sovrastava e l'avesse conquistata, promise di dare il comando di tutto il popolo in guerra.
Libro VII:64 Tutti si accinsero a salire con grande ardire, e per il desiderio del posto di comandante, nessuno si trasse indietro davanti ad alcuna difficoltà; ma Joab, figlio di Servia, distanziò tutti, e quando raggiunse la cima gridò al re rivendicando il comando di tutti.
Libro VII:65 - 2. Allorché Davide cacciò i Gebusei dalla cittadella ed egli stesso ricostruì Gerusalemme, la chiamò Città di Davide, e seguitò ad abitarvi per tutto il periodo del suo regno.
Il tempo in cui egli comandò sulla sola tribù di Giuda in Ebron, fu di sette anni e sei mesi; ma dopo che scelse Gerusalemme come sua residenza reale, godette di una fortuna sempre più brillante perché la provvidenza di Dio la accresceva e moltiplicava.
Libro VII:66 Anche Eirom, re di Tiro, gli propose amicizia e alleanza; gli mandò in regalo a Gerusalemme legnami di cedro, artigiani, carpentieri e architetti perché gli costruissero la reggia. Davide intanto recinse di mura la città alta e l'unì alla cittadella in maniera da costituire un solo corpo; e alla fabbrica delle mura deputò come sovrintendente Joab.
Libro VII:67 Davide fu dunque il primo che, cacciati i Gebusei da Gerusalemme, diede alla città il suo nome; giacché ai tempi del nostro progenitore Abramo si chiamava Solyma, dopo la chiamarono Hierosolyma: chiamando hieron (tempio), Solyma che nella lingua degli Ebrei equivale a sicurezza.
Libro VII:68 Ora tutto il periodo che va dall'epoca di Gesù, il comandante della spedizione bellica contro i Cananei nella quale li vinse e assegnò questa (città) agli Ebrei - sebbene gli Israeliti non siano riusciti a scacciare i Cananei da
Gerusalemme -, fino a quando la conquistò Davide con l'assedio, fu di cinquecento e quindici anni.
Libro VII:69 - 3. Menzionerò qui Oronna, ricco Gebuseo non ucciso da Davide nell'assedio di Gerusalemme a motivo del suo animo buono verso gli Ebrei, e anche a motivo di una certa grazia e premura verso lo stesso re, di cui parlerò appresso in un luogo più opportuno.
Libro VII:70 Davide sposò ancora altre donne oltre a quelle che già aveva, e prese concubine; generò undici figli ai quali diede i nomi: Amase, Amnu, Seba, Nathan, Solomon, Jebare, Elies, Falnaghees, Nafes, Jenae, Elifale, e ancora una figlia di nome Thamara: nove di costoro nacquero dalle mogli di nobile stirpe; e gli ultimi due menzionati da concubine; Thamara ebbe la stessa madre di Assalom.
Libro VII:71 - IV, I. - Quando i Palestinesi seppero che gli Ebrei avevano scelto Davide come loro re, mossero verso Gerusalemme in guerra contro di lui. Quando conquistarono la cosiddetta Valle dei Giganti - questa è una località non lontana dalla città-, quivi si accamparono.
Libro VII:72 E il re dei Giudei - che non si accingeva ad alcuna impresa senza un oracolo e un comando da parte di Dio, e senza avere Lui protettore per il futuro - chiese al sommo sacerdote di riferirgli il parere di Dio e quale sarebbe stato l'esito della battaglia.
Libro VII:73 Quando profetò vittoria e trionfo, fece uscire l'esercito contro i Palestinesi. Al primo scontro, egli piombò d'improvviso alle spalle del nemico uccidendone una parte e mettendo in fuga l'altra.
Libro VII:74 Nessuno pensi, tuttavia, che fosse un ben piccolo esercito quello che i Palestinesi opposero agli Ebrei, né dalla rapidità della loro disfatta o dal loro insuccesso a realizzare azioni coraggiose e degne di nota, si deduca che ci fu riluttanza o codardia da parte degli altri; al contrario, bisogna sapere che affianco a loro c'erano tutta la Siria, la Fenicia e tante altre nazioni bellicose combattevano con loro e presero parte alla guerra.
Libro VII:75 Questa è l'unica ragione: dopo essere stati sconfitti tante volte e dopo avere perso decine di migliaia di uomini, attaccavano gli Ebrei con forze sempre maggiori. In realtà, dopo le sconfitte in queste battaglie, uscirono nuovamente contro Davide con un esercito tre volte maggiore, e si accamparono ancora sulla stessa regione.
Libro VII:76 Il re interrogando nuovamente Dio sull'esito della battaglia, il sommo sacerdote gli diede l'avvertimento profetico di tenere il suo esercito nei cosiddetti “salici piangenti”, non lungi dall'accampamento nemico, non si muovesse né desse inizio alla battaglia fino a quando si agitassero gli alberi senza che soffiasse il vento.
Libro VII:77 Quando il bosco si agitò e giunse il momento preannunciatogli da Dio, si mosse senza attendere altro e uscì per cogliere la vittoria che lo stava aspettando. Infatti le prime linee nemiche non resistettero all'attacco, furono poste in fuga al primo scontro, e Davide fu su di loro uccidendoli; li inseguì fino alla città di Gaza, che è l'estremo confine della loro regione, e quando saccheggiò il loro accampamento, vi trovò una grande ricchezza; egli distrusse anche i loro dèi.
Trasferimento dell'arca
Libro VII:78 - 2. Quando la battaglia giunse a questa fine, Davide, dopo avere consultato gli anziani, le guide e i chiliarchi, decise di radunare attorno a sé, da tutta la regione, il fiore della gioventù, e poi i sacerdoti e i Leviti e di andare a Kariathjarim a prendere di là l'arca di Dio e portarla a Gerusalemme: in futuro la custodiranno qui, e quivi venereranno Dio con sacrifici e altri riti di venerazione a Lui graditi;
Libro VII:79 poiché, egli credeva, se avessero fatto questo durante il regno di Saul, non avrebbero incontrato tante sfortune. Quando, dunque, tutto il popolo fu radunato conforme a questo piano, il re si portò davanti all'arca, i sacerdoti la portarono fuori della casa di Aminadab, la posero su di un carro nuovo che essi permettevano ai suoi fratelli e figli di tirare con l'aiuto di buoi.
Libro VII:80 Davanti andava il re, seguito da tutta la moltitudine inneggiando a Dio e cantando canzoni di ogni genere con melodie indigene e l'accordo di vari strumenti con danze; suonando l'arpa, trombe e cembali scortavano l'arca a Gerusalemme.
Libro VII:81 Quando giunsero all'aia di Cheidon - questo era il nome del luogo -, Oza (Uzza) incontrò la propria morte dalla collera di Dio, perché, quando i buoi inclinarono l'arca verso terra, egli stese la mano per sostenerla: pur non essendo sacerdote, la toccò, ed Egli lo fece morire.
Libro VII:82 Re e popolo si dispiacquero per la morte di Oza e il luogo ove morì fu chiamato “Assassinio di Oza”; perciò Davide aveva timore che potesse avere lo stesso destino di Oza, qualora accogliesse l'arca in casa sua nella città; visto che quello era perito soltanto per avere steso la mano verso di essa,
Libro VII:83 non la portò a casa sua in città, la portò invece in un luogo che apparteneva a un uomo giusto di nome Obadaro, di discendenza levitica, e ripose l'arca presso di lui: vi rimase tre interi mesi, e portò fortuna alla casa di Obadaro e gli procurò molti beni.
Libro VII:84 Quando il re udì quanto era accaduto a Obadaro, e che dall'iniziale povertà e umile condizione in cui si trovava, era salito presto a una prosperità tale da diventare oggetto d'invidia a quanti vedevano la sua casa o sentivano parlare di essa, sentì accrescere il suo coraggio ed ebbe fiducia di non patire danno alcuno, trasferendo l'arca a casa sua.
Libro VII:85 Fu portata dai sacerdoti preceduti da sette cori disposti in ordine dal re, il quale suonava l'arpa e rumorosamente strappava le sue corde, tanto che Michale, la figlia di Saul, il primo re, vedendolo in quel modo, rideva beffarda.
Libro VII:86 Portarono l'arca nella città e la posero sotto una tenda che Davide aveva eretto per essa, ed egli offrì olocausti e sacrifici pacifici, mentre tutta la moltitudine era in festa avendo distribuito a uomini, donne e fanciulli trecce di pane, pane abbrustolito, focacce fritte e una porzione dei sacrifici. Dopo avere intrattenuto il popolo in questo modo, lo congedò mentre lui si ritirò a casa sua.
Libro VII:87 - 3. Allora Michale, sua moglie, la figlia di Saul, andò al suo fianco e invocò su di lui le benedizioni, domandò a Dio che gli desse tutte quelle cose che Egli nella Sua benevolenza concede; ma poi riprese rimproverandolo per lo sconveniente comportamento, un re come lui che danzava e si scopriva mentre danzava alla presenza di schiavi e di serve.
Libro VII:88 Ma egli replicò che non si vergognava di avere fatto quanto è gradito a Dio che aveva onorato lui più del padre di lei e di tutti gli altri uomini, e (disse) che egli tornerebbe spesso a suonare e danzare non curandosi se le sue azioni apparivano disonorevoli alle serve di lei o a lei stessa.
Libro VII:89 Ora questa Michale nel periodo in cui visse con Davide non generò alcun figlio, ma all'altro uomo al quale Saul la sposò - dopo averla ripresa da Davide -, lei generò cinque figli. E su di questi ragioneremo a suo luogo.
Aspirazione di Davide; profezia di Nathan
Libro VII:90 - 4. Vedendo che di giorno in giorno tutte le cose che lo riguardavano, per volere di Dio, prosperavano sempre più, Davide pensò che sarebbe stato responsabile di un peccato se, mentre egli abitava in case alte e belle, fatte con legno di cedro, avesse continuato a lasciare l'arca in una tenda.
Libro VII:91 Desiderava, perciò, innalzare a Dio un tempio come aveva predetto Mosè: ne discusse col profeta Nathan, che gli ingiunse di fare quanto si sentiva ispirato di fare e Dio lo avrebbe aiutato sempre; e si accinse con maggiore ardore ad erigere il tempio.
Libro VII:92 Però in quella stessa notte Dio apparve a Nathan ordinandogli di dire a Davide che Egli approvava il suo consiglio e il suo desiderio, giacché nessuno prima di lui aveva pensato a innalzarGli un tempio, come aveva pensato lui, tuttavia non poteva acconsentirgli di edificare un tempio a Lui, poiché aveva combattuto troppe guerre ed era lordo di sangue dei nemici;
Libro VII:93 ma dopo la sua morte, a un'età avanzata e dopo una lunga vita, il tempio verrà fabbricato dal figlio che gli succederà nel regno, che si chiamerà Salomone, al quale egli prometteva cura e assistenza, come un padre verso il proprio figlio, custodendo e trasmettendo il regno ai figli dei suoi figli: ma lo avrebbe punito con pestilenze e aridità del suolo, qualora peccasse.
Libro VII:94 All'udire dal profeta queste cose, Davide fu oltremodo lieto di sapere con sicurezza che il regno sarebbe rimasto ai suoi discendenti e che la sua casa sarebbe diventata gloriosa e famosa, si recò davanti all'arca,
Libro VII:95 e, gettatosi faccia a terra, iniziò a venerare e a ringraziare Dio per tutto quello che aveva già fatto per lui alzandolo dall'umile condizione di pastore a una altezza così grande, potente e gloriosa, e per la promessa fatta ai suoi discendenti di avere cura degli Ebrei e per la loro libertà. Dopo tali espressioni di lode a Dio, se ne andò.
Guerre di Davide
Libro VII:96 - V, I. - Poco tempo dopo, Davide decise di dovere uscire contro i Palestinesi per impedire l'ozio e la fiacchezza nella sua condotta degli affari, affinché, come Dio gli aveva predetto, potesse sconfiggere i nemici, e lasciare dei discendenti che avrebbero regnato in pace.
Libro VII:97 Così radunò nuovamente l'esercito e disse ai soldati di stare pronti ed equipaggiati per la guerra; e quando a lui parve che fossero pronti, lasciò Gerusalemme e andò contro i Palestinesi.
Libro VII:98 Li vinse in battaglia, tolse molto del loro territorio e lo annesse alla regione degli Ebrei; in seguito portò la guerra contro i Moabiti, li sconfisse in battaglia, distrusse due terzi del loro esercito, fece il resto prigioniero e li assoggettò al pagamento di un tributo.
Libro VII:99 Andò poi contro Adrazaro, figlio di Arao, re di Sofene, e l'incontrò presso il fiume Eufrate, uccise circa ventimila fanti e cinquemila cavalieri; catturò un migliaio dei suoi carri, la maggioranza dei quali ordinò che fosse distrutta e soltanto un centinaio fosse tenuto per sé.
Libro VII:100 - 2. Quando Adado, re di Damasco e Siria venne a sapere che Davide era in guerra contro Adrazaro, suo amico, andò in suo aiuto con un potente esercito, ma, contrariamente alle sue aspettative, allorché si scontrò con Davide presso il fiume Eufrate, subì una disfatta in battaglia e perse molti dei suoi uomini: dell'esercito di Adado, ventimila caddero in mano agli Ebrei, e tutti gli altri fuggirono.
Libro VII:101 Di questo re fa menzione anche Nicola nel quarto libro delle sue Storie, dicendo così: “Dopo un lungo periodo, uno dei nativi, di nome Adado, giunse a grande potere e divenne capo di Damasco e di tutta la Siria, ad eccezione della Fenicia; mosse guerra contro Davide, re della Giudea, e, scontratosi con lui più volte, alla fine fu sconfitto presso l'Eufrate; ebbe reputazione di essere più forte e valoroso di tutti i re”.
Libro VII:102 Parla inoltre dei suoi discendenti e dice come, dopo la sua morte, si succedettero l'uno dopo l'altro nel suo regno e nel suo nome. Questo è quanto dice: “Dopo la sua morte, la sua posterità regnò per dieci generazioni, ciascuno ricevendo dal padre la sua autorità e il suo nome, come i Tolomei in Egitto.
Libro VII:103 Il più grande di tutti questi re fu il terzo, il quale, volendo riscattare la disfatta di suo nonno, andò in guerra contro i Giudei e saccheggiò la regione ora detta Samaritis”. E così scrivendo non andò lungi dal vero, poiché
questo è Adado che invase la Samaria quando Ahab regnava sugli Israeliti. Di lui parleremo a suo luogo".
Libro VII:104 Davide condusse il suo esercito contro Damasco e contro tutta la Siria, e la sottomise tutta; distribuì guarnigioni in tutta la regione, determinò l'ammontare del tributo che dovevano pagare e se ne ritornò a casa. L'oro, le faretre e le armature che indossavano le guardie del corpo di Adado, le consacrò a Dio in Gerusalemme.
Libro VII:105 Furono poi rapiti dal re egiziano Susakos - che fece guerra a Roboamo, nipote di Davide -, assieme a molti altri tesori a Gerusalemme: ma di queste cose parleremo a suo luogo, quando verrà. Ora il re degli Ebrei, con l'aiuto di Dio che gli diede successo in guerra, condusse l'esercito contro le più belle città di Adrazaro, Battaia e Machon, le prese d'assalto e le saccheggiò.
Libro VII:106 Quivi si trovava una grande quantità d'oro e d'argento, e quella qualità di bronzo, che a quel che si dice è più fine dell'oro, con la quale Salomone fece il grande vaso chiamato “mare”, e quei bellissimi catini, quando fabbricò il tempio a Dio.
Libro VII:107 - 3. Ora, quando il re di Amathe venne a sapere quanto era accaduto ad Adrazaro, e seppe che tutto il suo esercito era stato disfatto, si allarmò per se stesso, e decise di stringere un patto di alleanza e di amicizia legandosi a Davide con giuramento, prima che egli andasse contro di lui; gli mandò allora suo figlio Adoramos, per esprimergli la propria gratitudine per la guerra fatta contro Adrazaro, che era suo nemico, e per proporgli di stringere una alleanza di amicizia con lui.
Libro VII:108 Gli inviò anche doni di oro, argento e vasi di bronzo di antica fattura. Davide, dunque, strinse alleanza con Thainos, tale era il nome del re di Amathe, e, accolti i doni, rinviò suo figlio con gli onori che si addicevano all'uno e all'altro. Gli oggetti inviati da Thainos e il restante oro e argento preso dalle città e nazioni conquistate, li portò via e li consacrò a Dio.
Libro VII:109 Dio gli accordava la vittoria e il successo, non solo quando andava personalmente a combattere e guidava l'esercito, ma anche quando mandò Abisai, il fratello di Joab, comandante in capo, con le sue truppe in Idumea; per mezzo suo Dio diede a Davide la vittoria sugli Idumei, dei quali Abisai uccise diciottomila in battaglia. Il re occupò l'intera Idumea con guarnigioni e raccolse tributi sia dalla regione, sia dai singoli individui.
Ufficiali del regno
Libro VII:110 Era giusto per natura, e quando giudicava il suo occhio era rivolto soltanto al vero. Come comandante in capo di tutto l'esercito aveva Joab; come segretario designò Josafat, figlio di Achilos; dalla casa di Finees scelse come sommo sacerdote Sadoc, suo amico; fece scriba Seisa, e a Banaia, figlio di Joado, affidò il comando della guardia del corpo, e i suoi figli più anziani erano attorno a lui a guardia della sua persona.
Assistenza ai parenti di Saul
Libro VII:111 - 4. Si ricordò anche dei suoi accordi e del suo giuramento con Gionata, figlio di Saul, dell'amicizia e devozione verso di lui, giacché, assieme a tutte le altre buone qualità, possedeva anche quella di ricordarsi sempre di coloro che in qualsiasi tempo gli avevano fatto del bene.
Libro VII:112 Ordinò, dunque, di indagare se di quella famiglia fosse sopravvissuto qualcuno al quale potesse ripagare il debito che aveva verso Gionata per il suo cameratismo; gli fu condotto un liberto di Saul, che poteva conoscere se di quella famiglia viveva ancora qualcuno: a lui domandò se poteva menzionare qualche parente di Gionata ancora vivo che potesse ricevere dei favori in compenso dei benefici che egli a sua volta aveva ricevuto da Gionata.
Libro VII:113 Quell'uomo rispose che gli era rimasto un uomo di nome Memfibosthos dai piedi storpi, perché, avuta la notizia che il padre e il nonno del bambino erano caduti in battaglia, la balia lo aveva raccolto in fretta ed era fuggita, ma lui, scivolato dalla sua spalla, aveva riportato una lesione ai piedi; saputo dove e da chi era allevato, Davide mandò da Macheiros, nella città di Sabatha: questi era la persona che allevava il figlio di Gionata, e lo convocò a sé.
Libro VII:114 Giunto alla presenza del re, Memfibosthos si prostrò a terra venerandolo; ma Davide lo invitò a farsi coraggio e a sperare in una migliore fortuna; gli diede la casa di suo padre e tutte le sostanze acquisite da suo nonno Saul, diede ordine che fosse suo commensale alla sua tavola e che tutti i giorni, senza alcuna eccezione, mangiasse con lui.
Libro VII:115 Mentre il ragazzo gli prestava ossequio e obbedienza per le parole e per i doni, Davide chiamò Siba e gli disse che al ragazzo aveva fatto dono della casa di suo padre e di tutti i possedimenti di Saul, e ordinò a Siba di lavorare la sua terra, di prendersene cura, di inviare a Gerusalemme tutta la rendita e di
portarlo ogni giorno alla sua tavola; inoltre Davide diede in dono al ragazzo Memfibostbos lo stesso Siba, i suoi figli che erano quindici e i servi di lui, che erano venti.
Libro VII:116 Dopo che il re diede questi ordini Siba lo ossequiò, disse che avrebbe fatto tutte queste cose, e si ritirò, mentre il figlio di Gionata si stabilì a Gerusalemme godendo dell'ospitalità del re e ricevendo ogni attenzione come se fosse un suo figlio; quivi gli nacque pure un figlio, che chiamò Michanos.
Guerra contro gli Ammoniti
Libro VII:117 - VI, I. - Questi furono gli onori avuti da quanti erano rimasti della famiglia di Saul e Gionata da parte di Davide. Ora in questo periodo morì Naas, il re Ammonita, amico di Davide e gli successe sul trono il figlio Annon; Davide perciò gli inviò un'ambasciata per confortarlo, esortandolo ad accettare con rassegnazione la morte del padre, e vincolandolo a seguitare nell'amicizia che c'era stata con suo padre.
Libro VII:118 I capi degli Ammoniti ricevettero l'ambasciata con la loro malignità, non secondo l'indole di Davide, e incitarono il re contro di lui affermando che Davide aveva inviato uomini per spiare la loro regione e le loro forze col pretesto di amichevoli convenienze, lo avvertirono di stare in guardia e di non lasciarsi prendere dalle sue parole, onde non avvenisse che, ingannato, cadesse in qualche irreparabile disavventura.
Libro VII:119 A queste parole dei principi, Annon, re degli Ammoniti, diede maggiore credito di quanto meritavano e fece agli ambasciatori di Davide una grandissima villania: fece tosare a metà la loro barba, fece tagliare a metà le loro vesti, e li rimandò a portare la sua risposta con i fatti, non con le parole.
Libro VII:120 Il re degli Israeliti, appena li vide, ne fu indignato e fece conoscere chiaramente che non sarebbe passato sopra a questo insulto e oltraggio, ma avrebbe portato le armi contro gli Ammoniti per avere soddisfazione dal loro re per il vergognoso trattamento riservato ai suoi inviati.
Libro VII:121 I parenti e i capi del re Ammonita, rendendosi conto di avere violato il trattato e di essere passibili di pena per tale offesa, inviarono mille talenti a Siro, re dei Mesopotami, e con tale prezzo lo invitarono ad allearsi con loro, e invitarono anche Soba; questi re disponevano di ventimila fanti; inoltre
ingaggiarono il re della regione chiamata Micha, e un quarto chiamato Istobos: questi ultimi disponevano di dodicimila uomini armati.
Libro VII:122 - 2. Non sbigottito né dalla confederazione, né dalla forza degli Ammoniti, Davide pose la sua fiducia in Dio e nella giustizia della sua causa, andando in guerra per vendicare l'insulto che l'aveva colpito: diede a Joab, suo comandante in capo, il fior fiore del suo esercito, e lo inviò contro di essi.
Libro VII:123 Questi si accampò vicino a Rabatha, capitale degli Ammoniti; il nemico uscì in campo con i suoi uomini schierati non in una fila, ma in due, in quanto le forze ausiliarie erano a se stanti, stazionate in pianura, e l'esercito ammonita era presso le porte, dalla parte opposta a dove erano gli Ebrei.
Libro VII:124 Visto questo, Joab prese le contromisure. Scelse per sé i più valorosi e li condusse contro il Siro e i re che erano con lui, lasciò il resto a suo fratello Abisai con l'ordine di portarli contro gli Ammoniti e, qualora vedesse che i Siri premevano duramente contro di lui ed erano sul punto di avere il sopravvento, di portare le sue truppe a sostenerlo; egli avrebbe fatto lo stesso qualora lo avesse visto sotto l'urto degli Ammoniti.
Libro VII:125 Dopo avere spronato il fratello a combattere con coraggio e con il vigore che si attende dagli uomini che temono la vergogna, mandò lui ad affrontare gli Ammoniti, mentre egli si cimentava con i Siri.
Libro VII:126 Questi ultimi resistettero vigorosamente per breve tempo, ma Joab ne uccise molti e costrinse tutto il resto a voltarsi e fuggire. A questa vista gli Ammoniti, spaventati da Abisai e dal suo esercito, non attesero molto a seguire l'esempio dei loro alleati, e fuggirono nella città. Sconfitto il nemico, Joab ritornò trionfante dal re a Gerusalemme.
Libro VII:127 - 3. Questa sconfitta non fu sufficiente a persuadere gli Ammoniti a starsene tranquilli e mantenere la pace sapendo che il nemico era superiore a loro. Mandarono invece un'ambasciata a Chalamas, re dei Siri al di là dell'Eufrate, lo associarono come alleato con il suo comandante in capo Sebekos e ottantamila fanti e diecimila cavalieri.
Libro VII:128 Allorché il re degli Ebrei seppe che gli Ammoniti avevano nuovamente radunato un grande esercito contro di lui, decise di non condurre più la guerra tramite i generali, ma passò egli stesso il fiume Giordano con tutta la sua forza; quando li incontrò, li impegnò in battaglia: fu vittorioso e uccise
circa quarantamila fanti e settemila cavalieri, ed egli stesso ferì Sebekos, il comandante di Chalamas, morto in seguito alla ferita.
Libro VII:129 Ora la conclusione della battaglia avvenne così: i Mesopotamiti si arresero a Davide e gli inviarono dei doni; egli, poi, visto che si trovavano nella stagione invernale, ritornò a Gerusalemme; ma all'inizio della primavera, mandò il comandante in capo, Joab, a proseguire la battaglia contro gli Ammoniti: egli invase e devastò tutta la loro terra, li chiuse nella loro capitale Rabatha e vi pose l'assedio.
Adulterio di Davide
Libro VII:130 - VII, I. - Sebbene Davide avesse un'indole retta, fosse timorato di Dio e stretto osservante delle leggi dei padri, cadde tuttavia in un grave errore.
Dall'alto del terrazzo del suo palazzo reale, all'ora nella quale era solito passeggiare sul calare della sera, vide una donna che faceva il bagno in casa sua con l'acqua fredda; il suo aspetto era bellissimo, superiore a quello di tutte le altre donne: il suo nome era Beetsabe. L'avvenenza della donna lo conquistò; ed egli, incapace di dominare il desiderio (di averla), la mandò a chiamare e giacque con lei.
Libro VII:131 Divenuta incinta, mandò a chiedere al re che escogitasse una via per nascondere il peccato di lei - altrimenti, secondo le leggi dei padri, come adultera, meritava la morte -; egli, allora, convocò dall'assedio il marito della donna, di nome Uriah, scudiero di Joab: quando gli comparve davanti l'interrogò sull'esercito e sull'assedio.
Libro VII:132 E allorché l'uomo gli rispose che tutto procedeva secondo i loro desideri, egli prese delle porzioni della propria cena e le porse a lui, con l'ordine di andare da sua moglie e restare con lei. Uriah, però, non fece così, ma dormì presso il re con gli altri scudieri.
Libro VII:133 Quando il re lo seppe, l'interrogò per quale motivo non era andato a casa dopo un così lungo periodo di assenza, dicendo che questo è un fatto naturale per gli uomini allorché ritornano da fuori; egli replicò che non era giusto che egli si riposasse e godesse dei piaceri della lussuria in compagnia della moglie, mentre i suoi commilitoni e lo stesso comandante dormivano per terra nell'accampamento in paese nemico.
Libro VII:134 Dopo che ebbe parlato così, il re gli ordinò di restare ancora quel giorno, e il giorno appresso lo avrebbe rinviato al suo comandante generale. Invitato a cena dal re, Uriah seguitò a bere fino a restare ubriaco: al che lo invitava deliberatamente il re con un brindisi dopo l'altro. Nondimeno dormì nuovamente davanti alla porta del re, e non sentì alcun desiderio della moglie.
Libro VII:135 Il re ne rimase molto dispiaciuto, e scrisse a Joab ordinandogli di punire Uriah per avere egli mancato verso di lui; e affinché non apparisse che fosse stato lui a volere la punizione, gli suggerì il modo di comportarsi:
Libro VII:136 gli ordinò di metterlo nel settore ove i nemici erano più accaniti e di lasciarlo solo a combattere; si sarebbe così trovato nel più grande pericolo; aggiunse anche l'ordine che i suoi commilitoni si ritirassero all'inizio della mischia. Scritta la lettera e apposto il sigillo, la consegnò a Uriah da portare a Joab.
Libro VII:137 Ricevuta la lettera e conosciute le intenzioni del re, Joab pose Uriah nel luogo ove sapeva che il nemico sarebbe stato più accanito, e gli diede anche alcuni dei più validi compagni d'armi; disse che egli stesso sarebbe poi accorso in suo aiuto con tutto l'esercito qualora, abbattuta parte del muro, potessero entrare in città dalla breccia;
Libro VII:138 chiese poi a Uriah che, da coraggioso soldato quale era, stimato dal re e da tutti i suoi connazionali per la sua bravura, non si dolesse per il difficile compito affidatogli, ma l'accogliesse con gioia. E quando Uriah accettò con ardore il compito, egli avvertì segretamente gli uomini che stavano con lui che, non appena vedessero la carica del nemico, lo lasciassero solo.
Libro VII:139 Quando gli Ebrei attaccarono la città, gli Ammoniti, temendo che il nemico li sorprendesse arrampicandosi nel punto ove si trovava Uriah, posero davanti i loro uomini più coraggiosi, poi spalancarono la porta improvvisamente e irruppero sul nemico con grande violenza e velocità.
Libro VII:140 Appena li videro, gli uomini che erano con Uriah retrocedettero secondo le istruzioni di Joab; mentre Uriah ebbe vergogna di fuggire e abbandonare il suo posto, tenne fronte al nemico, resistette all'urto e ne uccise non pochi; ma alla fine, circondato da ogni parte, e preso in mezzo, fu ucciso, e con lui caddero pure alcuni dei suoi camerati.
Libro VII:141 Dopo che ebbero luogo queste cose, Joab inviò messaggeri al re con queste istruzioni: dirgli che aveva compiuto ogni sforzo per prendere presto
la città, ma dopo un assalto alle mura, aveva perso molti uomini ed era stato costretto a ritirarsi; a questo, egli disse, che qualora vedessero che il re si adirasse, dovevano aggiungere la notizia della morte di Uriah.
Libro VII:142 - 2. Senonché, udito il rapporto dei messaggeri, il re ne fu spiacente e diceva che l'esercito aveva commesso un errore nel tentare di prendere la città assaltandone le mura, mentre avrebbero dovuto tentare di prenderla con camminamenti e macchine belliche, tanto più che avevano l'esempio di Abimelech, figlio di Gedeone, che nel tentativo di prendere con la forza la città di Theba, era stato colpito da una pietra scagliata da una donna anziana e, a dispetto del suo grande valore, ebbe una morte ignominiosa a motivo della sua infelice maniera di attacco.
Libro VII:143 Con questo fatto davanti agli occhi, essi non dovevano avvicinarsi alle mura nemiche, essendo molto meglio avere in mente ogni cosa che era stata tentata in guerra, con successo o meno, da chi si era trovato altre volte nelle stesse condizioni di pericolo, onde imitare una parte ed evitare l'altra.
Libro VII:144 Ma mentre (il re) era di questo umore, il messaggero l'informò anche della morte di Uriah, e l'ira si smorzò subito; e gli ordinò di ritornare da Joab e dirgli che l'accaduto era un incidente umano e che le vicende belliche sono di tal natura: una volta ha successo una parte, e l'altra volta il suo opposto;
Libro VII:145 in futuro, però devono mirare all'assedio ed evitare altri scontri con rovesci; devono assediare la città con fortificazioni e macchine, obbligarla alla resa, raderla al suolo ed eliminare tutti gli abitanti. Il messaggero si affrettò a ritornare da Joab con gli ordini del re.
Libro VII:146 Nel mentre Beetsabe, moglie di Uriah, appresa la morte del marito, lo pianse per molti giorni. E non appena cessarono il dolore e le lacrime per Uriah, il re la fece sua moglie ed ebbe da lei un figlio maschio.
Messaggio del profeta Nathan
Libro VII:147 - 3. Dio, però, non guardò favorevolmente a questo matrimonio, e si irritò con Davide. Apparendo in sogno al profeta Nathan, biasimò il re. Nathan, uomo prudente e accorto, pensando che quando i re cadono in una passione rimangono più sotto l'influsso di questa che del sentimento di giustizia, decise di mantenere il silenzio sulle minacce fatte da Dio e si rivolse a lui con termini moderati;
Libro VII:148 all'incirca in questo modo. Gli domandò la sua opinione in una situazione come la seguente: “In una stessa città vivevano due uomini: uno era ricco, possedeva molte mandrie di pecore e giumenti e buoi; l'altro era povero, aveva nient'altro che un agnello;
Libro VII:149 e questo lo allevava con i propri figli, facendolo partecipe del proprio cibo e portando verso di esso lo stesso affetto che chiunque avrebbe portato verso la propria figlia. Ora, allorché il ricco ebbe la visita di un ospite, non volle scannare uno dei suoi animali per festeggiare l'amico, ma mandò a prendere l'unico agnello del povero, e lo fece preparare per il piacere del suo ospite”.
Libro VII:150 Queste parole impressionarono fortemente il re, che dichiarò a Nathan come quell'uomo perverso che aveva dato l'ordine di compiere quell'azione, giustamente doveva essere condannato a pagare il quadruplo di quell'agnello e ancora punito a morte. Nathan gli disse che l'uomo meritevole di quei castighi era lui, condannatosi da solo commettendo un crimine grande e terribile.
Libro VII:151 E qui gli pose davanti e svelò la collera di Dio che nonostante l'avesse fatto re di tutti gli Ebrei, signore di molte e grandi nazioni circonvicine, lo avesse liberato dalle mani di Saul, gli avesse dato di prendere mogli con nozze giuste e legali, Egli restò da lui dimenticato e offeso, sposando la moglie di un altro e causando la morte del marito consegnandolo al nemico.
Libro VII:152 Perciò, disse, la pagherà a Dio: le sue donne saranno violate da uno dei suoi figli, e inoltre lo stesso figlio si ergerà contro di lui; del peccato commesso di nascosto, egli ne pagherà il fio sotto gli occhi di tutti, e ancora il figlio che lei ti partorirà, morirà subito dopo la nascita.
Libro VII:153 Agitato da queste parole e profondamente confuso, con lacrime di pentimento, il re ammise la sua colpevolezza - poiché, come tutto porta ad ammettere, era uomo che aveva realmente il timore di Dio e lungo il corso della sua vita non aveva mai commesso alcun peccato ad eccezione del fatto riguardante la moglie di Uriah -, per questo Dio lo guardò con misericordia e si riconciliò con lui: Egli gli promise di preservargli sia la vita sia il regno, giacché, disse, ora che lui si pente delle sue azioni, Egli non è più in collera con lui. Dopo avere profetato queste cose al re, Nathan se ne ritornò a casa.
Libro VII:154 - 4. Ora al figlio nato a Davide dalla moglie di Uriah, Dio mandò una gravissima malattia, e il re oltremodo infelice per questo, non gustò cibo per sette giorni, nonostante che i suoi servi si adoperassero affinché desistesse egli anzi indossò un abito nero, si mise sotto un sacco e si pose a giacere sul suolo pregando Dio di risparmiare la vita del bambino, del quale amava così profondamente la madre.
Libro VII:155 Tuttavia nel settimo giorno il bambino morì: i servi non osarono informarne il re, nel timore che, venutolo a sapere, vista la sua desolazione rifiutassi ancora più decisamente il cibo e ogni altra cura necessaria per la morte del figlio, dato che già durante la sua malattia si era tormentato così tanto dal dolore.
Libro VII:156 Dallo scompiglio dei servi il re capì che agivano nel modo abituale di coloro che vogliono celare qualcosa; e così venne a conoscere la morte del figlio. Allora convocò uno dei suoi servi e, venuto a conoscenza della verità, si alzò, prese il bagno, indossò un abito bianco, e andò alla tenda di Dio.
Libro VII:157 E quando diede ordine che gli si preparasse cena, tra i suoi congiunti e tra la servitù, nacque un grande stupore a motivo della sua strana condotta, in quanto non aveva mai agito così durante la malattia del bambino, e improvvisamente si comportava così ora che era morto. Così, chiesto prima il permesso di una domanda, essi gli domandarono di volere esporre il motivo di tali azioni.
Libro VII:158 Ed egli, chiamatili ignoranti, spiegò che allorché il bambino era ancora vivo, aveva speranza nella sua guarigione e perciò - aveva compiuto ogni cosa a quello scopo, pensando di rendersi Dio favorevole con quei mezzi; ma ora che il bambino era morto non aveva alcun motivo di inutili dolori. A queste parole, essi apprezzarono la saggezza e l'intelligenza del re. In seguito Davide si unì con sua moglie Beetsabe, lei concepì e generò un figlio, al quale egli impose nome Salomone, per ordine del profeta Nathan.
Fine della guerra contro gli Ammoniti
Libro VII:159 - 5. Nell'assedio degli Ammoniti, Joab inflisse loro notevoli danni tagliando l'acqua e chiudendo la via ai soccorsi, riducendoli in una condizione molto miserabile per mancanza di viveri e di acqua: dipendevano da un piccolo pozzo che doveva venire controllato con cura affinché la fonte non venisse meno a motivo dell'uso troppo frequente.
Libro VII:160 Egli dunque scrisse al re informandolo della situazione e invitandolo ad andare per la presa della città, e la vittoria fosse attribuita a lui. Ricevuto lo scritto di Joab, il re ne lodò la lealtà e la fedeltà; poi raccolse le forze che erano con lui e andò alla presa di Rabatha: la catturò con la forza e permise ai soldati di saccheggiarla;
Libro VII:161 egli prese la corona del re degli Ammoniti che pesava un talento di oro e nel centro aveva una pietra preziosa, un sardonico; e da allora Davide la portò sempre sul capo. Nella città egli trovò molto altro bottino splendido e di gran pregio. Gli abitanti li torturò e li mise a morte; e allo stesso modo trattò le altre città Ammonite che prese con la forza.
Inganno di Amnon contro la sorella
Libro VII:162 VIII, I. - Al ritorno del re a Gerusalemme, una grave sventura colpì la sua casa, originata dal seguente motivo. Egli aveva una figlia ancora vergine, la cui bellezza era così straordinaria da sorpassare tutte le più belle donne: il suo nome era Tamar ed era nata dalla stessa madre di Assalonne.
Libro VII:163 Ora il figlio più anziano di Davide, Amnon, si era invaghito di lei, ma non poteva appagare il suo desiderio perché lei era vergine e perché era vigilata con molta cura; così egli diventò preda di grave malinconia, il dolore consumava il suo corpo, dimagriva ogni giorno di più e cambiava cera.
Libro VII:164 Questa sua sofferenza divenne palese a un certo Jonathes suo parente e amico, uomo quanto mai scaltro e di acuto ingegno. Vedendo che in Amnon di giorno in giorno la corporatura si assottigliava innaturalmente, andò da lui e gliene domandò la causa; ma soggiunse di immaginare che quello stato fosse la risultante di una passione amorosa.
Libro VII:165 E Amnon confessò la sua passione, dicendosi innamorato di sua sorella da parte di padre; e l'altro gli suggerì un'ingegnosa via per venire a capo dei suoi desideri: gli suggerì di fingersi indisposto e, quando sarebbe venuto il padre, chiedergli di mandargli ad assisterlo la sorella. Se egli farà così, disse, si sarebbe sentito presto meglio e libero dall'infermità.
Libro VII:166 Seguendo il consiglio di Jonathes, Amnon se ne andò a letto dandosi malato. Quando venne il padre e l'interrogò su come si sentiva, egli lo
pregò di mandargli la sorella; egli (Davide) ordinò che fosse subito condotta, e quando giunse le insegnò a preparare lei stessa dei pani abbrustoliti,
Libro VII:167 perché, disse Davide, dalle sue mani ne avrebbe mangiato più volentieri. E così, mentre il fratello guardava, lei impastò la farina, ne fece tortelline e gliele portò. Egli però non le assaggiò subito, ma ordinò ai suoi servi di mandare via tutti quanti si trovavano alla porta della sua camera, volendo egli riposarsi e restare tranquillo e libero da disturbi e rumori.
Libro VII:168 Eseguiti gli ordini, egli chiese alla sorella che gli recasse da mangiare dentro la stanza, e la ragazza così fece, ma egli l'afferrò e tentò di persuaderla a giacere con lui. La ragazza però alzò la voce e disse: “Oh no, non obbligarmi a questo né a commettere una simile empietà, fratello mio, trasgredendo la legge tirandoti addosso una vergogna così terribile. Frena questo ingiusto e sconveniente desiderio, che attirerà sulla nostra casa soltanto ignominia e vergogna”.
Libro VII:169 Gli suggerì di esporre la questione al padre, che avrebbe sicuramente acconsentito al matrimonio. Lei parlava così per sfuggire, almeno al presente, alla violenza della sua passione. Ma lui non le diede ascolto, e, bruciante di passione e spinto dall'impulso dell'eccitazione, violentò la sorella.
Libro VII:170 Non appena Amnon l'ebbe violentata, subentrò il disgusto di lei, e coprendola con uno scroscio di ingiurie, le ordinò di alzarsi e di andarsene, e quando lei si lagnò facendo notare che l'affronto sarebbe stato ancora peggiore se, dopo averla violentata, non le consentisse di restare fino a notte, egli la cacciò subito fuori sotto la luce del giorno, affinché incontrasse qualche testimone della sua vergogna egli ordinò a un suo servo di gettarla fuori.
Libro VII:171 Nel dolore feroce, per la violenza e per l'ingiustizia subìta, si stracciò la tunica - anticamente le vergini indossavano tuniche dalle maniche lunghe fino alle caviglie per non essere viste - si sparse il capo di cenere e andava per la città gridando e dolendosi della violenza subìta.
Libro VII:172 L'incontrò il fratello Assalonne e le domandò quale sfortuna le fosse capitata per comportarsi in quel modo. Lei gli narrò l'oltraggio subìto; egli allora l'esortò a quietarsi, a mantenere la calma e a non considerarsi oltraggiata per il fatto di avere subìto violenza da suo fratello. Lei dunque gli obbedì e cessò di gridare e rendere pubblica la violenza; e per molto tempo se ne restò tutta sola presso Assalonne suo fratello.
Libro VII:173 - 2. Quando lo venne a sapere il padre di lei, Davide, rimase rattristato per l'accaduto, ma, dato che amava grandemente Amnon, che era il suo primogenito, si sentì obbligato a non farlo soffrire. Ma Assalonne l'odiava ferocemente e attendeva l'occasione favorevole per vendicare il suo peccato.
Vendetta di Assalonne
Libro VII:174 Era già passato il secondo anno dall'oltraggio a sua sorella ed egli era in procinto di partire per Belsefon - questa è una città nel territorio di Efraim - a tosare le sue pecore, allorché invitò il padre e i fratelli a mangiare da lui.
Libro VII:175 Davide aveva declinato l'invito per non essergli di aggravio, lo sollecitò a invitare i fratelli. Allora Assalonne mandò un messaggio ai suoi uomini ordinando che, non appena Amnon fosse immerso nel vino e inebetito, a un segnale, lo uccidessero senza paura d'alcuno.
Libro VII:176 - 3. Mentre eseguivano questi ordini, gli altri fratelli furono presi da scompiglio e confusione, e, temendo per la loro vita, montarono sui loro cavalli e corsero dal padre; ma qualcuno raggiunse il padre prima di loro e gli riferì che Assalonne li aveva trucidati tutti.
Libro VII:177 Per la perdita di così tanti figli in un sol colpo, e per mano di un fratello, il suo dolore fu ancora più amaro pensando a colui che supponeva fosse stato l'assassino; trasportato dall'impeto del dolore, non ne indagò il motivo, né aspettò di saperne di più, come per altro era da attendersi di fronte all'ampiezza della tragedia riferita e all'incredibile atrocità, si stracciò le vesti e si gettò a terra e giaceva piangendo tutti i suoi figli, sia quelli dei quali gli era stata annunziata la morte, sia quello che li aveva uccisi.
Libro VII:178 Ma Jonathes, figlio di suo fratello Sama, lo esortava a moderare alquanto il suo dolore e a non credere che tutti gli altri suoi figli fossero stati uccisi; non trovava, infatti, motivo alcuno per supporre una cosa del genere; per Amnon, invece, bisognava compiere ricerche in quanto era verosimile che, a motivo dell'oltraggio fatto a Tamar, Assalonne avesse avuto la temerarietà di ucciderlo.
Libro VII:179 Nel mentre si udì un calpestio di cavalli, e un tramestìo come di gente che si avvicinava; si volsero a guardare: erano i figli del re sfuggiti dalla festa. Allorché il padre li salutò, essi erano in lacrime, ed egli era fuori di sé
perché, al di là di ogni speranza, vedeva coloro che poco prima aveva udito essere morti.
Libro VII:180 E così da ambedue le parti venivano lacrime e gemiti: gli uni per il fratello morto, e il re per il figlio trucidato. Assalonne fuggì a Ghessura dal nonno materno che comandava quella regione e restò con lui tre interi anni.
Destino di Assalonne
Libro VII:181 - 4. Ora Davide aveva intenzione di mandare a prendere Assalonne, non per poterlo punire al suo ritorno, ma per poterlo avere vicino a sé: comandare del tempo la sua collera si era smorzata. A questa decisione era esortato pressantemente dal suo comandante generale, Joab;
Libro VII:182 egli, infatti, spinse una donna ben avanti negli anni ad andargli davanti in portamento di grande dolore e narrargli la storia dei suoi figli: da una disputa in campagna si accese una lite e, non essendovi alcuno che li separasse, uno fu colpito dall'altro e morì.
Libro VII:183 Siccome i congiunti di lei cercavano l'uccisore per ucciderlo, lei chiedeva che, per amor suo, fosse graziosamente salvata la vita di suo figlio per non privarla della sua ultima speranza di sostegno nella sua avanzata età. Questo, disse lei, il re glielo doveva assicurare distogliendo dal loro disegno coloro che desideravano uccidere suo figlio, giacché nulla li può far desistere dal loro impegno salvo il timore di lui.
Libro VII:184 Dopo che egli esaudì la supplica della donna, lei aggiunse ancora al re: “Veramente sono grata che la tua gentilezza si sia mossa a compassione della mia età avanzata e del mio stato pressoché privo di figli, ma perché mi possa sentire pienamente sicura della tua clemenza verso di me riconciliati prima con tuo figlio e cessi la tua collera verso di lui.
Libro VII:185 Come potrei essere persuasa che mi concedi veramente questa grazia, quando tu stesso serbi ancora odio verso tuo figlio, per la stessa ragione? Sarebbe totalmente irragionevole se, contro la tua volontà, un tuo figlio è stato ucciso, tu deliberatamente causassi la morte di un altro”.
Libro VII:186 Il re allora comprese che questo preteso caso era una trovata di Joab dovuta alla sua premura per l'affare Assalonne; e, interrogata la vecchia, concluse che era veramente così; chiamò allora Joab e gli disse che aveva
ottenuto quanto desiderava; e gli ordinò di ricondurre Assolonne perché aveva deposto ogni rancore a suo riguardo e superato la collera e la rabbia.
Libro VII:187 Ed egli, fatta al re una riverenza profonda, salutò con gioia le sue parole, e subito si recò a Ghessura, donde condusse Assalonne a Gerusalemme.
Libro VII:188 - 5. Quando il re seppe dell'arrivo del figlio mandò subito qualcuno a comunicargli che si ritirasse in casa sua, perché lui non si sentiva ancora in condizione di vederlo subito dopo il suo ritorno; così Assalonne conforme all'ordine di suo padre, sfuggiva la sua presenza, intanto seguitava ad essere servito dai suoi servi.
Libro VII:189 Né il dolore, né la mancanza di cura conveniente a un figlio di re lesero per nulla la sua bellezza, anzi era ancora straordinario e sorpassava tutti sia per la sua presenza sia per la sua statura corporea, anche coloro che vivevano tra le più squisite delizie. Tanto era folta la sua capigliatura che per tagliarla non bastava una settimana e il suo peso era di duecento sicli, che equivalgono a cinque mine.
Libro VII:190 Abitò a Gerusalemme per due anni e divenne padre di tre figli e di una bellissima figlia, che in seguito sposò Roboamo, figlio di Salomone, dal quale ebbe un figlio di nome Abia.
Libro VII:191 In seguito lo stesso Assalonne mandò da Joab per dirgli di rabbonire suo padre e affinché gli fosse consentito di andare a vederlo e parlare con lui; ma Joab non se ne curò; allora mandò alcuni dei suoi uomini a dar fuoco a un campo adiacente al suo; udito l'accaduto, Joab andò a lamentarsi da Assalonne per domandargliene la ragione e l'altro gli rispose:
Libro VII:192 “Ho inventato questo stratagemma per trarti dalla mia parte visto che hai trascurato le ingiunzione che ti feci di riconciliarmi con mio padre. Ed ora che mi sei davanti ti domando di calmare mio padre a mio riguardo; io, infatti, ritengo che il mio ritorno è stato per me una sfortuna maggiore dell'esilio poiché mio padre insiste tuttora nella sua collera”.
Libro VII:193 Joab era stato persuaso ad agire così, ma mosso dal suo stato penoso, intercedette per lui presso il re parlandogli del figlio e disponendolo così favorevolmente a suo riguardo, che subito lo convocò in sua presenza: Assalonne, allora, si prostrò a terra, domandando perdono per i suoi peccati, ed egli lo alzò promettendogli di dimenticare tutto ciò che era accaduto.
Libro VII:194 - IX, I. - Passate queste cose con il padre, Assalonne acquistò in breve tempo un gran numero di cavalli, di carri e cinquanta uomini armati attorno a sé.
Libro VII:195 Ogni giorno, di buon mattino, si recava a palazzo reale, parlava in modo accattivante a quanti erano venuti per giudizio e avevano perso le loro cause, suggerendo che avevano perso perché suo padre non aveva dei buoni consiglieri, oppure che si trattava di un'ingiustizia. Si accattivò così la benevolenza di tutti dicendo che, se avesse avuto lui questo potere, avrebbe amministrato giustizia piena e uguale.
Libro VII:196 Con questi sistemi demagogici si attirò il favore della moltitudine e quando ritenne di avere conquistato il favore anche della folla - erano passati quattro anni dalla riconciliazione col padre - andò da lui e gli domandò il permesso di recarsi a Ebron per offrire a Dio un sacrificio al quale si era obbligato con voto durante l'esilio. E quando Davide accolse la sua domanda, si mise in viaggio e al suo seguito si incolonnò una grande moltitudine, perché aveva inviato inviti a molti.
Libro VII:197 - 2. C'era anche il consigliere di Davide, Achitofel, il Gelmonita, e duecento uomini dalla stessa Gerusalemme; costoro ignoravano le cose che stavano per accadere, ma si credevano invitati a un sacrificio: egli fu scelto come re da tutti; per questo aveva escogitato i modi e i mezzi affinché avvenisse.
Libro VII:198 Quando accaddero questi fatti e furono riferiti a Davide che ebbe la notizia delle azioni insospettate di suo figlio, egli rimase allarmato e sorpreso della sua empietà e audacia perché Assalonne, non soltanto aveva dimenticato di essere stato perdonato dei suoi peccati, ma era colpevole di azioni molto più gravi e illegali, avendo progettato l'usurpazione della regalità che, in primo luogo non gli era stata data da Dio e, in secondo luogo non tenne conto della sua parentela. E così decise di fuggire nella regione al di là del Giordano.
Libro VII:199 (Davide) chiamò con sé gli amici più stretti e, consigliatosi con loro, a proposito della pazza sommossa del figlio, affidò tutto al giudizio di Dio; lasciò la custodia della reggia alle dieci sue concubine, e se ne partì da Gerusalemme con un largo numero di desiderosi di accompagnarlo, e anche i seicento uomini armati che avevano preso parte alla sua fuga durante il periodo di Saul.
Libro VII:200 Abiathar e Sadoc, i sommi sacerdoti e tutti i Leviti intendevano partire con lui, ma egli li persuase a restare con l'arca, perché Dio, disse, lo avrebbe liberato anche se essa non era portata;
Libro VII:201 inoltre, li incaricò di tenerlo segretamente informato di quanto succedeva; in tutte queste cose aveva ministri fedeli in Achima, figlio di Sadoc, e Jonathan, figlio di Abiathar. Ethis, il Ghittita, resistette alle obiezioni di Davide, che voleva farlo restare, e decise di condividere la sua sorte, dimostrando in questo modo ancora più chiaramente la sua lealtà.
Libro VII:202 Mentre Davide saliva il monte degli Ulivi a piedi nudi, con tutta la sua compagnia in lacrime, gli portarono la notizia che Achitofel era con Assalonne e ormai del suo partito; la notizia rese più intenso il suo dolore, ed invocò Dio supplicandolo di separare Assalonne dall'accordo con Achitofel: temeva, infatti, che i suoi ostili consigli lo conquistassero, essendo uomo accorto e acutissimo a intuire i vantaggi che vi sono in ogni occasione.
Libro VII:203 E giunto in cima alla montagna, volse gli occhi sulla città e con tante lacrime, quasi fosse ormai spoglio del potere regale, rivolse preghiere a Dio. Quivi gli venne incontro un uomo, suo fedele amico, di nome Chusis;
Libro VII:204 quando Davide lo vide con la veste stracciata e il capo coperto di cenere piangere sul cambiamento della fortuna, prese a confortarlo ed esortarlo di porre freno al suo dolore; e in fine l'implorò a tornare indietro e unirsi ad Assalonne col pretesto di stare dalla sua parte, per scoprire così i suoi piani segreti e opporsi ai consigli di Achitofel. Egli, aggiunse Davide, non gli sarebbe stato di maggiore aiuto andando con lui, di quanto invece gli poteva essere stando con Assalonne; così, col permesso di Davide, lasciò lui e andò a Gerusalemme, ove, poco dopo, arrivò anche Assalonne.
Libro VII:205 - 3. Davide era andato un po' avanti, quando giunse Siba, servo di Memfibosthos al quale aveva ordinato di prendersi cura delle proprietà che aveva donato al figlio di Gionata, figlio di Saul; Siba aveva con sé una coppia di asini carichi di provviste e pregò Davide di prendere tutto quanto poteva abbisognare a lui e ai suoi uomini.
Libro VII:206 E quando gli domandò dove avesse lasciato Memfibosthos, rispose: “a Gerusalemme”, dove era in attesa di essere eletto re, in mezzo alla universale confusione, a ricordo dei benefici dati al popolo da Saul. Sdegnato da questo, fece dono a Siba di tutto quello che prima aveva già concesso a
Memfibosthos perché, disse, egli aveva di gran lunga maggiore diritto di possederli di quell'altro e Siba ne fu oltremodo lieto.
Libro VII:207 - 4. Quando Davide giunse a Choranos, così il luogo era chiamato, gli si fece incontro un parente di Saul, di nome Samuis, figlio di Gera, tirandogli pietre e dicendogli villanie; e, sebbene gli amici si fossero messi attorno per proteggerlo, Samuis proseguiva ancora più nelle sue maledizioni e lo chiamava macchiato di sangue e autore di tanti crimini;
Libro VII:208 gli intimò pure di sgombrare il paese come persona esecrabile e maledetta; e ringraziava Dio che lo aveva spogliato del regno, e punito per mano del proprio figlio rendendogli quell'ingiustizia che egli aveva commesso contro il suo padrone (Saul). Tutti si sentivano provocati a sdegno contro di lui, e in particolare Abisai che avrebbe voluto finire Samuis; ma Davide smorzò la sua collera, dicendo:
Libro VII:209 “Non accresciamo i mali presenti facendone sorgere degli altri, poiché certamente non suscita in me un senso di vergogna e neppure mi tocca quanto dice contro di me, questo cane delirante. Io mi sottometto a Dio dal quale costui è mosso a infuriare contro di noi; né v'è qualcosa di strano ch'io sia trattato così da lui, quando sperimento tanta empietà da parte di un figlio. Tuttavia Dio avrà compassione di noi e, a lui piacendo, trionferemo sui nostri nemici”.
Libro VII:210 Così continuava il suo cammino incurante di Samuis che lo seguiva su di un'altra parte della montagna rivolgendogli molte villanie. Quando raggiunse il Giordano, lasciò che quivi i suoi uomini stanchi si riposassero.
Libro VII:211 - 5. Non appena Assalonne e Achitofel, suo consigliere, giunsero a Gerusalemme insieme con tutto il popolo, si presentò loro anche l'amico di Davide e, prestandogli obbedienza, gli augurò un regno che continuasse per sempre; che restasse per ogni tempo; e quando l'interrogò perché mai, lui che era stato uno dei migliori amici di suo padre e creduto a lui fedele per sempre, ora non fosse con lui, ma l'avesse abbandonato per andare dal figlio diede una risposta abile e prudente, affermando che uno deve seguire Dio e il popolo tutto.
Libro VII:212 “Ora, padrone, siccome essi sono con te, è giusto che anch'io li debba seguire, perché è da Dio che tu hai ricevuto il regno; inoltre io mostrerò verso di te uguale fedeltà e lealtà, se tu mi tieni come amico, quale tu sai che io ebbi verso tuo padre. Non c'è alcun motivo, aggiunse, di sentirsi lontano
dall'attuale stato di cose: poiché il regno non è passato a un diverso casato, bensì è rimasto alla stessa casa regnante, poiché al padre è succeduto il figlio”.
Libro VII:213 Con queste parole convinse Assalonne, che prima era sospettoso verso di lui e, chiamato Achitofel, si consigliò sul da farsi; egli lo esortò a unirsi con le concubine di suo padre perché, disse, con questo atto il popolo si sarebbe persuaso che egli mai più si sarebbe riconciliato con lui, e lo avrebbe prontamente seguito nella lotta contro suo padre. Fino a quel momento aveva avuto paura di manifestare aperta ostilità, nel timore che ambedue trovassero un'intesa.
Libro VII:214 Accettato il consiglio, ordinò ai suoi servi di innalzare una tenda per lui sul tetto della reggia, e sotto gli occhi della moltitudine egli vi entrò e si unì con le concubine del padre. Ciò avvenne in accordo con la profezia pronunciata da Nathan allorché manifestò a Davide che un giorno suo figlio si sarebbe ribellato a lui.
Libro VII:215 - 6. Compiuto questo in conformità del suggerimento datogli da Achitofel, Assalonne gli richiese ancora un consiglio a proposito della guerra contro suo padre. Per questo egli gli domandò (di avere) diecimila soldati scelti, promettendo di uccidere suo padre e di ricondurre vivi i suoi uomini; poi, soggiunse, quando Davide non sarà più vivo, il trono sarà sicuro.
Libro VII:216 Egli gradì la proposta e convocò anche Chusis, grande amico di Davide, è per questo che lo chiamò, e gli espose la proposta di Achitofel per sentire che cosa ne pensasse. Ma, giudicando che, qualora fosse eseguita la proposta di Achitofel, Davide si sarebbe trovato nel rischio di essere catturato e messo a morte (Chusis) tentò di suggerirgli una controproposta, dicendo:
Libro VII:217 “Tu non ignori, o re, l'abilità di tuo padre e degli uomini che sono con lui, le battaglie che ha combattuto e come in ogni caso sia uscito vittorioso sui suoi nemici. Proprio ora è probabile che se ne stia chiuso nel campo - poiché è un abile stratega e può prevedere l'astuzia di un attacco nemico;
Libro VII:218 ma verso sera lascerà i suoi uomini e si nasconderà in qualche anfratto o attenderà all'erta dietro qualche roccia; e quando le nostre forze attaccheranno, i suoi uomini per un po' indietreggeranno, ma poi presto si faranno coraggio al pensiero che il re è al loro fianco e resisteranno; nel frattempo, mentre si combatte, improvvisamente appare tuo padre incitandoli ad affrontare coraggiosamente il pericolo, ma nei tuoi uomini getterà il terrore.
Libro VII:219 Perciò valuta bene il mio consiglio e, se riconosci che è il migliore, rifiuta la proposta di Achitofel: manda ambasciatori per tutta la regione degli Ebrei, intima una leva per la campagna contro tuo padre, poi raduna le tue forze, prendi personalmente il comando della guerra, non delegarlo a un altro;
Libro VII:220 lo vincerai facilmente se lo cogli in aperta campagna attorniato da pochi uomini, mentre tu ne hai molte migliaia pronte a darti un saggio della loro devozione e prontezza; se tuo padre si chiude per resistere a un assedio, noi distruggeremo quella città con macchine belliche e camminamenti”.
Libro VII:221 Questo parlare piacque più di quello di Achitofel: e Assalonne lo preferì alla proposta di quello. Tuttavia fu Dio che ispirò alla mente di Chusis un consiglio migliore dell'altro.
Libro VII:222 - 7. Poi (Chusis) si affrettò dai sommi sacerdoti Sadoc e Abiathar, raccontò loro ogni cosa sulla proposta di Achitofel e sulla propria, aggiunse che si era deciso ad agire secondo il suo suggerimento, ordinò loro di portarlo subito a conoscenza di Davide, informarlo del consiglio dato, ed esortarlo a passare il Giordano il più presto possibile, prima che mutasse parere, si mettesse a inseguirlo e lo catturasse prima che fosse giunto in luogo sicuro.
Libro VII:223 I sommi sacerdoti, di proposito, tenevano i loro figli nascosti fuori della città affinché riferissero a Davide quanto accadeva. Essi, dunque, inviarono una serva fedele perché notificasse loro le notizie sui piani di Assalonne e li avvertisse di fare presto a riferire tutto a Davide.
Libro VII:224 Senza indugio ed esitazione, essi eseguirono le istruzioni dei loro padri come obbedienti e leali aiuti; deciso che la celerità e l'esattezza erano il meglio del loro servizio, si diedero grande premura di incontrare Davide;
Libro VII:225 a due stadi dalla città, furono visti da due uomini a cavallo i quali andarono a informare Assalonne sul conto di essi; ma i figli dei sommi sacerdoti, venuti a conoscenza di questo, subito deviarono da quella strada e si portarono verso un villaggio non lungi da Gerusalemme - il nome del villaggio è Bochores, e pregarono una donna di nasconderli e di metterli al sicuro.
Libro VII:226 Così lei collocò i giovani in un pozzo e lo coprì con involti di lana; quando giunsero quelli che li inseguivano, chiesero di loro; le domandarono se li aveva visti, e lei non negò di averli visti: essi avevano preso fiato presso di lei; poi avevano proseguito, ma se li avessero inseguiti, sicuramente li avrebbero
sorpresi; li inseguirono per una considerevole distanza, ma non li presero; e così se ne ritornarono.
Libro VII:227 Quando la donna li vide cavalcare allontanandosi e che non c'era più pericolo che i giovani fossero catturati, li trasse dal pozzo e li sollecitò a seguitare lungo la strada prestabilita. E così camminando in fretta e veloci, giunsero da Davide e l'informarono nei particolari di tutti i piani di Assalonne; egli allora ordinò ai suoi uomini di attraversare il Giordano, sebbene fosse già notte, non concesse indugio alcuno.
Libro VII:228 - 8. Intanto, non vedendo accolta la sua proposta, Achitofel montò sul suo giumento e se ne andò a Gelmon, sua città natale. Radunò tutti i suoi parenti, narrò loro l'avvertimento dato ad Assalonne, dicendo che, siccome egli non l'aveva seguito, chiaramente era destinato a perire tra poco; Davide, infatti, lo avrebbe vinto, disse, e sarebbe stato restaurato sul suo trono;
Libro VII:229 perciò, seguitò, per lui sarebbe stato meglio andarsene da questa vita come uomo libero e forte piuttosto che arrendersi a Davide per essere punito, avendo cercato in tutti i modi di aiutare Assalonne contro di lui. Dette tali cose, si recò nella parte più interna della casa e si impiccò. Così avvenne la morte di Achitofel: quale giudice di se stesso si condannò; e i suoi parenti, liberatolo dal cappio, gli diedero sepoltura.
Libro VII:230 Come detto sopra, Davide passò il Giordano, e giunse a Campi Fortificati, città molto bella e molto sicura; qui fu accolto con grande cordialità dai maggiorenti della regione, sia perché fuggitivo sia per onorare la sua precedente grandezza. Costoro erano Berzelaio, il Galaadite, Seifar, il capo degli Ammoniti, e Macheiro, l'uomo più ragguardevole della regione Galaadite.
Libro VII:231 Questi provvidero a lui e ai suoi ogni cosa in abbondanza, sicché non mancavano di nulla, né di letti con coperte, né di pane, né di vino; inoltre li provvidero in abbondanza di animali da macello, e fornirono quantità di ogni cosa necessaria per rinfrescare e nutrire gente esausta.
Libro VII:232 - X, I. - Questa era la loro posizione. Assalonne aveva radunato un grande esercito di Ebrei e li condusse contro suo padre: passarono il fiume Giordano e si fermarono non lungi dai Campi nella regione dei Galaaditi; come comandante di tutta la sua forza, al posto di Joab, aveva designato Amasa, suo parente: suo padre era, infatti, Ietrao e sua madre Abigaia: lei e Aeruia, madre di Joab, erano ambedue sorelle di Davide.
Libro VII:233 Allorché Davide contò i suoi, trovò che erano quasi quattromila, e decise di non attendere che Assalonne lo attaccasse; e per gli uomini che erano con lui, designò i chiliarchi e gli echatonarchi, e divise l'esercito in tre parti: una parte la affidò a Joab, un'altra al suo fratello Abisai, la terza la affidò a Ethaio, suo confidente e amico, benché nativo della città di Gitta.
Libro VII:234 Egli stesso voleva andare in guerra con loro, ma i suoi amici non glielo permisero, e lo trattennero, con una decisione molto saggia. Dissero che qualora fossero vinti con lui presente, avrebbero perso ogni buona speranza, ma se fosse battuta una parte delle loro forze, le restanti si sarebbero raccolte presso di lui ed egli metterebbe in piedi una nuova forza e il nemico potrebbe sospettare l'esistenza, con lui, di un nuovo esercito.
Libro VII:235 Questo consiglio fu approvato ed egli rimase a Campi, mentre inviò amici e capi in guerra raccomandando loro coraggio e lealtà, memori di ogni beneficio che avessero eventualmente ricevuto da lui. Li implorò che in caso di vittoria gli risparmiassero il figlio Assalonne, astenendosi dal fargli qualsiasi ingiuria nell'eventualità che rimanesse ucciso. E così, augurando loro la vittoria, inviò il suo esercito.
Libro VII:236 - 2. Joab schierò la sua forza di fronte al nemico in una vasta pianura con alle spalle una foresta, ed anche Assalonne spiegò il suo esercito contro di lui; iniziato il confronto, da ambedue le parti si ebbero grandi azioni di forza e di ardimento gli uni affrontavano tutti i pericoli e compivano ogni sforzo per fare in modo che Davide ritornasse nel suo regno; ma gli altri non lesinavano né azioni né sofferenze per impedire che Assalonne ne fosse privato e sottoposto a castigo da parte del padre a motivo dell'avventato tentativo.
Libro VII:237 Perciò i più fecero del loro meglio per non essere sopraffatti dagli uomini e dai capitani di Joab - il cui numero era inferiore e perciò sarebbe stata per loro una grave vergogna -, mentre i soldati di Davide avevano l'ambizione di sopraffare così tante decine di migliaia: la lotta fu quindi accanita. Vinsero quelli di Davide che furono i più forti e avevano maggiore esperienza di guerra.
Libro VII:238 Gli altri si diedero alla fuga per i boschi e per le valli, parte furono catturati, ma i più li uccisero in quanto ne perirono di più nella fuga che in combattimento, poiché in quel giorno caddero circa ventimila. Allora tutti quelli di Davide si volsero all'inseguimento di Assalonne; a loro era chiaramente visibile per la sua bellezza e la sua grande statura;
Libro VII:239 temendo di essere preso dai suoi nemici, fuggiva sul suo mulo reale. Cavalcava a briglia sciolta, velocità e movimento lo rendevano leggero in seria, e la capigliatura si avvolse a un albero dal quale si stendevano molti rami lunghi, e vi restò sospeso in questo strano modo; la bestia curva e veloce proseguì come se avesse ancora sul dorso il suo padrone, mentre egli pendeva dai rami che lo avevano afferrato.
Libro VII:240 Vedendo questo, uno dei soldati di Davide ne informò Joab, e quando il comandante gli disse che gli avrebbe dato cinquanta sicli se avesse colpito e ucciso Assalonne, quello rispose: “Neppure se me ne volessi dare mille tratterei così il figlio del mio padrone, tanto più che tutti l'abbiamo sentito supplicarci di salvare la vita del giovane”.
Libro VII:241 Egli allora gli ordinò di mostrargli dove avesse visto Assalonne sospeso: gli scagliò una freccia nel cuore e l'uccise. Poi gli armieri di Joab attorniarono l'albero e tirarono giù il morto:
Libro VII:242 lo gettarono in una profonda fossa spalancata, la riempirono di sassi fino a farle prendere forma e misura di una tomba. Nel mentre Joab suonò l'adunata e trattenne i suoi soldati dall'inseguimento della forza nemica, risparmiando così gli uomini della sua stessa stirpe.
Libro VII:243 - 3. Assalonne aveva eretto una colonna marmorea nella Valle dei re, distante due stadi da Gerusalemme, e la chiamò “Mano di Assalonne”, dicendo che nel caso morissero i suoi figli, il suo nome sarebbe rimasto con la colonna. Egli, in realtà, ebbe tre figli e una figlia di nome Tamar, come abbiamo detto sopra.
Libro VII:244 E dal matrimonio di lei con il figlio di Salomone, Roboamo, nacque un figlio, Abia che gli succedette sul trono. Ma di questi parleremo dopo, in un luogo più appropriato della nostra storia. Dopo la morte di Assalonne il popolo si disperse nelle proprie case.
Libro VII:245 - 4. Achima, figlio del sommo sacerdote Sadoc, si recò da Joab per domandargli il permesso di andare da Davide ad annunziargli la vittoria e la bella notizia dell'aiuto e dell'assistenza ottenuti da Dio.
Libro VII:246 Joab rispose che non era conveniente che colui che era sempre stato messaggero di buone notizie, ora andasse a rivelare al re la morte di suo figlio; era invece meglio che restasse; nel mentre chiamò Kùshi e gli diede l'incarico di riferire al re quanto aveva visto.
Libro VII:247 Ma Achima gli rinnovò la domanda di affidare a lui soltanto il messaggio della vittoria, serbando il silenzio sulla morte di Assalonne: e gli concesse il permesso di andare da Davide; così, percorrendo un cammino più corto, noto a lui solo, giunse prima di Kúshi.
Libro VII:248 Ora Davide se ne stava seduto tra le porte in attesa che qualcuno venisse dal campo di battaglia a recargli notizie sull'andamento della guerra; una delle guardie, guardando fuori, scorse Achima che correva: non poteva ancora riconoscere chi fosse, e disse a Davide che vedeva qualcuno correre verso di lui.
Libro VII:249 Quest'ultimo rispose che si trattava di un messaggero di buone notizie; e un momento dopo, fu informato che un altro lo seguiva; anche quello, disse, è un messaggero. Poi la guardia riconobbe Achima, ormai molto vicino e gli annunziò che l'uomo che correva verso di loro era il figlio del sommo sacerdote Sadoc. Allora Davide, tutto festante per la gioia, disse che questo era un messaggero di buone notizie, e gli recava dal campo di battaglia la notizia di qualcosa che desiderava.
Libro VII:250 - 5. Il re diceva così, quand'ecco Achima si inchinò davanti al sovrano e, rispondendo alla sua domanda sulla battaglia, gli annunzia la trionfale vittoria; ma, richiesto sul figlio, rispose che subito dopo la sconfitta dei nemici egli era corso da lui e, sebbene avesse sentito schiamazzi da quanti inseguivano Assalonne, non gli era stato possibile saperne di più, perché era stato mandato subito da Joab a riferire la vittoria.
Libro VII:251 Giunse allora Kúshi e, dopo la riverenza, gli comunicò la vittoria; interrogato sul figlio, rispose: “I tuoi nemici siano trattati come lo fu Assalonne”.
Libro VII:252 Queste parole non lo lasciarono gioire oltre per quella grandissima vittoria. Egli, infatti, salì sulla parte più alta della città e pianse amaramente suo figlio battendosi il petto, strappandosi i capelli, facendosi ogni specie di lesioni e gridando: “Oh figlio mio, fosse venuta a me quella morte”, e “fossi io morto con te!”. Era per natura teneramente affettuoso e specialmente attaccato a lui.
Libro VII:253 Quando l'esercito e Joab seppero quanto fosse profondo il dolore del re per il figlio, ebbero ritegno di entrare in città con il trionfo dei vincitori. Entrarono, invece, come se fossero tutti dei vinti, a testa bassa e piangendo.
Libro VII:254 Mentre il re con la testa velata si lamentava per il figlio, gli si avvicinò Joab per consolarlo, dicendo: “Padrone, non vedi che il tuo comportamento disonora la tua persona? Pare, infatti, che tu abbia in odio quelli che ti vogliono bene e rischiano la vita per te e per la tua famiglia, e ti sono più cari soprattutto quelli che ti sono nemici, e ti struggi per coloro che non sono più vivi, nonostante che siano morti giustamente.
Libro VII:255 Se Assalonne avesse vinto e si fosse assicurato stabilmente il regno, nessuno di noi sarebbe stato lasciato sopravvivere, ma tutti saremmo periti miseramente, iniziando da te e dai tuoi figli; e il nemico invece di piangere per noi avrebbe gioito e avrebbe punito chi avesse pianto la nostra disavventura. Non ti vergogni del modo in cui ti comporti per un uomo che fu il tuo peggiore nemico, e fu così empio nonostante fosse tuo figlio?
Libro VII:256 Poni fine, dunque, al tuo ingiusto dolore, esci e mostrati ai tuoi soldati, ringraziali per la vittoria e per l'ardore che ebbero nella battaglia. Che se tu persisti a comportarti come hai fatto finora oggi stesso persuaderò il popolo a ribellarsi e a dare il regno a un altro, e allora renderò il tuo dolore più amaro e veritiero”.
Libro VII:257 Con queste parole Joab distolse il re da questa tristezza e lo indusse a pensare razionalmente alle faccende del regno. Così Davide mutò il suo atteggiamento, si rese presentabile alla moltitudine, andò a sedersi alle porte; il popolo lo venne a sapere e andò a salutarlo. Così andarono queste cose.
Rappacificazioni
Libro VII:258 XI, I. Intanto gli Ebrei che erano stati dalla parte di Assalonne ed erano scampati alla battaglia, ritornarono ognuno a casa propria e inviarono (messaggeri) alle loro città ricordando ad esse come Davide le avesse beneficate e avesse dato loro la libertà con molte grandi battaglie;
Libro VII:259 essi biasimavano pure se stessi per avere detronizzato lui e intronizzato un altro e, siccome ora il capo da loro eletto era morto, si appellavano a Davide affinché calmasse la sua collera, li guardasse amichevolmente, riprendessero il trono e la direzione degli affari proprio come prima.
Libro VII:260 Di tale tenore erano i rapporti che di continuo si portavano a Davide; egli, nondimeno, inviò un messaggio al sommo sacerdote Sadoc e ad Abiathar affinché dicessero ai capi della tribù di Giuda quale sfortuna fosse loro capitata che le altre tribù avessero scelto Davide come re, prima di loro, “tanto più, aggiunse, che voi siete della sua parentela e avete lo stesso sangue”.
Libro VII:261 E ordinò loro di portare tali cose a conoscenza di Amasia, il comandante, domandandogli come mai egli, figlio di una sorella di Davide, non avesse persuaso la moltitudine a reintegrare Davide nel regno; gli dovevano pure dire che egli si aspettava da lui non soltanto una riconciliazione, che già era avvenuta, ma anche il comando di tutto il popolo, comando che era stato dato da Assalonne.
Libro VII:262 Così i sommi sacerdoti si incontrarono, diedero un messaggio ai capi della tribù (di Giuda), e l'altro messaggio del re lo diedero ad Amasia, e lo persuasero a prendere le misure del caso; ed egli, da parte sua, convinse subito la tribù a inviare messi a Davide, invitandolo a ritornare nel suo regno. E, sotto la spinta di Amasia, tutti gli Israeliti fecero la stessa cosa.
Libro VII:263 - 2. Dopo che i messi giunsero da lui, Davide partì per Gerusalemme. La prima di tutte le tribù che andò a incontrarlo al fiume Giordano fu la tribù di Giuda; anche Samuis, figlio di Gera con un migliaio di uomini che aveva portato dalla tribù di Beniamino, e Siba, liberto di Saul, e i suoi figli, quindici di numero, assieme a venti servi.
Libro VII:264 Questi ultimi assieme alla tribù di Giuda fecero un ponte sul fiume, affinché il re e i suoi uomini lo potessero attraversare più facilmente. Quando giunse al Giordano, gli diede il benvenuto la tribù di Giuda; poi salì sul ponte e Samuis si prostrò davanti a lui, abbracciò i suoi piedi e lo pregò di dimenticare le offese che gli aveva fatto, di non trattarlo aspramente e, giunto al potere, il primo pensiero non fosse la vendetta; tenesse presente che egli si era pentito dei propri errori e si era fatto premura di presentarsi per primo alla sua venuta.
Libro VII:265 Mentre egli supplicava così e domandava pietà, Abisai, fratello di Joab, gli disse: “Per questo, non morirai pur avendo bestemmiato colui che Dio ha designato al regno?”. Ma Davide, rivoltosi a lui, gli disse: “Non vi calmate, figli di Seruia? Non aggiungete nuove sollevazioni e discorde alle passate.
Libro VII:266 Non dimenticate che oggi io inizio a regnare. E per questo ho giurato di passare sopra a ogni atto di ribellione e di non perseguire ogni offesa.
E tu, Samuis, disse, fatti coraggio e abbi fiducia, non sarai condannato a morte”. Quello lo venerò e prese ad andare davanti a lui.
Libro VII:267 - 3. Quivi incontrò pure il nipote di Saul, Memfibosthos, che indossava un abito sordido, la barba lunga e scomposta, perché, dalla fuga di Davide fino a quel giorno, dal dolore non si era tagliata la barba né puliti gli abiti, ma si era condannato a uno stato infelice per la caduta del re dal suo potere. Perciò era stato ingiustamente calunniato presso il re dal suo amministratore, Siba.
Libro VII:268 Dopo che egli l'ebbe salutato e compiuta la prostrazione, (il re) iniziò a interrogarlo: “Perché non sei mai andato con lui e non gli era stato compagno nella fuga?”. Egli rispose che era colpa di Siba che aveva avuto l'ordine di preparare la partenza, ma non se ne era dato pensiero e lo aveva trascurato come se fosse un semplice schiavo;
Libro VII:269 “Che se avessi avuto le gambe sane e avessi potuto usarle per fuggire, non sarei stato lontano da te. E non soltanto, o padrone, egli ha fatto torto alla mia devozione verso di te, ma mi calunniò e mentì maliziosamente a mio riguardo. So molto bene, tuttavia, che nessuna di queste calunnie trova credito nei tuoi pensieri, poiché tu sei naturalmente giusto
Libro VII:270 e amante del vero, che anche la Divinità desidera che prevalga; e sebbene sia stato esposto a pericoli ben maggiori di questi da mio nonno e da tutta la mia famiglia, che per questo meritò la estinzione, tu ti sei sempre comportato con grande clemenza e bontà, dimenticando ogni cosa il cui ricordo richiamava vendetta. Tu, inoltre, mi hai trattato da amico e mi hai voluto ogni giorno alla tua mensa e mi hai trattato non diversamente dal più onorato dei tuoi parenti”.
Libro VII:271 Udito ciò, decise di non castigare Memfibosthos e di non condannare Siba per le calunnie; disse però a Memfibosthos che, siccome non era andato a incontrarlo con Siba, a quest'ultimo aveva donato tutte le sue sostanze; gli promise, tuttavia, il perdono e ordinò che gli fosse restituita la metà della sua proprietà. Allora Memfibosthos disse: “Si tenga pure tutto Siba! A me basta che tu abbia riacquistato il regno”.
Libro VII:272 - 4. Ora Davide invitò Beerzelos, il Galaadite, ad andare da lui a Gerusalemme: questi era un grande e nobile uomo che aveva fornito a Davide molti aiuti allorché si trovava a Campi fortificati e lo aveva scortato fino al
Giordano; intendeva provvedere alla sua avanzata età con ogni onore, gli promise di prendersi cura di lui e di averlo come un padre.
Libro VII:273 Ma Beerzelos languiva per la propria casa e declinò l'invito di stare con lui; diceva che la sua età avanzata, ormai sugli ottanta, era tale da non poter godere delle delizie, e aveva da pensare alla propria fine e al sepolcro; e pregava Davide che, se voleva accontentarlo, gli concedesse di vivere a suo piacimento.
Libro VII:274 Diceva di non avere più gusto nel mangiare e nel bere, a motivo dell'età, le sue orecchie erano sorde al suono della cetra e alla musica di altri strumenti che deliziano quanti vivono con i re. Mosso da queste insistenti suppliche, Davide rispose: “Lascio libero te, ma lasciami tuo figlio Achimano; gli farò parte, infatti, di ogni bene”.
Libro VII:275 Così Beerzelos gli lasciò il figlio, si inchinò davanti al re, gli augurò un felice esito ai desideri del suo cuore, e se ne ritornò a casa. Davide intanto andò a Galgala avendo con sé la metà di tutto il popolo e la tribù di Giuda.
Primi semi di discordia tra Giuda e Israele
Libro VII:276 - 5. Allora i capi di ogni tribù andarono da lui a Galgala con una grande moltitudine e rimproveravano la tribù di Giuda di essere venuta da lui segretamente; dicevano che avrebbero dovuto incontrarlo tutti insieme. Ma i capi della tribù di Giuda li pregavano di non ritenersi offesi se essi li avevano preceduti, in quanto gli erano consanguinei, per questo motivo erano stati più premurosi e affettuosi, ed avevano preceduto gli altri; ma giungendo per primi, non avevano ricevuto alcun premio di cui gli altri, giunti ultimi, avessero motivo di rammaricarsi.
Libro VII:277 I capi delle altre tribù non si chetarono con le parole dei capi della tribù di Giuda, ma affermarono: “Ci meraviglia, fratelli, che voi chiamate il re consanguineo soltanto a voi, in quanto egli, che ricevette l'autorità da Dio sopra tutti, deve essere considerato consanguineo a tutti noi. E perciò tutto il popolo ha (in lui) undici parti, mentre voi non ne avete che una, e noi siamo più anziani: così voi non avete agito correttamente venendo dal re di soppiatto e segretamente”.
Libro VII:278 - 6. Mentre i capi altercavano tra loro, s'alzò un uomo di cattivo carattere e amante di discordie, di nome Sabaio, figlio di Bochorio, della tribù di Beniamino, che, postosi in mezzo alla moltitudine disse a gran voce: “Nessuno di noi ha una parte con Davide o una sorte con il figlio di Jesse”.
Libro VII:279 E dopo queste parole diede fiato al suo corno, dichiarando guerra al re: tutti lasciarono Davide e lo seguirono. Soltanto la tribù di Giuda stette con lui e lo condusse al suo palazzo in Gerusalemme. Le concubine, con le quali giacque suo figlio Assalonne, le trasferì in un'altra abitazione con l'ordine ai sovrintendenti di provvedere a ogni loro necessità, ma egli personalmente non si accostò più a loro.
Libro VII:2780 Designò poi Amasa a capo supremo dell'esercito che era stato di Joab; gli ordinò di raccogliere dalla tribù di Giuda un esercito che fosse il più numeroso possibile, e di andare da lui fra tre giorni affinché gli potesse dare tutt'intero l'esercito e lo inviasse a combattere contro il figlio di Bochorio.
Libro VII:281 Amasa dunque partì, ma indugiava troppo a lungo nel fare la leva dell'esercito, e, siccome dopo tre giorni non ritornò, disse a Joab che non era bene concedere altro tempo a Sabaio, onde preparasse forze maggiori e fosse fonte di maggiori danni e torbidi di quelli causati da Assalonne.
Libro VII:282 “Non indugiare oltre, perciò, ma prendi le forze che sono qui ora e i seicento che sono con tuo fratello Abisai, affronta il nemico; e ovunque lo trovi, dagli battaglia. Guarda di prevenirlo, affinché non accada che si impadronisca delle maggiori città e ci sia causa di tante lotte e fatiche”.
Libro VII:283 - 7. Così Joab decise di non tardare oltre e, preso con sé il fratello e i seicento, diede ordine alle restanti forze che si trovavano a Gerusalemme di seguirlo, ed egli uscì contro Sabaio. Ma allorché giunse a Gabaon, questo è un villaggio a quaranta stadi da Gerusalemme, trovò Amasa a capo di una vasta forza: Joab gli andò incontro cingendo la spada e indossando la corazza;
Libro VII:284 quando Amasa lo avvicinò per salutarlo, egli, ad arte, fece in modo che gli cadesse la spada, quasi fosse uscita casualmente dalla guaina; la tirò su dal suolo e, con l'altra mano, afferrò Amasa, che ormai gli si era avvicinato, per la barba quasi volesse baciarlo e improvvisamente gli ficcò la spada nel ventre e l'ammazzò. Azione empia ed esecrabile commessa contro un bravo giovane, suo parente e colpevole di nulla, (azione) compiuta perché gli invidiava l'ufficio di comandante, e l'essere onorato dal re con un rango uguale al suo.
Libro VII:285 Per questa stessa ragione aveva già assassinato Abenner; eccetto che per il primo misfatto, pareva che avesse un pretesto specioso che, in apparenza, lo rendeva scusabile, la considerazione cioè che fosse un atto diretto a vendicare il fratello Asael. Ma l'assassinio di Amasa non aveva scusa alcuna.
Libro VII:286 Ucciso il comandante, proseguì all'inseguimento di Sabaio lasciando un uomo alla guardia del cadavere, al quale diede l'ordine di bandire per tutto il campo che Amasa era stato ammazzato giustamente e meritatamente punito, e di proclamare: “Se siete per il re, seguite il suo comandante Joab e suo fratello Abisai”.
Libro VII:287 Ma siccome il corpo giaceva sulla strada, la moltitudine si affollava tutta attorno ad esso, come è solita fare la folla: si fermava stupita e pietosa, la guardia lo tolse di lì e lo sistemò lontano dalla strada e lo coprì con un velo. Fatto questo, tutto il popolo seguì Joab.
Libro VII:288 E dopo avere inseguito Sabaio per tutta la regione degli Israeliti, qualcuno lo informò che si trovava in una città fortificata chiamata Abelochea; così andò là, la accerchiò col suo esercito, la circondò con una palizzata, e poi diede l'ordine ai suoi soldati di scavare ai piedi delle mura per abbatterle: perché coloro che erano dentro la città si rifiutavano di riceverlo, concepì un grande sdegno contro di essi.
Libro VII:289 - 8. Una donna saggia e prudente, vedendo che il suo luogo natio era ormai giunto all'estremo, salì sulle mura e, per mezzo dei soldati chiamò Joab; quando fu vicino, lei iniziò a dire che Dio aveva scelto il re e i comandanti perché li guidassero contro i nemici degli Ebrei e assicurassero loro la pace. “Ma tu, aggiunse, ti industri con ogni mezzo a rovinare e abbattere una metropoli di Israeliti che non ha commesso alcun male”.
Libro VII:290 Egli allora supplicò Dio che seguitasse a essergli propizio, poi affermò che da parte sua non aveva intenzione di uccidere alcuno del suo popolo, e tanto meno di distruggere una così grande città; perciò, qualora gli avessero consegnato Sabaio, figlio di Bochorio, affinché fosse punito perché si era ribellato al re, avrebbe sospeso l'assedio e ritirato l'esercito.
Libro VII:291 Non appena la donna udì le parole di Joab, gli chiese di attendere un poco, e presto gli sarebbe stata gettata la testa del suo nemico; dopo, lei discese dagli abitanti della città e gridò: “Volete voi perire molto tristemente con figli e mogli per amore di un uomo cattivo che nessuno neppure conosce, o lo
vuole come re in luogo di Davide che fu vostro benefattore in così innumerevoli modi, e contrapporvi come una città contro un esercito così numeroso e forte?”.
Libro VII:292 Così lei li persuase a troncare il capo di Sabaio e a gettarlo all'esercito di Joab. Compiuto questo, il comandante del re suonò la ritirata, tolse l'assedio e andò a Gerusalemme, e fu nuovamente nominato comandante di tutto il popolo.
Libro VII:293 Il re designò anche Banaia a capo delle sue guardie del corpo e dei seicento, diede ad Adoramos la sovraintendenza ai tributi, a Josafat, figlio di Achilos, affidò la carica di cancelliere, designò Susa come scriba e confermò come sommi sacerdoti Sadoc e Abiathar.
Carestia. Censimento. Pestilenza
Libro VII:294 - XII, I. - Dopo questi eventi la regione fu devastata da una carestia: Davide supplicò Dio ad avere pietà del popolo e di manifestargliene la causa e anche il rimedio. I profeti allora manifestarono che Dio voleva vendicare i Gabaoniti che il re Saul aveva ucciso selvaggiamente con una azione sleale, violando i trattati giurati con essi dal comandante Gesù e dalla gherusia.
Libro VII:295 Se egli era pronto a dare ai Gabaoniti la soddisfazione che essi avessero voluto per quelli che erano stati uccisi, Dio prometteva che si sarebbe riconciliato con loro e avrebbe liberato la moltitudine da ogni male.
Libro VII:296 Saputo dai profeti che questo era il volere di Dio, (Davide) inviò a chiedere ai Gabaoniti quale soddisfazione desiderassero; quando questi domandarono che per punizione fossero loro consegnati i sette figli della famiglia di Saul, il re ne fece ricerca e li consegnò ai Gabaoniti: egli però risparmiò Jebosthos, figlio di Gionata.
Libro VII:297 I Gabaoniti li presero e li punirono come loro piacque. E, presto, Dio cominciò a fare piovere reintegrando la terra nella sua abbondanza e liberandola dall'aridità di prima. E la regione degli Ebrei fiorì nuovamente.
Libro VII:298 Non molto tempo dopo il re andò in campo contro i Palestinesi: scese in guerra con loro e li mise in fuga, e nell'inseguimento rimase solo e venne meno per la stanchezza: fu visto da uno dei nemici di nome Akmon, figlio di Arafo,
Libro VII:299 che era un discendente dei Giganti; costui aveva in mano una lancia la cui impugnatura, a quanto si diceva, pesava trecento sicli, una corazza fatta di anelli e una spada: si guardò attorno e si precipitò avanti con l'intenzione di uccidere il re dei nemici, esausto per la fatica. Ma, all'improvviso, apparve Abisai, fratello di Joab, che girava a protezione del re standogli sopra a cavalcioni, mentre lui seguitava a giacere per terra, e uccise il nemico.
Libro VII:300 Il popolo era addolorato per il grave pericolo corso dal re, e i capi del popolo gli fecero giurare che mai più sarebbe andato in guerra con loro, per il pericolo che il suo valore e coraggio gli avrebbe fatto correre, privando il popolo dei benefici che lui apportava, sia quelli che già avevano ricevuti sia quelli che ancora potevano ricevere se egli fosse vissuto ancora a lungo.
Libro VII:301 - 2. Poi i Palestinesi si radunarono nella città di Gazara; quando il re lo seppe, inviò un esercito contro di essi. In questa occasione furono compiute gesta gloriose e molto vanto ne andò a Sabreche, l'Ittita, uno dei più bravi soldati di Davide, poiché uccise parecchi di quelli che si gloriavano di avere come antenati i Giganti, ed erano di grande valore; e così a lui va la maggior parte del merito della vittoria degli Ebrei.
Libro VII:302 Dopo questa disfatta, i Palestinesi attaccarono guerra una seconda volta, e Davide mandò contro di loro un esercito nel quale il più valoroso era il suo parente Efam, che in uno scontro corpo a corpo col più valoroso di tutti i Palestinesi, uccise lui e mise in fuga gli altri, e altri ancora rimasero uccisi in battaglia.
Libro VII:303 Dopo un lungo intervallo di tempo si accamparono vicino a Gitta, città non lontana dai confini della regione degli Ebrei; tra loro v'era un uomo alto sei cubiti che sia nelle mani sia nei piedi aveva un dito in più del naturale.
Libro VII:304 Nell'esercito spedito da Davide contro di loro vi era Jonathan, figlio di Sama, il quale combatté contro di lui un corpo a corpo e lo uccise e la battaglia si risolse in una completa vittoria, e per il suo valore riportò il primo premio; questo palestinese si millantava pure di discendere dai Giganti. Ma dopo questa battaglia non si levarono più in guerra contro gli Israeliti.
Libro VII:305 - 3. Ormai libero da guerre e da pericoli, di qui in poi godette di profonda pace. Davide compose odi e inni a Dio in diversi metri: parte in trimetri e parte in pentametri; preparò anche strumenti musicali e insegnò ai Leviti il modo di usarli inneggiando a Dio nel giorno detto Sabato e nelle altre feste.
Libro VII:306 Le forme di questi strumenti erano circa come segue: la kinyra aveva dieci corde, e si batte col plettro; la nabla aveva dodici toni, e si tocca con le dita; e la kymbala era costituita di grandi e larghi piatti di bronzo. Di questo argomento per noi è detto abbastanza; quanto sopra è solo affinché i nostri lettori non siano completamente all'oscuro della loro natura.
Gli eroi più fedeli
Libro VII:307 - 4. Gli uomini che erano attorno al re erano tutti uomini valorosi, ma tra essi i più segnalati, illustri e famosi per le loro gesta erano trentotto; di questi io narrerò le gesta soltanto di cinque, essendo grandi a sufficienza da assoggettare una regione e conquistare grandi nazioni.
Libro VII:308 Il primo era Isebo, figlio di Achemaio, il quale più volte si lanciò nelle file del nemico e non desistette dalla lotta fino a quando non ne uccise novecento. Dopo di lui vi era Eleazar, figlio di Dodeio, che si trovava col re in Erosamo;
Libro VII:309 allorché gli Israeliti fuggivano terrorizzati davanti alla moltitudine dei Palestinesi, costui fu l'unico che non fuggì, ma si scagliò sul nemico e ne uccise così tanti che la spada, col loro sangue, si appiccicò alla sua mano destra, e, vedendo che i Palestinesi venivano messi in fuga da lui, gli Israeliti ritornarono in campo, li inseguirono e riportarono una vittoria meravigliosa e celebrata con Eleazar che uccideva e la moltitudine lo seguiva e spogliava i cadaveri.
Libro VII:310 Il terzo era un figlio di Elo, di nome Sabaia: in una battaglia contro i Palestinesi che si erano schierati in una località detta Siagon, gli Ebrei erano nuovamente spaventati davanti alla loro forza e non si sentivano saldi, ma egli si presentò al nemico come se fosse un esercito ben ordinato: alcuni di loro caddero, mentre gli altri che non potevano fare fronte al suo poderoso attacco, si volsero in fuga ed egli li inseguì.
Libro VII:311 Queste sono le valorose imprese belliche compiute dai tre. Nel tempo in cui il re era in Gerusalemme e i Palestinesi forzarono per combattere contro di lui, Davide salì sull'acropoli a interrogare Dio a proposito della guerra, come abbiamo già detto.
Libro VII:312 Mentre il nemico se ne stava accampato sul piano che si stendeva fino alla città di Bethlemme, che dista venti stadi da Gerusalemme, Davide disse ai suoi compagni: “Acqua buona ne abbiamo nel luogo in cui sono nato! Specialmente quella che è nella cisterna vicina alla porta”. E aggiunse: “se qualcuno me ne portasse da bere, mi farebbe cosa più gradita che se altri mi offrisse una grande quantità di denaro”.
Libro VII:313 Appena udirono queste parole, i tre uomini corsero subito e, facendosi largo nel campo nemico, giunsero a Bethlemme, attinsero l'acqua, e attraverso il campo nemico ritornarono dal re; i Palestinesi stupiti da tanta audacia e coraggio, rimasero immobili e non osarono avventurarsi ad attaccarli, pur disprezzando la loro pochezza.
Libro VII:314 Ma quando l'acqua fu portata al re, egli non volle berla, affermando che era stata portata col rischio e sangue di uomini, e per questo a lui non era lecito berla; perciò ne versò in libagione a Dio e Lo ringraziò per la salvezza dei suoi uomini.
Libro VII:315 Dopo questi (tre uomini) c'era il fratello di Joab, Abisai, che in un sol giorno uccise seicento nemici. Il quinto era Banaia, di stirpe sacerdotale; sfidato da due fratelli della regione dei Moabiti, li vinse con la sua prodezza; in un'altra occasione fu sfidato da un nativo d'Egitto di straordinaria statura; sebbene disarmato, lottò contro (lo sfidante) armato di lancia e lo uccise con la stessa sua lancia strappatagli di mano quando era ancora vivo e lottava, lo spogliò della sua armatura e lo finì con le sue armi.
Libro VII:316 Al precedente racconto delle sue gesta se ne può aggiungere un'altra (ancora) più grande, certo di non minor valore di queste. Una volta che Dio fece nevicare, un leone scivolò e cadde in una cisterna: siccome la bocca della cisterna era stretta, la bestia era chiaramente destinata a morire bloccata dalla neve: così, non scorgendo alcun modo da uscirne e mettersi in salvo, prese a ruggire.
Libro VII:317 Ma Banaia, che stava passando di lì, udì il chiasso della bestia, e, seguendo la direzione del suono, entrò nell'apertura della fossa e, lottando con la bestia, la colpì col bastone che portava in mano e l'uccise subito. Il resto (degli eroi) godeva di uguale valore.
Censimento e pestilenza
Libro VII:318 - XIII, I. - Il re Davide desiderava sapere quanto fosse il popolo: trascurando gli ordini di Mosè - che aveva prescritto che quando si dovesse censire la moltitudine, si doveva pagare a Dio mezzo siclo per ogni persona - diede ordine a Joab, comandante generale, di andare a censire tutta la moltitudine.
Libro VII:319 Questi gli rispose che non era necessario fare questo; ma lui non l'ascoltò, e gli ordinò di procedere senza indugi al censimento degli Ebrei. Joab prese dunque i capi delle tribù e gli scribi e girò per tutta la regione degli Israeliti e annotò quanta era la moltitudine; dopo nove mesi e venti giorni fece ritorno a Gerusalemme dal re e riferì al re il numero del popolo, a eccezione della tribù di Beniamino e della tribù dei Leviti,
Libro VII:320 che non aveva avuto tempo di censire, perché il re si era pentito di avere peccato contro Dio. Ora il numero degli altri Israeliti, capaci di portare le armi e di fare la guerra, era di novecentomila, e la tribù di Giuda, da sola, era di quattrocentomila.
Libro VII:321 - 2. I profeti informarono Davide che Dio era in collera con lui; ed egli si volse a supplicare e a domandargli di avere misericordia e perdonargli il suo peccato. Allora Dio gli inviò il profeta Gad a offrirgli di scegliere fra tre alternative, quella che giudicava migliore: poteva scegliere tra l'avvento di una carestia su tutta la regione per sette anni; o tre mesi di guerra contro i suoi nemici e subire una disfatta; o un morbo che colpisse gli Ebrei per tre giorni.
Libro VII:322 Davide, trovandosi nella difficile situazione di fare una scelta tra grandi mali, ne fu angosciato e grandemente turbato; ma il profeta gli disse che era inevitabile, e gli ordinò di dare presto una risposta di modo che potesse riferire la scelta a Dio: il re pensò che la scelta di una carestia avrebbe colpito gli altri, senza alcun pericolo per se stesso, in quanto disponeva di grande quantità di grano nei suoi granai, mentre gli altri sarebbero stati in grave difficoltà.
Libro VII:323 Se d'altra parte avesse scelto tre mesi di disfatta, essi avrebbero detto che aveva scelto la guerra perché disponeva attorno a sé di uomini coraggiosi e anche di fortificazioni, perciò non aveva nulla da temere. Così domandò una punizione che fosse comune al re e ai sudditi, una punizione nella quale vi fosse uguale motivo di paura, dicendo, prima di tutto, che era molto meglio cadere nelle mani di Dio che in quelle di un nemico.
Libro VII:324 - 3. Udita questa risposta, il profeta la riferì a Dio, il quale perciò mandò agli Ebrei morbo e pestilenza; essi morivano, ma non tutti nella stessa
maniera, sicché la malattia si potesse facilmente individuare; ma mentre dilagava un unico male, innumerevoli erano le cause, reali o apparenti, che non permettevano di individuarlo.
Libro VII:325 Morivano l'uno dopo l'altro: lo spaventoso morbo, venendo su di loro inavvertito, portava rapidamente la morte: chi improvvisamente in mezzo a terribili sofferenze e acuti dolori tirava l'ultimo respiro; chi era così devastato dal male che non restava più nulla per la sepoltura e nel corso stesso dell'infermità era interamente consunto;
Libro VII:326 altri erano soffocati mentre gemevano e improvvise tenebre cadevano sui loro occhi; altri ancora morivano nell'atto di seppellire uno della famiglia e l'interramento era lasciato incompleto. Da quando aveva iniziato a infierire la rovinosa pestilenza, che durò dal mattino fino a mezzogiorno, morirono settantamila persone.
Libro VII:327 L'angelo del Signore stese la sua mano anche sopra Gerusalemme e mandò la piaga anche su di essa. Il re si vestì di sacco, si prostrò a terra, innalzò suppliche a Dio pregandolo che ormai desistesse e si appagasse di coloro che erano già periti. Poi, sollevando lo sguardo per aria, il re vide l'angelo diretto a Gerusalemme con la spada sguainata: disse a Dio
Libro VII:328 che giustamente era da castigare il pastore, non il gregge che, non avendo commesso alcun peccato, era da salvare; e seguitava, pregando che sfogasse la collera su di lui e su tutta la sua famiglia e risparmiasse il popolo.
Libro VII:329 - 4. Dio esaudì la sua supplica e la pestilenza cessò; inviatogli il profeta Gad, ordinò a Davide di salire subito all'aia di Oronna il Gebuseo, di erigere quivi un altare a Dio e offrire un sacrificio; udito l'ordine, Davide non perse tempo, ma si affrettò immediatamente sul luogo che gli era stato indicato.
Davide acquista l'area del tempio
Libro VII:330 Ora Oronna stava trebbiando il grano, e quando vide il re che si avvicinava con tutti i suoi servi, gli corse incontro e si prostrò: era di stirpe Gebusea, ma uno dei migliori amici di Davide; e per questo non gli fece alcun male quando rovesciò la città, come ho riferito sopra.
Libro VII:331 Allorché Oronna domandò perché mai il suo padrone era venuto dal suo servo, rispose che era per comprare l'aia da lui, per innalzare un altare a
Dio e offrire un sacrificio; egli rispose che gli concedeva “l'aia, l'aratro e i buoi per l'olocausto e pregò Dio di volere gradire il sacrificio”.
Libro VII:332 Il re gli disse che amava la sua liberalità e grandezza d'animo, e accettava i suoi gentili doni, ma richiedeva che prendesse il prezzo di tutto, perché per nessuno è giusto offrire un sacrificio che non gli costa nulla. Quando Oronna gli disse che poteva fare come gradiva, egli comprò l'aia per cinquanta sicli:
Libro VII:333 innalzò l'altare e officiò i riti sacri: offrì gli olocausti e i sacrifici pacifici; con essi Dio si riconciliò e divenne nuovamente benevolo. Fu a questo luogo che Abramo era salito conducendo il figlio Isacco per offrirlo in olocausto, e mentre stava per uccidere il figlio, apparve improvvisamente un montone a lato dell'altare, che Abramo sacrificò al posto del figlio, come abbiamo detto innanzi.
Libro VII:334 Davide allora, visto che Dio aveva ascoltato ed esaudito la sua preghiera e accolto con favore il sacrificio, decise che tutto quel luogo dovesse chiamarsi “altare di tutto il popolo”, e di erigere un tempio a Dio. E non fu invano che pronunciò questa parola, ma presagì quello che in seguito sarebbe avvenuto: Dio, infatti, gli mandò un profeta a dirgli che in quel luogo sarebbe stato eretto un tempio, dal figlio che gli succederà sul trono.
Inizio dei preparativi. Scelta di Salomone
Libro VII:335 - XIV, I. - Dopo questa profezia, il re ordinò il censimento dei forestieri, e si trovò che erano centottantamila. Di questi ne assegnò ottomila a tagliare la pietra; e gli altri li assegnò a portare le pietre; e tremilacinquecento di essi a sovraintendere agli operai. Preparò pure una grande quantità di ferro e bronzo per le opere e legname di cedro in grande quantità, inviatogli dai Tirii e dai Sidoni, ai quali aveva ordinato la provvista del legno.
Libro VII:336 Ai suoi amici aveva detto che ora stava preparando queste cose allo scopo di lasciare i materiali pronti per la costruzione del tempio, dato che suo figlio era destinato a succedergli sul trono, e non avrebbe avuto così da procurarli mentre era, per l'età, ancora giovane e inesperto; in tal modo li avrebbe pronti, a sua disposizione, per portare l'opera a compimento.
Libro VII:337 - 2. - Poi chiamò il figlio Salomone e gli ordinò che, succedutogli sul trono, erigesse il tempio a Dio, aggiungendo che avrebbe voluto erigerlo lui,
ma Dio glielo aveva impedito perché era macchiato dal sangue sparso in guerra; gli aveva predetto che il suo figlio più giovane, Salomone, che così si doveva chiamare, Gli avrebbe eretto il tempio e aveva promesso di vegliare su di lui come un padre, di addurre durante il suo regno prosperità sulla regione degli Ebrei e, tra l’altro, con la più grande di tutte le benedizioni, cioè la pace, l'assenza dalle guerre e da civili discordie.
Libro VII:338 “Tu, dunque, gli disse, prima ancora di nascere fosti scelto da Dio a essere re, studiati di dimostrarti degno della Sua provvidenza con la giustizia, con la pietà e con il valore. Osserva i precetti e le leggi che Egli ha dato per mezzo di Mosè e non acconsentire che altri le trasgrediscano”.
Libro VII:339 “Il tempio che Egli ha stabilito Gli sia eretto durante il tuo regno, abbi cura di portarlo a compimento per Dio; non ti spaventi la grandezza dell'opera, né stancarti per esso, perché ogni cosa sarà preparata prima della mia morte.
Libro VII:340 Tu conosci i diecimila talenti d'oro, i centomila talenti d'argento che io ho già radunato e che ho messo assieme bronzo e ferro in quantità maggiore di quella che si può contare, legno e pietra in numero illimitato; tu inoltre hai pure molte migliaia di scalpellini e fabbri; e per qualsiasi altra cosa necessaria provvederai tu stesso. Sii dunque eccellente, avendo Dio come tuo protettore”.
Libro VII:341 Esortò anche i capi del popolo ad assistere suo figlio nella costruzione, e senza la paura di malanni, si dedicassero interamente al servizio di Dio, affermando che a ricompensa di questo riceveranno pace e ordine con i quali Dio ripaga gli uomini pii e giusti.
Libro VII:342 Ordinò che una volta eretto il tempio, vi ponesse dentro l'arca e i vasi sacri; e disse che molto prima avrebbero dovuto avere un tempio, se i nostri padri non avessero disobbedito al comando di Dio di erigergli un tempio, dopo avere preso possesso della terra. Tali furono le parole che Davide rivolse ai capi e a suo figlio.
Davide vecchio. Cospirazione di Adonia
Libro VII:343 - 3. Divenuto ormai vecchio, il suo corpo, a motivo dell'età, divenne così freddo e intirizzito che non poteva riscaldarsi neppure coprendosi con molte sovraccoperte. Allora i medici si radunarono a consulto e decisero che
da tutta la regione si scegliesse la vergine più avvenente affinché dormisse con il re, e il calore della fanciulla sarebbe stato il rimedio contro il freddo.
Libro VII:344 E nella città di Shunem si trovò una donna la cui avvenenza sorpassava quella di tutte le altre donne: il suo nome era Abisake. Ma ella dormiva semplicemente col re, nello stesso letto e gli teneva caldo; data la sua età, egli era troppo debole per il piacere sessuale o per avere relazione con lei. Di questa vergine parleremo di qui a poco.
Libro VII:345 - 4. Il quarto figlio di Davide, un giovane alto e gentile natogli da sua moglie Aghithe, di nome Adonia, aveva pensieri simili a quelli di Assalonne e, aspirando a essere re, disse agli amici che a lui spettava la successione al comando. E così si procacciò molti carri e cavalli e cinquanta uomini che andassero davanti a lui.
Libro VII:346 Vedendo queste cose, suo padre non lo redarguì né lo trattenne dai suoi disegni, e neppure gli domandò perché mai faceva tali cose. Adonia aveva come complici il comandante generale Joab e il sommo sacerdote Abiathar; gli erano contrari il sommo sacerdote Sadoc, il profeta Nathan, Banaia, capo delle guardie del corpo, l'amico di Davide, Sumuei, e tutti i più coraggiosi guerrieri.
Libro VII:347 Adonia preparò una cena fuori città presso la fonte che è nel giardino reale, e invitò tutti i suoi fratelli eccetto Salomone; prese con sé anche il comandante Joab, il sommo sacerdote Abiathar e i capi della tribù di Giuda, ma alla festa non invitò né il sommo sacerdote Sadoc, né il profeta Nathan, né il capo della guardia del corpo Banaia, né alcuno del partito opposto.
Libro VII:348 Il profeta Nathan riferì queste cose alla madre di Salomone, Bersabe, dicendole che Adonia era re, e Davide non lo sapeva; contemporaneamente le disse di salvare se stessa e suo figlio Salomone, andando a dire a Davide che, nonostante il giuramento fatto che dopo la sua morte sarebbe stato re Salomone, Adonia si era arrogato lo scettro reale.
Libro VII:349 Il profeta le disse che mentre ella parlava al re in tale modo, sarebbe sopraggiunto egli stesso e avrebbe confermato le sue parole. Bersabe seguì il suggerimento di Nathan e andò dal re; eseguita la prostrazione, domandò il permesso di parlare: gli raccontò tutto quanto le aveva suggerito il profeta,
Libro VII:350 parlandogli della cena di Adonia e degli ospiti che aveva invitato, menzionando anche il sommo sacerdote Abiathar, Joab, il comandante generale, e i figli del re a eccezione di Salomone e i suoi più intimi amici; aggiunse che tutto il popolo era in attesa di chi avrebbe scelto come re, e lo pregò di considerare che, se dopo la sua morte fosse divenuto re Adonia, egli avrebbe ucciso lei e suo figlio Salomone.
Libro VII:351 - 5. Sua moglie stava ancora parlando, quando i custodi della camera annunziarono che Nathan desiderava vederlo; e quando il re ordinò di introdurlo, egli entrò e interrogò Davide se in quello stesso giorno avesse dichiarato re Adonia e ceduto a lui il potere reale;
Libro VII:352 poiché, disse, ha bandito un solenne banchetto, ha invitato tutti i figli del re, fuorché Salomone; costoro e il comandante generale Joab, fanno festa con battimani e molti festini, augurando lungo regno ad Adonia; “ma, aggiunse, non invitò me, né il sommo sacerdote Sadoc, né Banaia, capo delle guardie del corpo: è ben dunque ragionevole che da tutti si sappia se questo fu fatto col tuo consenso”.
Libro VII:353 Quando Nathan ebbe finito di parlare, il re ordinò che si convocasse Bersabe, si era infatti ritirata all'arrivo del profeta; quando sua moglie fu presente, egli disse: “Ti giuro, per Dio onnipotente che tuo figlio Salomone sarà sicuramente re, come ho giurato innanzi, e che egli siederà sul mio trono, e questo avverrà oggi stesso”.
Libro VII:354 Lei gli fece un profondo inchino e gli augurò lunga vita. Il re convocò il sommo sacerdote Sadoc, e Banaia, capo delle guardie del corpo; quando giunsero, egli ordinò che prendessero con sé il profeta Nathan, e i soldati di corte;
Libro VII:355 e messo suo figlio Salomone sopra la mula reale, ordinò di condurlo fuori della città alla fonte chiamata di Gheion, ungerlo con l'olio sacro, e proclamarlo re. Egli ordinò questo al sommo sacerdote Sadoc e al profeta Nathan.
Libro VII:356 Ordinò ancora a essi di accompagnarlo in mezzo alla città suonando i corni e gridando: “Sieda il re Salomone sul trono reale per sempre” affinché tutto il popolo sapesse che era stato dichiarato re da suo padre. Egli diede poi istruzioni a Salomone a proposito del regno affinché potesse governare con pietà e giustizia su tutta la nazione degli Ebrei e sulla tribù di Giuda.
Libro VII:357 Dopo che Banaia ebbe pregato Dio affinché fosse propizio a Salomone, senza indugiare un momento, fecero salire Salomone sulla mula, lo scortarono alla fonte fuori della città, e lo unsero con l'olio; poi l'introdussero in città accompagnandolo con acclamazioni e preghiere di lungo regno;
Libro VII:358 condottolo nel palazzo reale, lo fecero sedere sul trono. E tutto il popolo si diede a festeggiamenti, a giochi festosi con danze e musiche di molti strumenti il cui suono faceva risuonare tutta la terra e si diffondeva nell'aria.
Libro VII:359 - 6. Allorché Adonia e i presenti alla cena udirono questo schiamazzo, rimasero confusi: il comandante affermò di essere inquieto per quel fracasso e suono delle trombe; e mentre aveva davanti la cena, di cui nessuno gustò - ognuno era preoccupato con i propri pensieri -, giunse da loro, correndo, Gionata, figlio del sommo sacerdote Abiathar.
Libro VII:360 Alla vista del giovane, Adonia fu molto contento e lo chiamò messaggero di buone nuove; ma quando egli narrò a tutti, ciò che riguardava Salomone e la decisione del re Davide, Adonia e tutti gli invitati balzarono su dal simposio e fuggirono ognuno a casa propria.
Libro VII:361 Adonia, temendo lo sdegno del re per quello che aveva fatto, divenne supplice verso Dio e si attaccò ai corni dell'altare, cioè alle sue sporgenze; questo atto fu riferito a Salomone, insieme alla domanda della promessa di non portargli rancore e di non fargli alcun male;
Libro VII:362 ed egli con molta moderazione e prudenza, gli perdonò - per questa volta - la sua mancanza, ma gli disse che qualora compisse un'altra volta un tentativo di rivolta, sarebbe causa del suo proprio castigo; e mandò a trarlo dal suo posto nel santuario; quando gli venne davanti e compì la prostrazione, gli ordinò di ritornarsene a casa sua senza alcun timore, e di comportarsi in avvenire da uomo dabbene; che sarebbe tornato a suo vantaggio.
Libro VII:363 - 7. Volendo designare suo figlio re sopra tutto il popolo, Davide radunò a Gerusalemme i capi, i sacerdoti e i Leviti: anzitutto contò questi, e constatò che vi erano trentottomila fra i trenta e i cinquanta anni.
Libro VII:364 Ventiquattromila di costoro li designò a sovraintendere la costruzione del tempio, seimila come giudici del popolo e come scribi, quattromila come uscieri, e un eguale numero a cantare lodi a Dio con l'accompagnamento degli strumenti preparati da Davide, come abbiamo detto sopra.
Libro VII:365 Poi li divise in famiglie e, separati i sacerdoti dal resto della tribù trovò che di questi ce n'erano ventiquattro famiglie, sedici discendenti dalla casa di Eleazaro, e otto dalla casa di Ithamar; stabilì che ogni famiglia prestasse servizio a Dio per otto giorni, da sabato a sabato.
Libro VII:366 Ora questo è il modo in cui le famiglie furono tratte a sorte alla presenza di Davide e dei sommi sacerdoti Sadoc e Abiathar, e di tutti i capi: la famiglia tratta per prima fu iscritta a servire per prima, per la seconda fece allo stesso modo, e così fino alla ventiquattresima; questa designazione si è mantenuta fino al giorno d'oggi.
Libro VII:367 Egli divise anche la tribù di Levi in ventiquattro parti, che furono ordinate seguendo l'estrazione a sorte, e assegnando a ciascuna otto giorni, allo stesso modo dei servizi sacerdotali. Onorò poi i discendenti di Mosè facendoli custodi del tesoro di Dio e delle offerte come quelle fatte dai re. Stabilì inoltre che tutti quelli della tribù dei Leviti e i sacerdoti fossero al servizio di Dio notte e giorno come aveva ordinato loro Mosè.
L'esercito e le tribù
Libro VII:368 - 8. In seguito divise l'esercito in dodici parti con i suoi generali, centurioni e gradi inferiori; ognuna delle parti aveva ventiquattromila persone alle quali impose di essere agli ordini del re Salomone per trenta giorni alla volta, dal primo giorno del mese fino all'ultimo, con i propri chiliarchi e capitani.
Libro VII:369 Designò anche i capi di ogni parte, persone che sapeva essere valorose e giuste; fece di altri i custodi dei tesori, dei villaggi, dei campi e del bestiame, ma non ritengo necessario ricordarne i nomi.
Parole di Davide ai capi tribù e all'erede
Libro VII:370 - 9. Dopo avere sistemato ognuno secondo il modo detto, convocò un'assemblea dei capi degli Ebrei: i capi tribù, i capi delle divisioni (militari) e quanti avevano la direzione di qualche affare o proprietà del re; salito poi su un'alta tribuna, il re si indirizzò così alla moltitudine:
Libro VII:371 “Fratelli e connazionali, voglio che sappiate che, avendo l'intenzione di erigere un tempio a Dio, ho raccolto una grande quantità di oro e
centomila talenti di argento; ma per mezzo del profeta Nathan, Dio mi ha trattenuto dal procedere oltre a motivo delle guerre che ho combattuto per voi: le mie mani sono macchiate del sangue dei nemici, ma Egli ordinò che sia mio figlio, quello che mi succederà sul trono, a edificarGli il tempio.
Libro VII:372 Ora, siccome i figli del nostro progenitore furono dodici, e Giuda - come sapete - fu designato re, e siccome di sei fratelli che eravamo, io fui il preferito e ricevetti da Dio la sovranità e nessuno di loro se ne lamentò, così anch'io giudico opportuno che i miei figli si astengano da innalzarsi discordi l'uno contro l'altro, ora che Salomone ha ricevuto il regno, ma riconoscano che Dio ha scelto lui e con gioia lo accolgano come loro padrone.
Libro VII:373 Poiché, se non è grave cosa servire un padrone straniero, se tale è la volontà di Dio, c'è da rallegrarsi se tale onore va a un fratello, in quanto ne sono partecipi. Io prego, dunque, che si adempino le promesse di Dio e che la prosperità da Lui promessa sotto il regno di Salomone si estenda su tutta la regione e continui con esso per ogni tempo.
Libro VII:374 Questi saranno beni duraturi e tutto avrà buon fine, se tu, mio figlio, ti mostrerai pio e giusto, e osserverai le leggi dei padri. In caso contrario, se tu le trasgredirai, ti aspetta un cattivo destino”.
Davide per la erezione del tempio
Libro VII:375 - 10. Dopo queste parole, il re si fermò; poi sotto lo sguardo di tutti, diede a Salomone il disegno e la divisione della costruzione del tempio, le fondamenta, le camere e le stanze superiori, con l'indicazione dell'altezza e della larghezza e anche la determinazione del peso dei vasi d'oro e d'argento;
Libro VII:376 lo esortò a dimostrare il più grande zelo nel lavoro; esortò anche i capi e la tribù dei Leviti ad assisterlo a motivo dell'età e perché Dio l'aveva scelto per l'edificazione del tempio e a presiedere il regno.
Libro VII:377 Dichiarò che l'edificazione sarebbe stata facile e non avrebbe comportato molta difficoltà per loro, perché egli aveva già assicurato molti talenti d'oro e più ancora di argento, e legname, e gran numero di carpentieri e scalpellini, e ancora smeraldi e pietre preziose di ogni genere.
Libro VII:378 E ora, aggiunse, avrebbe dato ancora dal proprio erario tremila talenti d'oro puro per il Santo dei santi, per il carro di Dio e per i Cherubini che
si dovevano porre sopra l'arca. Quando Davide tacque, i capi e i sacerdoti e la tribù di Levi mostrarono grande premura nel contribuire e nel compiere offerte di splendidi e magnifici doni;
Libro VII:379 si obbligarono a contribuire con cinquemila talenti e diecimila statere d'oro, diecimila talenti d'argento e molte decine di migliaia di talenti di ferro; e chiunque aveva pietre preziose, le portava e le dava al tesoro, del quale era custode Jalo, discendente di Mosè.
Preghiera per la nozione e per l'erede
Libro VII:380 - 11. Tutto il popolo fu lieto di questo e Davide, vedendo la prontezza e l'ardore dei capi, dei sacerdoti e di tutti gli altri, iniziò a benedire Dio a gran voce, rivolgendosi a Lui come Padre e principio dell'universo, come creatore e demiurgo dell'umano e del divino col quale adornò se stesso, e come protettore e custode della stirpe degli Ebrei, e della prosperità del regno che gli aveva dato.
Libro VII:381 Dopo questo pregò per la felicità di tutto il popolo e affinché suo figlio Salomone potesse avere una mente sana e retta, fornito di tutte le qualità virtuose; e poi ordinò che anche tutta la moltitudine benedicesse Dio. Ed essi, prostrati a terra, adorarono; e anch'essi ringraziarono Davide di tutte le benedizioni di cui avevano goduto sotto il suo regno.
Libro VII:382 Il giorno appresso offrirono in sacrificio a Dio mille vitelli e altrettanti montoni e migliaia di agnelli come olocausto; fecero inoltre sacrifici pacifici e uccisero molte decine di migliaia di vittime. E per tutto quel giorno il re fece festa con tutto il popolo, e per la seconda volta unsero con olio Salomone e lo proclamarono re, con Sadoc sommo sacerdote, di tutta la moltitudine. Condussero poi Salomone al palazzo, sedette sul trono di suo padre e da quel giorno in poi obbedirono a lui.
Ultimi avvertimento al figlio e morte di Davide
Libro VII:383 - XV, I. - Di lì a poco, Davide cadde infermo a motivo della sua vecchiaia e, sentendo di essere lì lì per morire, chiamò il figlio Salomone e gli parlò nel modo seguente: “Mio figlio, io me ne vado, debbo andarmene dai miei padri, e percorrere la strada comune a tutti quanti ora vivono e quanti in futuro saranno, vado là donde nessuno fece mai ritorno per conoscere che cosa accade tra i viventi.
Libro VII:384 Perciò mentre sono ancora vivo, sebbene ormai vicino alla fine, nello stesso modo in cui ti consigliavo prima, ti esorto, ad essere giusto verso i sudditi e pio verso Dio che ti diede la regalità; osserva i Suoi precetti e le leggi che Egli ci ha inviato per mezzo di Mosè: non te ne trattengano mai favori o adulazioni o cupidigia o altra passione.
Libro VII:385 Perderesti la benevolenza di Dio verso di te, trasgredendo qualcuna delle Sue leggi e cambieresti la Sua benevolenza in ostile inimicizia ma se dimostri di essere come devi, e come io ti esorto di essere, renderai stabile il regno per la nostra stirpe e nessun'altra casa dominerà mai sugli Ebrei.
Libro VII:386 Ricordati di Joab, il comandante generale, che per invidia uccise due generali giusti e ottimi, Abenner, figlio di Ner e Amasa, figlio di Jethra, e vendica la loro morte nel modo che tu giudicherai migliore; Joab è più forte e potente di me e per questo finora è sfuggito alla giustizia.
Libro VII:387 Ti raccomando invece i figli di Berzelo il Galaadite, ai quali tu dovrai ogni onore e dei quali avrai cura, e così mi compiacerai: in queste cose, noi non siamo i primi a dimostrare gentilezza, bensì ripaghiamo il debito che abbiamo verso di loro per l'aiuto prestatomi dal loro padre durante la mia fuga.
Libro VII:388 Quanto a Sumui, figlio di Gera, della tribù di Beniamino, che mi ha caricato di molte villanie durante la mia fuga sulla via verso i Campi, e poi quando mi venne incontro al Giordano ebbe allora la promessa che non gliene verrebbe alcun male, cerca ora una motivazione ragionevole per punirlo”.
Libro VII:389 - 2. Con queste raccomandazioni a suo figlio concernenti tutti gli affari, gli amici, e coloro che sapeva meritevoli di castigo, Davide morì all'età di anni settanta, dopo avere regnato sette anni e sei mesi in Ebron, sopra la tribù di Giuda, e trentatré anni in Gerusalemme sopra tutto il Paese.
Libro VII:390 Fu un uomo eccellente dotato di ogni virtù che dovrebbe trovarsi in un re al quale fu affidata la salvezza di tante genti; non ce n'era alcuno valoroso come lui per coraggio, nelle battaglie combattute in favore dei suoi sudditi egli affrontava il pericolo per primo, animava i suoi soldati contro le linee opposte con le proprie fatiche, non col comando come fanno i despoti.
Libro VII:391 Era anche molto abile nell'intuire e nel comprendere il corso futuro degli eventi, e nel regolare le situazioni presenti; era prudente, dolce, gentile con quelli che erano in difficoltà, giusto e umano, qualità che si attendono
soltanto dai più grandi re. E con una così grande misura di potere, non cadde mai in fallo, eccetto a proposito della moglie di Uriah. Perciò lasciò dietro di sé così tanta ricchezza quale non fu mai di alcun altro re, sia tra gli Ebrei, sia tra le altre nazioni.
Libro VII:392 - 3. Suo figlio Salomone lo seppellì in Gerusalemme con tutta la magnificenza dei funerali reali; sotterrò con lui molta e abbondante ricchezza, la cui quantità si può desumere facilmente da quanto sto per riferire:
Libro VII:393 dopo un periodo di mille e trecento anni, allorché Ircano, sommo sacerdote, fu assediato da Antioco, soprannominato Eusebes, figlio di Demetrio, volle dargli del denaro affinché togliesse l'assedio e togliesse l'esercito, non avendo altra risorsa, aprì una delle cere della tomba di Davide e prelevò tremila talenti, e ne diede una parte ad Antioco: così ebbe fine l'assedio, come altrove abbiamo riferito.
Libro VII:394 Dopo l'intervallo di molti anni, re Erode aprì nuovamente un'altra cena e portò via una grande somma di denaro. Nessuno di loro, tuttavia, giunse fino alle casse dei re poiché erano state abilmente sepolte in terra in modo che non potevano essere viste da alcuno che entrasse nella tomba. Ma di queste cose a noi basta quanto riferito.