Libro X°
Campagna di Senacherimo
Libro X:1 - I, I. - Ezechia, re delle due tribù, era sul trono da quattordici anni, quando il re d'Assiria, di nome Senacherimo, marciò contro di lui con un grande esercito e prese d'assalto tutte le città delle tribù di Giuda e Beniamino.
Libro X:2 Stava già per condurre il suo esercito anche su Gerusalemme, ma prima che realizzasse questo, Ezechia gli inviò un'ambasciata con la promessa di sottomettersi a lui e pagare qualsiasi tributo gli avesse imposto. Quando Senacherimo sentì quanto gli dissero gli ambasciatori, decise di non proseguire la guerra, ma accolse la supplica: con la condizione che gli fossero dati trecento talenti d'argento e trenta d'oro, acconsentì ad allontanarsi di là amichevolmente e giurò agli ambasciatori che non avrebbe fatto loro alcun male, e si sarebbe ritirato a quelle condizioni.
Libro X:3 Così Ezechia credette a questa offerta, vuotò i tesori e gli mandò il denaro pensando che si sarebbe liberato dalla guerra e dal pericolo per il suo trono.
Libro X:4 Ma l'Assiro, ricevuto il denaro, non si curò dell'accordo che aveva fatto: e mentre in persona diresse la campagna contro gli Egiziani e gli Etiopi, lasciò il suo generale Rapsake con molta milizia e ancora due altri ufficiali comandasti saccheggiare Gerusalemme. I nomi di questi due erano Tharata Arachari.
Libro X:5 - 2. Quando giunsero, si accamparono davanti alle mura e mandarono a invitare Ezechia a parlamentare con loro. Ezechia, però, per pusillanimità, non volle uscire, e al suo posto mandò tre dei suoi più intimi amici: il governatore del regno di nome Eliakia, Sanunaio, e Joacho che aveva l'ufficio di cancelliere.
Libro X:6 Questi dunque andarono avanti e si fermarono davanti ai comandanti dell'esercito assiro; non appena li vide il generale Rapsake disse loro di tornarsene indietro da Ezechia e dirgli che il grande re Senacherimo desiderava sapere da lui su chi poneva la sua fiducia da ardire di non volerlo come suo padrone, gli negava di ascoltarlo, e non voleva accogliere in Città il suo esercito. Era forse, domandò, a causa degli Egiziani e nella speranza che l'esercito assiro fosse da loro vinto?
Libro X:7 Se la sua fiducia poggiava su di questo, egli era veramente folle come un uomo che si appoggia sopra una canna fessa che, oltre a farlo cadere, gli
trafigge la mano e ne sente il dolore. Disse ancora che essi dovevano sapere che per il volere del Dio che gli aveva concesso di rovesciare anche il regno degli Israeliti, aveva compiuto la presente spedizione contro Ezechia affinché nello stesso modo potesse eliminare i suoi sudditi.
Libro X:8 Siccome Rapsake pronunciò queste parole in ebraico, lingua che gli era familiare, Ehakia temette che il popolo le comprendesse e ne fosse costernato; chiese perciò che parlasse in aramaico, ma il generale, avvenutosi del sospetto e della paura che lo aveva colto, alzò ancor più la voce; e in maniera ancora più chiara e penetrante replicò affermando di parlargli in ebraico “affinché tutti possano udire gli ordini del re e scegliere il proprio tornaconto arrendendosi a noi.
Libro X:9 Essendo chiaro che voi e il re state illudendo il popolo per persuaderlo a resistere, con vane speranze. Tuttavia, se siete fiduciosi e pensate di potere respingere la nostra forza, io sono pronto a procurarvi duemila cavalli che sono con me, affinché voi li possiate far montare da altrettanti cavalieri, dimostrando così la vostra forza. Ma voi non potete fornire i cavalieri, che non avete.
Libro X:10 Perché, dunque, esitate ad arrendervi a chi è più forte di voi e, vostro malgrado, vi avrà nelle sue mani? Una resa spontanea sarà la vostra salvezza, mentre il farlo obbligatoriamente dopo la disfatta, sarà per voi pericoloso e la causa di sfortune”.
Oracolo del profeta Isaia
Libro X:11 - 3. Quando il popolo e gli ambasciatori udirono queste parole del generale assiro, le riferirono a Ezechia; egli allora si tolse il manto reale, si vestì di sacco e assunse un comportamento dimesso; in seguito si gettò con la faccia a terra secondo l'uso della sua patria, supplicando e scongiurando Dio di porgergli aiuto poiché non vedeva salvezza senza di Lui.
Libro X:12 Mandò poi alcuni dei suoi amici e dei sacerdoti al profeta Isaia per domandargli di pregare Dio e, dopo l'offerta di sacrifici per la comune salvezza, supplicarlo di manifestare la Sua collera verso le speranze del nemico, e di avere pietà del Suo popolo.
Libro X:13 Compiute queste cose, il profeta ricevette da Dio un oracolo, incoraggiò il re e gli amici che erano con lui e predisse che i nemici si sarebbero
ritirati vergognosamente senza combattere privi della baldanza che ora ostentavano,
Libro X:14 poiché avrebbe pensato Dio al modo di sterminarli; predisse pure che Senacherimo, re dell'Assiria, non sarebbe riuscito nella lotta contro l'Egitto e sarebbe perito di spada al ritorno nella sua terra.
Lettera del re assiro a Ezechiele
Libro X:15 - 4. Ora avvenne che intorno allo stesso tempo il re d'Assiria scrisse una lettera a Ezechia, nella quale affermava essere follia pensare di potere sfuggire alla sua servitù, lui che aveva sottomesso molte grandi nazioni, una volta catturato, minacciava una strage totale, qualora non gli avesse aperto spontaneamente le porte e introdotto il suo esercito in Gerusalemme.
Libro X:16 Lette queste parole, Ezechia non se ne diede pensiero a motivo della fiducia ispiratagli da Dio: piegò la lettera e la ripose nel tempio. Allorché innalzò una seconda preghiera a Dio in favore della Città e della salvezza di tutti, il profeta Isaia gli disse che Egli aveva esaudito la sua preghiera e che, al presente, la Città non sarebbe assediata dall'Assiro, mentre, in futuro, i suoi sudditi immuni da qualsiasi preoccupazione, avrebbero coltivato in pace la terra e senza alcun timore avrebbero guardato i propri interessi.
Sfortunata campagna contro l'Egitto
Libro X:17 Poco dopo questo, l'attacco del re d'Assiria contro l'Egitto fallì ed egli ritornò a casa senza avere compiuto nulla per il presente motivo. Trascorso molto tempo nell'assedio di Pelusio, i terrapieni fatti innalzare contro le mura avevano ormai raggiunto un'altezza considerevole ed egli si trovava già sul punto di dare l'assalto, quando seppe che Tharsike, re degli Etiopi, stava venendo in aiuto agli Egiziani con una forza considerevole e aveva deciso di prendere la via del deserto e assalire d'improvviso gli Assiri.
Libro X:18 Allarmato da queste notizie, il re Senacherimo abbandonò il Pelusio, come disse, senza fare nulla. A proposito di questo Senacherimo, nel secondo libro delle sue Storie, anche Erodoto ci dice che questo re andò contro il re d'Egitto, che era un sacerdote di Hefesto, e assediò Pelusio, ma poi abbandonò l'assedio, per il seguente motivo: il re degli Egiziani supplicò Dio, e Dio esaudì la sua preghiera e lo visitò con un flagello mandandogli contro il re arabo,
Libro X:19 e in questo punto sbaglia chiamando re degli Arabi invece che re degli Assiri - dice, infatti, che in una notte un esercito di sorci divorò agli Assiri gli archi e il resto delle armi; e il re, non avendo più archi, ritirò il suo esercito dal Pelusio.
Libro X:20 Questo è il racconto di Erodoto. Beroso, invece, che scrisse la Storia Caldaica , parla di Senacherimo e dice come abbia regnato sugli Assiri e diretto una spedizione contro tutta l'Asia e l'Egitto; scrive come segue.
Libro X:21 - 5. Ritornato a Gerusalemme dalla sua guerra con l'Egitto, trovò che il suo esercito affidato al comando di Rapsake era in grave pericolo, avendolo Dio visitato con una grave pestilenza, e nella prima notte dell'assedio erano periti centottantacinquemila uomini con i loro comandanti e ufficiali.
Libro X:22 Questa calamità lo gettò in uno stato di allarme e terribile ansietà; temendo che la stessa sorte toccasse a tutto l'esercito, fuggì col resto delle sue forze nella metropoli del suo regno chiamata Nino.
Libro X:23 E, fermatosi quivi per breve tempo, fu proditoriamente assalito dai suoi figli maggiori Andromacho e Seleucaro, e così morì: fu posto a giacere nel suo proprio tempio, detto Araske. Quei due, in seguito, furono mandati dai cittadini in esilio per l'assassinio del padre, e si rifugiarono in Armenia. Gli succedette sul trono Asarchodda, il quale non si curò dei diritti dei figli di Senacherimo. Così andò a finire la spedizione assira contro Gerusalemme.
Malattia di Ezechia
Libro X:24 - II, I. - Liberato miracolosamente dalla disgrazia che temeva, il re Ezechia, unito a tutto il popolo, offrì sacrifici di ringraziamento a Dio per la distruzione di parte dei nemici e l'allontanamento degli altri da Gerusalemme dovuto a nessun'altra motivazione all'infuori del soccorso di Dio, loro alleato.
Libro X:25 Sebbene dimostrasse fervore e devozione al culto divino, una grave malattia lo colpì, e i medici avevano perso per lui ogni speranza; i suoi amici ormai non si attendevano un miglioramento della sua condizione. La malattia era aggravata da una spaventosa disperazione del re che pensava alla sua mancanza di figli e all'eventualità di morire lasciando la sua casa e il suo regno sprovvisto di un legittimo successore.
Libro X:26 Così, sofferente in modo singolare per questo pensiero, si doleva e supplicava Dio di concedergli di vivere ancora un pò di tempo, affinché potesse avere dei figli, e non partire da questa vita prima di essere padre.
Libro X:27 Dio allora ebbe pietà di lui e accolse la sua supplica, giacché si lamentava non della morte della quale aveva il presentimento, ma Gli chiedeva di concedergli di vivere ancora un poco , non perché era in procinto di essere privato dei beni del regno, ma perché desiderava avere dei figli che gli succedessero nel regno: così Egli mandò il profeta Isaia a informare il re che entro tre giorni sarebbe stato liberato della sua malattia e sarebbe vissuto ancora quindici anni e avrebbe avuto due figli.
Libro X:28 Quando il profeta di Dio gli comunicò queste cose, egli non voleva credere sia per la gravità della malattia sia perché le notizie comunicategli oltrepassavano ogni aspettativa; così domandò a Isaia di offrirgli un segno o prodigio affinché potesse credergli nelle cose che gli aveva detto, come a uno che veniva da parte di Dio. E infatti, disse, le cose che sono al di là della nostra credenza e delle nostre speranze, diventano credibili per mezzo di atti della stessa natura.
Libro X:29 Allorché il profeta l'interrogò qual segno desiderava, egli domandò che il sole che, volgendo al tramonto aveva già proiettato l'ombra sulla casa di dieci gradini, facesse ritorno allo stesso luogo di prima. E quando il profeta supplicò Dio di mostrare questo segno al re, egli vide quanto desiderava; e subito fu liberato dalla sua malattia. In seguito salì al tempio, si prostrò davanti a Dio e Gli innalzò preghiere.
Il re di Babilonia invia doni a Ezechia invitandolo
Ad allearsi con lui
Libro X:30 - 2. Ora avvenne in questo tempo che l'impero degli Assiri fu distrutto dai Medi, ma di questo io parlerò in un altro luogo. Intanto il re dei Babilonesi, chiamato Balada, inviò ambasciatori a portare doni ad Ezechia, invitandolo ad allearsi con lui e diventare suo amico.
Libro X:31 Egli accolse con gioia gli ambasciatori e li festeggiò; mostrò loro anche i suoi tesori, le sue armerie e la sua ricchezza, tutto quello che aveva in pietre preziose e oro. Affidò loro dei doni da portare a Balada, e li congedò!
Isaia predice l'esilio babilonese
Libro X:32 Il profeta Isaia andò da lui e lo interrogò d'onde venivano quegli ospiti: da Babilonia, rispose, mandati dal loro padrone; ed egli aveva mostrato loro ogni cosa affinché, vedutene le ricchezze, argomentassero sulla sua potenza e la riferissero al loro re.
Libro X:33 Ma il profeta replicò: “Sappi che tra breve queste tue ricchezze saranno trasferite in Babilonia e i tuoi posteri saranno fatti eunuchi e, perduta la loro virilità, saranno servi del re di Babilonia”. Poiché, disse, Dio aveva preannunziato queste cose.
Libro X:34 Addolorato, alle sue parole, Ezechia disse che non avrebbe voluto che la sua nazione incontrasse sfortune di questo genere, ma, non essendo possibile cambiare i decreti di Dio, pregava che durante il periodo della sua vita vi fosse pace. Anche Beroso parla di Balada, re di Babilonia.
Libro X:35 Il profeta, siccome era certo di essere un uomo di Dio e possedere la verità in modo meraviglioso, conscio di non avere mai detto cose false, scrisse in libri tutto quanto aveva preannunziato e li lasciò ai suoi posteri affinché ne constatassero la verità nei secoli futuri. E non solo questo profeta, ma anche altri, dodici di numero fecero la stessa cosa: sicché tutto quello che ci accade sia in bene sia in male, tutto avviene conforme alle loro profezie. Ma di tutto questo daremo un resoconto qui appresso.
Morte di Ezechia, gli succede il figlio
Manasse (687-642)
Libro X:36 - III, I. - Ezechia visse per il periodo di tempo sopra stabilito e tutto trascorse in pace: morì dopo avere compiuto il cinquantaquattresimo anno di vita e regnò ventinove anni.
Libro X:37 Ma gli succedette nel trono il suo figlio Manasse la cui madre, nativa della Città, era detta Epsiba, si distolse dalla maniera di vivere paterna, e abbracciò una strada opposta, ostentando con i suoi costumi ogni genere di scelleratezze, non tralasciando alcuna azione empia e imitando anzi le scelleratezze degli Israeliti che peccarono contro Dio e così perirono. Ardì contaminare il tempio di Dio e così pure la Città e tutta la regione.
Libro X:38 Disprezzando Dio, uccise tutti i giusti che vi erano tra gli Ebrei, non risparmiando neppure i profeti: ogni giorno faceva strage di alcuni di loro, sicché Gerusalemme grondava sangue.
Libro X:39 Sdegnato per tali cose, Dio mandò profeti al re e al popolo minacciando le stesse sfortune che avevano colpito gli Israeliti, loro fratelli, allorché si ostinavano a oltraggiarlo. Ma essi non vollero prestare fede alle loro parole delle quali avrebbero potuto approfittare, causando ogni sfortuna, e imparare dai fatti la verità su quanto dicevano i profeti.
Manasse catturato dai Babilonesi
Libro X:40 - 2 Siccome persistevano nei loro misfatti, Dio istigò il re di Babilonia e Caldea, a fare la guerra contro di loro: inviò un esercito nella Giudea, devastò la regione, catturò il loro re, Manasse, in modo insidioso, e lo prese con sé punendolo a suo piacere.
Libro X:41 Allora Manasse comprese di trovarsi in uno stato miserabile, comprese di essere la causa di tutto ciò, pregò Dio di rendere il nemico umano e misericordioso verso di lui. Dio ascoltò la sua supplica e l'esaudì. Così Manasse fu liberato dal re di Babilonia che lo restituì sano e salvo alla sua propria terra.
Libro X:42 Quando giunse a Gerusalemme si sforzò di cancellare dall'animo suo, se pure era possibile, il ricordo delle offese fatte a Dio, ansioso di pentirsi e di dimostrare a Dio la più schietta devozione; santificò il tempio, purificò la Città e d'allora in poi la sua unica preoccupazione era di mostrarsi gradito a Dio che lo aveva salvato, e di adoperarsi a mantenere il Suo favore per tutta la vita.
Libro X:43 Insegnò al popolo a fare lo stesso, avendo imparato quanto fosse andato vicino al disastro seguitando l'opposta maniera di vivere. Riparò anche l'altare e offrì pure gli abituali sacrifici ordinati da Mosè.
Pentimento, riparazione, morte
Libro X:44 Dopo avere regolato nel modo dovuto le cose spettanti alla religione, provvide pure alla sicurezza di Gerusalemme: riparò con grande diligenza le vecchie mura, e ve ne aggiunse di nuove; innalzò torri altissime e rinforzò in vari modi le guarnigioni davanti alla Città, specialmente fornendole di ogni provvista e di tutti i generi di cose necessarie.
Libro X:45 Perseverante in tale cambiamento, visse il resto della vita in modo tale che da quando cominciò a servire Dio, fu ritenuto l'uomo più felice e beato del tempo.
Libro X:46 Morì a sessantasette anni, dopo avere regnato cinquantacinque anni. Fu sepolto nei suoi giardini, e il regno passò a suo figlio Ammon, la cui madre, che si chiamava Emaselme, era nativa della città di Jatabat.
Ammon (643-641); Giosia (641-6o9)
Libro X:47 - IV,I. - Questo re seguitò i misfatti compiuti dal padre in gioventù, dopo un complotto ordito contro di lui dai suoi domestici, fu ucciso nel suo palazzo dopo ventiquattro anni di vita e due di regno.
Libro X:48 I suoi uccisori furono puniti dal popolo il quale ripose il corpo di Ammon con suo padre; diedero poi la regalità a suo figlio Giosia, un fanciullo, di otto anni d'età, la cui madre si chiamava Jedis e veniva dalla città di Bosketh .
Libro X:49 Aveva un eccellente carattere, ben disposto alla virtù ed emulo del re Davide che egli prese come esempio e norma di tutta la sua maniera di vita.
Libro X:50 Giunto all'età di dodici anni diede prova della sua pietà e rettitudine, poiché cercò di esortare il popolo sul giusto sentiero, lo spinse ad abbandonare il concetto che avevano degli idoli, che diceva non essere realmente dèi, e a venerare il Dio dei loro padri; e considerando le azioni dei suoi antenati, saggiamente corresse gli errori da loro commessi, come se fosse un uomo anziano e abilissimo nel vedere ciò che era necessario fare, ma manteneva gelosamente e imitava le pratiche che trovava vantaggiose e buone.
Libro X:51 Ad agire in questo modo, lo conduceva sia la sua naturale saggezza e prudenza, sia il consiglio e la tradizione degli anziani; poiché era seguendo le leggi che aveva successo nell'ordinamento del suo governo e nella pietà verso la Divinità , anche perché l'empietà dei predecessori non esisteva più, ma era stata sradicata.
Libro X:52 Girando la Città e l'intera regione, il re recideva i boschi dedicati a dèi stranieri, abbatteva i loro altari, e qualsiasi offerta votiva, dedicata dai suoi antenati, egli la trattava con disprezzo e la abbatteva.
Libro X:53 In tal maniera distolse il popolo dalle credenze in questi dèi e li indirizzò al servizio di Dio, e offriva sul Suo altare i consueti sacrifici e olocausti. Designò pure dei giudici e sovrintendenti che nell'amministrazione degli affari individuali curassero la giustizia al di sopra di ogni cosa ponendovi non meno attenzione di quella che si mette nelle cose proprie.
Libro X:54 Poi inviò per l'intera regione, invitando quanti desideravano offrire oro e argento per la riparazione del tempio, che lo portassero ognuno secondo la propria capacità e disposizione.
Libro X:55 Quando giunse il denaro, egli lo diede al sovrintendente del tempio per le spese a esso connesse: ad Amasia, governatore della Città, a Safa, notaio, e a Joate, cancelliere, e al sommo sacerdote Eliakia.
Libro X:56 Costoro non indugiarono neppure un momento per trovare architetti e quanto era necessario per le riparazioni, e si misero al lavoro con grande assiduità. Il tempio in tal modo riparato, manifestò chiaramente la pietà del re.
La scoperta dei libri sacri
Libro X:57 - 2. Aveva compiuto i diciotto anni di regno, quando mandò a dire al sommo sacerdote Eliakia che facesse fondere il denaro avanzato ottenendone coppe, calici e tazze per i servizi sacri, e inoltre che prendesse l'oro e l'argento che si trovava nei tesori e lo impiegasse ugualmente in coppe e in vasellame.
Libro X:58 Ora, nell'estrarre l'oro, al sommo sacerdote Eliakia vennero in mano i sacri libri di Mosè che erano stati messi nel tempio: egli li tirò fuori e li diede a Safa, il notaio; quando li lesse, si recò dal re e lo informò che ogni cosa da lui elencata era stata compiuta fedelmente; poi, in sua presenza, lesse ad alta voce i libri.
Libro X:59 Allorché il re ne udì la lettura, si lacerò le vesti e, chiamato il sommo sacerdote Eliakia, lo mandò, con lo stesso notaio e alcuni dei suoi più stretti amici, dalla profetessa Oolda, moglie di Sallum, uomo ragguardevole e di illustre famiglia, con l'ordine che, giunti da lei, le dicessero di intercedere presso Dio e studiare di guadagnare il Suo favore; c'è motivo, disse, di temere che, siccome i loro padri avevano trasgredito le leggi di Mosè, ci fosse il rischio che essi venissero cacciati via e dopo l'espulsione dal loro paese fossero inviati in una terra straniera e, destituiti di ogni cosa, finissero la loro vita miseramente.
Libro X:60 Quando la profetessa sentì queste cose dagli uomini mandati dal re con questo messaggio, rispose loro di ritornare dal re e dirgli che la Divinità aveva già pronunziato la sua sentenza contro di essi e che nessun uomo avrebbe potuto renderla inefficace neppure con le suppliche; la sentenza era: distruggere il popolo, espellerlo dalla sua terra e privarlo di ogni bene che ora aveva perché per lungo tempo aveva trasgredito le leggi e durante un lungo intervallo di tempo non aveva fatto penitenza nonostante i profeti lo avessero esortato ad agire saggiamente e avessero predetto il castigo delle loro empie azioni;
Libro X:61 castigo, aggiunse, che certamente Egli manderà su di loro affinché si persuadano che Egli è Dio, e con i Suoi profeti non annunzia falsità. Tuttavia, lei seguitò, per amore di Giosia, uomo giusto, Egli dilazionerà alquanto i flagelli, e, dopo la sua morte, Egli invierà sulla moltitudine i flagelli decretati.
Raduno a Gerusalemme
Libro X:62 - 3. Dopo che la donna pose fine alla sua profezia, quelli ritornarono dal re e gli riferirono le sue parole. Egli perciò mandò in tutte le parti del paese ordinando al popolo che si radunasse in Gerusalemme, e così pure i sacerdoti e i Leviti, dove dovevano essere presenti persone di ogni età.
Libro X:63 Quando furono radunati, lui lesse per primo i libri sacri, poi in piedi su di una tribuna in mezzo al popolo, li obbligò a impegnarsi con giuramento al culto di Dio e all'osservanza delle leggi di Mosè.
Libro X:64 - Tutti assentirono prontamente all'incitamento del re, e subito offrirono sacrifici, e mentre cantavano inni sacri, supplicarono Dio di essere con loro misericordioso e benigno.
Libro X:65 Egli poi ordinò al sommo sacerdote che qualora fosse rimasto nel tempio del vasellame offerto dagli antenati agli idoli e a divinità straniere, lo gettassero via; ne raccolsero molto di questo vasellame ed egli lo consunse nel fuoco e ne sparse le ceneri al vento; e uccise i sacerdoti degli idoli, che non erano della famiglia di Aaronne.
Libro X:66 - 4. Fatte queste riforme a Gerusalemme, passò alle provincie e distrusse tutto quanto vi trovò di fabbricato dal re Jeroboamo a onore di divinità straniere, e sopra l'altare che per primo fu eretto da Jeroboamo arse le ossa dei falsi profeti.
Libro X:67 Prima che accadessero, queste cose le aveva predette un profeta mentre Jeroboamo offriva sacrifici e l'udì tutto il popolo: disse che sarebbe venuto uno della stirpe di Davide, di nome Giosia, che avrebbe compiuto le cose descritte qui sopra. E quando ebbero luogo, trecentosessantuno anni dopo, si adempirono queste profezie.
Tra gli scampati alla prigionia assira
Libro X:68 - 5. Dopo questi eventi, il re Giosia andò anche dagli altri Israeliti, quelli che erano sfuggiti alla prigionia e alla servitù sotto gli Assiri, e li convinse ad abbandonare le loro empie usanze, ad astenersi dal culto di divinità straniere, e adorare, invece, il Dio onnipotente dei loro padri e restargli fedeli.
Libro X:69 Fece inoltre ricerche di case, villaggi, città, sospettando che qualcuno potesse avere in essi oggetti idolatri. Distrusse inoltre i carri messi dagli ufficiali del re, eretti dai suoi padri, e molti altri oggetti che veneravano come dèi.
Libro X:70 Purificata così tutta la regione, radunò il popolo a Gerusalemme, e quivi celebrò la festa del Pane azzimo detta Pasqua; e per la Pasqua fece dono al popolo di trentamila capretti e agnelli nati da poco e tremila buoi per tutti gli olocausti.
Libro X:71 Al capo dei sacerdoti e agli (altri) sacerdoti fornì per la Pasqua duemilaseicento agnelli; e ai Leviti i loro capi diedero cinquemila agnelli e cinquecento buoi.
Libro X:72 E così, in questa abbondanza di vittime, offrirono sacrifici conforme alle leggi di Mosè, ogni sacerdote precedeva il popolo e assisteva la moltitudine. Dai tempi del profeta Samuele, nessun'altra festa fu celebrata dagli Ebrei in questo modo, e ciò perché ogni cosa fu compiuta secondo le leggi e nell'osservanza delle antiche usanze.
Libro X:73 Dopo questi eventi, Giosia visse in pace, ebbe ricchezze e buona fama presso tutti, ma la sua vita ebbe fine come segue.
Confronto con Necao
Libro X:74 - V, I. – Necao, re degli Egiziani, radunato un grande esercito, marciava verso il fiume Eufrate per combattere i Medi e i Babilonesi che avevano distrutto l'impero assiro, con l'intento di dominare su tutta l'Asia.
Libro X:75 Quando giunse nella città di Mende, che è nel regno di Giosia, questi giunse con un esercito per contendergli il transito nella sua regione nella marcia contro i Medi. Necao gli mandò un araldo per dirgli che non veniva contro di lui, ma era diretto verso l'Eufrate, e l'avvertiva di non provocarlo a una guerra contro di lui impedendogli di andare dove aveva deciso di andare.
Libro X:76 Giosia però non diede ascolto alla domanda di Necao, ma agì come se gli volesse impedire il transito attraverso il suo territorio: penso che fosse il Destino che lo spingeva a questo comportamento, per avere un pretesto per distruggerlo.
La morte
Libro X:77 Ora, mentre egli stava ordinando le sue forze e andava col suo cocchio da un'ala all'altra, un arciere egiziano lo colpì, e gli tolse così ogni ansia di battaglia; tormentato dalla ferita, ordinò di suonare la ritirata dell'esercito e si diresse verso Gerusalemme. Qui morì a causa della ferita, e fu sepolto con molta pompa nelle tombe dei suoi padri, dopo avere regnato trentun anni e vissuto trentanove.
Libro X:78 Grande fu il cordoglio che tutto il popolo osservò per lui, pianse e se ne dolse per molti giorni, e il profeta Geremia compose un canto di cordoglio per il suo funerale che resta tuttora.
Libro X:79 Questo profeta predisse pure le sventure che sovrastavano la Città e lasciò scritti riguardanti la recente presa della nostra Città e così pure la cattura di Babilonia; non solo questo profeta predisse eventi alla moltitudine, ma anche il profeta Ezechiele che fu il primo a lasciare due libri intorno a questi argomenti.
Libro X:80 Entrambi erano di stirpe sacerdotale, ma Geremia visse a Gerusalemme dal tredicesimo anno del regno di Giosia fino alla distruzione della Città e del tempio. Tuttavia, quello che accadde a questo profeta, lo esporremo a suo luogo.
Joachazo (609)
Libro X:81 - 2. Quando morì Giosia, come già abbiamo detto, gli succedette nel regno il figlio di nome Joachazo che era nel ventitreesimo anno d'età. Questi regnò in Gerusalemme, sua madre era Amitala della città di Lobane: era un uomo empio e corrotto per natura.
Libro X:82 Il re degli Egiziani, tornando dalla spedizione, convocò Joachazo nella città chiamata Amatha, in Siria, ma quando giunse, lo incatenò e diede il regno al suo fratello più anziano, nato dallo stesso padre, dopo avergli cambiato il nome da Eliakeimo in Joakeimo; e impose alla regione un tributo di cento talenti d'argento e un talento d'oro.
Joakeimo (609-598)
Libro X:83 E Joakeimo pagò questa somma. Joachazo lo portò in Egitto, ove poi morì dopo avere regnato tre mesi e dieci giorni. La madre di Joakeimo si chiamava Zabuda, nativa della città di Abuma. Egli sortì un'indole cattiva e perversa, né prestava ossequio a Dio né era gentile con gli uomini.
Nebukadnezzar sconfigge la Siria , l'Egitto, la Giudea ;
il profeta Geremia
Libro X:84 - VI, I. - Nel quarto anno del suo regno, divenne capo di Babilonia uno chiamato Nebukadnezzar il quale marciò, dopo grandi preparativi contro la città di Karchamissa, sul fiume Eufrate, determinato a fare guerra al re d'Egitto Necao al quale era soggetta tutta la Siria.
Libro X:85 Quando Necao venne a conoscenza delle finalità del re di Babilonia e della spedizione contro di lui, non si mostrò indifferente, ma con un grosso corpo di truppe si diresse verso l'Eufrate per contrapporsi a Nebukadnezzar.
Libro X:86 Nello scontro che ne seguì, fu sconfitto e nella battaglia perse molte migliaia di soldati; poi il re di Babilonia oltrepassò l'Eufrate, occupò tutta la Siria , a eccezione della Giudea, e giunse fino al Pelusio.
Libro X:87 Nel quarto anno del regno di Nabukadnezzar, era l'ottavo anno del regno di Joakeimo sugli Ebrei, il re di Babilonia marciò contro i Giudei per esigere il tributo da Joakeimo sotto la minaccia di una guerra. Impaurito dalla minaccia, comprò la pace col denaro, e per tre anni gli portò il tributo che gli aveva imposto.
Geremia contrario all'alleanza con l'Egitto
Libro X:88- 2. Ma il terzo anno, avendo udito che gli Egiziani erano in marcia contro il re di Babilonia, non gli pagò il tributo. Tuttavia le sue speranze svanirono, perché gli Egiziani non si avventurarono nella campagna bellica.
Libro X:89 Ed era proprio questo che giorno dopo giorno andava preannunziando il profeta Geremia: cioè che per loro era vano riporre fiducia nell'aiuto degli Egiziani, che la città era destinata alla rovina per opera del re di Babilonia, e che il re Joakeimo era destinato ad essergli sottomesso.
Libro X:90 Egli affermava queste cose, ma il suo parlare era inutile, non essendovi alcuno destinato a salvarsi, poiché il popolo e i governanti non badavano a quanto udivano; e, in collera per le sue parole, accusavano Geremia, come profeta, di avere praticato una divinazione contro il re, e lo citarono in tribunale domandando che fosse punito.
Libro X:91 Così tutti gli altri votarono contro di lui, respingendo così il consiglio degli anziani: questi, infatti, dotati di migliore intelligenza, liberarono il profeta dalla prigione e suggerirono agli altri di non fare alcun male a Geremia.
Libro X:92 Asserivano, infatti, che egli non era l'unico ad avere preannunziato quanto sarebbe accaduto alla Città; prima di lui Michea aveva preannunziato le stesse cose, così come molti altri, e nessuno di loro era stato maltrattato dai re d'allora, furono anzi onorati come profeti di Dio.
Geremia scrive le sue profezie
Libro X:93 Con queste parole calmarono la folla e salvarono Geremia dalla punizione alla quale era stato condannato. Egli allora scrisse tutte le sue profezie; e mentre il popolo digiunava ed era raccolto nel Santuario nel nono mese del quinto anno di Joakeimo, egli lesse il libro da lui scritto in merito agli eventi che dovevano succedere alla Città, al tempio e al popolo.
Libro X:94 Udito ciò, i capi gli tolsero il libro e gli imposero che sia lui, sia Baruc, suo scrivano, si ritirassero in un luogo ove non fossero visti da alcuno; quanto al libro, lo tolsero e consegnarono al re; ed egli, in presenza dei suoi amici, ordinò al suo scrivano di prenderlo e leggere ad alta voce.
Libro X:95 Ma quando sentì quel che c'era nel libro, il re andò in collera e lo distrusse stracciandolo a pezzi e gettandolo nel fuoco. Ordinò poi che si facessero ricerche sia di Geremia, sia del suo scrivano Baruc e gli fossero portati innanzi per essere puniti. Essi però si sottrassero alla sua collera.
Nebukadnezzar uccide Joakeimo e
deporta i Giudei
Libro X:96 - 3. Non molto tempo dopo, quando il re di Babilonia giunse con un esercito contro di lui, Joakeimo, temendo quanto era stato predetto da questo profeta, lo accolse pensando che non ne avrebbe subito male alcuno, non avendogli chiuso la porta né fatto guerra.
Libro X:97 Ma, entrato nella Città, il re di Babilonia non tenne fede agli impegni e uccise i più gagliardi e favoriti abitanti di Gerusalemme, e con essi anche il re Joakeimo, che ordinò fosse gettato giù dalle mura insepolto, e designò suo figlio Joachimo come re della regione e della Città.
Libro X:98 Tutte le persone notabili, in numero di tremila, le prese come schiavi e le menò in Babilonia. Tra costoro v'era il profeta Ezechiele, allora fanciullo. Questa fu la fine del re Joakeimo all'età di trentasei anni, undici dei quali di regno. Joachimo, che gli succedette sul trono, era nato da madre di nome Nooste nativa della Città, e regnò tre mesi e dieci giorni.
Nebukadnezzar opera un'altra deportazione
Libro X:99 - VII, I. Dopo avere dato il regno a Joachimo, il re di Babilonia fu assalito da paura: temeva che Joachimo avesse del rancore verso di lui perché aveva ucciso suo padre, e incitasse la regione alla rivolta. Inviò pertanto le sue truppe ad assediare Joachimo in Gerusalemme.
Libro X:100 Ora, essendo egli d'indole dolce e giusta, non volle che la Città fosse esposta a pericolo per causa sua; così prese sua madre e i suoi congiunti e li consegnò ai comandanti inviati dal re di Babilonia, dopo avere ricevuto il giuramento che né a loro né alla Città sarebbe derivato male alcuno.
Libro X:101 A questo giuramento però non tennero fede neppure per il periodo di un anno; il re di Babilonia non l'osservò: ai suoi uomini diede ordine di catturare tutta la gioventù e gli artigiani della Città e di portarli a lui in catene,
in tutto costoro ammontavano a diecimila ottocento e trentadue, ed anche Joachimo con sua madre e i suoi amici.
Sacchia designato re è ammonito da Geremia
Libro X:102 Allorché gli furono portati, li tenne sotto custodia e designò come re Sacchia, zio di Joachimo, dopo avere ricevuto il giuramento che avrebbe mantenuto la regione obbediente a lui, non avrebbe tentato rivolte né mostrato amicizia verso gli Egiziani.
Libro X:103 - 2. Sacchia aveva ventun anni quando assunse il regno; era fratello di Joakeimo, nato dalla stessa madre, ma non si curava della giustizia né del dovere, ed anche quelli della stessa età che gli stavano attorno erano empi, e tutta la gente si sentiva autorizzata ad agire oltraggiosamente a proprio piacere.
Libro X:104 E’ per questo motivo che il profeta Geremia andò da lui a protestare e più volte lo scongiurò di abbandonare ogni scelleratezza ed empietà, a rivolgere il suo pensiero alla giustizia, a non dare ascolto ai capi (del regno) perché tra di loro vi erano uomini scellerati, non dare ascolto a falsi profeti che lo lusingavano affermando che il re di Babilonia mai avrebbe fatto guerra alla Città e che gli Egiziani avrebbero preso le armi contro il re di Babilonia e lo avrebbero vinto; perché costoro dicevano delle falsità, e tali cose non erano vere.
Bisticcio tra Geremia ed Ezechiele
Libro X:105 Fino a tanto che Sacchia dava ascolto al profeta che affermava questo, gli credeva e concordava sulla sua verità che era nel suo interesse prestargli fede. Ma i suoi amici lo guastarono nuovamente e, sottraendolo al profeta, lo conducevano ovunque secondo il loro volere.
Libro X:106 Anche Ezechiele, in Babilonia, preannunciava le sfortune che sovrastavano il popolo, le scrisse e le mandò a lui in Gerusalemme. Sacchia però si mostrava incredulo verso le loro profezie per la seguente ragione: mentre sotto ogni riguardo era chiaro che i profeti concordavano nell'affermare che la Città sarebbe stata presa e lo stesso Sacchia fatto prigioniero, Ezechiele affermava che Sacchia non avrebbe visto Babilonia, Geremia, invece, affermava che il re di Babilonia ve lo avrebbe condotto in catene.
Libro X:107 Siccome in ciò non andavano d'accordo, egli rifiutò come non veritiero anche quello in cui pareva convenissero, e si rifiutò di crederlo. Ma
ciononostante ogni cosa gli accadde conforme alle loro profezie, come vedremo in un luogo più opportuno.
Sacchia rompe con i Babilonesi e si allea all'Egitto
Libro X:108 - 3. Dopo avere mantenuto per otto anni la sua alleanza con i Babilonesi, Sacchia ruppe il trattato con essi e andò con gli Egiziani, nella speranza di sconfiggere i Babilonesi, in unione con l'altra parte.
Libro X:109 Quando il re di Babilonia venne a conoscenza di questo, si mosse contro di lui: saccheggiò la regione, occupò le guarnigioni e marciò contro la stessa Città di Gerusalemme e l'assediò.
Libro X:110 Udito questo, il re d'Egitto, conscio dell'impegno della sua alleanza con Sacchia, allestì una vasta forza e venne nella Giudea per porre fine all'assedio. Allora il re di Babilonia lasciò Gerusalemme e andò incontro agli Egiziani: li incontrò in battaglia, li sconfisse, li mise in fuga e li inseguì lungo tutta la Siria.
Libro X:111 Allorché il re di Babilonia si ritirò da Gerusalemme, i falsi profeti aggirarono Sacchia affermando che il re di Babilonia non avrebbe fatto di nuovo la guerra contro di lui e che sudditi allontanato dal re dalla propria terra per Babilonia, sarebbero ritornati con tutto il vasellame del tempio che il re (di Babilonia) aveva asportato.
Geremia profetizza la caduta di Gerusalemme e i
settant'anni di prigionia
Libro X:112 Ma Geremia si presentò da lui e gli predisse la verità, che era proprio il contrario di questo, cioè che essi avevano sbagliato con il re aggirandolo, e che dagli Egiziani non sarebbe giunto loro nulla di buono e che al contrario, quando il re di Babilonia li avrebbe sconfitti, avrebbe condotto l'esercito contro Gerusalemme, l'avrebbe assediata, annientato il popolo con la fame, portato in cattività i sopravvissuti, saccheggiato i loro averi, e dopo avere spogliato il tempio delle sue ricchezze, lo avrebbe incendiato e distrutto la Città. “E noi saremo schiavi suoi e dei suoi discendenti per settanta anni.
Libro X:113 In quel tempo i Persiani e i Medi, sconfiggendo i Babilonesi, ci libereranno dalla schiavitù e quando costoro ci manderanno indietro su questa terra, ricostruiremo il tempio e restaureremo Gerusalemme”.
Geremia arrestato
Libro X:114 Così parlava Geremia ed era creduto dalla maggioranza del popolo, ma i loro capi e gli empi lo schernivano, come un farneticante. Avendo deciso di ritornare nel suo luogo natio, chiamato Anothoth, distante da Gerusalemme venti stadi, incontrò sulla strada uno dei giudici che l'avevano preso e trattenuto sotto la falsa accusa di diserzione in favore dei Babilonesi.
Libro X:115 Egli però protestò decisamente affermando che adduceva contro di lui un'accusa falsa e asserì che stava andando a casa sua. Ma l'altro non si lasciò convincere, lo fece arrestare e lo trasse davanti ai giudici; dai quali dovette sopportare molte villanie e tormenti e fu poi messo in carcere sotto custodia, in attesa di assegnargli il castigo; e in questi indegni trattamenti, qui descritti, rimase per qualche tempo.
Libro X:116 - 4. Nel nono mese del regno di Sacchia, nel decimo giorno del decimo mese, il re di Babilonia marciò per la seconda volta contro Gerusalemme, si accampò davanti ad essa, e l'assediò con ogni artifizio militare per diciotto mesi e mentre gli abitanti di Gerusalemme si trovavano sotto l'assedio, furono colpiti da due gravissime calamità, la fame e la peste che infierivano ferocemente.
Libro X:117 Il profeta Geremia si trovava in prigione, non era quieto, gridava ad alta voce il suo messaggio, incitava il popolo ad aprire le porte e accogliere il re di Babilonia; perché, diceva, se faranno così, saranno salvati insieme alle loro famiglie, in caso contrario subiranno la distruzione.
Libro X:118 E preannunciava che chiunque rimaneva in Città sarebbe certamente perito in un modo o in un altro, essendo giunta la fine o per la fame o per la spada nemica, mentre chiunque si metterà in salvo dal nemico, scamperà alla morte.
Libro X:119 Tuttavia i capi che udivano queste parole, benché si trovassero in queste disgrazie, non credevano, anzi andavano in collera e le riferivano al re, e, denunziando Geremia, chiesero al re che il profeta fosse messo a morte come un pazzo, che scoraggiava anzitempo il loro animo e fiaccava l'ardore del popolo con le sue predizioni di disastri; mentre il popolo, dicevano, era pronto a rischiare la propria vita per lui e per la loro regione, il profeta incitava a fuggire verso il nemico, affermando che la Città sarà presa e tutti loro periranno.
Geremia in un pozzo
Libro X:120 - 5. A motivo della sua bontà e del suo senso della giustizia, il re personalmente non era sdegnato, ma per non incorrere nell'ostilità dei capi opponendosi, in quel tempo, ai loro desideri, acconsentì che si comportassero con il profeta in modo conforme al loro volere.
Libro X:121 Non appena il re fece loro questa concessione, essi andarono nella prigione, lo presero e per mezzo di funi lo calarono in una fossa piena di fango, di modo che trovasse la sua morte, morendo soffocato; ed egli restò là immerso nel fango fino al collo.
Libro X:122 Ma uno dei servi del re, di stirpe etiope, che godeva del suo favore, riferì al re la triste sorte del profeta dimostrando che i suoi amici e i capi avevano agito malamente calando il profeta nel fango e deliberando per lui una morte assai più penosa di una incarcerazione in catene.
Libro X:123 Quando il re udì questo, si pentì di avere abbandonato il profeta in mano ai capi, e ordinò all'Etiope di prendere trenta uomini del re e con funi e con quanto giudicava opportuno per mettere in salvo il profeta, tirasse fuori al più presto Geremia. Così l'Etiope prese gli uomini che gli era stato indicato ed estrasse il profeta dal fango e lo liberò dalla prigione.
Libro X:124 - 6. In seguito il re andò segretamente da lui, domandandogli quale messaggio poteva dargli da parte di Dio e quale percorso degli eventi gli indicava nelle presenti circostanze; il profeta rispose che aveva qualcosa da dire, ma non sarebbe creduto qualora parlasse e il suo avviso non sarebbe ascoltato: “Ma che male ho fatto, disse, che i tuoi amici hanno deliberato di distruggermi, e dove sono ora quelli che asserivano che il re di Babilonia non avrebbe marciato di nuovo contro di noi, e ti hanno così ingannato? In verità, ora io ho paura di dire la verità nel timore che mi condanniate a morte”.
Libro X:125 Ma allorché il re gli diede il suo giuramento che non l'avrebbe messo a morte, né lasciato ai suoi capi, egli, incoraggiato dalle promesse, gli suggerì di arrendere la Città ai Babilonesi.
Libro X:126 Questo, disse, è quanto Dio profetizza al re per mezzo suo, se veramente desidera salvarsi e scampare dall'imminente pericolo, non avere la Città rasa al suolo e il tempio bruciato; ma se egli disobbedisce, sarebbe stato lui
la causa delle imminenti sciagure per gli abitanti della Città e dello sterminio per lui e per tutta la sua casa.
Libro X:127 All'udire questo, il re disse che egli pure si augurava di compiere quanto Geremia gli consigliava e che questo sarebbe stato anche nel suo interesse averlo fatto, ma temeva che quanti erano passati ai Babilonesi lo calunniassero presso il re e fosse punito.
Libro X:128 Il profeta, tuttavia, lo incoraggiava dicendo che la sua apprensione di venire punito era senza fondamento, poiché, arrendendosi ai Babilonesi non ne avrebbe avuto danno alcuno, e così pure i suoi figli e le sue donne, e anche il tempio sarebbe rimasto intatto.
Libro X:129 Dopo che Geremia parlò in questo modo, il re lo congedò ordinandogli che si guardasse dal manifestare ad alcun cittadino quanto entrambi avevano deciso e neppure di parlare di questi argomenti con i capi, i quali, qualora sapessero che era stato convocato dal re e domandassero che cosa gli avesse detto Geremia quando l'aveva convocato, egli doveva schernirsene dicendo che aveva perorato per non essere preso e messo sotto guardia in catene.
Libro X:130 E, infatti, fu così che disse loro. Poiché vennero dal profeta e l'interrogarono su che genere di storia avesse imbastito su di loro quando era andato dal re. Questo è quanto egli disse.
Lotta tra gli assedianti e gli assediati
Libro X:131 VIII, I. Il re di Babilonia si applicò strenuamente e con molto accanimento all'assedio di Gerusalemme: eresse torri su grandi terrapieni dai quali tenere lontani coloro che stavano sulle mura, innalzò tutto attorno (alla Città) molti terrapieni la cui altezza uguagliava le mura;
Libro X:132 ma quelli che erano dentro sostenevano l'assedio con coraggio e fermezza, non allentando né per fame né per stanchezza; sebbene internamente straziati da questi tormenti, gli animi resistevano alla guerra con fermezza; non temevano gli stratagemmi e le macchine di cui facevano uso i loro nemici, ma a loro volta escogitavano macchine per contrastare tutte quelle usate dal nemico,
Libro X:133 sicché il contrasto tra i Babilonesi e il popolo di Gerusalemme era totalmente di ingegnosità e destrezza: gli uni perché pensavano che la presa della Città si poteva più facilmente ottenere in questo modo, mentre gli altri
ponevano la speranza di liberazione unicamente nel non stancarsi di inventare astuzie per vanificare le macchine dei nemici.
Libro X:134 In questo modo resistettero per diciotto mesi, fino a che rimasero esausti dalla fame e dalle frecce scagliate dalle torri contro di loro dai nemici.
La caduta di Gerusalemme
Libro X:135 - 2. La Città cadde nell'undicesimo anno del regno di Sacchia, il giorno nono del quarto mese; la presero quei generali dell'esercito babilonese ai quali Nebukadnezzar aveva affidato l'assedio, perché egli si trovava nella città di Arabatha. Se qualcuno desiderasse sapere i nomi dei generali ai quali era stato affidato il saccheggio di Gerusalemme, costoro erano Neregalsaron, Aremanto, Semegaro, Nabosari, Acharampsari.
Libro X:136 La Città fu presa intorno alla mezzanotte; e quando Sacchia seppe che i comandanti nemici erano entrati nel tempio, prese le sue donne e i figli e i suoi ufficiali e amici, e con essi fuggì dalla Città, dalla valle fortificata e attraversò il deserto.
Libro X:137 Ma quando alcuni disertori ne avvertirono i Babilonesi, sul fare del giorno, essi li inseguirono, e li sorpresero non lontano da Gerico e quivi li circondarono. Quando gli amici e gli ufficiali di Sacchia, che erano fuggiti con lui, videro il nemico che si avvicinava, lo abbandonarono e si diedero alla fuga in direzioni diverse, ognuno deciso a salvare se stesso.
Il re giudeo catturato e accecato
Libro X:138 E così Sacchia rimase con pochi e il nemico lo catturò vivo, e lo portò dal re con i suoi figli e le mogli. Quando gli giunse davanti, Nebukadnezzar iniziò ad accusarlo come empio e sleale, violatore dei contratti, dimentico delle parole pronunciate innanzi allorché aveva promesso di salvare la regione per lui.
Libro X:139 Gli rinfacciò anche l'ingratitudine per cui, dopo aver ricevuto da lui il regno - Nebukadnezzar lo aveva tolto a Joacheimo, al quale apparteneva, e dato a lui - poi si è servito del suo potere contro colui che glielo aveva dato. “Ma, disse, Dio è grande ed Egli, detestando la tua condotta, ti ha fatto cadere nelle mie mani”.
Libro X:140 Rivoltosi a Sacchia in questi termini, ordinò che figli e amici fossero uccisi sul posto sotto gli occhi dello stesso Sacchia e degli altri prigionieri, poi cavò gli occhi a Sacchia, lo mise in catene, e lo portò in Babilonia.
Libro X:141 E così si realizzò quanto gli avevano predetto sia Geremia che Ezechiele, cioè che sarebbe stato preso e tratto alla presenza del re di Babilonia, che i suoi occhi si sarebbero incontrati con gli occhi di lui; questo è quanto aveva detto Geremia; inoltre, accecato e tratto in Babilonia, egli non la vide, come aveva predetto Ezechiele.
Libro X:142 - 3. Abbiamo narrato queste cose che possono illustrare a sufficienza a coloro che non la conoscono, quanto sia varia e multiforme la natura di Dio e come le cose che Egli preannunzia debbano avverarsi, debitamente realizzarsi nel momento assegnato e dovrebbero illuminare l'ignoranza e l'incredulità di questi uomini impediti di antivedere eventi futuri, ma che, allorquando vengono gettati nelle sciagure, tolta la guardia, ogni tentativo di sfuggire da esse è loro impossibile.
Fine della linea davidica e distruzione
di Gerusalemme
Libro X:143 - 4. Così ebbe fine la vita della linea dei re della stirpe di Davide: furono ventuno, compreso l'ultimo re; complessivamente regnarono cinquecento e quaranta anni, sei mesi e dieci giorni, venti anni dei quali sono attribuiti al primo dei loro re, Saul, sebbene egli non fosse della stessa tribù.
Libro X:144 - 5. Allora il re di Babilonia mandò il suo generale Nabuzardane a Gerusalemme per saccheggiarne il tempio, ordinandogli pure di bruciarlo e così pure il palazzo; e distruggere inoltre completamente la Città e trasferire il popolo in Babilonia.
Libro X:145 Quello dunque giunse a Gerusalemme nell'anno undicesimo del regno di Sacchia, saccheggiò il tempio e trasferì il vasellame d'oro e d'argento, (vasellame) di Dio, e con esso il grande lavatoio eretto da Salomone, e inoltre le colonne di bronzo con i loro capitelli, le tavole d'oro e i candelabri.
Libro X:146 Quando ebbe caricato tutto questo, diede fuoco al tempio nel novilunio del quinto mese nell'anno undecimo di Sacchia e diciottesimo di Nebukadnezzar. Diede fuoco anche al palazzo e distrusse la Città.
Cronologia delle distruzioni
Libro X:147 Il tempio fu bruciato quattrocentosettanta anni, sei mesi e dieci giorni dopo la sua erezione; dall'uscita del popolo dall'Egitto correva l'anno millesessantadue, sei mesi e dieci giorni; dal diluvio al saccheggio del tempio tutto il periodo di tempo era di anni millenovecentocinquantasette, sei mesi e dieci giorni;
Libro X:148 dalla nascita di Adamo fino al tempo nel quale accaddero questi eventi al tempio, vi era un intervallo di quattromilacinquecentotredici anni, sei mesi e dieci giorni. Questo dunque è il numero degli anni in questione; gli eventi che accaddero (in questo periodo) noi li abbiamo narrati accuratamente, ciascuno a suo luogo.
Libro X:149 Il generale del re dei Babilonesi, dopo avere distrutto Gerusalemme e allontanato il popolo, prese prigioniero il sommo sacerdote Saraio e Sefania, il secondo sacerdote dopo di lui, e gli ufficiali che avevano la custodia del santuario, costoro erano tre, l'eunuco sovrintendente dei soldati e sette amici di Sacchia, il suo scriba e altri sessanta ufficiali: li prese tutti insieme al vasellame che aveva asportato come bottino, e lo presentò al re in Arablatha, città della Siria.
Libro X:150 Il re ordinò di mozzare ivi il capo al sommo sacerdote e agli ufficiali, gli altri li prese tutti prigionieri, con Sacchia, e condusse in Babilonia; condusse pure in catene il sommo sacerdote Josadacos, figlio del sommo sacerdote Saraio, che il re di Babilonia aveva ucciso in Arabatha, città della Siria, come abbiamo già riferito.
Lista dei sommi sacerdoti
Libro X:151 - 6. Dato che abbiamo elencato coloro che erano di stirpe reale, e abbiamo detto chi erano e quanti fossero i loro anni (di regno), giudichiamo necessario dare anche i nomi dei sommi sacerdoti e dire chi fu colui che fondò il sommo sacerdozio nel periodo dei re.
Libro X:152 Il primo che divenne sommo sacerdote del tempio eretto da Salomone fu Sadoc; a lui successe il figlio Achima, e dopo Achima, Azaria, poi suo figlio Joramo, in seguito il figlio di Joramo, Ios; dopo di lui Axioramo,
Libro X:153 poi il figlio di Axioramo, Fidea; dopo di lui il figlio di Fidea, Sudaio; poi il figlio di Sudaio, Juelo; dopo di lui il figlio di Juelo, Jothamo; poi il figlio di Jothamo, Uria; dopo di lui il figlio di Uria, Neria; poi il figlio di Neria, Odaia; dopo di lui il figlio di Odaia, Safiumo; poi il figlio di Safiumo, Elkia; dopo di lui il figlio di Elkia, Azaro; e finalmente il figlio di Azaro, Josadaco, il quale fu portato prigioniero in Babilonia. Per tutti costoro il sommo sacerdozio si trasmetteva di padre in figlio.
Morte di Sacchia in Babilonia
Libro X:154 - 7. Quando il re giunse in Babilonia, tenne Sacchia in prigione fino alla morte e poi lo seppellì in modo regale; dopo consacrò alle sue divinità il vasellame preso come bottino dal tempio di Gerusalemme; poi sistemò il popolo nella regione di Babilonia, e sciolse dalle catene il sommo sacerdote.
Gadalia, governatore della Giudea
Libro X:155 - IX, I. Quando il generale Nabuzardane fece prigioniero il popolo ebraico, lasciò nella regione i poveri e i disertori, e mise su di loro un governatore di nome Gadalia, figlio di Aicamo, di nobile famiglia, persona gentile e giusta; dalla coltivazione del suolo egli impose su di loro il pagamento di un tributo fisso per il re.
Libro X:156 Estratto dal carcere il profeta Geremia, cercò di persuaderlo ad andare con lui in Babilonia; diceva, infatti, che il re gli aveva ordinato di provvederlo di ogni cosa; nel caso in cui non gradisse gli facesse sapere dove aveva deciso di restare, onde ne potesse parlare al re.
Geremia si rifiuta di abbandonare il paese
Libro X:157 Ma il profeta né gradiva accompagnarlo né abitare altrove, accontentandosi di vivere tra le rovine e i miserabili resti della sua patria. Allorché il generale conobbe la sua decisione, raccomandò a Gadalia, che egli lasciava colà, di avere per lui ogni cura possibile e di provvederlo di ogni cosa di cui potesse abbisognare; gli fece poi ricchi regali e lo lasciò andare.
Libro X:158 Geremia si stabilì in una città della regione chiamata Masfatha, ed esortò Nabuzardane a liberargli il suo discepolo Baruc, figlio di Nero, che era di famiglia molto distinta ed eccezionalmente erudito nella lingua patria.
Giudei fuggitivi
Libro X:159 - 2. Nabuzardane diede disposizioni per queste pratiche, e partì per Babilonia. Ma coloro che erano fuggiti da Gerusalemme durante l'assedio e si erano sparsi per la regione, appena seppero che i Babilonesi si erano allontanati lasciando nella regione pochi superstiti nei dintorni di Gerusalemme e un po' di gente per la coltivazione della terra, si radunarono da tutte le parti e andarono a Masfatha da Gadalia.
Libro X:160 I loro capi erano Joade, figlio di Caria, Sarea, e Jozania, e con essi alcuni altri: uno era di stirpe reale, un certo Ismaelo, uomo perverso e potente astutissimo, che durante l'assedio di Gerusalemme era fuggito da Baalimo, re degli Ammoniti, ed era rimasto con lui per tutto il tempo.
Libro X:161 Quando costoro giunsero là, Gadalia li persuase a restare senza alcun timore dei Babilonesi, perché, disse, se lavoravano la terra, non avrebbero avuto alcuna molestia; queste formali promesse furono da lui confermate dando loro il proprio giuramento e dicendo che avrebbero avuto in lui un protettore, e, qualora qualcuno li molestasse, lo avrebbero trovato pronto a difenderli.
Libro X:162 Li consigliò a stabilirsi nelle città che ognuno preferiva; egli avrebbe inviato altri con i loro uomini per riedificare le fondamenta e vivere là; inoltre li ammonì affinchè, mentre c'era tempo, preparassero magazzini di grano, vino e olio per avere il cibo lungo il periodo invernale. Dopo aver parlato loro in questi termini, li congedò affinché ciascuno scegliesse, nella regione, il luogo a lui più gradito.
Complotto di Ismaelo contro Gadalia
Libro X:163 - 3. Quando tra i popoli confinanti con la Giudea si sparse la voce che Gadalia aveva accolto amichevolmente i fuggitivi che si erano rivolti a lui e aveva permesso loro di insediarsi nella regione e coltivare la terra a condizione che pagassero il tributo al re di Babilonia, andarono anch'essi da Gadalia e presero dimora nella regione.
Libro X:164 E quando osservarono la terra, la gentilezza e l'amicizia di Gadalia, Giovanni e con lui i capi presero ad essergli molto affezionati, e lo avvertirono che Baalimo, re degli Ammoniti, aveva mandato Ismaelo per ucciderlo a tradimento e segretamente, di modo che Ismaelo potesse dominare sugli Israeliti, perché era di stirpe regale;
Libro X:165 essi, però, l'avrebbero salvato dalla congiura a patto che lui permettesse loro di uccidere Ismaelo, segretamente: temevano, infatti, così dicevano, che il suo assassinio per mano di Ismaelo, equivalesse alla completa distruzione di quanto ancora rimaneva della forza degli Israeliti.
Libro X:166 Egli però confessava di non credere quando accusavano di tradimento un uomo che era stato da lui beneficato; diceva che non era credibile che uno che si trovava nell'estrema necessità di ogni cosa, e aveva ottenuto tutto da lui, fosse diventato così rozzo e ingrato verso il suo benefattore, da cercare di ucciderlo con le proprie mani, mentre sarebbe una cosa malvagia non sottrarre Ismaelo dalle insidie altrui.
Libro X:167 A ogni modo, disse, se si dovessero tenere per vere queste denunzie, meglio sarebbe stato venire ucciso da quello piuttosto che tradire una persona che si era rifugiata presso di lui e aveva posto la propria salvezza nelle sue mani affidandosi a lui.
Libro X:168 - 4. E così Giovanni e i capi che si trovavano con lui, se ne andarono senza riuscire a convincere Gadalia. Ma, passato un periodo di trenta giorni, Ismaelo andò da Gadalia, nella città di Masfatha, con dieci uomini ed egli li trattenne con un sontuoso banchetto e con regali; ora nelle cordiali accoglienze fatte a Ismaelo e a quanti erano con lui, andò molto avanti nel bere.
Libro X:169 Vedendolo in tale condizione, sprofondato nell'incoscienza e nella sonnolenza dell’ubriachezza, Ismaelo balzò in piedi con i suoi dieci amici e uccise Gadalia e quelli che si trovavano a tavola a banchettare con lui; dopo la strage, uscì nella notte e uccise tutti i Giudei della città e i soldati che vi erano stati lasciati dai Babilonesi.
Libro X:170 Il giorno seguente, dalla regione vennero ottanta persone da Gadalia con regali, nessuno, infatti, era ancora a conoscenza di quanto gli era accaduto. Allorché Ismaelo li vide, li invitò ad entrare a salutare Gadalia; e, una volta entrati nel cortile, chiuse le porte, li ammazzò e gettò i loro corpi in una fossa profonda di modo che non si potessero vedere.
Libro X:171 Ma alcuni di questi ottanta si salvarono pregando di non venire uccisi prima di avergli rivelato gli utensili, il vestiario e le granaglie nascoste nei loro campi. Udita la supplica, Ismaelo risparmiò questi uomini.
Libro X:172 Ma fece prigioniero il popolo di Masfatha con le donne e i fanciulli: tra costoro si trovavano le figlie del re Sacchia, che Nabuzardane, il generale babilonese, aveva lasciate con Gadalia. Compiuti questi crimini, egli andò dal re degli Ammoniti.
Giovanni libera i prigionieri fatti da Ismaelo
Libro X:173 - 5. Giovanni e i capi che erano con lui, quando vennero a conoscenza dei fatti di Masfatha, a opera di Ismaelo, e della morte di Gadalia, ne furono molto indignati; ognuno uscì con i propri soldati, risoluto a combattere contro Ismaelo, e giunsero alla fonte di Ibron.
Libro X:174 Quando gli imprigionati da Ismaelo videro Giovanni, e i capi, presero coraggio pensando che fossero venuti in loro aiuto, fuggirono da colui che li aveva catturati e si rifugiarono da Giovanni. Ismaelo allora fuggì presso il re degli Ammoniti con gli otto uomini.
Libro X:175 Giovanni invece diede accoglienza a quanti aveva liberato dalle mani di Ismaelo, agli eunuchi, alle donne e fanciulli, e andò in una certa località di nome Mandra; quivi rimase da quel giorno fino a quando partirono di là e se ne andarono in Egitto, temendo che i Babilonesi potessero ucciderli, qualora seguitassero a rimanere nella regione, sdegnati per la uccisione di Gadalia posto da loro come governatore.
Giovanni obbliga Geremia ad andare
con lui in Egitto
Libro X:176 - 6. Quando Giovanni, il figlio di Caria e con essi i capi meditarono su questo piano, si avvicinarono al profeta Geremia e lo esortarono a supplicare Dio a manifestare loro che cosa dovevano fare, poiché erano incapaci a decidere, e giurarono che avrebbero fatto qualsiasi cosa avesse detto loro Geremia.
Libro X:177 Il profeta promise che in loro favore avrebbe posto i suoi buoni uffici con Dio; dopo dieci giorni, Dio gli apparve e gli disse di annunziare a Giovanni, agli altri capi e a tutto il popolo che, se loro fossero rimasti in quella regione, Egli sarebbe con loro, ne avrebbe cura e li custodirebbe dalle mani dei Babilonesi di cui avevano paura; ma se si dirigessero verso l'Egitto, Egli li abbandonerebbe e la Sua collera avrebbe per loro lo stesso trattamento “che ebbero i vostri fratelli, come ben sapete, sotto i vostri occhi”.
Libro X:178 A Giovanni e al popolo, il profeta rifece quanto Dio aveva predetto loro; ma non credettero che era un ordine di Dio l'ingiunzione di non abbandonare la regione, credettero anzi che per compiacere Baruc, suo discepolo, egli stesse smentendo Dio e cercasse di persuaderli a restare affinché potessero venire eliminati dai Babilonesi.
Libro X:179 Il popolo e Giovanni trasgredirono il consiglio di Dio dato per mezzo del profeta, e partirono per l'Egitto prendendo con sé Geremia e Baruc.
Geremia predice l'attacco dei Babilonesi all'Egitto
Libro X:180 - 7. Ma quando arrivarono, Dio rivelò al profeta che il re dei Babilonesi era in procinto di marciare contro gli Egiziani, ma vietò al profeta di preannunciare al popolo che l'Egitto sarebbe stato preso e che il re dei Babilonesi avrebbe ucciso alcuni di loro e altri catturati come prigionieri e trasferiti in Babilonia.
Libro X:181 E così avvenne. Il quinto anno dopo il saccheggio di Gerusalemme, l'anno ventitré del regno di Nebukadnezzar, Nebukadnezzar marciò contro la Cele-Siria e, dopo averla occupata, attaccò i Moabiti e gli Ammoniti.
Libro X:182 Assoggettate queste nazioni, invase l'Egitto per assoggettarlo; uccise il re allora regnante e ne creò un altro, fece prigionieri i Giudei che si trovavano nella regione e li trasferì in Babilonia.
Le due più grandi deportazioni di
Israele e di Giuda
Libro X:183 Così, come abbiamo imparato dalla storia, la stirpe degli Ebrei giunse per due volte a compiere l'attraversata dell'Eufrate. Perché il popolo delle dieci tribù fu cacciato fuori dalla Samaria dagli Assiri, sotto il regno di Osee, e poi il popolo delle due tribù rimasto dopo la presa di Gerusalemme, fu cacciato da Nebukadnezzar, re di Babilonia e Caldea.
Libro X:184 Quando Salmanasse allontanò gli Israeliti, al loro posto sistemò i Chuthei, che prima erano installati nel cuore della Persia e della Media, e che da allora in poi presero la denominazione di Samaritani, denominazione assunta dal paese nel quale furono inseriti. Invece, allorché trasferì le due tribù, il re dei Babilonesi non installò nella loro regione alcun'altra nazione, e per tale motivo tutta la Giudea , Gerusalemme e il tempio rimasero deserti per settant'anni.
Libro X:185 Tutto l'intervallo di tempo che corre tra la cattività degli Israeliti e la deportazione delle due tribù è di centotrenta anni, sei mesi e dieci giorni.
Daniele e compagni
Libro X:186 - X, I. Intanto Nebukadnezzar, re di Babilonia, scelti alcuni fanciulli giudei, tra i più nobili, e con essi i parenti del loro re Sacchia, i quali si distinguevano per il vigore del corpo e per l'avvenenza dell'aspetto, li affidò a tutori che avessero cura di loro e alcuni li facessero eunuchi;
Libro X:187 lo stesso trattamento fu (riservato) a quelli della stessa età in fiore catturati da altre nazioni da lui assoggettate: somministrava loro cibo della sua stessa mensa e iniziò a formarli e a istruirli nelle lettere del paese natio e in quelle dei Caldei. Questi giovani progredirono nella sapienza nella quale aveva ordinato loro di istruirsi.
Libro X:188 Quattro di costoro, di vaghe fattezze e di indole molto buona, provenivano dalla famiglia di Sacchia; il primo si chiamava Daniele, il secondo Anania, il terzo Misaelo, e il quarto Azaria.
Libro X:189 Ma il re babilonese cambiò i loro nomi e ordinò che ne usassero altri: così furono chiamati: Daniele, Baltasare; Anania, Sedrake; Misaelo, Misache; e Azaria, Abdenago. Per l'eccellenza delle loro doti naturali, per lo zelo nello studio delle lettere e per la sapienza, questi giovani fecero grandi progressi, erano tenuti in grande considerazione dal re che aveva per loro un grande affetto.
I giovani giudei osservano la dieta legale
Libro X:190 - 2. Ora Daniele, e i suoi amici, aveva deciso di vivere austeramente e di astenersi dalle portate che venivano dalla mensa del re e, in generale, da qualsiasi cibo animale; andò dunque da Aschane, l'eunuco che aveva il compito di curarsi di loro, e gli domandò di prendere per sé il cibo portato dalla mensa del re, di consumarlo lui, e di dare loro per sostentamento legumi e datteri, e qualsiasi altro cibo non animale scelto da lui, perché, diceva, essi erano attratti da quella dieta e provavano ripugnanza e disgusto per qualunque altra cosa.
Libro X:191 Aschane rispose che era pronto a esaudire la loro richiesta, ma era timoroso che il re, vedendoli smunti e dimagriti, poiché, diceva, quella dieta
avrebbe necessariamente mutato l'armonia del loro corpo e il loro colore, e il confronto con gli altri giovani ben nutriti li avrebbe fatti notare ne scoprirebbe il motivo ed egli ne correrebbe qualche rischio e sarebbe punito.
Libro X:192 Siccome Aschane ne era impensierito al riguardo, gli suggerirono di fare la prova per dieci giorni, e, qualora le loro condizioni corporali non risultassero cambiate, si potrà continuare nello stesso modo, con la certezza che non ne traessero alcun danno; se invece risultassero emaciati e meno vigorosi degli altri, li rimetterebbe alla dieta di prima.
Libro X:193 Siccome però l'uso di quel genere di cibo non solo non li danneggiava, ma nutriva meglio il loro corpo ed essi risultavano ben formati e crescevano più degli altri, e proprio quelli aumentati con le provviste reali apparivano mal nutriti tanto da far supporre che Daniele e i suoi nuotassero nell'abbondanza e nelle delizie; fu così che da allora in poi, Aschane, senza alcun timore, riteneva per sé quanto il re mandava regolarmente dalla sua mensa per i giovani, e somministrava loro i cibi summenzionati.
Libro X:194 Questi giovani, dunque, le cui anime erano mantenute pure e fresche per imparare e i loro corpi più vigorosi per ardue fatiche, non erano annebbiati od oppressi dalla primitiva varietà di cibo e i loro corpi non erano fiaccati per gli stessi motivi e con grande scioltezza imparavano tutta la dottrina che vi era sia negli Ebrei che nei Caldei. Daniele, in particolare, che aveva acquisito sapienza e abilità sufficienti, si dedicava all'interpretazione dei sogni, e la Divinità si manifestò a lui.
Sogno di Nebukadnezzar
Libro X:195 - 3. Dopo due anni dal saccheggio dell'Egitto, il re Nabukadnezzar ebbe un sogno meraviglioso, e dopo che svanì, Dio stesso glielo rivelò durante il sonno; ma non appena si levò dal letto, lo dimenticò; perciò inviò (messi) tra i Caldei, i Magi e gli indovini; disse di avere fatto un certo sogno e, informandoli di come era accaduto che lo dimenticasse, ordinò di dirgli sia il sogno sia quale fosse il suo significato.
Libro X:196 Allorché gli risposero che per qualsiasi uomo era impossibile scoprire questo, tuttavia gli promisero che se avesse descritto l'apparizione del sogno essi gli avrebbero detto il suo significato, egli li minacciò di morte qualora non gli avessero detto che sogno era, e diede ordine che fossero uccisi quanti confessavano la loro impotenza davanti a quanto era loro ordinato.
Libro X:197 Daniele, venuto a conoscenza dell'ordine dato dal re di uccidere tutti i sapienti, e tra loro erano in pericolo sia lui che i suoi compagni, andò da Arioche al quale era affidato il comando della guardia del corpo del re;
Libro X:198 gli domandò quale fosse la ragione per cui il re aveva ordinato la messa a morte di tutti i sapienti, Caldei e Magi; saputo del sogno e di come gli interrogati avessero risposto al re che l'aveva dimenticato, (saputo) di come lo avessero irritato affermando di essere incapaci, domandò ad Arioche di andare dal re a domandargli di concedere ai Magi una notte, e di differire l'esecuzione soltanto per tale periodo, perché, asseriva, sperava che in tale periodo, pregando Dio, avrebbe saputo il sogno.
Libro X:199 Arioche, dunque, riferì al re la domanda di Daniele; e fu così che diede ordine di sospendere l'esecuzione dei Magi fino a quando avesse saputo quanto Daniele aveva promesso.
Dio rivela il sogno a Daniele
Il giovane allora ritornò a casa con i suoi compagni e lungo tutta la notte supplicò Dio di illuminarlo e di salvare così i Magi e i Caldei, con i quali anch'essi dovranno perire per l'ira del re, rivelandogli il sogno e chiarificandogli la visione avuta dal re nella precedente notte e da lui dimenticata.
Libro X:200 Perciò, mosso a compassione di quanti erano in pericolo e ammirando la sapienza di Daniele, Dio gli fece conoscere il sogno e la sua interpretazione affinché anche il re potesse apprenderne da lui il significato.
Libro X:201 Avuta da Dio la conoscenza, Daniele, lieto, si alzò e parlò ai suoi fratelli, ormai disperati per la loro vita e già disposti a morire, e li innalzò di nuovo alla gioia e alla speranza della vita;
Libro X:202 poi, con loro rese grazie a Dio che aveva avuto compassione della loro gioventù; e, giunto il giorno, andò da Arioche e gli chiese di essere introdotto alla presenza del re, perché, disse, desiderava rivelargli il sogno da lui avuto nella notte precedente.
Daniele descrive il sogno
Libro X:203 - 4. Allorché Daniele fu introdotto davanti al re, lo pregò anzitutto che non lo giudicasse più saggio degli altri, cioè dei Caldei e dei Magi, per il fatto che nessuno di loro era stato capace di indovinare il suo sogno, mentre egli ora era qui per farlo; ciò, infatti, non era dovuto a una sua maggiore abilità, né al fatto di essersi applicato di più allo scopo di comprendere, “ma (era dovuto) a Dio che aveva avuto compassione di noi che eravamo in pericolo di morte, e, in risposta alle mie preghiere per la mia vita e per la vita dei miei compagni, mi ha illustrato sia il sogno sia la sua interpretazione.
Libro X:204 Infatti, non era minore il dolore di vedere noi tutti da te condannati a morire per l'onore della tua persona, nel vedere che tu hai ingiustamente condannato a morire questi uomini onesti ed eccellenti ai quali avevi imposto un compito che oltrepassa i limiti dell'umano sapere e hai richiesto da loro una cosa che può fare soltanto Dio.
Libro X:205 A te, dunque, ansioso di sapere chi sarà stato il padrone di tutto il mondo, dopo di te, mentre dormivi, Dio volle rivelarti tutti coloro che regneranno inviandoti il seguente sogno:
Libro X:206 ti parve di vedere una grande statua in piedi, il suo capo era d'oro, le spalle d'argento e le braccia, il ventre e le coscie di bronzo, le gambe e i piedi di ferro:
Libro X:207 hai visto, poi, una pietra staccarsi da una montagna e cadere contro la statua, atterrarla, farla a pezzi e non lasciarne integra alcuna parte, bronzo e ferro erano ridotti in polvere più sottile della farina e allorché soffiò un forte vento, fu presa dalla sua forza e dispersa qua e là; la pietra, invece, si ingrandì così tanto che pareva riempire tutta la terra.
L'interpretazione del sogno
Libro X:208 Questo è il sogno che tu hai visto; e l'interpretazione è come segue: il capo d'oro rappresenta la tua persona e i re babilonesi che ti precedettero; le due mani e le spalle indicano che il tuo impero finirà per opera di due re;
Libro X:209 ma il loro impero sarà distrutto da un altro re che viene dall'occidente; il vestito di bronzo, a questo dominio porrà fine un altro simile al ferro che per la sua ferrea natura, più dura dell'oro, dell'argento e del bronzo, dominerà per molto tempo”.
Libro X:210 Daniele rivelò al re il significato della pietra, ma io non ritengo opportuno riferirlo, perché da me si aspetta che scriva il passato e ciò che fu fatto, non il futuro; tuttavia, se qualcuno ha il desiderio acuto di un'informazione esatta e non intende arrestarsi, ma vuole indagare più accuratamente, desideroso di sapere le cose nascoste che avverranno, si tolga il pensiero leggendo il Libro di Daniele, che troverà tra i libri sacri.
I giovani salvati dal fuoco
Libro X:211 - 5. Il re Nebukadnezzar, udite queste cose, riconobbe il suo sogno, fu stupito dei doni naturali di Daniele e, prostrato faccia a terra, salutò Daniele alla maniera in cui gli uomini venerano Dio;
Libro X:212 ordinò anche che gli si offrissero sacrifici come a un dio; e non solo questo, ma gli diede il nome del suo proprio dio, e fece lui e i suoi congiunti governatori del regno. Ma avvenne che per invidia e gelosia furono messi in grave pericolo, poiché offesero il re per questo motivo.
Libro X:213 Il re aveva innalzato una statua d'oro alta sessanta cubiti e larga sei, la eresse nella grande pianura di Babilonia; quando fu pronto per la consacrazione, convocò i capi di tutti i paesi del suo dominio: e prima d'ogni altra cosa impose loro che, udito il suono della tromba, si prostrassero e adorassero la statua, e, quanti disobbedissero, minacciò di farli gettare in una fornace ardente.
Libro X:214 Appena udito il segnale della tromba tutti si prostrarono per adorare la statua, ma, si dice, che i congiunti di Daniele non fecero così perché non vollero trasgredire le leggi dei loro padri; e così furono accusati davanti al re e gettati subito nel fuoco, e per divina provvidenza furono salvi, sfuggendo miracolosamente alla morte:
Libro X:215 il fuoco non li toccò. Penso che sia in considerazione del fatto che, essendo stati gettati in esso senza avere fatto nulla di male, esso non li toccò: afferratili, fu impotente a bruciare i giovani, e Dio rese i loro corpi troppo forti per essere consumati dal fuoco. Questo dimostrò al re che essi erano persone giuste e care a Dio. E così, in seguito, continuarono a essere ritenuti da lui degni del più alto onore.
Nuovo sogno di Nebukadnezzar
Libro X:216 - 6. Poco dopo il re nel suo sonno ebbe un'altra visione: cioè che sarebbe stato spogliato del potere, avrebbe vissuto tra le fiere; dopo avere vissuto per sette anni in questo modo nel deserto, avrebbe riavuto il suo potere. Visto questo sogno, convocò nuovamente i Magi e li consultò su di esso e chiese loro quale fosse il suo significato.
Libro X:217 Ma nessun altro poté penetrare il significato del sogno e farlo conoscere al re, all'infuori di Daniele che l'interpretò; e avvenne come egli aveva predetto. Il re, infatti, passò il periodo suddetto nel deserto, in questo tempo di sette anni nessuno si avventurò a impadronirsi del governo, e dopo avere rivolto preghiere a Dio affinché potesse riacquistare il regno, fu nuovamente restaurato su di esso.
Libro X:218 Ora nessuno mi incarichi di riferire nella mia opera ognuno di questi eventi così come io li ho trovati nei libri antichi, perché proprio all'inizio della mia Storia, io mi sono schermito da coloro che possono trovare mancante la mia narrazione o scorgere in essa qualche errore, e affermai che sto semplicemente traducendo i libri degli Ebrei in lingua greca, promettendo di riportarne il contenuto senza nulla aggiungere di proprio alla narrazione, né omettere alcunché del loro contenuto.
Morte di Nebukadnezzar
Libro X:219 - XI, I. - Ora, dopo quarantatré anni di regno, Nebukadnezzar terminò la sua vita: fu un uomo molto coraggioso all’azione, ed ebbe una fortuna maggiore dei re che lo precedettero. Delle sue gesta fa menzione Beroso nel terzo libro della sua Storia della Caldea, ove scrive quanto segue:
Libro X:220 “Quando suo padre Nabopalasar venne a conoscenza della rivolta del satrapo posto sopra l'Egitto, i distretti della Cele-Siria e della Fenicia, non potendo più reggere alle avversità, affidò parte del suo potere al figlio Nebukadnezzar, che ne aveva l'età, e lo inviò contro questo satrapo.
Libro X:221 Nebukadnezzar affrontò il ribelle, lo sconfisse in una battaglia campale e assoggettò al suo regno i paesi di quel dominio. Intorno a questo tempo, avvenne che suo padre Nabopalasar si ammalò nella città di Babilonia e se ne partì da questa vita dopo avere regnato vent'anni.
Libro X:222 Informato, non molto tempo dopo, della morte del padre, Nebukadnezzar sistemò gli affari dell'Egitto e delle altre province, diede pure
ordine ad alcuni amici di avviare in Babilonia i prigionieri fatti tra i Giudei, i Fenici, i Siriani e i popoli d'Egitto col grosso delle sue forze e il resto del bottino, mentre egli con un piccolo seguito raggiunse Babilonia attraversando il deserto.
Libro X:223 Quivi trovò che, nel frattempo, il governo era stato mantenuto dai Caldei e il trono preservato per lui dall'uomo più leale che c'era tra loro. Divenuto padrone di tutto l'impero paterno, diede ordini di assegnare ai prigionieri, non appena giungessero, sistemazioni in luoghi molto favorevoli di Babilonia.
Libro X:224 Egli poi decorò in modo magnifico il tempio di Bel e gli altri templi con bottini di guerra; restaurò, inoltre, l'antica città che fortificò con un'altra; e affinché gli assedianti non potessero più deviare il corso del fiume e dirigerlo contro la città, circondò la parte interna della città con tre recinti esterni e (la parte) esterna con tre: quelli della parte interna della città erano di mattoni cotti e bitume, mentre quelli della parte esterna erano semplicemente di mattoni.
Libro X:225 Munita di mura la città in maniera così notevole e ornate le torri delle porte come si addiceva al loro carattere sacro, affiancò un altro palazzo attiguo alla reggia paterna della cui altezza e magnificenza e di altri aspetti può forse apparire stravagante che io ne parli, se non fosse che, nonostante la sua grandezza e il suo splendore, fu portato a termine in quindici giorni.
Libro X:226 In questo palazzo eretto con mura di pietra al quale diede una struttura molto simile alle montagne, effetto raggiunto piantandovi sopra alberi di ogni specie, formò il cosiddetto giardino pensile, perché sua moglie, cresciuta nella regione della Media, desiderava l'ambiente nativo”.
Libro X:227 Anche Megasthene ricorda queste cose nel quarto libro della sua Storia dell'India ove si impegnò a dimostrare che questo re, per grandezza di imprese e di gesta, sorpassava Ercole, affermando che aveva assoggettato la maggior parte della Libia e l'Iberia.
Libro X:228 Anche Dioche menziona questo re nel secondo libro della sua Storia della Persia; così pure Filostrato nella sua Storia dell'India e della Fenicia scrive che questo re assediò Tiro per tredici anni nel periodo in cui Ithoballo era re di Tiro. Questo, dunque, è quanto fu scritto su questo re da tutti gli storici.
Abilmathadacho succede a Nebukadnezzar e
libera Jechonia
Libro X:229 - 2. Alla morte di Nebukadnezzar gli successe sul trono suo figlio Abilmathadacho, il quale liberò subito dalle catene Jechonia, re di Gerusalemme, e lo ritenne come uno degli amici più stretti, gli diede molti regali e lo creò sovrintendente al palazzo reale di Babilonia,
Libro X:230 perché suo padre non era stato ai patti con Jechonia allorché si arrese spontaneamente con le mogli, i figli e tutti i suoi parenti per la salvezza della Città nativa, affinché non fosse presa con l'assedio e saccheggiata, come abbiamo detto sopra.
Baltasare e la misteriosa scrittura
sul muro
Libro X:231 Quando Abilmathadacho morì, dopo diciotto anni di regno, gli succedette sul trono suo figlio Eglisaro, e lo tenne per quaranta anni, fino al termine della vita. Dopo di lui la successione al trono andò al figlio Labosordacho, che lo tenne, complessivamente, per nove mesi e poi morì; passò poi a Baltasare, chiamato dai Babilonesi Naboandelo.
Libro X:232 Contro di lui mossero guerra Ciro, re dei Persiani e Dario, re dei Medi; e mentre era cinto d'assedio in Babilonia, gli si presentò davanti agli occhi una mirabile e prodigiosa visione, mentre egli era a mensa, banchettando e bevendo in una grande sala fatta per i trattenimenti reali, con le sue concubine e gli amici;
Libro X:233 inaspettatamente diede ordine che fosse portato dal suo tempio il vasellame di Dio, che Nebukadnezzar aveva asportato come bottino, da Gerusalemme, ed invece di usarlo, lo aveva deposto nel proprio tempio; egli (Baltasare) però si imbaldanzì così tanto da usarlo mentre banchettava e beveva, bestemmiando Dio: vide (allora) una mano spuntare dal muro e scrivere certe sillabe sulla parete.
Libro X:234 Turbato, a tale vista, chiamò i Magi, i Caldei e tutti coloro che di questa categoria si trovavano in Babilonia e potessero interpretare segni e sogni, affinché gli indicassero il significato di quella scrittura.
Libro X:235 E, siccome i Magi furono incapaci di leggere qualcosa e dissero che non riuscivano a capire nulla, colpito da grande angoscia e dolore per la straordinaria visione, il re fece un proclama per tutto il paese, promettendo una
collana d'oro e un abito di porpora da indossare come i re caldei a chiunque chiarisse lo scritto e ne indicasse il significato.
Libro X:236 Divulgatosi il proclama, i Magi si raccolsero in un numero ancora più grande e fecero tentativi ancora più profondi per leggere lo scritto, ma si trovarono né più, né meno come prima.
Libro X:237 Vedendo il re così abbattuto per questo problema, la sua nonna prese a consolarlo dicendogli che c'era un certo prigioniero della Giudea, nativo di quella regione, condotto di là da Nebukadnezzar quando saccheggiò Gerusalemme: il suo nome era Daniele, uomo sapiente e abile nello scoprire cose che sono al di là dell'umano potere e note soltanto a Dio: egli aveva illuminato quanto aveva cercato invano il re Nebukadnezzar e quanto nessun altro era stato capace di dirgli su ciò che desiderava conoscere.
Libro X:238 Lei, dunque, supplicava il re affinché mandasse da lui per interrogarlo a proposito della scrittura, condannando così l'ignoranza di coloro che non la potevano leggere, per quanto oscuro fosse l'aspetto di quanto Dio intendeva segnalargli.
Interpretazione della scrittura
Libro X:239 - 3. Udito questo, Baltasare chiamò Daniele e dopo avergli detto che aveva sentito parlare di lui, della sua sapienza, dello spirito divino sempre ai suoi fianchi, e come lui soltanto fosse fornito di un intelletto abilissimo, sconosciuto agli altri, lo pregò di volergli esporre quella scrittura e di spiegargliene il significato;
Libro X:240 se farà questo, gli promette come ricompensa e premio del suo sapere una veste di porpora da indossare, una collana d'oro da portare attorno al collo, e gli darà ancora la terza parte del suo impero come compenso per la sua sapienza, sicché si attirerà un grandissimo onore presso tutti coloro che lo vedono, e gli domanderanno come pervenne a tanto onore.
Libro X:241 Allora Daniele lo pregò di tenere i suoi doni, perché, disse, la sapienza e il divino non ammettono regali, ma liberamente ne beneficiano coloro che chiedono aiuto; e aggiunse che gli avrebbe spiegato la scrittura; essa significa che la sua vita è giunta alla fine, perché dai castighi onde fu punito il suo antenato per avere oltraggiato Dio, lui non ha imparato né a vivere piamente
né a moderare i sensi in modo tale che non sorpassino la naturale condizione umana;
Libro X:242 ma, al contrario, pur essendo stato Nebukadnezzar costretto a vivere come una bestia per la sua empietà, ottenne (da Dio), per pura pietà, con molte preghiere e suppliche, il ritorno alla vita d'uomo e il regno, per questo fino al giorno della morte lodò Dio come il detentore di ogni potere e il custode degli uomini, mentre lui (Baltasare) ha dimenticato tutto questo e bestemmiato gravemente la Divinità e permise a se stesso e alle concubine di essere servito con il Suo vasellame.
Libro X:243 Alla vista di questi fatti, Dio si è sdegnato fortemente contro di lui, e con la scrittura gli preannuncia quale sarà la sua fine. Ora il significato delle lettere è come segue: “Mane”, questo nella lingua greca significa “numero”, il che vuol dire che Dio ha numerato il tempo della tua vita e del tuo regno, e per te non resta che un breve intervallo.
Libro X:244 “Thekel”, significa “peso”; Dio ha pesato il tempo del tuo regno, e indica che è ormai calante. “Phares”, questo in lingua greca significa “rottura”: Egli romperà il tuo regno e lo dividerà tra i Medi e i Persiani.
Baltasare onora Daniele
Libro X:245 - 4. Allorché Daniele disse al re quale era il significato delle scritte sulla parete, Baltasare, come era naturale alla rivelazione di notizie così tremende, fu colpito da profondo dolore e affanno.
Libro X:246 Ciononostante, sebbene Daniele fosse stato pure lui un profeta di malaugurio, non gli disdisse i regali promessi, ma glieli diede tutti, pensando anzitutto che (la colpa) delle cose preannunziate e che gli sarebbero accadute riguardavano se stesso e il suo destino, e in nessun modo ne era responsabile colui che le aveva preannunziate; in secondo luogo erano state affermate da un uomo buono e giusto, anche se il futuro sarebbe stato nero per se stesso. Questa fu la sua decisione.
Libro X:247 Poco dopo, allorché Ciro, re dei Persiani, gli marciò contro, sia lui che la città furono presi. Fu, infatti, all'epoca di Baltasare che fu presa Babilonia, nel diciasettesimo anno del suo regno. Così, come apprendiamo dalla storia, fu la fine che toccò ai discendenti del re Nebukadnezzar.
Dario e Ciro pongono fine all'impero
babilonese
Libro X:248 Dario, che col suo congiunto Ciro mise fine all'impero babilonese, aveva l'età di sessantuno anni quando prese Babilonia. Era figlio di Astiage, ma dai Greci era chiamato con un altro nome.
Libro X:249 Egli prese il profeta Daniele, lo condusse nella sua patria, la Media e lo tenne al proprio fianco, tributandogli ogni onore. Daniele, infatti, era uno dei tre satrapi da lui designati sopra le trecentosessanta satrapie: tanto appunto erano i capi creati da Dario in ogni satrapia
Carattere di Daniele
Libro X:250 - 5. Daniele, tenuto in così alto onore e splendido favore da Dario, era l'unico che fosse associato a lui in tutti gli affari perché si credeva che avesse in sé uno spirito divino; divenne preda dell'invidia, perché gli uomini sono gelosi quando vedono altri tenuti dai re in onore più grande di quello riservato a loro.
Libro X:251 A coloro ai quali troppo pesava la grazia che egli godeva presso Dario e cercassero perciò qualche pretesto per diffamarlo, egli non diede alcun motivo, perché era, per indole superiore al denaro e disprezzava ogni genere di guadagno, parendogli brutta cosa accettare qualcosa, anche quando l'offerta era onesta, così non diede agli invidiosi il benché minimo argomento d'accusa.
Libro X:252 Costoro non avevano nulla da addurre davanti al re contro di lui e ledere in tal modo la stima di cui godeva presso il re, con maldicenza e calunnia, cercavano con altri mezzi di toglierselo dinnanzi. Vedendo che Daniele pregava tre volte al giorno, pensavano di avere trovato il pretesto per rovinarlo.
Daniele, accusato di trasgressione, è gettato
nella fossa dei leoni
Libro X:253 E, andati davanti a Dario, l'informarono che i suoi satrapi e governatori avevano deciso di dare al popolo una tregua di trenta giorni durante i quali nessuno doveva indirizzare suppliche o preghiere sia a lui che agli dèi, e avevano perciò deciso che chiunque trasgredisse questo decreto lo si gettasse ai leoni e perisse.
Libro X:254 - 6. Al di là del loro malvagio piano il re non vide né sospettò che si trattasse di un laccio teso contro Daniele, e approvò il loro decreto, si impegnò di ratificare l'avviso e promulgare un editto che intimasse al popolo ciò che i satrapi avevano decretato.
Libro X:255 Mentre tutto il popolo, sollecito, curava di non trasgredire questi ordini e se ne stava in ozio, Daniele non si preoccupò minimamente di essi, ma come era sua consuetudine pregava Dio in piedi sotto gli occhi di tutti.
Libro X:256 Perciò, i satrapi, presentatasi loro l'occasione contro Daniele, che tanto desideravano, si recarono subito dal re e accusarono Daniele come l'unico trasgressore dei suoi ordini; poiché, dicevano, nessun altro osò pregare gli dèi, e ciò non per amore di religione, ma per invidia,
Libro X:257 sospettando che Dario lo trattasse con una benevolenza maggiore di quanto credevano e lo portasse al punto di rimettergli anche la non curanza dei suoi decreti, per il semplice motivo che erano invidiosi di Daniele, non adottarono un contegno più moderato, ma chiesero che fosse gettato ai leoni conforme alla legge.
Libro X:258 Così Dario, sperando che la Divinità avrebbe salvato Daniele e che dalle fiere non avrebbe avuto da soffrire danno alcuno, lo confortò a sopportare di buon animo gli eventi. Poi quando lo chiuse nel serraglio, lo stesso re sigillò la pietra posta sull'ingresso come porta e si ritirò; e passò tutta la notte senza mangiare e senza bere, ansioso per Daniele.
Libro X:259 Ma fattosi giorno, levatosi, andò al serraglio, e qui trovò intatto il sigillo lasciato come segno sulla pietra e, aprendolo, ad alta voce chiamò Daniele, e gli domandò se era vivo; Daniele rispose di si e aggiunse che non aveva subito danno alcuno: egli allora ordinò che fosse tratto fuori da quel serraglio di fiere.
Libro X:260 I nemici di Daniele, vedutolo sano e salvo, non credettero che ciò fosse dovuto alla Divinità e fosse stata la Sua provvidenza a salvarlo; ma pensarono che i leoni non avessero toccato Daniele, né lo avessero avvicinato perché prima erano stati riempiti di cibo; e così dissero al re.
Libro X:261 Ma egli detestò la loro malvagità, ordinò che si gettasse ai leoni una grande quantità di carne e quando avessero mangiato a sazietà, si gettassero nel serraglio i nemici di Daniele, volendo vedere se i leoni, sazi, rifiutavano di avvicinarsi a loro.
Libro X:262 Quando i satrapi furono gettati alle fiere, a Dario parve evidente che la Divinità aveva salvato Daniele; i leoni, infatti, non ne risparmiarono uno, ma li sbranarono tutti come se fossero rabbiosamente affamati e digiuni da lungo tempo. Penso che ad aizzarli non fu la fame, da poco erano stati riempiti a dovizia di carne, ma l'iniquità degli uomini, visibile anche ad animali irrazionali, e la loro punizione risultava conforme al volere di Dio.
Dario onora Daniele
Libro X:263 - 7. Periti in tal modo coloro che cospiravano contro Daniele, il re Dario inviò (messi) per tutto il paese a lodare il Dio venerato da Daniele, affermava che solo Lui è il Dio vero e onnipotente. Egli (Dario) dimostrò verso Daniele uno straordinario e altissimo onore additandolo come il primo dei suoi amici.
Libro X:264 Daniele era così rinomato e famoso per la sua reputazione di uomo caro a Dio, innalzò una fortezza in Ecbatana nella Media: era un'opera molto bella e sontuosa, che resta fino a tutt'oggi. A chi la guarda, appare come se fosse innalzata proprio adesso nel momento in cui il visitatore la vede, fresca e radiante nella sua bellezza, non porta i segni del suo lungo periodo di esistenza:
Libro X:265 Gli edifici, infatti, sono soggetti agli stessi cambiamenti degli uomini, con gli anni diventano grigi, perdono la loro forza e la bellezza si offusca. In questa fortezza, fino al giorno d'oggi, sono sepolti i re medi, persiani e parti e la persona che ne ha cura è un sacerdote giudeo: quest'uso è praticato fino ad oggi.
Libro X:266 Di quest'uomo (Daniele) è giusto che si dica anche questo che farà meravigliare grandemente chi ne viene a conoscenza: cioè ogni cosa gli andò in modo meraviglioso e fortunato come a uno dei più grandi profeti, e durante la sua vita ebbe onore e stima dai re e dal popolo, e dopo la morte vive eternamente la sua memoria.
Libro X:267 I libri che scrisse e lasciò (ai posteri) da noi si leggono anche adesso, e da essi ci convinciamo che Daniele parlava con Dio, poiché non soltanto preannunciava le cose future come gli altri profeti, ma segnò anche il tempo nel quale sarebbero avvenute;
Libro X:268 mentre gli altri profeti preannunziavano disastri, e perciò erano malvisti dai re e dal popolo, Daniele fu profeta di eventi lieti, sicché con le fauste
sue predizioni si cattivò la benevolenza di tutti, mentre con la realizzazione dell'evento ebbe il credito da moltitudini e nello stesso tempo si guadagnò stima per il suo potere divino.
Visione di Daniele a Susa
Libro X:269 Lasciò scritti nei quali porta all'evidenza l'esattezza e la fedeltà delle sue profezie. Dice che quando era a Susa, metropoli della Persia, andò fuori nella pianura con i suoi compagni, ci fu improvvisamente una scossa e un terremoto, ed egli fu lasciato solo dai suoi amici, fuggiti; nella confusione cadde bocconi a terra con le mani innanzi; qualcuno lo toccò ordinandogli di alzarsi e guardare a quanto, in futuro, sarebbe accaduto ai suoi concittadini, dopo molte generazioni.
Libro X:270 Quando si alzò, rivela, gli si mostrò un grosso montone armato di molte corna, l'ultima delle quali era la più alta di tutte. Poi guardò verso Occidente, e vide un caprone portato attraverso l'aria: lo colpì due volte con le sue corna, lo urtò a terra e lo calpestò;
Libro X:271 poi, di fronte al montone, vide spuntare un corno grandissimo, e allorché questo si spezzò, ne spuntarono quattro rivolti ciascuno ai quattro venti. Da questi, egli scrive, spuntò un altro corno più piccolo, del quale Dio, che gli rivelava queste cose, gli disse che sarebbe cresciuto e avrebbe fatto guerra alla sua nazione, a viva forza ne avrebbe preso la Città , infranto il servizio del tempio e impedito l'offerta di sacrifici per milleduecentonovantasei giorni.
Interpretazione della visione
Libro X:272 Questo, scrive Daniele, è quanto vide sulla pianura di Susa, e aggiunge che Dio gli interpretò la visione come segue: il montone, spiegò, rappresenta i regni dei Medi e dei Persiani e le corna quelli che avrebbero regnato (dopo di loro), l'ultimo corno rappresentava l'ultimo re, il quale avrebbe sorpassato tutti gli altri per prosperità e gloria.
Libro X:273 Il caprone, spiegò, indica che ci sarebbe stato un re dei Greci che avrebbe attaccato per due volte il re dei Persiani, l'avrebbe vinto e spogliato di tutto il suo regno.
Libro X:274 il grande corno in fronte al caprone indica il primo re, e le quattro corna, cresciute dopo la caduta del primo corno, e la loro direzione verso i
quattro venti della terra, indica i successori del primo re, dopo la sua morte e la divisione del regno tra loro, e costoro che non erano né suoi figli né suoi parenti, avrebbero regnato sul mondo per molti anni.
L'adempimento delle Profezie di Daniele
Libro X:275 Da costoro verrà un re che farà guerra alla nazione dei Giudei e alle loro leggi, li priverà della forma di governo basato su queste leggi, spoglierà il tempio e per tre anni impedirà l'offerta dei sacrifici.
Libro X:276 La nostra nazione ebbe a sperimentare questi sfortunati eventi sotto Antioco Epifane, proprio come vide Daniele, molti anni prima che avvenissero. Allo stesso modo Daniele scrisse anche a proposito dell'impero dei Romani, che Gerusalemme sarebbe stata presa da loro e il tempio distrutto.
Libro X:277 Tutte queste cose rivelategli da Dio, egli tramandò per iscritto, sicché quanti le leggono e osservano come esse accaddero, si stupiscono dell'onore fatto da Dio a Daniele. Da tali eventi si comprende quanto sbagliano gli Epicurei,
Libro X:278 i quali escludono la Provvidenza dalla vita umana e si rifiutano di credere che Dio regga le sue vicende o che nell'universo vi sia un Essere benedetto e immortale che lo dirige a un fine e che il tutto possa durare, sostengono invece che il mondo si muove per forza propria senza conoscere né guida né cura di altri.
Libro X:279 Ora, se fosse a tale maniera senza guida, si distruggerebbe prendendo un corso cieco e così andrebbe in rovina proprio come vediamo affondare le navi allorché perdono il timoniere o i cocchi ribaltarsi allorché sono sprovvisti di cocchiere.
Libro X:280 A proposito delle cose previste da Daniele, mi pare, dunque, che sono lungi dall'avere una retta opinione coloro che asseriscono che Dio non prende alcuna cura degli affari umani: se il mondo fosse regolato dal caso, certamente non vedremmo tutte le cose accadere conforme a questa profezia.
Libro X:281 Io ho scritto su queste cose secondo quanto ho trovato nella mia lettura; se altri, tuttavia, ne dà un giudizio diverso, non obietterò alla sua diversa opinione.