martedì 18 ottobre 2011

Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio Libro XII° (12/20)

Libro XII°

Dispute tra i successori di Alessandro
Libro XII:1 - I, I. - Sconfitto l'impero dei Persiani e sistemati gli affari della Giudea nel modo sopra indicato, Alessandro, re dei Macedoni, finì la sua vita.
Libro XII:2 Il suo impero cadde in mano a molti: Antigono divenne padrone dell'Asia e Seleuco di Babilonia e delle nazioni vicine, Lisimaco fu signore dell'Ellesponto, Cassandro ebbe la Macedonia, Tolomeo, figlio di Lago, occupò l'Egitto.
Libro XII:3 Ma, essendo costoro irrequieti, combattevano l'un contro l'altro, gelosi ognuno del proprio dominio, ne sorsero guerre lunghe e continue, e per le loro lotte le città ebbero molti danni e persero molti dei loro abitanti; così tutta la Siria in mano di Tolomeo, figlio di Lago, chiamato allora Sotèr, ebbe a subire proprio il contrario di quello che significa questo soprannome.
Tolomeo Sotèr prende Gerusalemme
Libro XII:4 E questi, con astuzia e inganno, prese Gerusalemme: entrato in Città di Sabbato, come per offrire sacrifici, i Giudei non gli si opposero, non sospettando alcun atto ostile, e così per l'assenza di sospetti e per la natura del giorno, essi si godevano il riposo e la tranquillità, ed egli divenne padrone della Città senza alcuna difficoltà, e la signoreggiò duramente.
Libro XII:5 Il fatto è attestato da Agatarchide di Cnido, lo storico dei Diadochi, che ci rimprovera per la nostra superstizione attribuendo a essa la nostra perdita della libertà, con queste parole:
Libro XII:6 “Vi è una gente chiamata Giudei che ha una città forte e grande chiamata Gerusalemme e ne permisero la caduta in mano di Tolomeo rifiutandosi di prendere le armi e, a motivo di una anacronistica superstizione, si sottomisero a un duro padrone”.
Libro XII:7 Questa è l'opinione espressa da Agatarchide sulla nostra gente. Ora Tolomeo dopo avere preso molti prigionieri della regione collinosa della Giudea, dai luoghi vicini a Gerusalemme dalla Samaria e da quelli del Garizin, li trasferì tutti in Egitto e quivi li stabilì.
Libro XII:8 E avendo riconosciuto che la popolazione di Gerusalemme era molto leale nel mantenere giuramenti e promesse, come appariva dalla risposta che aveva dato ad Alessandro allorché inviò a essa un'ambasciata dopo la disfatta di Dario, assegnò molti di loro alle sue guarnigioni, e in Alessandria diede a essi diritti uguali a quelli dei Macedoni esigendo il giuramento che si sarebbero mantenuti fedeli ai discendenti di colui che li aveva posti in una posizione di fiducia.
Libro XII:9 Ma non pochi altri Giudei andarono in Egitto spontaneamente attratti dall'eccellenza del paese e dalla liberalità di Tolomeo.
Libro XII:10 I loro discendenti, tuttavia, ebbero grandi litigi con i Samaritani perché erano decisi a mantenere il tenore di vita e le abitudini dei loro padri, e così si combattevano l'un l'altro: quelli di Gerusalemme affermavano che il loro santuario era l'unico sacro e i sacrifici si dovevano mandare lì, mentre i Sichemiti giudicavano necessario che andassero sul monte Garizin.
Tolomeo Filadelfo e la traduzione della Legge
Libro XII:11 II, I. Alessandro regnò dodici anni; dopo di lui Tolomeo Sotèr (ne regnò) quarant'uno; dopo, il regno d'Egitto lo prese Filadelfo e lo tenne per trentanove anni: egli fece tradurre la Legge e liberò dalla schiavitù circa ventimila nativi di Gerusalemme che si trovavano schiavi in Egitto per il seguente motivo.
Libro XII:12 Demetrio di Falero, che aveva l'incarico della biblioteca del re, era ansioso (di vedere) se poteva radunare tutti i libri dell'ecumene, e allorché ne sentiva e vedeva qualcuno degno di studio, lo comperava; così si adoprava di assecondare i desideri del re il quale era amantissimo dell'arte di collezionare libri.
Libro XII:13 Un giorno Tolomeo gli domandò quante migliaia di libri avesse già collezionato, rispose che al presente il numero si aggirava intorno ai duecentomila, ma in breve tempo avrebbe raggiunto i cinquecentomila.
Libro XII:14 E aggiunse che era stato informato che anche tra i Giudei vi erano molte opere sulla loro Legge degne di studio e di un posto nella biblioteca del re, ma, siccome erano scritte in caratteri e nella lingua di questo popolo, sarebbe stato laborioso tradurle in lingua greca.
Libro XII:15 Poiché, disse, sebbene la loro scrittura assomigli ai caratteri dei Siri, e la lingua assomigli anche nei suoni all'altra, avveniva tuttavia che fosse di un tipo diverso. Ma, diceva, non v'era nulla che impedisse di ottenere traduzioni di questi libri e anche (di altri) scritti di questo popolo nella loro biblioteca, poiché aveva abbondanti risorse, sufficienti per andare incontro alle spese.
Libro XII:16 Così il re decise che Demetrio gli aveva (dato) un consiglio eccellente per realizzare la sua ambizione di ottenere un vasto numero di libri, e scrisse al sommo sacerdote dei Giudei, affinché questo fosse realizzato.
Tolomeo Filadelfo libera gli schiavi giudei
Libro XII:17 - 2. Un certo Aristea, strettissimo amico del re, rispettato per il suo comportamento discreto, che già in antecedenza aveva deciso di muovere il re a liberare gli schiavi giudei che si trovavano nel suo regno,
Libro XII:18 ritenne che questo fosse il momento favorevole per la sua domanda, ne parlò prima con i comandanti della guardia del corpo, Sosibio Tarantino e Andrea, e li spinse ad assecondare i suoi sforzi in direzione dell'argomento sul quale era in procinto di presentare la supplica al re.
Libro XII:19 Avuto l'assenso dalle persone su menzionate, Aristea andò dal re e gli disse le seguenti parole:
Libro XII:20 “Non bisogna, o re, che noi siamo ingannati, ma dobbiamo mostrare la verità così com'è. Avendo deciso non solo di trascrivere le leggi dei Giudei, ma anche di tradurle per il tuo piacere, con quale diritto potremo fare questo, mentre un numero così considerevole di Giudei è schiavo nel tuo regno?
Libro XII:21 Perciò, conforme alla tua magnanimità e alla tua bontà, liberali dalla loro miseria, visto che il Dio che diede loro le leggi, è lo stesso che sovrasta il tuo regno,
Libro XII:22 come io, dopo lungo studio, sono riuscito a imparare. E, infatti, sia loro che noi veneriamo il Dio che ha creato l'universo, che con termine appropriato chiamiamo Zena, dandogli questo nome per il fatto che egli ispira la vita in ogni creatura. In onore di Dio, rendi dunque (la libertà) a coloro che Lo venerano con singolare devozione, ma furono privati della loro patria e del modo di vivere che ivi conducevano.
Libro XII:23 Sappi, tuttavia, o re, che non è a motivo della mia appartenenza alla loro stirpe o perché sono loro compatriota che chiedo queste cose in loro favore, ma ti spingo a fare questo perché tutti gli uomini sono opera di Dio e perché so che Egli si compiace di coloro che compiono il bene”.
Libro XII:24 - 3. Allorché Aristea parlò così, il re lo guardò con una espressione lieta e felice, e domandò: “Quante migliaia supponi che siano quelli da liberare?”. E quando Aristea che gli stava a fianco gli rispose che sarebbero stati poco più di centoventimila, il re soggiunse: “E ti pare una piccola grazia, quello che tu chiedi, Aristea?”.
Libro XII:25 Sosibio e gli altri presenti dissero che doveva compierlo come un sacrificio di ringraziamento che la sua magnanimità doveva a Dio che gli aveva dato il regno; e così gentilmente da essi convinto, diede ordini che, giunto il momento di dare il soldo alla milizia, si pagasse ancora centoventi dracme per ognuno degli schiavi che vi erano.
Libro XII:26 E in favore delle persone per le quali essi supplicavano, promise che avrebbe pubblicato un decreto molto liberale col quale avrebbe mandato a effetto non solo la proposta di Aristea, ma, quel che è più, il volere di Dio in conformità del quale avrebbe liberato non solo quelli fatti prigionieri da suo padre e dal suo esercito, ma anche quanti si trovavano già prima nel regno e quelli portati in seguito.
Libro XII:27 E sebbene avvertito che il costo di questa redenzione sarebbe stato superiore a quattrocento talenti, egli l'accordò. Ma, affinché sia a tutti nota la munificenza di questo re, mi piace conservare una copia di tale editto,
Libro XII:28 che è come segue:
Testo del decreto di Tolomeo
“Tutti gli schiavi presi prigionieri dall'esercito di mio padre nell'invasione della Siria, della Fenicia e della Giudea, portati nelle nostre città e nel nostro paese e venduti, e gli schiavi che già prima si trovavano nel mio regno nonché quelli introdotti in periodi recenti, voglio che tutti costoro siano messi in libertà dai loro proprietari e ricevano centoventi dracme per ogni schiavo: i soldati ricevano questa moneta di risarcimento assieme al soldo, gli altri dall'erario regio.
Libro XII:29 Ritengo che siano stati fatti prigionieri contro l'intenzione di mio padre e al di là del giusto, e che il loro paese fu devastato dall'esercito per mancanza di disciplina, e che i soldati abbiano tratto grande vantaggio dal loro trasferimento in Egitto.
Libro XII:30 Per amore, dunque, del giusto e per un sentimento di pietà per coloro che furono ingiustamente oppressi, ordino che tutti i padroni liberino i Giudei che sono al loro servizio per i quali riceveranno la somma detta qui sopra, e che nessuno si comporti fraudolentemente in questa materia, ma obbediscano ai presenti ordinamenti.
Libro XII:31 E’ mio volere che a tre giorni dalla pubblicazione di questo editto ognuno esponga agli incaricati quanti ne ha e ne mostri subito i corpi: ritengo, infatti, che questo sia anche a mio vantaggio. Chiunque lo vuole può denunziare coloro che disobbediscono ed è mio volere che le proprietà di costoro passino al patrimonio regio”.
Libro XII:32 Letto questo editto al re, si riscontrò che conteneva tutte le previsioni, ma non aveva direttive sui Giudei che erano stati portati nel paese prima o dopo (suo padre), e così con animo generoso e magnanimo aggiunse personalmente umane istruzioni a loro riguardo; e siccome il denaro da pagare per le spese era molto, ordinò che la somma si dividesse equamente tra gli amministratori pubblici e i banchieri regi.
Libro XII:33 Fatto questo, il decreto del re fu presto eseguito nello spazio di sette giorni, e il denaro per il riscatto raggiunse la somma di più di quattrocentosessanta talenti, perché i padroni di schiavi esigettero centoventi dracme anche per i bambini, come se il re avesse ordinato che il prezzo fosse sborsato anche per costoro, allorché aveva annunziato che essi avrebbero ricevuto la suddetta somma per ogni schiavo.
Demetrio Falero stende un decreto sulla
versione proposta
Libro XII:34 - 4. Dopo che questo fu splendidamente effettuato conforme al desiderio del re, egli diede a Demetrio che si stendesse un decreto dei libri giudaici, essendo norma che i re non compissero mai nulla in maniera sconsiderata: ogni cosa era fatta con grande diligenza.
Libro XII:35 Si stese dunque copia del decreto e delle lettere, e così pure delle offerte dedicatorie inviate (a Gerusalemme), la manifattura di ognuna fu curata affinché a ognuno che le vedeva apparisse chiaramente l'abilità dell'artefice e si conoscesse l'autore di ognuna trattandosi di lavori di qualità eccellente.
La copia del decreto era come segue:
Libro XII:36 “Al grande re, da Demetrio. Tu hai ordinato, o re, che si compilasse una lista completa degli scritti che ancora mancano alla biblioteca e che si desse la necessaria cura a quelli che fossero difettosi, perciò io ho rivolto a questo tutto il mio studio e desidero informarti che mancano, tra gli altri, i libri della legislazione giudaica. Poiché, essendo in caratteri ebraici e nella lingua di quella nazione, per noi sono incomprensibili.
Libro XII:37 Così avvenne che sono stati copiati con meno diligenza del necessario, non essendo stati oggetto della sollecitudine regia. E’ tuttavia necessario che anche questi si trovino tra i tuoi libri in forma corretta; la loro legislazione è veramente saggia e pura, venendo da Dio.
Libro XII:38 E’ per questo che Ecateo di Abdera afferma che poeti e storici non fanno alcuna menzione né di essa né degli uomini che da essa furono governati, perché pura e da non rivelare da bocche profane.
Libro XII:39 Se dunque, o re, è di tuo gradimento, scrivi al sommo sacerdote dei Giudei di inviare sei anziani da ogni tribù, istruiti nelle loro leggi affinché una volta che hanno imparato il chiaro e coerente significato di esse, e ottenuto una traduzione accurata, noi possiamo avere una collezione di questi libri che sia degna del loro contenuto e del tuo desiderio”.
L'invio di regali al sommo sacerdote Eleazaro
Libro XII:40 - 5. Tale era il tenore del memoriale, e quando gli fu sottoposto, il re diede ordine che si scrivesse una lettera su questi argomenti a Eleazaro, sommo sacerdote dei Giudei, informandolo contemporaneamente del rilascio dei Giudei che erano in schiavitù presso di loro; e gli mandò oro del peso di cinquanta talenti per farne coppe, caraffe e calici, e una quantità incalcolabile di pietre preziose.
Libro XII:41 Inoltre, impose ai custodi delle cassette ove erano custodite le pietre preziose che consentissero ai gioiellieri di scegliere le specie che desideravano. Stabilì ancora che, in monete, fosse data al sacerdote la somma di cento talenti per i sacrifici e per altre necessità.
Libro XII:42 Descriverò ora gli oggetti e la forma della loro lavorazione, dopo avere premesso copia della lettera scritta al sommo sacerdote Eleazaro, il quale ottenne la dignità per il seguente motivo.
Libro XII:43 Morto il sommo sacerdote Onia, gli succedette suo figlio Simone che fu soprannominato “il Giusto” per la sua pietà verso Dio e per l'amore che portava ai suoi compatrioti.
Libro XII:44 Ma allorché egli morì, lasciò il figlio bambino di nome Onia, e così il sommo sacerdozio lo prese suo fratello Eleazaro del quale parliamo ora, e fu a lui che Tolomeo scrisse nel modo seguente.
Lettera di Tolomeo a Eleazaro
Libro XII:45 “Il re Tolomeo a Eleazaro sommo sacerdote, salute. C'erano molti Giudei residenti nel mio regno, fatti prigionieri dai Persiani allorché avevano il
potere, che mio padre onorò e alcuni di costoro arruolò nel suo esercito con una paga alta, ad altri venuti in Egitto con lui affidò delle guarnigioni affinché ispirassero timore agli Egiziani;
Libro XII:46 allorché io assunsi il potere regale, dimostrai umanità verso tutti gli uomini, in special modo verso i tuoi concittadini di costoro ne liberai oltre centomila che erano tenuti schiavi pagando del mio ai loro padroni il denaro del riscatto;
Libro XII:47 quanti erano nel fiore degli anni li arruolai nel mio esercito, ed ad altri che potevano servirci e occupare posti di fiducia alla corte, ho conferito tale onore pensando di fare un atto a Dio gradito in contraccambio alla Sua provvidenziale cura verso di me.
Libro XII:48 Desideroso di compiere un favore e a questi Giudei e a quanti sono nell'ecumene, ho deciso di avere la traduzione della vostra Legge e, quando sarà tradotta dalle lettere ebraiche nelle lettere greche, depositarla nella mia biblioteca.
Libro XII:49 Farai dunque bene a scegliere sei uomini buoni da ogni tribù, avanti negli anni, i quali per la loro età siano ben versati nelle leggi e possano fare una traduzione accurata di esse. Penso, infatti, che da questa impresa ci verrà la più grande gloria.
Libro XII:50 Ti ho inviato Andrea, comandante della guardia del corpo, e Aristea, uomini tenuti da me in grandissimo onore, per discutere di questa materia con te; per mezzo loro ho inviato anche offerte dedicatorie come primi frutti per il santuario, e cento talenti d'argento per sacrifici e altri scopi. Se su questo ci scriverai il tuo parere, ci farai piacere”.
Risposta del sommo sacerdote a Tolomeo
Libro XII:51 - 6. Quando la lettera giunse a Eleazaro, questi gli rispose nella maniera più cortese possibile: “Eleazaro, sommo sacerdote, al re Tolomeo, salute. Se tu e la regina Arsinoe e i vostri figli state bene, per noi tutto va bene.
Libro XII:52 Ricevuta la lettera, siamo rimasti molto compiaciuti della tua proposta; raccolta l'assemblea, gliela abbiamo letta, manifestando a tutti la tua pietà verso Dio.
Libro XII:53 Abbiamo anche mostrato loro le venti caraffe d'oro che hai inviato, le trenta d'argento, le cinque coppe e la mensa per offerte votive e i cento talenti per i sacrifici e per altre cose necessarie al santuario, doni che furono portati da Andrea e Aristea, stimatissimi amici tuoi, persone buone di eminente erudizione e degne delle tue eccellenti virtù.
Libro XII:54 Sappi che noi saremo pronti a giovarti, anche se ciò va al di là della nostra natura; dobbiamo, infatti, contraccambiare i moltissimi benefici che tu hai dimostrato verso i nostri concittadini.
Libro XII:55 Subito, perciò, abbiamo offerto sacrifici per te e per tua sorella e per i figli e per gli amici, e l'assemblea elevò preghiere affinché si realizzino i tuoi desideri, il tuo regno si mantenga in pace e la versione della Legge ti sia di profitto e raggiunga lo scopo che tu desideri.
Libro XII:56 Da ogni tribù abbiamo anche scelto sei uomini anziani e li abbiamo inviati con la Legge. Resta alla tua pietà e giustizia restituirci con sicurezza la Legge, quando sarà stata tradotta, assieme a coloro che la portano. Sta bene”.
Magnificenza dei doni di Tolomeo a Eleazaro
Libro XII:57 - 7. Questa era dunque la risposta del sommo sacerdote. Ma non ho ritenuto necessario riferire i nomi dei settanta anziani che furono inviati da Eleazaro e portarono la Legge; essi, infatti, si trovavano scritti alla fine della lettera.
Libro XII:58 Non ritenni, invece, inopportuno fare menzione della magnificenza e dei manufatti di offerte dedicatorie che il re inviò a Dio, onde apparisse a tutti quanto grande fosse la liberalità d'animo del re nell'onorare Dio. Il re, infatti, diede somme illimitate da spendere per questi doni e si trovava sempre presente con gli artefici sorvegliando il loro lavoro, non permettendo che alcun oggetto fosse fatto con trascuratezza o indifferenza.
Libro XII:59 Di questi descriverò la magnificenza, sebbene forse, la mia storia non richieda un simile racconto; ma io intendo porre sotto gli occhi dei lettori l'amore del bello e la magnanimità del re.
Disegno della mensa per il tempio di Gerusalemme
Libro XII:60 - 8. Prima di tutto descriverò la mensa. L'intenzione del re era di fabbricare questo oggetto di dimensioni straordinariamente grandi, e diede ordine di esaminare la misura della mensa che era stata eretta in Gerusalemme: vederne la larghezza e, se era possibile, fabbricarne una più ampia di quella.
Libro XII:61 Quando esaminò la misura e seppe che nulla impediva di fabbricarne una più grande, disse che voleva costruirne una cinque volte più grande di quella che c'era, ma temeva che non sarebbe stato utile per la liturgia a motivo della eccessiva misura (essendo sua intenzione che l'offerta dei suoi doni non fosse li per dare spettacolo, ma servisse per la liturgia),
Libro XII:62 perciò, riflettendo che la precedente mensa era stata fabbricata in misure proporzionate, e non per mancanza d'oro, decise di non oltrepassare la grandezza della già esistente, ma ne costruì una più pregevole per la varietà della lavorazione e per la bellezza dei materiali.
Libro XII:63 E siccome era un uomo acutissimo nel penetrare la qualità di ogni cosa e nell'inventare cose nuove e oggetti meravigliosi, quando non esisteva alcuna direzione scritta, egli stesso provvide il disegno delle sue invenzioni, lo spiegò agli artefici e ordinò loro di eseguire quegli oggetti; dove esistevano direttive scritte, ordinò agli uomini di seguirle in maniera esatta e completa.
Descrizione della mensa
Libro XII:64 - 9. Pose mano alla fabbricazione della mensa: seguendo il modello, la fecero due cubiti e mezzo in lunghezza, uno in larghezza, uno e mezzo in altezza, e tutto il basamento del lavoro lo fecero d'oro. Tutt'intorno vi fecero una fascia alta un palmo, dai lembi attorcigliati e scolpiti a mo' di cordoncino, imitato meravigliosamente, sebbene fatti da tutti e tre i lati:
Libro XII:65 costituendo una figura triangolare, ogni angolo rappresentava la scultura del medesimo motivo; sicché volgendosi tutto attorno alla scultura, ne risultava sempre una medesima figura mai interrotta; la parte di fascia, chiusa verso la mensa era graziosamente modellata, ma quella che l'abbracciava di fuori, aveva un lavoro assai più bello, poiché era esposto allo sguardo degli spettatori.
Libro XII:66 Per questo motivo l'orlatura superiore, ove si incontrano le due superfici, costituiva un angolo acuto, e nessun angolo, dei tre che vi erano, come abbiamo detto sopra, appariva minore degli altri, quando la tavola veniva
portata in giro. Nel cordoncino tornito si vedevano, a uguale distanza tra loro, delle pietre preziose fermate, nei loro castoni, con fibbie d'oro.
Libro XII:67 Le parti del lato obliquo ed esterno della fascia erano ornate da una serie di uova fatte di pietre bellissime scolpite accuratamente; questo lavoro girava tutto intorno alla mensa.
Libro XII:68 Sotto la serie di uova, gli artefici scolpirono una corona attorniata da ogni specie di frutta: si vedevano pendere grappoli e nascere spighe, e tra gli uni e gli altri spuntare melograni; a seconda del diverso genere della frutta, avevano disposte le gemme in maniera che ogni frutto aveva il suo colore naturale; le legavano insieme con oro tutt'intorno alla mensa.
Libro XII:69 Dopo questa corona vi era un altro ordine di uova simile al primo, e scanalature in bassorilievo, sicché da una parte e dall'altra della mensa, si offrivano agli occhi le medesime sculture e la medesima varietà di lavori; non vi era alcuna diversità, dai due lati, essendo simile la fattura dei due lembi e di tutta la fascia: il medesimo tipo di decorazione si estendeva fino ai piedi.
Libro XII:70 Perché fecero una piastra d'oro larga quattro dita per tutta la larghezza della mensa: in seguito qui innestarono i piedi: con fermagli e serrature li unirono strettamente alla mensa verso la fascia, sicché in qualunque posizione la si ponesse, lo spettacolo della sua novità e magnificenza risultasse lo stesso.
Ricchezze ornamentali della mensa
Libro XII:71 Sopra la mensa scolpirono un intreccio tempestato di gemme simili a stelle, di diverse fogge, come rubino e smeraldo, scintillanti deliziosamente allo sguardo, ed altre gemme ricercate e desiderate per la loro preziosa qualità;
Libro XII:72 dopo l'intreccio era scolpita attorno una rete dal disegno a cordone con al centro una figura di rombo entro la quale stavano incastonate gemme di cristallo e di ambra che si alternavano, ed erano per la vista una attrazione meravigliosa.
Libro XII:73 I piedi erano costituiti da capitelli a forma di gigli aperti, con le foglie che si ripiegavano sotto la mensa e avevano all'interno i loro stami diritti.
Libro XII:74 La loro base, alta un palmo, era fatta di rubino, aveva l'apparenza di un piedistallo: si stendeva in larghezza otto dita e su di essa, si appoggiava tutta la pianta dei piedi.
Libro XII:75 Ognuno dei piedi era scolpito con un lavoro finissimo e ingegnoso e attorno a essi fecero girare edera e tralci di vite con grappoli; avresti detto che non vi mancava nulla perché apparissero veri. Infatti, il muoversi che facevano al soffiare del vento, perché sottili e sporgenti con le loro cime in fuori, dava l'impressione che fossero naturali, piuttosto che artificiali.
Libro XII:76 Gli artefici diedero anche prova di originalità nella costruzione di tutta la mensa nella forma di trittico, le cui parti si univano l'una all'altra in modo così armonioso che all'occhio non era possibile vederle né al pensiero immaginarle. Lo spessore della mensa non era inferiore a mezzo cubito.
Libro XII:77 Così fu compiuta questa offerta dedicatoria, la quale per la preziosità del materiale e per la varietà ornamentale, per l'abilità degli artefici nell'imitazione della natura con l'arte fu tale quale la voleva l'animo generoso del re: egli ebbe cura di farla in modo che se non doveva risultare più grande di quella già dedicata a Dio, per l'arte, l'originalità, la finezza del lavoro, fosse assai più bella e meravigliosa.
Descrizione del vasellame del tempio
Libro XII:78 - 10. Le coppe d'oro erano due. Queste, fino al nodo sottile erano fatte a squame disposte a spirale, con varie gemme incastonate nelle spirali.
Libro XII:79 Al di sopra di questo c'era un meandro, alto un cubito, lavoro a spina di pesce fatto con gemme di ogni genere, seguivano varie scanalature, indi un intreccio a rombi, simile a una rete, saliva fino al labbro;
Libro XII:80 scudetti fatti di gemme grandi quattro dita e incastonate nel mezzo, ne aumentavano la bellezza. L'orlo delle coppe era incoronato da intrecci di gigli fioriti e tralci con l'uva che giravano attorno.
Libro XII:81 Così ornarono quelle coppe d'oro, ognuna delle quali aveva la capacità di due anfore. Quelle d'argento risplendevano più degli specchi, e più di questi riflettevano gli oggetti di fronte ad esse.
Libro XII:82 A questo, il re aggiunse ancora trenta caraffe le cui parti erano di oro, ma non costellate di gemme, ombreggiate da edera e da foglie di vite con grande maestria scultorea.
Libro XII:83 Questi meravigliosi effetti furono raggiunti in parte con l'abilità degli artefici, meravigliosi nel loro lavoro, ma molto più per lo zelo e la munificenza del re, poiché egli non solo provvide con larghezza e magnanimità
Libro XII:84 quanto occorreva agli artefici, ma, allorché era stanco dei pubblici affari, visitava i lavoratori, ed esaminava tutte le opere: e ciò spronava la diligenza degli artisti. Per questo motivo, la diligenza degli operai era spronata dall'esempio del re e dallo zelo che egli dimostrava; e così si impegnavano al lavoro con maggior volontà.
Arrivo degli anziani ad Alessandria
Libro XII:85 - 11. Queste, dunque, furono le offerte inviate da Tolomeo a Gerusalemme. Eleazaro, sommo sacerdote, dopo averle dedicate a Dio, e dopo avere onorato i portatori, ai quali diede regali da portare al re, li rimandò dal re.
Libro XII:86 Allorché giunsero ad Alessandria, e Tolomeo seppe del loro arrivo e dell'arrivo dei settanta anziani, mandò subito i suoi ambasciatori da Andrea e Aristea; quando giunsero, gli consegnarono le lettere avute per lui dal sommo sacerdote e gli riferirono tutto quanto il sommo sacerdote aveva proposto loro di riportargli a voce.
Libro XII:87 Poi, bramando di incontrare gli anziani giunti da Gerusalemme per la traduzione delle leggi, diede ordine di licenziare quanti si trovassero là per qualsiasi necessità: cosa per altro insolita e inaspettata.
Libro XII:88 Perché, quanti venivano per motivi del genere era uso che fossero introdotti alla sua presenza al quinto giorno, mentre gli ambasciatori erano ammessi dopo un mese. In questa occasione, tuttavia, licenziò questa gente e aspettò gli inviati di Eleazaro.
Libro XII:89 Quando vennero gli anziani con i doni dati loro dal sommo sacerdote da consegnare al re, e con le pergamene sulle quali erano scritte le leggi in caratteri d'oro, egli domandò dei libri.
Libro XII:90 E allorché srotolarono gli involucri e glieli mostrarono, il re rimase stupito dalla sottigliezza delle membrane e dall'invisibile loro unione, tanto bene si univano l'una all'altra; e dopo avere ammirato a lungo, disse di essere grato alla loro venuta, e più ancora a colui che li aveva mandati, ma ancora molto di più a Dio del quale erano queste leggi.
Libro XII:91 Allora sia gli anziani sia gli altri presenti gridarono, a una sola voce, augurando felicità al re; e per la sovrabbondanza di gioia scoppiò in lacrime. E’ naturale che una gioia grande si esprima con gli stessi segni del dolore.
Libro XII:92 Ordinò, infine, che i libri fossero consegnati a coloro ai quali spettava averne cura, e solo dopo abbracciò gli uomini affermando che, a suo modo di vedere, era giusto parlare prima delle cose per le quali li aveva chiamati, e in seguito intrattenersi con loro.
Libro XII:93 Pertanto promise che il giorno del loro arrivo era per lui un'occasione speciale e per tutta la sua vita lo avrebbe celebrato ogni anno, perché, disse, il loro arrivo era avvenuto nello stesso giorno della sua vittoriosa battaglia navale contro Antigono: e così li invitò a mensa, e ordinò che fossero apprestati loro i migliori alloggi vicino alla cittadella.
Tolomeo prepara il ricevimento agli anziani
Libro XII:94 - 12. Nicanore, l'ufficiale incaricato dell'accoglienza degli ospiti, chiamò Doroteo che si curava di queste cose e gli ordinò di preparare il vitto necessario a ognuno.
Libro XII:95 Queste cose erano ordinate dal re nel seguente modo: in ogni città nella quale si usava un vitto particolare, vi era una persona addetta a queste cose e preparava tutti i cibi per gli ospiti conforme alla loro usanza, affinché mangiassero a modo loro e avessero in tal modo maggiore piacere e non incontrassero nulla che dispiacesse loro in quanto estraneo. E questo è quanto fu fatto nel loro caso: furono affidati a Doroteo incaricato di questa materia, a motivo della sua perizia, fin nei particolari, nei diversi usi di vita.
Libro XII:96 Egli, dunque, mise in ordine tutto il materiale che aveva per questo ricevimento e divise la tavola in due file secondo gli ordini del re, il quale aveva stabilito che metà degli ospiti si disponesse da una parte di lui e l'altra metà dal
lato opposto a quello ove stava lui: non trascurò in tal modo nulla di quanto poteva fare loro onore.
Libro XII:97 Una volta seduti in questa maniera, disse a Doroteo che fossero serviti secondo l'uso seguito per quanti erano venuti a lui dalla Giudea. Perciò non ammise né banditori sacri, né sacrificatori, né altri che solevano elevare preghiere; in loro vece il re invitò uno dei visitatori che era sacerdote, di nome Elissaio.
Libro XII:98 Questi, dunque, stette in mezzo a loro e pregò per la felicità del re e dei suoi sudditi. Così da ogni parte, si elevarono applausi e grida di gioia; fattosi poi silenzio, tutti si misero a mangiare e a godere delle cose buone che erano state preparate.
Libro XII:99 Ma il re, dopo avere atteso per un periodo che giudicò sufficiente, iniziò a filosofare e a interrogare ognuno di loro sui problemi della natura: ed essi, dopo avere meditato sulle questioni, diedero spiegazioni precise su di ogni problema che era stato posto alla loro discussione, ed egli ne fu lieto e il banchetto durò per dodici giorni,
Libro XII:100 sicché a chi brama sapere i particolari delle questioni trattate al banchetto, può farlo facilmente leggendo il libro composto a questo proposito da Aristea.
La traduzione dall'ebraico al greco compiuta
nell'isola di Pharos
Libro XII:101 - 3. Ad ammirarli non era soltanto il re, ma anche il filosofo Menedemo, il quale disse che ogni cosa è retta dalla Provvidenza, ed è naturale che per opera sua scaturisca la forza e la bellezza del discorso. Poi cessarono le domande su questi problemi.
Libro XII:102 Allora il re disse che la loro presenza gli aveva già concesso di sperimentare le più grandi benedizioni, in quanto da essi aveva imparato come deve regnare; e ordinò che a ognuno fossero dati tre talenti e a ognuno fosse assegnato un assistente che lo accompagnasse al proprio alloggio.
Libro XII:103 Passati tre giorni, Demetrio li prese con sé, percorsero sette stadi lungo l'argine del mare fino all'isola, attraversarono il ponte e si diressero verso
nord e li indirizzò in una casa edificata sulla spiaggia adatta, in modo eccellente, alla meditazione su argomenti sacri: tutto era quiete e solitudine.
Libro XII:104 Giunti là, siccome nulla mancava di quanto era necessario per la traduzione della Legge, chiese di porre mano al loro compito senza interruzioni. Con somma premura e attenzione iniziarono la versione senza indugio; seguitarono fino all'ora nona,
Libro XII:105 allorché fecero intervallo per attendere alle personali cure corporali, per il cibo, servito loro con dovizia, Demetrio, per ordine del re, allestì molti piatti dalla mensa reale.
Libro XII:106 Ogni giorno, di buon mattino, andavano a corte a ossequiare Tolomeo, e poi ritornavano allo stesso luogo di prima: lavatesi le mani in mare, e purificati se stessi, si dedicavano, in questo stato, alla versione delle Leggi.
Libro XII:107 Allorché la Legge fu trascritta, il lavoro di traduzione ebbe fine, dopo settantadue giorni, Demetrio radunò tutti i Giudei nello stesso luogo in cui la versione delle Leggi era stata realizzata, e la lesse ad alta voce in presenza dei traduttori.
Libro XII:108 Tutta l'assemblea espresse la sua approvazione agli anziani che avevano condotto a termine la versione, e lodarono Demetrio che aveva avuto l'idea che fu per loro l'origine di grandi benefici; inoltre lo supplicarono di dare la Legge alle loro guide affinché la leggessero; e tutti, compreso il sacerdote, il più anziano dei traduttori e il capo degli ufficiali della comunità, scongiurarono affinché la versione che era stata condotta così felicemente, dovesse restare così com'era, senza venire alterata.
Libro XII:109 Approvata da tutti questa idea, convennero che, qualora qualcuno constatasse che al testo della Legge fosse fatta qualche aggiunta o che da essa mancasse qualcosa, lo annunziasse pubblicamente, fosse esaminato, fosse fatto conoscere e corretto; in questo agirono saggiamente: quello che fu giudicato ben fatto una volta, doveva restare per sempre.
Tolomeo conosce perché la Legge era rimasta
ignota ai Greci
Libro XII:110 - 14. Questo atto fece piacere anche al re perché vide realizzati utilmente i suoi progetti, ma soprattutto si rallegrò allorché gli furono lette le
Leggi: restò stupito davanti alla mente e alla saggezza del legislatore; e iniziò a ragionare con Demetrio sul come questo legislatore così sublime non fosse menzionato da storici e poeti.
Libro XII:111 Demetrio rispose che nessun antico scrittore non si era mai impegnato a una descrizione di queste leggi a motivo della loro origine divina e natura terribile, tanto che certuni che avevano tentato di farlo furono da Dio castigati;
Libro XII:112 a prova di ciò addusse Teopompo che aveva deciso di scrivere qualcosa su questo argomento, cadde in disturbi mentali per più di trenta giorni, e negli intervalli di lucidità aveva cercato di propiziare Dio, sospettando che da lì avesse origine il suo malessere; e non solo, ma da un sogno venne a sapere che questa sfortuna l'aveva colpito perché era stato troppo curioso sulle cose divine e desiderava esporle alla gente comune; così egli desistette dal suo progetto e riacquistò la ragione.
Libro XII:113 Demetrio aggiunse ancora quanto si diceva a proposito di Teodette, poeta tragico, che allorché in uno dei suoi drammi voleva introdurre cose scritte nel libro sacro, i suoi occhi furono afflitti dalla cataratta; ma quando ne riconobbe il motivo, rivolse a Dio preghiere propiziatorie e fu liberato da tale infermità.
Doni di Tolomeo agli anziani e al
sommo sacerdote
Libro XII:114 - 15. Ricevuti questi libri dalle mani di Demetrio, il re si inchinò verso di essi; e ordinò che di quei libri si avesse grande cura, affinché rimanessero intatti; invitò pure i traduttori, dalla Giudea a recarsi da lui frequentemente;
Libro XII:115 questo, infatti, sarebbe stato a loro vantaggio, sia per l'onore che avrebbero ricevuto da lui, sia per i doni che avrebbero guadagnato. Ora era giusto che li lasciasse andare a casa loro; ma se erano giunti da lui di loro propria volontà, avrebbero ottenuto tutto ciò che la loro sapienza meritava e la sua generosità poteva donare.
Libro XII:116 Dunque per adesso li congedò dando in regalo a ognuno tre abiti bellissimi, due talenti d'oro, un bicchiere del valore di un talento e una tovaglia: questi regali li donò a loro.
Libro XII:117 Ma per il sommo sacerdote Eleazaro diede loro dieci letti con i piedi d'argento e con l'arredo occorrente, un bicchiere del valore di trenta talenti, e ancora dieci vesti, un abito di porpora, una corona molto bella, un centinaio di lenzuola di bisso; in fine caraffe, catini, calici e due coppe d'oro da dedicare a Dio.
Libro XII:118 Per lettera, inoltre, lo pregò che se qualcuno di questi uomini desiderasse recarsi da lui, egli glielo volesse permettere, poiché aveva in gran conto la compagnia di costoro colmi di sapere, ed era suo piacere usare le sue ricchezze a beneficio di persone del genere. Queste furono, dunque, le cose fatte da Tolomeo Filadelfo a gloria e onore dei Giudei.
Seleuco Nicatore e i Giudei
Libro XII:119 - III, I. - Essi ricevettero onori anche dai re dell'Asia, allorché combatterono con loro in guerra. Così, ad esempio, Seleuco Nicatore li favorì della cittadinanza nelle città da lui fondate in Asia e nella bassa Siria e nella stessa sua capitale Antiochia, e dichiarò che essi avevano gli stessi privilegi dei Macedoni e dei Greci che risiedevano in queste città, sicché questa cittadinanza dura tuttora.
Libro XII:120 Prova di questo è il fatto che egli ordinò che i Giudei che non volevano servirsi di olio straniero, ricevessero dal ginnasiarca una certa somma di denaro per pagare la specie di olio (da essi voluta); e quando il popolo di Antiochia propose di revocare questo privilegio, Muciano che era governatore della Siria, lo volle mantenere.
Vespasiano e Tito mantengono i
privilegi ai Giudei
Libro XII:121 In seguito, quando Vespasiano e suo figlio Tito divennero padroni dell'ecumene, e gli Alessandrini e gli Antiocheni chiesero che i Giudei non seguitassero a godere dei diritti di cittadinanza, non ottennero soddisfazione.
Libro XII:122 Da questo si può dedurre di quale animo onesto e generoso fossero i Romani, e singolarmente Vespasiano e Tito, perché nonostante le gravi difficoltà passate nella guerra contro i Giudei, e nonostante fossero amareggiati con loro perché non avevano posato le armi contro di loro e avevano resistito a combattere fino alla fine,
Libro XII:123 tuttavia non li privarono dei diritti di cittadinanza che avevano, sopra ricordati: veramente superarono il vecchio sdegno e le istanze di comunità potenti, quelle di Alessandria e Antiochia,
Libro XII:124 sicché né il favore verso queste, né lo sdegno contro il popolo che avevano combattuto, li indusse nella tentazione di revocare nessuno degli antichi atti filantropici che erano stati accordati ai Giudei; dissero invece che quanti avevano preso le armi contro di loro e si erano impegnati nella guerra, avevano scontato la loro pena; non vollero permettere che coloro che non erano rei di alcuna mancanza, fossero privati dei diritti di cui godevano.
Marco Agrippa riconosce ai Giudei dell'Asia
gli stessi privilegi
Libro XII:125 - 2. Sappiamo che Marco Agrippa nutrì gli stessi sentimenti verso i Giudei; e, infatti, allorché gli Ionii si sollevarono contro di loro e chiesero che essi soltanto godessero della cittadinanza concessa loro da Antioco, nipote di Seleuco, dai Greci detto Theos, affermando che qualora avessero come colleghi i Giudei,
Libro XII:126 essi avrebbero (dovuto) venerare gli dèi degli Ionii; la questione fu portata in giudizio, e i Giudei ebbero per avvocato Nicola Damasceno, e ottennero il diritto di mantenere le loro usanze. Agrippa, infatti, dichiarò che secondo lui non era lecito fare una nuova legge.
Libro XII:127 Che, se qualcuno vuole conoscere i particolari della vicenda, legga i libri centoventitré e centoventiquattro della Storia di Nicola. Quanto alla decisione di Agrippa non vi è forse alcun motivo di meravigliarsi, perché in quel tempo la nostra nazione non era in guerra contro i Romani;
Libro XII:128 mentre ci si può giustamente stupire che Vespasiano e Tito abbiano agito con moderazione dopo le guerre e le lotte che ebbero con noi. Ora ritorno alla narrazione dalla quale mi sono allontanato per queste osservazioni.
Antioco il Grande conquista la sovranità
della Palestina
Libro XII:129 - 3. Quando Antioco il Grande regnava sull'Asia, un gran numero di Giudei sottostava a gravi avversità per la devastazione della loro terra, così pure era degli abitanti della Cele-Siria.
Libro XII:130 Egli era in guerra con Tolomeo Filopatore e con suo figlio Tolomeo soprannominato Epifane, perciò essi dovettero soggiacere a gravi danni, e sia che vincesse sia che perdesse, la loro sorte era sempre uguale; così non erano dissimili da una nave nella tempesta assalita da ogni parte dai flutti del mare, trovandosi stretti tra i successi di Antioco, da una parte, e la sfortuna dal l'altra.
Libro XII:131 Tuttavia, quando Antioco sconfisse Tolomeo (Epifane), annesse la Giudea. Perché alla morte di Filopatore, suo figlio (Epifane) aveva inviato un poderoso esercito contro il popolo della Cele-Siria al comando del generale Scopas; egli prese molte delle loro città; anche la nostra nazione, attaccata, si volse contro di lui.
Libro XII:132 Non molto tempo dopo, però, Antioco sconfisse Scopas in una battaglia presso le sorgenti del Giordano, e annientò gran parte del suo esercito.
Libro XII:133 Più tardi, quando Antioco occupò le città della Cele-Siria, che gli aveva tolto Scopas, e Samaria, i Giudei si diedero spontaneamente a lui, lo accolsero nella loro Città e diedero provviste abbondanti per il suo esercito e per i suoi elefanti, e subito unirono le proprie forze nell'assedio contro la guarnigione che Scopas aveva lasciato nella cittadella di Gerusalemme.
Antioco e i Giudei; testimonianza di Polibio
Libro XII:134 Antioco ritenendo giusto ricompensare la devozione e la generosità dei Giudei per la sua persona scrisse ai suoi generali e amici facendo buona testimonianza dei benefici ricevuti dai Giudei e avvertendoli dei doni che intendeva fare loro.
Libro XII:135 Perciò citerò qui le lettere scritte ai suoi generali a proposito di loro; prima esporrò come quanto ho detto viene confermato dall'autorità di Polibio di Megalopoli; egli, infatti, nel sedicesimo libro della sua Storia afferma quanto segue: “Il generale di Tolomeo, Scopas, assalì la regione superiore e durante l'inverno sottomise la nazione giudaica”.
Libro XII:136 E nello stesso libro dice che, in seguito, Scopas fu vinto da Antioco. “Antioco prese Batanea, Samaria, Abila e Gadara, dopo poco si unirono a lui anche quei Giudei che vivono vicino al santuario di Gerusalemme, come è chiamato, a proposito del quale abbiamo da dire molto di più, specialmente in merito alla celebrità del santuario, ma differiamo il racconto a un'altra occasione”.
Libro XII:137 Così scrive Polibio.
Lettera di Antioco III al suo
governatore Tolomeo
Ma ritorniamo al soggetto principale della nostra narrazione, dopo aver, prima, citato le lettere del re Antioco.
Libro XII:138 “Il re Antioco a Tolomeo, salute. Riguardo ai Giudei, non appena entrammo nella loro regione, dimostrarono premura verso di noi, e allorché andammo nella loro città, ci accolsero in modo meraviglioso; dopo ci incontrammo con la loro gherusia e ci fornirono, in abbondanza, di provviste per i nostri soldati ed elefanti, e ci aiutarono pure a cacciare la guarnigione egiziana nella cittadella;
Libro XII:139 ed anche noi abbiamo pensato di dare loro una ricompensa per queste azioni e restaurare la loro città danneggiata per le vicissitudini della guerra, e ripopolarla riportando quanti erano dispersi qua e là.
Libro XII:140 In primo luogo, in omaggio alla loro pietà, abbiamo deciso di offrire un contributo di animali sacrificali per i loro sacrifici, vino, incenso per il valore di ventimila pezzi d'argento e sacre artabe di fiore di farina conforme alla consuetudine del loro paese e millequattrocentosessanta medimni di frumento e trecentosettantacinque medimni di sale.
Libro XII:141 Voglio che siano provvisti puntualmente di quanto ho scritto e che sia completata la fabbrica del santuario e i portici e qualsiasi altra parte che abbisogni di riparazioni. Il legname sarà fornito dalla stessa Giudea e da altre nazioni e dal Libano e sia franco da qualsiasi tassazione. Allo stesso modo sia fatto per gli altri materiali necessari per le riparazioni del santuario allo scopo di dare ad esso maggiore splendore.
Libro XII:142 Tutti quanti appartengono alla nazione giudaica si reggano secondo le loro leggi patrie: gherusia, sacerdoti, scribi del santuario, i cantori del santuario siano esenti dalla tassa personale così pure da quanto dovevano pagare come tributo per la corona e come tassa per il sale.
Libro XII:143 E affinché la città sia popolata al più presto, concedo a coloro che l'abitano attualmente e a quanti vi ritorneranno prima del mese Iperbereteo l'esenzione dalle tasse per tre anni.
Libro XII:144 In futuro li esenteremo della terza parte del loro tributo, di modo che possano riparare i danni sofferti. Quanti poi furono rapiti dalla loro città e fatti schiavi, li poniamo in libertà sia essi che i loro figli e ordiniamo che ritornino alle loro proprietà”.
Editto di Antioco III sul tempio e su Gerusalemme
Libro XII:145 - 4. Questo era il contenuto della lettera. Sollecito poi dell'onore del santuario, pubblicò un editto per tutto il suo regno che intimava quanto segue. “Non è lecito a persone estranee entrare nel recinto del santuario, proibito anche ai Giudei, salvo a coloro che secondo la legge della patria, sono soliti entrare dopo la purificazione.
Libro XII:146 In città non si introducano carni di cavallo, di mulo, di asino, siano essi selvatici sia domestici, o di leopardi, di volpi, di lepri e di qualsiasi animale che è proibito ai Giudei; non si potranno introdurre neppure le loro pelli, né nutrirsi di quelli, in città. Sia loro permesso servirsi soltanto degli animali sacrificali noti ai loro antenati e necessari per sacrifici da offrire a Dio. E chiunque violerà qualcuno di questi statuti, pagherà ai sacerdoti, per questa mancanza, l'ammenda di tremila dracme d'argento”.
Lettera di Antioco III a Zeusi governatore della Lidia,
sui Giudei di Babilonia
Libro XII:147 In un'altra lettera diede testimonianza scritta alla nostra pietà e lealtà, allorché, trovandosi nelle satrapie settentrionali, seppe delle rivolte in Frigia e Lidia, e ordinò a Zeusi, uno dei suoi governatori e stretto amico, di spedire alcuni del nostro popolo da Babilonia alla Frigia. Scrisse allora così:
Libro XII:148 “Il re Antioco a Zeusi, suo padre, salute. Se tu stai bene, ne sono lieto. Sono in buona salute anch'io.
Libro XII:149 Venuto a conoscenza che i popoli della Frigia e della Lidia sono in rivolta, mi è parsa una cosa seria degna di molta attenzione da parte mia; consigliatomi con i miei amici sul da farsi, ho deciso di trasportare duemila famiglie ebree con le loro masserizie dalla Mesopotamia e da Babilonia nei presidi e nelle piazze più importanti.
Libro XII:150 Perché sono persuaso che saranno guardie leali dei nostri interessi a motivo della loro pietà verso Dio, e io so che essi hanno avuto attestazione da miei predecessori della loro buona fede e del loro zelo nel compiere ciò che da loro si richiede. Voglio, dunque, per quanto sia malagevole, che siano trasportati; io ho promesso loro che seguiranno le loro leggi.
Libro XII:151 Quando li avrai trasportati nelle suddette località, tu darai a ognuno di loro un posto per erigervi una casa e terra da coltivare e piantarvi una vigna, e per dieci anni li esenterai dalle tasse sui prodotti del suolo.
Libro XII:152 E ancora: fino a quando non avranno i prodotti del suolo, sia dato loro il grano per nutrire i loro servi e anche agli altri che servono a nostro vantaggio sia somministrato quello di cui abbisognano, affinché, vedendosi trattati umanamente da noi, anch'essi si curino più volentieri della nostra causa.
Libro XII:153 Prenditi a cuore, per quanto è possibile la loro nazione: non sia molestata da alcuno”. Della benevolenza di Antioco il Grande verso i Giudei, bastino le testimonianze qui addotte.
Tolomeo Epifane e il sommo sacerdote Onia
Libro XII:154 - IV, I. - Dopo ciò, Antioco stipulò un trattato di amicizia con Tolomeo e gli diede in moglie sua figlia Cleopatra, cedendogli, come sua dote la Cele-Siria, la Samaria, la Giudea e la Fenicia.
Libro XII:155 E quando i tributi furono divisi tra i due sovrani, i grandi di ogni città acquistarono il diritto di raccogliere le tasse delle loro varie province e, raccolta la somma pattuita, la pagavano alla coppia reale.
Libro XII:156 In questo periodo i Samaritani, allora fiorenti, danneggiarono molto i Giudei devastando la loro regione e catturando persone. Ciò avvenne all'epoca in cui era sommo pontefice Onia.
Libro XII:157 Poiché, quando morì Eleazaro, il sommo pontificato lo prese suo zio Manasse, e dopo la sua morte, l'ufficio passò ad Onia, figlio di Simone, detto il Giusto.
Libro XII:158 Come già dissi, Simone era fratello di Eleazaro. Questo Onia era uomo di poco impegno, avido di denaro e per tale motivo avvenne che egli non pagò il tributo di venti talenti d'argento che i suoi padri erano soliti pagare a nome del popolo attingendo dalle proprie risorse e suscitò lo sdegno del re
Libro XII:159 Tolomeo, il quale inviò un'ambasciata a Gerusalemme, accusando Onia di avergli negato il tributo e minacciandolo, qualora non glielo avesse dato, di dividere la loro terra e di inviare soldati a stabilirvici. Venuti a conoscenza del messaggio del re, i Giudei si spaventarono, ma Onia non si scompose per nessuna minaccia, tanto era grande la sua avarizia.
Il tobiade Giuseppe, e suo zio Onia II
Libro XII:160 - 2. Un certo Giuseppe, ancora giovane per età, ma di grande reputazione per la sua dignità e preveggenza, godeva tra gli abitanti di Gerusalemme di considerazione: suo padre era Tobia e sua madre era sorella del sommo sacerdote Onia; quando sua madre lo informò dell'arrivo dell'ambasciata, egli, infatti, era assente trovandosi nel villaggio di Ficola, dal quale proveniva,
Libro XII:161 andò in città e parlò risentito a Onia che non provvedeva alla sicurezza dei cittadini suoi compagni, e voleva mettere a repentaglio la nazione pur di non perdere un po' di denaro, mentre è proprio per il denaro, disse Giuseppe, che aveva ricevuto la più alta magistratura e aveva ottenuto l'onore del sommo pontificato.
Libro XII:162 Ma se egli era così avido di denaro da potere tollerare la visione della patria in pericolo e i cittadini esposti a ogni sorte di mali, lo ammonì di recarsi piuttosto dal re per chiedergli la remissione totale della somma o di parte di essa.
Libro XII:163 Onia, però, rispose che non gli importava di mantenere l'ufficio ed era pronto a lasciare il sommo pontificato, se fosse possibile: e non sarebbe andato dal re perché si trattava di cose che non lo interessavano; Giuseppe, allora, gli domandò se acconsentiva che andasse da Tolomeo come ambasciatore per la nazione.
Libro XII:164 Avutane l'autorizzazione Giuseppe salì al santuario, convocò il popolo in assemblea, lo esortò a non scoraggiarsi e a non spaventarsi per la trascuratezza che a loro riguardo dimostrava suo zio Onia, e li pregò di mantenersi liberi da ogni timore e da ogni oscuro presagio, poiché, promise, egli stesso sarebbe andato dal re come ambasciatore e lo avrebbe persuaso che essi non avevano commesso mancanza alcuna.
Libro XII:165 Quando l'assemblea udì queste cose, ringraziò Giuseppe, ed egli discese dal santuario e ricevette, con molta cordialità, gli ambasciatori inviati da Tolomeo; dopo avere offerto doni di valore e averli intrattenuti generosamente per molti giorni, li mandò avanti dal re dicendo che egli stesso li avrebbe seguiti.
Libro XII:166 Poiché, invero, in lui era accresciuto il desiderio di incontrare il re, allorché l'inviato lo incoraggiava e spingeva a recarsi in Egitto e prometteva di fare in modo di ottenere da Tolomeo tutto quanto desiderava: l'ambasciatore, infatti, ammirava la sua liberalità e la dignità del suo carattere.
Giuseppe prepara il suo viaggio ad Alessandria
Libro XII:167 - 3. Giunta in Egitto, l'ambasciata riferì al re il comportamento arrogante di Onia, gli parlò della benevolenza di Giuseppe il quale intendeva venire da lui per chiedere scusa delle mancanze del suo popolo, del quale era il protettore; e ne fece le lodi del giovane con tanta eloquenza, che condusse sia il re che la moglie Cleopatra a sentimenti amichevoli verso Giuseppe, già prima del suo arrivo.
Libro XII:168 Intanto Giuseppe, avuto un prestito in denaro dai suoi amici di Samaria, preparò il necessario per il suo viaggio: abiti, bicchieri, bestie da soma per circa ventimila dracme, e andò ad Alessandria.
Libro XII:169 Proprio in quel periodo avveniva il raduno degli uomini principali e dei comandanti delle città di Siria e Fenicia per gli appalti dei diritti di riscossione delle tasse, che il re era solito vendere ogni anno alle persone più abbienti di ogni città.
Libro XII:170 Costoro alla vista di Giuseppe, in strada, irridevano la sua indigenza e povertà; ma, giunto ad Alessandria, seppe che Tolomeo era a Memfis, e così lo raggiunse là e gli si presentò.
Libro XII:171 Il re era seduto in un cocchio con la moglie e con il suo amico Atenione: questi era l'uomo che era stato ambasciatore a Gerusalemme ed era stato intrattenuto da Giuseppe; così, appena lo vide, lo introdusse al re dicendogli che questo era l'uomo del quale gli aveva parlato al suo ritorno da Gerusalemme, come di giovane eccellente e cortese.
Libro XII:172 Tolomeo fu il primo a salutarlo e lo invitò anche a salire nel suo cocchio, e, una volta che fu seduto, a lamentarsi a proposito dell'agire di Onia. Giuseppe disse: “Perdonagli, è vecchio e sai bene che i vecchi e i bambini sono allo stesso livello di intelligenza. Ma da noi che siamo giovani otterrai ogni cosa senza fallo”.
Libro XII:173 Rabbonito dal tratto gentile del giovane, a Tolomeo cominciò a piacere come se fosse un vecchio e provato amico, tanto che l'invitò a prendere alloggio nel palazzo e a essere ospite ogni giorno della sua mensa.
Libro XII:174 Quando il re giunse ad Alessandria, gli uomini principali della Siria, vedendo Giuseppe sedere a lato del re, ne restarono male impressionati.
Libro XII:175 - 4. Quando giunse il giorno nel quale aveva luogo il turno per gli appalti della vendita dei diritti di riscossione delle tasse nelle città, le persone eminenti delle diverse province fecero le offerte. Allorché il totale delle tasse da Cele-Siria, Fenicia e Giudea con la Samaria raggiunse ottomila talenti,
Libro XII:176 Giuseppe si fece avanti e accusò gli offerenti di essersi messi d'accordo per offrire al re un prezzo delle tasse più basso, mentre lui era pronto a offrire un prezzo doppio di quella somma, oltre a inviare al re la proprietà di coloro ai quali era stata ceduta per la casa reale; poiché vendevano anche questo diritto insieme con le tasse di coltivazione.
Libro XII:177 Il re udì questo con gioia, e disse che avrebbe assicurato a lui la vendita degli appalti dei diritti di riscossione delle tasse, in quanto gli avrebbe verosimilmente aumentato le sue rendite; quando gli domandò se avesse delle persone mallevadrici che gli dessero la sicurezza, egli diede una risposta molto abile: “Sì, disse, offrirò persone onorate e dabbene delle quali tu non potrai diffidare”.
Libro XII:178 Alla domanda del re, chi fossero, replicò: “O re, tu stesso e tua moglie sarete le persone che mi daranno sicurezza, fiduciari per una parte e per l'altra”. A questo Tolomeo sorrise e gli garantì i diritti di riscossione delle tasse senza fiduciari.
Libro XII:179 L'atto causò molto dispiacere a quanti dalle città erano convenuti in Egitto, in quanto erano stati trascurati. E ritornarono sconcertati alle loro rispettive province!
Giuseppe usa maniere forti per la raccolta delle
tasse in Palestina
Libro XII:180 - 5. Dopo avere ricevuto dal re duemila fanti, che aveva chiesto come aiuto per essere in grado di usare la forza contro chiunque nelle città non lo rispettasse, e fattisi imprestare in Alessandria cinquecento talenti da amici del re, Giuseppe partì per la Siria.
Libro XII:181 Giunto ad Ascalon chiese il tributo dalla popolazione della città e questa non solo si rifiutò di darglielo, ma lo mandò via a calci; egli allora pigliò una ventina degli uomini più importanti e li mise a morte; e, raccolta la loro proprietà, che nell'insieme raggiungeva la somma di mille talenti, la mandò al re, e lo informò dell'accaduto.
Libro XII:182 Tolomeo ne ammirò lo spirito, lo lodò per le sue azioni e gli concesse di fare quanto voleva. Quando i Siri vennero a sapere questo, ne rimasero sconcertati e davanti alle conseguenze di quel terribile esempio della disobbedienza di Ascalon, aprirono le porte, accolsero subito Giuseppe e pagarono il tributo.
Libro XII:183 E quando gli abitanti di Scitopoli tentarono di insultarlo e non vollero dargli il tributo, che in precedenza avevano pagato senza alcuna discussione, egli mise a morte i loro uomini più importanti e mandò al re la loro proprietà.
Libro XII:184 E così raccolse molte somme di denaro, trasse grandi profitti dalla riscossione delle tasse, si valse della sua ricchezza per rendere durevole la potenza che ora aveva, giudicando prudente custodire la fonte e la base della presente buona fortuna per mezzo della ricchezza che aveva acquisito;
Libro XII:185 così mandava clandestinamente molti doni al re e a Cleopatra, ai loro amici e a tutti coloro che erano potenti a corte, comprando con questi doni la loro benevolenza.
Come Giuseppe ebbe il figlio Ircano
Libro XII:186 - 6. Godette di questa buona fortuna per ventidue anni, nel qual tempo, da una sola moglie, diventò padre di sette figli, ed ebbe ancora un figlio, al quale diede nome Ircano dalla figlia di suo fratello Solimio, che aveva sposato nelle circostanze seguenti.
Libro XII:187 Una volta andò ad Alessandria con suo fratello il quale portava la figlia, in età da marito, per poterla sposare a qualche Giudeo di alto rango; mentre Giuseppe cenava con il re, nella sala entrò una avvenente ballerina della quale si innamorò; lo disse a suo fratello e, siccome la legge proibiva di avere relazioni con una donna straniera, lo pregò di tenere segreto il suo peccato e di aiutarlo a soddisfare il proprio desiderio.
Libro XII:188 Il fratello volentieri accolse l'incarico, fece bella la propria figlia e gliela portò di notte, a dormire con lui. Ma Giuseppe era ubriaco e non si rese conto di come erano realmente le cose: fu così che giacque con la figlia di suo fratello; e questo avvenne più volte, mentre egli sempre più pazzamente si invaghiva di lei. Disse poi al fratello che stava rischiando la vita per una ballerina che il re, forse, non gli avrebbe concesso di avere.
Libro XII:189 Il fratello allora gli disse di non preoccuparsi e lo invitò a godere senza timore della donna di cui era innamorato, e farla sua moglie; e gli rivelò la verità. Aveva preferito fare disonore a sua figlia piuttosto che vederlo cadere in disgrazia; Giuseppe lo lodò per l'amore fraterno, e ne sposò la figlia che gli generò un figlio chiamato Ircano, come abbiamo detto sopra.
Coraggio e intelligenza di Ircano
Libro XII:190 Costui, mentre era ancora un ragazzo di tredici anni, dimostrava coraggio naturale e intelligenza e diventò oggetto di violenta invidia da parte dei suoi fratelli a motivo della sua superiorità e delle invidiabili qualità.
Libro XII:191 Giuseppe volendo, dunque, vedere quale dei suoi figli avesse naturale disposizione alla virtù, li mandò l'uno dopo l'altro da celebri maestri di allora: gli altri figli, per infingardaggine e neghittosità al lavoro, gli ritornarono storditi e ignoranti;
Libro XII:192 dopo mandò il figlio più giovane, Ircano, nel deserto con due giorni di viaggio, a seminare il suolo, dandogli trecento coppie di buoi, ma nascondendo le cinghie per aggiogarli.
Libro XII:193 Giunto nel luogo stabilito, senza le cinghie, non si curò del consiglio dei conducenti dei buoi: questi l'avevano consigliato a mandare degli uomini da suo padre affinché gli portassero le cinghie, perché gli parve di perdere tempo ad aspettare il ritorno degli uomini, e progettò invece un piano ingegnoso degno di un'età matura.
Libro XII:194 Fece scannare dieci paia di buoi, ne distribuì la carne agli operai, tagliò strisce di cuoio e ne fece cinghie per aggiogare i buoi; seminò poi quel tanto di terra assegnatogli dal padre, e se ne ritornò da lui.
Libro XII:195 Al suo arrivo egli fu lieto per il buon senso che aveva dimostrato, ne lodò la prontezza dell'intelligenza unita all'audacia e lo lodò come se fosse il suo solo e unico figlio, e ciò irritò ancora più i suoi fratelli.
Ircano alla festa di Tolomeo
Libro XII:196 - 7. Intorno a quel tempo venne a sapere da qualcuno che al re Tolomeo era nato un figlio e che tutte le prime personalità della Siria e del territorio a lui soggetto si incamminavano, con grande pompa, verso Alessandria per festeggiare la nascita del bambino; egli era trattenuto dall'età, ma si interessò di vedere se qualcuno dei suoi figli aveva voglia di recarsi dal re.
Libro XII:197 I più anziani pregarono di essere scusati, affermando di sentirsi troppo rozzi per una compagnia del genere, e gli suggerirono di mandare il loro fratello Ircano, il quale volentieri acconsentì. Chiamò perciò Ircano e gli domandò se poteva e se voleva andare dal re.
Libro XII:198 Quando intraprese il viaggio, disse di non avere bisogno di molto denaro, perché, aggiunse, si sarebbe comportato in modo assai parsimonioso; gli sarebbero bastate diecimila dracme. Giuseppe si compiacque della moderazione del figlio.
Libro XII:199 Poco dopo, il figlio consigliò il padre a non mandare doni al re da lì ove si trovava, ma di consegnargli una lettera per il suo amministratore, ad Alessandria, con l'ordine di provvederlo di denaro per comprare le cose più belle e costose che poteva trovare.
Libro XII:200 Giuseppe, perciò, pensando che il costo dei regali per il re sarebbe stato di dieci talenti, lodò il figlio per l'eccellente suggerimento, e scrisse ad Arione, suo amministratore ad Alessandria, che curava tutti i beni che aveva in Alessandria, ammontanti a non meno di tremila talenti.
Libro XII:201 Giuseppe, infatti, usava inviare ad Alessandria il denaro raccolto dalla Siria, e quando giungeva il giorno stabilito nel quale gli era richiesto di pagare il tributo al re, scriveva ad Arione e ci pensava lui.
Libro XII:202 Chiesta dunque e ricevuta da suo padre la lettera per quest'uomo, Ircano partì per Alessandria. Ma non appena partì, i suoi fratelli scrissero a tutti gli amici del re affinché lo uccidessero.
Ircano e l'amministratore dei beni di suo padre
Libro XII:203 - 8. Quando giunse ad Alessandria, consegnò la lettera ad Arione che gli domandò quanti talenti desiderava. Pensava che gliene avrebbe chiesti dieci o poco più, e quando gli rispose che gliene occorrevano un migliaio, Arione si adirò e lo sgridò di volere sfoggiare un genere di vita troppo dispendioso, gli spiegò come suo padre avesse accumulato la sua ricchezza lavorando duro e frenando i propri desideri, e l'esortò a imitare l'esempio del suo genitore; e aggiunse che non gli avrebbe dato più di dieci talenti, e questo per i regali al re.
Libro XII:204 Irritato per questo, il giovane mise Arione in catene; ma sua moglie ne informò Cleopatra e la supplicò di sgridare il giovane: lei, infatti, aveva una grande stima di Arione; Cleopatra fece conoscere la cosa al re.
Libro XII:205 Tolomeo, dunque, mandò da Ircano dicendosi sorpreso che, pur essendo stato inviato da lui da parte di suo padre, non si fosse ancora fatto vedere e avesse inoltre imprigionato l'amministratore; gli ordinò di andare da lui a spiegare i motivi di quella condotta.
Libro XII:206 Ma all'uomo inviato dal re, Ircano replicò che una legge del suo paese proibisce a chi festeggia una nascita di prendere parte a un sacrificio prima di essere entrato nel santuario e di avere offerto a Dio un sacrificio: e per attenersi a questo principio non era andato dal re, ma era in attesa di portare regali a colui che era stato un benefattore di suo padre;
Libro XII:207 quanto al servo, egli l'aveva punito per la disobbedienza agli ordini dati; poiché non faceva alcuna differenza tra un padrone grande e uno piccolo. “Se non puniamo, aggiunse, persone del genere, ti puoi aspettare di essere persino tu oggetto di disgrazia presso i tuoi sudditi”. Udito questo, Tolomeo scoppiò a ridere e ammirò l'alto spirito del giovane.
Ircano si accattiva i favori di Tolomeo e
di Cleopatra
Libro XII:208 - 9. Saputo che questa era la disposizione del re e che da lui non poteva sperare aiuto, Arione diede al giovane i mille talenti, e fu liberato dalle catene. Passati tre giorni, Ircano rese i suoi omaggi alla coppia reale,
Libro XII:209 che a sua volta era lieta di vederlo e di intrattenersi con lui ricordando amichevolmente suo padre. In segreto, andò poi dai mercanti di schiavi e comprò cento ragazzi ben educati e in prima gioventù, per un talento a testa e cento vergini allo stesso prezzo.
Libro XII:210 Invitato dal re con le prime personalità della regione per festeggiare il re, a tavola gli fu assegnato il posto ai piedi del tavolo essendo guardato un po' dall'alto da parte di coloro che assegnavano i posti secondo il rango d'ognuno, dato che era ancora giovane.
Libro XII:211 E tutti coloro che erano a tavola con Ircano ammucchiavano davanti a lui le ossa ben spolpate delle loro porzioni tanto da coprire interamente la parte della tavola ove lui si appoggiava;
Libro XII:212 Trifone, che era il buffone del re ed era stato ammesso per le facezie e gli scherzi che faceva mangiando, stuzzicato da chi gli sedeva a fianco, andò davanti al re e disse: “O padrone, vedi le ossa che giacciono davanti a Ircano? Da questo tu puoi arguire come suo padre abbia denudato tutta la Siria allo stesso modo in cui Ircano ha lasciato queste ossa spolpate”.
Libro XII:213 Alle parole di Trifone, il re rise e domandò a Ircano per quale motivo c'erano tante ossa davanti a lui, ed egli rispose: “E’ naturale, padrone. I cani, infatti, mangiano le ossa con la carne, come fanno questi uomini qui” e guardò verso coloro che erano là a tavola, indicando che davanti a loro non c'era nulla, “ma gli uomini mangiano la carne e gettano via le ossa, ed è appunto ciò che al presente faccio io, perché uomo”.
Libro XII:214 Il re ammirò l'abilità della risposta e volle che tutti ne applaudissero l'arguzia.
Libro XII:215 Il giorno appresso, Ircano andò da ognuno degli amici del re e dagli uomini potenti a corte; presentati loro i propri omaggi, interrogò i servi sui regali che i loro padroni si apprestavano a offrire al re per la nascita del figlio;
Libro XII:216 sentendo che alcuni avrebbero offerto regali da dieci talenti, mentre altri, di grado superiore, avrebbero offerto regali proporzionati alla loro ricchezza, si mostrò addolorato di non potere offrire un regalo tanto magnifico, asserendo di non avere più di cinque talenti; udito questo, i servi lo riferirono ai loro padroni.
Libro XII:217 Ed essi gioirono al pensiero che Giuseppe sarebbe stato giudicato sfavorevolmente e avrebbe offeso il re per la pochezza del suo regalo. Quando giunse il giorno, gli altri recarono i loro regali al re, e quelli giudicati più splendidi, non oltrepassavano il valore di venti talenti; Ircano, però, presentò i cento ragazzi e le cento vergini e pose un talento in mano a ognuno affinché i ragazzi l'offrissero al re e le ragazze a Cleopatra.
Libro XII:218 E, mentre tutti, compresa la stessa coppia reale, erano ancora stupiti davanti alla inattesa magnificenza dei suoi regali, diede agli amici del re e anche a tutti coloro che erano al suo servizio regali del valore di molti talenti, per sfuggire a ogni pericolo da parte loro: poiché, a costoro, i fratelli di Ircano avevano scritto di ucciderlo.
Libro XII:219 Ammirando la munificità del giovane verso di lui, Tolomeo gli disse di prendere qualsiasi dono desiderava; ed egli rispose che per sé non voleva altro, se non che scrivesse su di lui a suo padre e ai suoi fratelli.
Libro XII:220 Il re allora gli fece grandissimi onori e splendidi doni, e scrisse di lui non soltanto al padre e ai suoi fratelli, ma anche ai governatori e amministratori e lo rinviò.
Libro XII:221 Ma allorché i suoi fratelli vennero a conoscenza dei favori che Ircano aveva avuto dal re e che stava tornando con grande onore, uscirono per incontrarlo e ucciderlo; il padre ne era a conoscenza, ma era adirato con lui a motivo delle spese soverchie fatte in regali, e non aveva più pensiero della sua incolumità; Giuseppe però teneva nascosto il suo sdegno per il figlio, perché aveva paura del re.
Libro XII:222 Quando i fratelli si scontrarono con Ircano, questi uccise molti degli uomini che erano con loro e anche due dei suoi stessi fratelli, ed il resto si ritirò e tornò indietro dal padre, in Gerusalemme. Ircano perciò se ne andò in Città, ma siccome nessuno gli dava accoglienza, impaurito, andò al di là del Giordano; quivi stabilì la sua dimora imponendo il tributo ai barbari.
Morte di Giuseppe e lotta tra i figli.
Lettera degli Spartani
Libro XII:223 - 10. In quel tempo Seleuco, soprannominato Sotèr, iniziò a regnare sull'Asia: era figlio di Antioco il Grande.
Libro XII:224 E venne a morire anche Giuseppe, padre di Ircano, che fu persona eccellente e di alto spirito che portò il popolo giudaico dalla povertà e da uno stato meschino e debole agli agi più splendidi per i ventidue anni durante i quali tenne gli appalti delle tasse di Siria, Fenicia e Samaria. Morì pure Onia, suo zio, il quale lasciò al figlio Simone il sommo sacerdozio.
Libro XII:225 Quando anche questo morì, gli successe nella carica il figlio Onia, e fu a lui che Areio, re degli Spartani, inviò un'ambasciata con una lettera, il cui contenuto era come segue:
Libro XII:226 “Areio, re degli Spartani a Onia, salute. Siamo venuti a conoscenza di un documento dal quale veniamo a sapere che i Giudei e gli Spartani sono della stessa stirpe e parenti per la discendenza di Abramo. E’ quindi giusto che voi come nostri fratelli ci comunichiate quello che volete.
Libro XII:227 Noi pure faremo altrettanto e guarderemo le cose vostre come nostre e quanto è nostro lo parteciperemo con voi. Demotele, il corriere, è quello che ti porta la lettera. La scrittura è quadrata. Il sigillo è un'aquila che afferra stretto un serpente”.
Libro XII:228 - 11. Tale era il contenuto della lettera inviata dal re spartano. Alla morte di Giuseppe, tra il popolo sorse un tumulto per i suoi figli; perché i fratelli maggiori mossero guerra a Ircano che era il più giovane dei figli di Giuseppe: e la moltitudine si divise.
Libro XII:229 La maggioranza era dalla parte dei fratelli maggiori, così pure il sommo sacerdote Simone per la relazione di parentela. Perciò Ircano non volle più ritornare a Gerusalemme; si insediò nella regione al di là del Giordano ed
era continuamente impegnato a guerreggiare con gli Arabi, fino a quando non ne uccise molti ed altri ne prese prigionieri.
Libro XII:230 Eresse poi una agguerrita fortezza, costruita interamente di marmo bianco fino al tetto sul quale aveva posto animali scolpiti di mole gigantesca, e la circondò con un canale largo e profondo.
Libro XII:231 Dalla rupe che era sul monte opposto, spaccò quanto sporgeva e fece grotte lunghe molti stadi; poi fece in essa (nella fortezza) molte camere, alcune destinate a conviti, altre a camere da letto e altre ad abitazioni; vi introdusse anche una abbondanza di acque correnti che davano piacere e ornamento a quel palazzo.
Libro XII:232 Le aperture che fece alle grotte erano anguste di modo che consentissero l'ingresso a una sola persona per volta e non a più; e ciò avvedutamente per sicurezza e per non correre il pericolo di essere preso, qualora fosse assediato dai suoi fratelli.
Libro XII:233 A tutto si aggiunga che aveva fatto dei recinti di notevole ampiezza abbelliti da vasti parchi. Completato in tale modo, chiamò quel luogo Tiro; è un luogo che si trova tra l'Arabia e la Giudea, aldilà del Giordano, non lungi da Esseboniate.
Libro XII:234 Signoreggiò quelle zone per sette anni, per tutto il periodo che Seleuco regnò sull'Asia; quando questi morì, il trono passò a suo fratello Antioco, soprannominato Epifane.
Libro XII:235 Morì anche Tolomeo, re d'Egitto, pure soprannominato Epifane, lasciando due figli ancora in tenera età: il primo si chiamava Filometore, il secondo Fiscone.
Libro XII:236 Ora Ircano, considerando quanto fosse grande il potere che aveva Antioco e temendo di potere venire catturato da lui e punito per quanto aveva fatto agli Arabi, pose fine alla sua vita con le proprie mani. E tutta la sua proprietà fu presa da Antioco.
Contesa tra i sommi sacerdoti.
Il “vivere” dei Greci
Libro XII:237 - V, I. - Intorno allo stesso tempo morì anche il sommo sacerdote Onia, e Antioco diede il sommo sacerdozio a suo fratello, perché il figlio al quale Onia l'aveva lasciato, era ancora fanciullo. Ma riferiremo a suo luogo tutti i fatti riguardanti questo figlio.
Libro XII:238 Tuttavia Gesù, fratello di Onia, fu privato del sommo pontificato allorché il re si sdegnò con lui e lo diede a suo fratello minore, di nome Onia; Simone aveva, infatti, tre figli, e il sommo sacerdozio spettava a tutti e tre, come abbiamo indicato.
Libro XII:239 E quando Gesù cambiò il suo nome in Giasone, e Onia fu chiamato Menelao e quando Gesù, che prima era sommo sacerdote, si ribellò contro Menelao, che era stato designato dopo di lui, il popolo si divise in due fazioni: i Tobiadi tenevano per la parte di Menelao,
Libro XII:240 mentre la maggioranza del popolo teneva per Giasone. Fortemente angustiati da lui, Menelao e i Tobiadi si ritirarono e ricorsero ad Antioco; gli confidarono che era loro intenzione abbandonare le patrie leggi e la maniera di vivere da esse prescritta, e seguire le leggi del re adottando la maniera di vivere dei Greci.
Libro XII:241 Lo pregarono perciò di permettere loro di costruire un ginnasio a Gerusalemme; e quando egli lo concesse, essi nascosero anche la circoncisione delle loro parti intime per essere Greci anche quando non indossavano abiti; per eliminare ogni altro segno nazionale che avevano, imitarono i costumi delle nazioni straniere.
Intervento dei Romani sull'Egitto
Libro XII:242 - 2. Antioco, i cui affari andavano bene, decise di andare contro l'Egitto perché bramava esserne il padrone, ma anche perché non faceva alcun conto dei figli di Tolomeo, tuttora deboli e non all'altezza di governare un paese così grande.
Libro XII:243 Con poderose forze giunse così a Pelusio e, sopraffatto con l'inganno Tolomeo Filometore, occupò l'Egitto; e inoltratosi nelle vicinanze si impadronì di Memfis e prese possesso della città; si diresse poi verso Alessandria con l'intento di assediare la città e fare prigioniero Tolomeo che colà risiedeva;
Libro XII:244 fu tuttavia respinto, non solo da Alessandria, ma anche da tutto l'Egitto, perché i Romani gli intimarono di lasciare tutta la regione, come abbiamo già detto in un testo precedente.
Antioco punisce l'opposizione giudaica
a Gerusalemme
Libro XII:245 Ma qui narrerò dettagliatamente come questo re occupò la Giudea e il tempio; poiché nella mia opera precedente menzionai queste cose solo in modo sommario, ora ritengo necessario tornare indietro e offrire un racconto più particolareggiato.
Libro XII:246 - 3. Ritirandosi dall'Egitto per paura dei Romani, re Antioco marciò con l'esercito alla volta di Gerusalemme e, entratovi nell'anno centoquarantadue del regno dei Seleucidi, si impadronì della città senza combattere, perché le porte gli erano state aperte da coloro che erano del suo partito.
Libro XII:247 Divenuto padrone di Gerusalemme in questo modo, uccisi molti di coloro che gli erano contrari, prese una grande somma di denaro come bottino e fece ritorno ad Antiochia.
Desacralizzazione e spoliazione del tempio
Libro XII:248 - 4. Due anni dopo, accadde infatti nell'anno centoquarantacinque, nel giorno venticinque del mese che da noi è chiamato Chasleu e dai Macedoni Apellaios, nella Olimpiade centocinquantatre, il re salì con molte forze a Gerusalemme e, fingendo intenzioni pacifiche, occupò la città con l'inganno.
Libro XII:249 Ma in questa occasione non risparmiò neppure quelli che l'avevano accolto, per la ricchezza del tempio; ma, accecato dalla cupidigia, vedeva solo la quantità d'oro del tempio e un apparato costosissimo di offerte di ogni genere: e, per spogliarlo, giunse persino a violare il trattato che aveva fatto con loro.
Libro XII:250 Così, spogliato il tempio, asportò i vasi sacri di Dio, i candelieri d'oro, l'altare d'oro e gli altri altari, e non risparmiò neppure le tende, fatte di lino fine e scarlatto, svuotò il tempio anche dei tesori più nascosti e non lasciò nulla dopo di sé, se non i Giudei in profondo cordoglio.
Libro XII:251 Perciò vietò loro l'offerta dei sacrifici quotidiani che erano soliti offrire a Dio conforme alla loro legge, poi saccheggiò tutta la città, uccise alcuni del popolo, ne catturò altri e li portò prigionieri con mogli e figli, cosicché il numero di coloro che furono presi vivi salì a circa diecimila.
Libro XII:252 Appiccò il fuoco alle parti più belle della città, abbatté le mura, elevò l'Akra nella Città bassa; era sufficientemente elevata per guardare il tempio dall'alto, perciò la fortificò con alte mura e torri, e vi pose un presidio macedone. Con tutto ciò nell'Akra vi rimasero ancora quelli del popolo che erano empi e di brutto carattere, e i cittadini erano destinati a sopportare molte cose terribili dalle loro mani.
Antioco scatena la persecuzione religiosa
Libro XII:253 Sull'altare dei sacrifici il re innalzò un'ara e su di essa scannò porci facendo un sacrificio illecito ai Giudei e contrario alla loro religione; e costrinse loro stessi ad abbandonare il culto del loro Dio e a venerare gli dèi nei quali credeva lui; inoltre comandò che in ogni città e villaggio si erigessero altari sui quali ogni giorno si sacrificassero porci.
Libro XII:254 Ordinò ancora che non si circoncidessero più i figli, minacciando di punire chiunque fosse trovato a trasgredire questi ordini; designò controllori che dovevano assistere e controllare l'esecuzione di questi ordinamenti:
Libro XII:255 così molti Giudei, alcuni spontaneamente altri per timore delle minacce che erano state comminate, si uniformarono agli ordini del re; ma le persone più importanti e quanti avevano un animo nobile non fecero caso a lui, e tennero in maggiore considerazione le consuetudini della patria che i castighi minacciati contro la loro disobbedienza; ogni giorno, perciò, venivano maltrattati e subivano acerbi supplizi, e venivano uccisi.
Libro XII:256 Erano percossi con flagelli, mutilati i loro corpi, mentre ancora erano vivi e respiravano, venivano crocifissi, mentre le loro mogli e i figli da loro circoncisi, in dispregio ai voleri del re, erano strangolati e i bambini pendevano dal collo dei genitori crocifissi. E ovunque si trovava un libro sacro o una copia della Legge, venivano distrutti; e quanti, nelle cui mani venivano trovati, anch'essi, poveri infelici, perivano straziati.
Reazioni dei Samaritani
Libro XII:257 - 5. Vedendo i Giudei patire simili sfortune, i Samaritani non avrebbero più voluto ammettere che erano loro parenti o che il tempio sul Garizin era quello del Dio grandissimo e perciò agivano secondo la loro natura, come sopra abbiamo indicato; dicevano ancora di essere degli immigrati dai Medi e dai Persiani, e in realtà sono proprio immigrati da questi popoli.
Libro XII:258 Essi, dunque, inviarono una lettera ad Antioco nella quale facevano le dichiarazioni seguenti: “Al re Antioco Theo Epifane, memoriale dei Sidonii abitanti a Sichem.
Libro XII:259 A motivo di certe pestilenze che infestavano la loro regione, e a seguito di un'antica superstizione, i nostri progenitori introdussero l'abitudine di festeggiare a giorno che dai Giudei è detto sabbato, ed eressero un tempio senza nome su di una montagna chiamata Garizin, e qui offrivano appropriati sacrifici.
Libro XII:260 Ora tu ti sei comportato con i Giudei come meritava la loro malignità, ma gli ufficiali del re, credendo che noi seguiamo le stesse loro pratiche, per una parentela con essi, ci hanno accomunati nelle stesse colpe, mentre noi, di origine, siamo Sidonii, come risulta evidente dalle scritture del nostro Stato.
Libro XII:261 Noi, dunque, ti preghiamo, benefattore e salvatore nostro, di ordinare ad Apollonio, governatore del distretto, e a Nicanore, procuratore regio, di non molestarci attribuendoci le colpe di cui sono rei i Giudei, dato che noi siamo ben distinti da essi per origine e per costumi; ti chiediamo inoltre che il tempio senza nome sia conosciuto come Zeus Ellenio, Perché, fatto questo, non saremo più molestati, e ci dedicheremo al nostro lavoro con tranquillità e accresceremo i tuoi proventi”.
Libro XII:262 A questa domanda dei Samaritani, il re scrisse la seguente risposta: “Il re Antioco a Nicanore. I Sidonii di Sichem ci hanno sottoposto il memoriale allegato:
Libro XII:263 Ora, gli uomini da loro inviati, ci hanno fatto presente, mentre eravamo in consiglio con gli amici, che in nessun modo sono interessati con le accuse addotte contro i Giudei, e scelgono di vivere conforme al costume greco; noi li abbiamo assolti da queste accuse, e abbiamo concesso che il loro tempio sia noto come quello di Zeus Ellenio, come essi hanno fatto domanda”.
Libro XII:264 Le stesse cose scrisse anche ad Apollonio, governatore del distretto, nell'anno centoquarantasei, il diciotto del mese Hekatombaion Hyrkanios
Mattatia e i suoi cinque figli:
ribellione maccabaica
Libro XII:265 - VI, I. - In questi tempi c'era un uomo che viveva nel villaggio di Modai, in Giudea, di nome Mattatia, figlio di Giovanni, nipote di Simeone, pronipote di Asmoneo, sacerdote del corso di Joarib e nativo di Gerusalemme.
Libro XII:266 Costui aveva cinque figli: Giovanni, detto Gaddi, Simone, detto Thati, Giuda, detto Maccabeo, Eleazaro, detto Auran, e Gionata, detto Affo.
Libro XII:267 Dunque, questo Mattatia si doleva con i suoi figli dello andamento delle cose: del saccheggio della città, del depredamento del tempio, della miseria del popolo, e diceva che per loro era meglio morire per le leggi della patria, che vivere in una maniera così ingloriosa.
Libro XII:268 - 2. Ma vennero a Modai gli ufficiali designati dal re a costringere i Giudei a eseguire i suoi ordini; e comandarono agli abitanti di offrire sacrifici secondo il volere del re: siccome Mattatia era stimato per vari motivi e specialmente per la sua bella figliolanza,
Libro XII:269 lo invitarono a iniziare per primo a sacrificare perché, dicevano, i suoi concittadini l'avrebbero seguito e, per questo, sarebbe stato onorato dal re; Mattatia, però, si rifiutò di agire così, asserendo che se tutte le nazioni obbediscono agli ordini di Antioco o per paura o per il desiderio di fargli piacere, non sarà mai che egli e i suoi figli si persuadano ad abbandonare la forma di culto che hanno dalla nascita.
Libro XII:270 Ma non appena egli terminò di parlare, si fece avanti uno dei Giudei e, in mezzo a loro sacrificò conforme all'ordinanza di Antioco; mossi dallo sdegno, Mattatia e i figli armati di coltelli, fecero a pezzi quell'uomo, e uccisero anche Apelle, l'ufficiale del re, che con pochi soldati li costringeva a sacrificare; e, rovesciato l'altare pagano, gridò:
Libro XII:271 “Chiunque ha zelo per i patrii costumi e per il culto di Dio, mi segua!”. Così dicendo fuggì con i figli nel deserto, abbandonando nel villaggio tutta la sua proprietà.
Libro XII:272 Anche molti altri fecero lo stesso, fuggendo nel deserto con moglie e figli, e qui vissero in grotte. Saputo questo, gli ufficiali del re, presero molti soldati, quanti allora si trovavano nell'acropoli di Gerusalemme, e inseguirono i Giudei nel deserto;
Libro XII:273 quando li afferravano, sulle prime, tentavano di persuaderli a pentirsi e scegliere ciò che era di loro gradimento, e a non costringere gli uomini del re nella necessità di trattarli secondo le leggi di guerra.
Libro XII:274 Ma essi non prestavano orecchio a queste parole, e persistevano nella risoluzione contraria, e così un giorno di sabbato li attaccarono e li bruciarono nelle grotte, ovunque fossero, poiché non solo i Giudei non facevano resistenza, ma neppure li fermavano all'ingresso delle grotte; a loro, infatti, era vietato resistere a motivo del giorno, non volendo violare la dignità del sabbato anche di fronte alle difficoltà, poiché la legge ci ordina di riposare in quel giorno.
Libro XII:275 Fu così che ne morì un migliaio con donne e bambini soffocati nelle grotte; ma molti fuggirono e si unirono a Mattatia, e lo crearono loro capo.
Libro XII:276 Ed egli insegnò loro a combattere anche di sabbato, affermando che qualora se ne astenessero per amore della osservanza della Legge, sarebbero stati i propri nemici, poiché qualora questi li attaccassero in quel giorno ed essi non resistessero, nulla li salverebbe dalla fine di tutti senza colpo ferire.
Libro XII:277 Queste parole li convinsero e seguitiamo fino a oggi a mantenere l'usanza di combattere anche di sabbato, allorché diventa necessario.
Libro XII:278 Così Mattatia raccolse attorno a sé numerosa forza, e abbatté gli altari, uccise molti di coloro che avevano peccato sui quali poteva mettere le mani addosso; molti altri di costoro, temendolo, erano scappati nelle nazioni vicine; ai giovani che non erano stati circoncisi, ordinò che si circoncidessero e mandò via coloro che erano stati designati a impedirlo.
Morte di Mattatia; le consegne ai figli
Libro XII:279 - 3. Dopo un anno che aveva il comando, si ammalò; chiamò i figli, li fece disporre attorno a sé e disse: “Io, figli miei, sto andandomene al comune destino, ma lascio a voi la mia incombenza,
Libro XII:280 e vi prego di non esserne indegni custodi ricordandovi dei sentimenti di colui che vi diede e mantenne la vita, custodite le usanze della patria e rinnovate la nostra antica forma di governo che è in pericolo e non fate causa comune con quanti la stanno tradendo di propria volontà o per violenza;
Libro XII:281 siccome siete miei figli, vi auguro di perseverare così e dimostrarvi superiori a ogni forza e violenza; spiritualmente preparati a morire per le leggi, se necessario, tenendo presente che, quando la Divinità vi vedrà in questa disposizione, non solo Egli non vi abbandonerà, ma, stupito del vostro eroismo, vi restaurerà alla vostra libertà nella quale vivrete sicuri e nel piacere delle vostre consuetudini.
Libro XII:282 Sebbene i corpi siano mortali e soggetti alla morte, con la memoria delle nostre gesta, noi possiamo raggiungere le altezze dell'immortalità; vi auguro di essere innamorati di essa, e per amor suo inseguite la gloria e accingetevi ai più ardui compiti e non trattenetevi dall'offrire per essa la vostra vita.
Libro XII:283 Ma vi raccomando, soprattutto, che siate d'accordo tra voi, e, in qualsiasi cosa uno di voi sia superiore all'altro, cedere l'un l'altro, in modo da fare così il migliore uso delle vostre diverse doti. E siccome Simone, vostro fratello, eccelle in senno, guardatelo come vostro padre, e seguite ogni consiglio che vi dà;
Libro XII:284 Maccabeo però lo prenderete come comandante dell'esercito perché egli è coraggioso e forte: egli vendicherà la nostra nazione e punirà i nostri nemici. Mettete nelle vostre fila le persone giuste e pie, accrescerete così la loro forza”.
Libro XII:285 - 4. Dopo avere rivolto ai suoi figli queste parole, supplicò Dio di essere loro alleato nella lotta e di aiutare il popolo nella conquista dell'antico modo di vivere; di lì a poco morì e fu sepolto in Modai, e tutto il popolo fece per lui una grande lamentazione. Gli succedette come primo nell'amministrazione degli affari il figlio Giuda, noto anche come Maccabeo; si era nell'anno centoquarantasei.
Libro XII:286 A lui si unirono presto i suoi fratelli e assieme ad altri cacciarono il nemico dalla regione, misero a morte i connazionali trasgressori delle leggi e purgarono la terra da ogni impurità.
Sotto la guida di Giuda Maccabeo
Libro XII:287 - VII, I. - Saputo questo, Apollonio, governatore di Samaria, prese la sua forza di uomini e mosse contro Giuda; egli gli andò incontro, lo impegnò in battaglia e lo sconfisse, uccise molti nemici e tra essi anche il generale Apollonio; prese come bottino la spada che aveva Apollonio in quel conflitto e la tenne per sé; lasciò molti feriti, prese dal campo nemico un notevole bottino e si ritirò.
Libro XII:288 Allorché Serone, governatore della Cele-Siria, seppe che molti aderivano a Giuda e che egli era già forte di un esercito tale da potersi misurare con chicchessia in un contesto bellico, decise di uscire contro di lui, giudicando suo dovere punire quanti avevano violato gli ordini del re.
Libro XII:289 Raccolse così tutte le forze che aveva, radunò pure molti Giudei disertori ed empi, e marciò contro Giuda; si inoltrò fino al villaggio di Baitoron, in Giudea, e quivi si accampò.
Libro XII:290 Giuda lo incontrò con l'intenzione di attaccarlo, ma vide che i suoi soldati si ritraevano dalla lotta sia per l'inferiorità del loro numero, sia per l'inedia a cui li aveva ridotti la precedente mancanza di cibo, essi avevano infatti digiunato, iniziò a incoraggiarli dicendo che la vittoria e il sopravvento del nemico non dipendono dal numero, ma dalla pietà verso la Divinità.
Libro XII:291 Avevano di questo un chiarissimo esempio nei loro antenati, i quali, a motivo della loro rettitudine e del loro ardore per le proprie leggi e per i figli, molte volte sconfissero molte decine di migliaia di nemici; perché, disse, nella innocenza c'è pure una grande forza.
Libro XII:292 Così dicendo, incitò i suoi a non curarsi del numero dei nemici e ad attaccare Serone; e avanzarono contro i Sirii, li sconfissero, cadde il loro comandante ed essi si affrettarono a fuggire pensando che la loro salvezza fosse nella fuga. Giuda però li persuase a incalzarli fino alla pianura, e uccisero circa ottocento nemici; il resto trovò scampo nella fuga verso la costa del mare.
Istruzioni di Antioco a Lisia
Libro XII:293 - 2. Uditi questi avvenimenti, il re Antioco andò sulle furie per quello che era avvenuto; radunò tutte le sue forze, prese dalle isole molti
mercenari e iniziò i preparativi per invadere la Giudea intorno all'inizio della primavera.
Libro XII:294 Ma allorché diede il soldo ai soldati, si accorse che la sua tesoreria era scarsa e che vi era mancanza di denaro, perché, a motivo delle insurrezioni, non tutti i tributi erano stati pagati dalle nazioni (soggette), e anche a motivo di regali generosi e munifici, non si era limitato alle risorse che aveva presenti, decise di andare in Persia a prendere il tributo di quella regione.
Libro XII:295 Lasciò la cura degli affari a un certo Lisia, tenuto da lui in grande onore, il quale governava la regione dal fiume Eufrate fino ai confini dell'Egitto e l'Asia inferiore, e gli affidò pure una parte delle sue forze e degli elefanti;
Libro XII:296 lo incaricò inoltre di provvedere con la più grande cura, a suo figlio Antioco fino al suo ritorno, e, domata la Giudea e ridotti gli abitanti in schiavitù, porre fine a Gerusalemme e distruggere la razza giudaica.
Libro XII:297 Dopo queste istruzioni a Lisia, il re Antioco partì per la Persia nell'anno centoquarantasette, e dopo avere attraversato il fiume Eufrate entrò nelle satrapie superiori.
Preparativi alla guerra e sconfitta dei
generali seleucidi
Libro XII:298 - 3. Lisia intanto scelse Tolomeo, figlio di Dorimene, Nicanore e Gorgia, uomini di potere, tra gli amici del re, e diede loro una forza di quarantamila fanti e settemila cavalieri e li inviò contro la Giudea; costoro, quando giunsero nella città di Emmaus, si accamparono nella pianura.
Libro XII:299 Quivi li raggiunsero gli alleati della Siria e del territorio limitrofo, molti Giudei fuoriusciti e certi commercianti di schiavi, i quali, con l'intenzione di comprare futuri schiavi, portavano catene per legare quanti potevano prendere, e una riserva di oro e argento per pagarli.
Libro XII:300 Ma quando Giuda vide il campo e il gran numero di nemici, cercò di fare coraggio ai propri soldati, li esortò a porre in Dio la loro fiducia di vincere ed elevare suppliche a Lui coprendosi di sacco in accordo all'abitudine degli antenati, e mostrando davanti a Lui questa forma di supplica, usuale nei momenti di grande pericolo, muoverlo a concedere la vittoria sui nemici.
Libro XII:301 Poi, secondo l'antica consuetudine dei loro padri, li divise sotto il comando dei mille e degli ufficiali subalterni; fece assestare quanti si erano sposati da poco, rinviò a casa coloro che da poco avevano acquistato proprietà affinché, ispirati dal soverchio amore per tali cose, non fossero meno decisi a combattere; in fine rivolse ai suoi soldati queste parole di incitamento alla lotta:
Libro XII:302 “Se mai v'ebbe un tempo nel quale, camerati, sia necessario coraggio e disprezzo d'ogni pericolo, questo è proprio il presente. Poiché è combattendo con valore che guadagnerete la libertà, amata per se stessa da tutti, ma da voi più che da ogni altra persona perché a voi garantisce il diritto di servire la Divinità.
Libro XII:303 Perciò da ora, da questo momento, avete davanti a voi la facoltà o di conquistare questa libertà e riavere una vita lieta e felice” - indicava con questo una vita conforme alle leggi e alle usanze dei loro padri – “oppure di attirare su di voi il destino più vergognoso e di lasciare la vostra stirpe senza discendenti per l'esito sventurato della battaglia,
Libro XII:304 sforzatevi dunque, tenendo presente che la morte è la sorte anche di quanti non combattono e abbiate la certezza che se combattete per cause così preziose come la libertà, la terra, le leggi e la religione, guadagnerete una gloria immortale. Siate pronti, dunque, preparate il vostro spirito in modo che domani, sul fare del giorno, possiate investire il nemico”.
Libro XII:305 - 4. Queste erano le parole di incitamento rivolte al suo esercito da Giuda. Ma nella notte il nemico inviò Gorgia con cinquemila fanti e mille cavalieri affinché piombassero su Giuda nell'oscurità; per questo prese, come guide, alcuni transfughi giudei fuorusciti. Il figlio di Mattatia non appena avvertì questo fatto, decise di piombare sullo stesso campo nemico, allorché le sue forze erano (ancora) divise.
Libro XII:306 Dopo avere cenato sollecitamente, e lasciati molti fuochi accesi sul proprio campo, si mise in marcia per tutta la notte verso Emmaus ove era il nemico. Quando Gorgia si accorse che i suoi nemici non si trovavano nel loro accampamento, sospettò che si fossero ritirati, per nascondersi nelle montagne, e decise di porsi sulle loro tracce ovunque fossero.
Libro XII:307 Ma sul fare del giorno Giuda apparve a Emmaus davanti al campo nemico con tremila soldati armati miseramente a motivo della loro povertà; e quando egli vide che i suoi nemici erano protetti in modo eccellente e avevano dimostrato un'eccellente maestria nel prendere posizione, incitò i
propri uomini dicendo che dovevano combattere anche corporalmente disarmati, e che anche in altre occasioni, in passato, la Divinità aveva dato la vittoria su nemici più numerosi e bene armati perché ammira il loro coraggio; e diede ordine ai trombettiere di dare il segnale;
Libro XII:308 l'attacco improvviso su di un nemico che non se lo aspettava, gettò scompiglio e terrore nel loro cuore e li gettò nella confusione, uccise molti avversari e ne insegui altri fino a Gazara e le piane dell'Idumea e Azoto e Jamnia, e ne caddero circa tremila.
Libro XII:309 Giuda poi esortò i suoi soldati a frenare la brama di fare bottino, perché li aspettava ancora un altro scontro e una battaglia contro Gorgia e il suo esercito; ma, aggiunse, quando avranno superato anche questo, allora potranno prendere il bottino con tranquillità, avendo unicamente il compito da eseguire, e null'altro.
Libro XII:310 Mentre rivolgeva queste parole ai suoi soldati, gli uomini di Gorgia videro dalle alture che l'esercito lasciato al campo era stato distrutto e il campo incendiato; e infatti il fumo che giungeva fino a loro recava da lungi l'evidenza di quanto era accaduto.
Libro XII:311 Allorché gli uomini di Gorgia constatarono come erano andate le cose, e capirono che gli uomini di Giuda erano pronti per lo scontro anch'essi si spaventarono e presero a fuggire.
Libro XII:312 Saputo che i soldati di Gorgia erano stati vinti senza combattere, Giuda si volse indietro a raccogliere il bottino, e prese molto oro e argento, e tessuti di porpora e giacinto, e se ne ritornò a casa gioioso, lodando e inneggiando a Dio per i successi riportati; poiché questa vittoria contribuì non poco per la riconquista della loro libertà.
Libro XII:313 - 5. Confuso per la disfatta dell'esercito da lui spedito, l'anno seguente Lisia assoldò sessantamila uomini scelti e cinquemila cavalieri e con questi invase la Giudea e, attenendosi alla regione collinosa, si accampò a Betsur, villaggio della Giudea.
Libro XII:314 Quivi Giuda l'incontrò con diecimila uomini: vista la moltitudine dei nemici, pregò Dio di essergli propizio contro di essi; attaccò l'avanguardia nemica e la sbaragliò uccidendone circa cinquemila e divenne, per i restanti, un oggetto di paura.
Libro XII:315 Intanto Lisia, constatata la fermezza di spirito dei Giudei, pronti a morire se non potevano vivere da uomini liberi, ebbe paura della loro disperata risoluzione come di una fortezza e, preso il resto del suo esercito, fece ritorno ad Antiochia, ove si occupò di arruolare mercenari, e a prepararsi all'invasione della Giudea con un esercito più numeroso.
La purificazione del tempio
Libro XII:316 - 6. Dopo avere sconfitto tante volte i generali del re Antioco, Giuda convocò il popolo e disse che dopo le molte vittorie con le quali Dio li aveva favoriti, era loro dovere salire a Gerusalemme, purificare il tempio e offrire i tradizionali sacrifici.
Libro XII:317 Ma giunto a Gerusalemme con tutta la moltitudine, trovò il tempio in desolazione, le porte bruciate e cespugli cresciuti spontaneamente nel santuario a motivo dell'abbandono, ne rimase abbattuto e, con i suoi uomini, esplose in una lamentazione per lo sgomento provato alla vista del tempio.
Libro XII:318 Scelse allora alcuni dei suoi soldati, ordinò loro di trattenere con scaramucce il presidio dell'Akra fino a tanto che egli era intento alla purificazione del tempio. Allorché il tempio fu purificato con diligenza, egli introdusse nuovo arredamento come un candeliere, una mensa, un altare, che erano d'oro, appese le tende alle porte e sostituì le stesse porte; gettò giù anche l'altare e ne eresse uno nuovo di pietre diverse che non erano state squadrate col ferro.
Libro XII:319 E al venticinque del mese di Chasleo, corrispondente al macedone Apellaios, essi accesero le luci del candeliere, bruciarono l'incenso sopra l'altare, fornirono la mensa di pani e offrirono gli olocausti sul nuovo altare.
Libro XII:320 Queste cose si fecero proprio in quello stesso giorno nel quale tre anni prima la loro religione pura era stata trasformata in un rito impuro e profano. Infatti il tempio profanato da Antioco, restò così per tre anni;
Libro XII:321 ciò avvenne nell'anno centoquarantacinque, il venticinque del mese di Apellaios, nella Olimpiade centocinquantatre; e fu rinnovato nello stesso giorno, il venticinque del mese di Apellaios, nell'anno centoquarantotto, nell'Olimpiade centocinquantaquattro.
Libro XII:322 Questa desolazione del tempio si verificò in conformità alla profezia di Daniele fatta quattrocentotto anni prima: egli infatti aveva rivelato che i Macedoni l'avrebbero distrutto.
I Giudei celebrano la festa delle luci
Libro XII:323 Giuda, con i suoi concittadini, celebrò la restaurazione dei sacrifici nel tempio per otto giorni durante i quali, non solo non omise alcuna forma di divertimento, ma li festeggiò con costosi e splendidi sacrifici; e onorava Dio con canti di lode e suono delle arpe, nello stesso tempo deliziava (il popolo).
Libro XII:324 Provarono così tanta gioia nella ripresa delle loro consuetudini e nella inaspettata conquista del diritto all'esercizio della propria religione, dopo un così lungo tempo, che imposero con legge ai loro discendenti di festeggiare per otto giorni la restaurazione del servizio del tempio;
Libro XII:325 e da allora fino al presente, noi osserviamo questa festa che chiamiamo “festa delle luci”. Questo nome fu dato, io penso, perché l'autorità di esercitare il nostro culto ci apparve in un periodo nel quale difficilmente si osava sperarlo.
Libro XII:326 Allora (Giuda) eresse le mura attorno alla città, innalzò anche torri alte contro incursioni nemiche, e installò in esse delle guardie; fortificò la città di Betsur perché gli servisse come fortezza per ogni emergenza causata dal nemico.
Altre vittorie di Giuda in Idumea,
Galilea, Galaad
Libro XII:327 - VIII, I. - Compiute queste cose in tale modo, le nazioni confinanti, risentendosi della ripresa forza dei Giudei, si allearono contro di essi e ne uccisero molti che avevano teso imboscate e ordito complotti. Giuda era in una guerra continua contro costoro, cercando di frenarne le scorrerie e impedire quei danni che recavano ai Giudei.
Libro XII:328 Andò contro gli Idumei, discendenti da Esaù, ad Akrabattine, ne uccise molti e portò via il bottino. Accerchiò i Baaniti che preparavano imboscate ai Giudei: dopo averli stretti d'assedio, incendiò le loro torri e uccise le persone.
Libro XII:329 Di là mosse contro gli Ammoniti che avevano una forza grande e numerosa guidata da Timoteo; allorché li vinse, prese anche la città di Jazara, catturò prigioniere le donne e i fanciulli, bruciò la città e poi fece ritorno in Giudea.
Libro XII:330 Le nazioni vicine, saputo del suo ritorno, si accordarono nella Galaadite contro i Giudei che si trovavano ai loro confini; questi però fuggirono nella fortezza di Diathema e inviarono messi a Giuda per informarlo che Timoteo faceva ogni sforzo per impadronirsi del luogo nel quale si erano rifugiati.
Libro XII:331 Mentre si leggevano queste lettere, giunsero anche dei messi dalla Galilea con l’annunzio che si era coalizzata una forza tra quelli di Tolemaide, Sidone, Tiro e da altre nazioni della Galilea.
Libro XII:332 - 2. Giuda, dunque, considerando il da farsi nei due casi di bisogno che gli erano stati riferiti, comandò al proprio fratello Simone di uscire con tremila uomini scelti e andare in aiuto dei Giudei di Galilea;
Libro XII:333 intanto egli con l'altro fratello, Gionata, e ottomila soldati si dirigeva verso la Galaadite; e lasciò il resto della forza a Giuseppe, figlio di Zaccaria, e ad Azaria con l'ordine di tenere gelosamente la guardia sulla Giudea senza impegnarsi in alcuna battaglia fino al suo ritorno.
Libro XII:334 Giunto in Galilea, Simone affrontò i nemici e li mise in fuga, li inseguì fino alle porte di Tolemaide e ne uccise all'incirca tremila; prese il bottino dagli uccisi, riportò i Giudei che erano stati fatti prigionieri e quanto loro apparteneva; e fece poi ritorno a casa.
Libro XII:335 - 3. Giuda Maccabeo e il fratello Gionata passarono il fiume Giordano e, coperta la distanza di tre giorni di cammino da esso, giunsero ai Nabatei dove furono accolti in modo pacifico;
Libro XII:336 raccontarono quanto era avvenuto a quelli in Galaadite e il malessere in cui si trovavano da quando erano stati rinchiusi nelle fortezze e città della Galaadite; e allorché li spingevano a fare presto ad attaccare gli stranieri e a cercare di salvare i compaesani dalle loro mani, egli accolse il loro parere, e ritornò nel deserto; piombò prima sugli abitanti di Bosora, prese la città, uccise tutti i maschi e gli abili alle armi e la diede poi alle fiamme;
Libro XII:337 e neppure il calare delle tenebre lo fece arrestare, proseguì in piena notte verso la fortezza dove erano stati rinchiusi i Giudei, allorché il luogo fu investito da Timoteo con la sua forza, e vi giunse sul far del giorno.
Libro XII:338 Trovò che il nemico stava già dando l'assalto alle mura: alcuni portavano scale, altri macchine d'assedio; egli ordinò al trombettiere di suonare la carica, incoraggiò poi i suoi soldati ad affrontare il pericolo di buon grado per i loro fratelli e congiunti, divise le sue forze in tre parti, e assalì il nemico alle spalle.
Libro XII:339 Quando gli uomini di Timoteo si accorsero che chi li assaliva era il Maccabeo, che aveva già dato prova di coraggio e di fortuna in guerra, si diedero alla fuga; però Giuda li inseguì da vicino col suo esercito e ne ammazzò ottomila.
Libro XII:340 Voltatosi poi a una delle città dei gentili detta Mella, conquistò anche quella, uccise tutti i maschi e incendiò la stessa città. Di qui si diresse verso l'alto e sottomise Chasfomake, Bosora e parecchie altre città della Galaadite.
Libro XII:341 - 4. Di lì a poco Timoteo arruolò una grande forza, prese inoltre altri alleati, alcuni Arabi mercenari che convinse, con denaro, ad allearsi alla sua campagna; condusse l'esercito al di là del torrente di fronte a Romfon, che era una città,
Libro XII:342 ed esortò i soldati affinché, qualora si scontrassero con i Giudei, combattessero accanitamente impedendo loro di oltrepassare il torrente; perché, predisse, se i Giudei l'oltrepassano, essi stessi sarebbero sconfitti.
Libro XII:343 Ma allorché Giuda seppe che Timoteo aveva approntato un esercito per dare battaglia, radunò tutt'intera la sua forza e uscì presto per incontrare il nemico; passato il torrente, si scagliò sul nemico: ammazzò quelli che gli si opposero, e impaurì gli altri costringendoli a gettare via le armi e fuggire.
Libro XII:344 Fu così che alcuni si sparsero qua e là, mentre altri trovarono rifugio nel sacro recinto chiamato Enkranai, dove speravano di trovare incolumità; Giuda però prese questa città, uccise gli abitanti e incendiò anche il recinto sacro, e così, in maniere diverse, portò a compimento la distruzione del nemico.
Libro XII:345 - 5. Compiute queste imprese e radunati i Giudei nella Galaadite con i loro fanciulli, le donne e le loro cose, era pronto a riportarli in Giudea.
Libro XII:346 Allorché giunse in una città chiamata Emfron, posta lungo la strada tanto che non gli era possibile scansarla prendendo un'altra strada, non volendo tornare indietro, inviò dei messi agli abitanti, domandando che gli si aprissero le porte permettendogli di attraversare la loro città: essi avevano infatti bloccato le porte con grandi pietre e interrotto qualsiasi attraversamento.
Libro XII:347 Ma gli Emfraeni non acconsentirono alle sue richieste; allora spronò i suoi uomini, circondò la città, l'assediò e dopo avere insistito per un giorno e una notte, prese la città, uccise tutti i maschi che c'erano, l'incendiò, fece crollare tutto, e così si aprì una via; ma il numero degli uccisi era così grande che dovettero passare sopra i loro cadaveri.
Libro XII:348 Attraversato il Giordano, giunsero nella Grande Pianura di fronte alla città di Bethsan, dai Greci detta Scitopoli.
Libro XII:349 Partiti di qui, entrarono nella Giudea tra canti di salmi e inni di lode seguendo quei riti festosi di gioia che si sogliono fare nella celebrazione di una vittoria; innalzarono poi sacrifici di ringraziamento per i successi conseguiti e per la salvezza dell'esercito, poiché non uno dei Giudei perdette la vita in queste guerre.
Gorgia infligge ai Giudei una disfatta
Libro XII:350 - 6. Ora Giuseppe, figlio di Zaccaria, e Azaria ai quali Giuda aveva rimesso il comando, mentre Simone era in Galilea a combattere contro quelli di Tolemaide, e Giuda e Gionata, suo fratello, combattevano nella Galaadite, desiderosi di dimostrare con le gesta che anch'essi erano generali valenti, raccolsero la loro forza e andarono su Jamnia.
Libro XII:351 Ma qui si scontrarono con il generale Gorgia, e nella lotta che ne seguì persero duemila uomini del loro esercito, e nella fuga furono incalzati fino ai confini della Giudea.
Libro XII:352 Accadde loro questa disavventura perché non seguirono le istruzioni di Giuda di non impegnarsi in alcun combattimento prima del suo ritorno; oltre agli esempi di abilità di Giuda, si può ammirare anche la sua
previsione che un simile rovescio sarebbe avvenuto a Giuseppe e Azaria qualora si fossero allontanati, in qualsiasi modo, dalle sue istruzioni ricevute.
Libro XII:353 Intanto Giuda e i suoi fratelli combattevano, senza posa, contro gli Idumei, e li infastidivano da ogni parte; e dopo avere preso la città di Ebron, distrussero tutte le sue fortificazioni e incendiarono le sue torri; devastarono anche il territorio straniero compresa la città di Marisa e giungendo fino ad Azoto, città che presero e saccheggiarono. Ritornarono poi in Giudea, catturando abbondante preda e ricco bottino.
Morte di Antioco Epifane
Libro XII:354 - IX, I. - Intorno allo stesso tempo il re Antioco di ritorno dalla regione superiore, venne a conoscere che in Persia v'era una città, chiamata Elimaide, di sovrabbondante ricchezza, e che in essa vi era un ricco tempio di Artemide, pieno di ogni genere di offerte dedicatorie, e ancora di armi e corazze che, a quanto si diceva, erano state lasciate da Alessandro, figlio di Filippo, re della Macedonia.
Libro XII:355 Eccitato da queste voci, si diresse verso Elimaide, la assalì e diede inizio all'assedio. Ma gli abitanti non si atterrirono né per la sua venuta né per l'assedio, ma gli resistettero con coraggio, e le sue speranze svanirono; perché (non solo) lo allontanarono dalla città, ma lo inseguirono sicché giunse come fuggitivo, fino in Babilonia e perse larga parte del suo esercito.
Libro XII:356 Mentre si doleva del fallimento della sua impresa, fu informato delle sconfitte dei generali da lui lasciati a condurre la guerra contro i Giudei e del potere conquistato dai Giudei.
Libro XII:357 Così, l'inquietudine per queste vicende si aggiunse all'inquietudine per gli eventi precedenti e ne fu sopraffatto, e nel suo sconforto cadde malato; la sua infermità era ostinata, le sofferenze aumentavano, e si rese conto che andava verso la morte. Convocò allora i suoi amici e disse loro che la sua malattia era molto severa e confessò che soffriva quei dolori perché aveva nuociuto alla nazione giudaica, spogliando il loro tempio e aveva trattato Dio con disprezzo; con queste parole spirò.
Libro XII:358 Io mi stupisco che Polibio di Megalopoli, che per altro è uomo onesto, affermi che Antioco morì perché desiderò spogliare il tempio di
Artemide in Persia: perché (chi ha) la volontà di compiere qualcosa, ma in realtà non la compie, non merita punizione.
Libro XII:359 Sebbene Polibio ascriva la morte di Antioco a quel motivo, è molto più probabile che il re sia morto perché spogliò in modo sacrilego il tempio di Gerusalemme. Tuttavia a questo proposito non disputerò con coloro che pensano più vicina alla verità la causa addotta dal Megalopolitano che quella data da noi.
Libro XII:360 - 2. Ora, prima di morire, Antioco chiamò Filippo, uno dei suoi compagni, e lo designò reggente del regno, consegnandogli il suo diadema, il manto regale e l'anello col sigillo, gli ordinò di prenderli e darli a suo figlio Antioco; scongiurò Filippo di provvedere all'educazione di suo figlio e di serbargli il regno.
Libro XII:361 Antioco morì nell'anno centoquarantanove. Dopo avere informato il popolo della sua morte, (Filippo) designò re suo figlio Antioco, poiché era lui che ne aveva la tutela, e lo chiamò Eupatore.
Contrasti e lotta per l'Akra
Libro XII:362 - 3. In questo tempo il presidio dell'Akra di Gerusalemme e i Giudei disertori, fecero molto male ai Giudei: perché, quanti andavano al tempio con l'intenzione di offrire sacrifici, il presidio li uccideva con sortite improvvise, poiché l'Akra sovrastava il tempio.
Libro XII:363 Per questi incidenti, Giuda deliberò di scacciare il presidio: radunato tutto il popolo, assediò coraggiosamente quelli dell'Akra. Era l'anno centocinquanta del dominio dei Seleucidi. Apprestò macchine d'assedio, innalzò terrapieni, e si impegnava vigorosamente alla presa dell'Akra.
Libro XII:364 Ma molti dei disertori che si trovavano nell'Akra, uscirono di notte, andarono per il paese, raccolsero degli empi come loro e andarono dal re Antioco asserendo che non tolleravano di essere abbandonati a sopportare tutti questi malanni a opera di quelli della propria nazione, malanni sopportati a causa di suo padre, in quanto essi avevano abbandonato la religione dei loro padri e adottata quella che era stato loro comandato di seguire.
Libro XII:365 E ora l'acropoli e il presidio postovi dal re correvano il pericolo di essere catturati da Giuda e dai suoi uomini, se lui non inviava qualche soccorso.
Libro XII:366 All'udire tali cose, il giovane Antioco, montò in collera: mandò a chiamare i suoi ufficiali e amici, ordinò di assoldare mercenari e quanti in tutto il regno avevano raggiunto l'età militare. Fu radunato così un esercito di circa centomila fanti, ventimila cavalieri e trentadue elefanti.
Antioco V Eupatore invade la Giudea
Libro XII:367 - 4. Con questa forza Antioco uscì con Lisia che aveva il comando di tutto l'esercito, e, raggiunta l'Idumea, di qui salì verso Betsur, città ben fortificata e difficile da espugnare, la accerchiò e la strinse d'assedio.
Libro XII:368 Tuttavia il popolo di Betsur resistette strenuamente e, con una sortita, incendiò il rifornimento di macchine d'assedio: durò molto tempo questo assedio.
Libro XII:369 Saputo della morsa del re, Giuda lasciò l'assedio dell'Akra, e partì all'incontro col re; si accampò in un luogo angusto detto Betzacaria, a settanta stadi dal nemico.
Libro XII:370 Il re, dunque, lasciò Betsur e condusse l'esercito per la battaglia.
Libro XII:371 Dispose gli elefanti uno dopo l'altro, non potendo disporsi affiancati l'uno all'altro a motivo dello spazio ristretto. Intorno a ogni elefante avanzavano insieme un migliaio di fanti e cinquecento cavalieri; e gli elefanti reggevano alte torri e arcieri. Il restante della sua forza lo fece salire sui due lati delle montagne, davanti a loro mise la truppa leggera.
Libro XII:372 Ordinò poi all'esercito di elevare il grido di guerra e lanciarsi sul nemico, scoprendo gli scudi d'oro e di bronzo in modo che da essi emanasse una luce scintillante e le montagne echeggiassero lo strepito dei suoi uomini. Alla vista di tutto questo, Giuda non si perse di coraggio, ma valorosamente affrontò la carica del nemico e uccise circa seicento della sua avanguardia.
Libro XII:373 Suo fratello Eleazaro, che essi chiamavano Auran, vedendo che l'elefante più alto era bardato con corazze come quelle del re, credette che fosse montato dal re, rischiò la vita scagliandosi con impeto e con pari coraggio contro di esso, uccise molti di coloro che circondavano l'elefante, disperse tutti gli altri, scivolò sotto la pancia dell'elefante e con un colpo lo uccise.
Libro XII:374 L'elefante stramazzò a terra e col suo peso schiacciò l'eroe. E così finì la sua vita Eleazaro, dopo aver ucciso molti nemici con grande bravura.
Libro XII:375 - 5. Vedendo la forza del nemico, Giuda si ritirò a Gerusalemme e si disponeva a un assedio; Antioco mandò a Betsur parte dell'esercito per darle l'assalto, mentre col resto della sua forza egli andò a Gerusalemme.
Libro XII:376 Gli abitanti di Betsur, intimoriti da quella forza e considerando la scarsità dei loro viveri, si arresero dopo avere ricevuto l'assicurazione che dalle mani del re non avrebbero da temere male alcuno. Presa la città, Antioco non fece loro nulla, ma li scacciò inermi fuori della città, e vi introdusse una sua guarnigione.
Libro XII:377 Ma l'assedio del tempio in Gerusalemme gli prese un lungo tempo, perché dal di dentro resistevano gagliardamente: a ogni macchina che il re poneva contro di loro, essi ne contrapponevano un'altra.
Libro XII:378 Tuttavia la provvista di viveri incominciò a venire meno, perché il raccolto passato era già stato consumato, e quell’anno la terra non era stata coltivata, perché non seminata, in quanto si era nel settimo anno nel quale la nostra legge comanda che il terreno sia lasciato riposare. E così molti assediati se n'erano andati per mancanza del necessario, e soltanto pochi erano i rimasti nel tempio.
Libro XII:379 - 6. Tali erano le circostanze nelle quali si trovavano gli assediati nel tempio. Ma intanto il generale Lisia e il re, informati che Filippo era in viaggio dalla Persia contro di essi per assicurarsi il governo, erano pronti ad abbandonare l'assedio e marciare contro Filippo; decisero però di non rivelare il loro piano né ai soldati né agli ufficiali.
Libro XII:380 Quindi il re invece ingiunse a Lisia che si rivolgesse a lui e agli ufficiali pubblicamente senza accennare al conflitto con Filippo, ma dire semplicemente che l'assedio avrebbe preso ancora un tempo molto lungo e il luogo era molto forte, spiegare che i loro viveri avevano ormai iniziato a mancare, e che era necessario espletare molti affari del regno,
Libro XII:381 e che pareva che fosse meglio venire a patti con gli assediati e cercare l'amicizia di tutta la loro nazione concedendo l'osservanza delle patrie leggi, la cui privazione li aveva spinti a iniziare la presente guerra; e che allora se ne sarebbero ritornati a casa. Lisia parlò così e ne furono contenti tutti: esercito e ufficiali.
Antioco Eupatore abbatte le mura del tempio
Libro XII:382 - 7. Il re inviò dei messi a Giuda e a quelli che con lui erano assediati: offrì loro di fare la pace e concesse loro di vivere secondo le patrie leggi. I Giudei accettarono le proposte volentieri, e, avuta l'assicurazione della loro buona fede, uscirono dal santuario.
Libro XII:383 Ma quando vi entrò Antioco e vide quanto il luogo era fortificato, venne meno ai giuramenti e diede ordine alla sua forza di circondarlo, e di atterrare le mura. Dopo, fece ritorno ad Antiochia, prendendo con sé il sommo sacerdote Onia, detto anche Menelao.
Onia-Menelao e la sua morte a Berea
Libro XII:384 Lisia aveva, infatti, consigliato al re di uccidere Menelao se voleva tenere quieti i Giudei e non avere torbidi; era quest'uomo, egli diceva, la causa d'ogni male, avendo indotto il di lui padre a costringere i Giudei ad abbandonare la religione dei padri.
Libro XII:385 Il re, dunque, mandò Menelao a Berea, in Siria, e là lo mise a morte dopo dieci anni di pontificato. Fu uomo cattivo ed empio che, pur di avere tutta l'autorità per sé, aveva costretto l'intera nazione a violare le proprie leggi. Dopo la morte di Menelao, fu eletto sommo sacerdote Alcimo, detto pure Giacimo.
Libro XII:386 Quando il re Antioco scoprì che Filippo aveva già il controllo del governo, gli fece la guerra e, avutolo in suo potere, l'uccise.
Onia IV fugge in Egitto ove innalza
un altro Tempio
Libro XII:387 Onia, figlio del sommo sacerdote che, come detto in precedenza, era ancora un fanciullo quando morì suo padre, visto che il re aveva ucciso suo zio Menelao e aveva dato il sommo sacerdozio ad Alcimo, sebbene non fosse di famiglia di sommi sacerdoti, perché convinto da Lisia a trasferire l'ufficio da una famiglia a un'altra famiglia, fuggì da Tolomeo re d'Egitto.
Libro XII:388 Trattato con onore da lui e dalla di lui moglie Cleopatra ebbe un posto nel nomo di Eliopoli, ove eresse un tempio simile a quello di Gerusalemme. Tuttavia di questo racconteremo in un'occasione più opportuna.
Demetrio fugge da Roma, uccide Antioco e accoglie
i Giudei rinnegati
Libro XII:389 - X, I. - Intorno allo stesso periodo, Demetrio, figlio di Seleuco, fuggito da Roma, occupò Tripoli di Siria e si pose il diadema sul proprio capo; circondatosi poi di un buon numero di mercenari, entrò nel regno, accolto volentieri da tutto il popolo che si sottomise a lui;
Libro XII:390 anzi, si impadronì poi del re Antioco e di Lisia e glieli consegnò vivi. Per ordine di Demetrio, furono ambedue messi a morte: Antioco aveva regnato due anni, come riferito altrove.
Libro XII:391 Andarono in seguito da lui molti Giudei malvagi e rinnegati, tra essi vi era anche il sommo sacerdote Alcimo, accusando tutta la loro nazione, in particolare Giuda e i fratelli;
Libro XII:392 e, asserendo che avevano ucciso tutti gli amici del re, eliminato tutti coloro che, nel regno, erano in suo favore e aspettavano la sua venuta, e che essi, lì presenti, erano stati cacciati dalla loro terra, rendendoli così forestieri in terra straniera; ora essi lo pregavano di mandare qualcuno dei suoi amici a informarsi da lui sugli sfrontati crimini commessi da Giuda e dai suoi uomini.
Libro XII:393 - 2. Demetrio, allarmato, inviò Bacchide, uno degli amici di Antioco Epifane, uomo valente, governatore di tutta la Mesopotamia, dandogli un grande esercito, e mettendo Alcimo sotto la sua protezione, lo incaricò di uccidere Giuda e i suoi uomini.
Libro XII:394 Bacchide, partito da Antiochia col suo esercito e giunto nella Giudea, mandò a chiamare Giuda e i suoi fratelli per una discussione amichevole e pacifica: secondo i suoi piani intendeva prenderlo con l'inganno.
Libro XII:395 Ma egli non si fidò, avendo visto che era venuto con quell'esercito, come uno che va alla guerra, non come uno che vuole fare la pace. Tuttavia alcuni del popolo prestarono orecchio alle proposte di pace fatte da Bacchide, e, credendo che in mano ad Alcimo, loro compatriota, non avrebbero avuto da soffrire alcun danno,
Libro XII:396 si diedero nelle loro mani, e dopo avere ricevuto giuramento da tutti e due, che né a essi, né a quelli che erano dalla loro parte sarebbe stato fatto del male, si consegnarono nelle loro mani. Ma Bacchide non fece caso dei giuramenti e ne uccise sessanta; e così, non tenendo fede ai primi, spaventò gli altri che pensavano di compiere lo stesso passo passando a lui;
Libro XII:397 perciò egli, partito da Gerusalemme, si recò in un villaggio chiamato Berzetho, mandò i suoi uomini a catturare molti disertori e alcuni del popolo, poi li fece uccidere tutti, e agli abitanti della regione ordinò di obbedire ad Alcimo; e dopo avergli lasciato un esercito sufficiente per mantenere la regione sotto il suo controllo, se ne ritornò ad Antiochia, dal re Demetrio.
Alcimo cerca di riconciliare i Giudei
Libro XII:398 - 3. Alcimo, desideroso di stabilizzare la propria autorità e, resosi conto che, acquisita la benevolenza del popolo, avrebbe governato con maggiore sicurezza, gli rivolse parole gentili e conversava con ognuno con un tratto garbato e in una maniera gradevole, e così, in brevissimo tempo, si conquistò una grossa parte di persone e si circondò di una forza formata,
Libro XII:399 in larghissima parte, da persone empie e da rinnegati, dei quali si valeva come ministri e soldati, e, andando per la regione, uccideva tutti coloro che trovava schierati dalla parte di Giuda.
Libro XII:400 Perciò (Giuda) vedendo che Alcimo era diventato potente e aveva messo a morte molte persone buone e pie della nazione anch'egli prese ad andare per la regione a uccidere coloro che stavano dalla parte nemica. Quando Alcimo si accorse di non potere contrastare Giuda per insufficienza di forze, decise di rivolgersi per aiuto al suo alleato, il re Demetrio.
Libro XII:401 Andò, dunque, ad Antiochia e suscitò la collera del re contro Giuda, asserendo che nelle sue mani vi era la accusa contro di lui, in quanto da lui aveva subìto molti danni, che sarebbero stati ancora più grandi, qualora Giuda non fosse prima catturato e punito da una grande forza inviata contro di lui.
Libro XII:402 - 4. Demetrio si stava persuadendo che era pericoloso per i suoi interessi lasciare impunita la crescente potenza di Giuda, e mandò Nicanore, il più devoto e fedele tra i suoi amici, era con lui quando era fuggito dalla città di
Roma, e gli affidò un esercito numeroso, sufficiente per andare contro Giuda, ordinandogli di agire inesorabilmente contro la nazione.
Libro XII:403 Giunto a Gerusalemme, Nicanore deliberò di non guerreggiare subito contro Giuda; aveva scelto di ridurlo in suo potere con l'inganno; così gli mandò un'offerta di pace affermando che non v'era alcuna necessità di fare la guerra andando incontro a pericoli, che avrebbe dato a Giuda il proprio giuramento che non avrebbe corso alcun pericolo, perché, disse, era venuto con alcuni amici per illustrare quali erano le intenzioni del re Demetrio e i suoi sentimenti verso la loro gente.
Libro XII:404 Questa offerta, fatta dagli ambasciatori di Nicanore, fu creduta da Giuda e dai suoi fratelli: accettarono senza alcun sospetto di inganno l'offerta di Nicanore, accogliendo sia lui che il suo esercito. Ma, mentre salutava Giuda e si intratteneva con lui, fece un segno ai suoi uomini affinché arrestassero Giuda.
Libro XII:405 Egli però si avvide dell'inganno, si trasse indietro e si rifugiò tra i suoi uomini. Vedendo scoperte le sue intenzioni e insidie, Nicanore decise di fare guerra a Giuda; e così l'altro organizzò i suoi uomini e si preparò per la battaglia, scontrandosi con lui in un villaggio detto Kafarsalama, lo sconfisse e lo obbligò a fuggire ritirandosi nell'Akra a Gerusalemme.
Nicanore minaccia i Giudei di Gerusalemme
Libro XII:406 - 5. Ora, mentre Nicanore scendeva dall'Akra nel tempio, si incontrò con dei sacerdoti e degli anziani, i quali lo salutarono e gli fecero vedere le vittime che, a quanto asserivano, stavano per essere sacrificate a Dio per il re; egli però li maledisse e minacciò che se il popolo non gli avesse consegnato Giuda, al suo ritorno egli avrebbe abbattuto il tempio.
Libro XII:407 Dopo queste minacce lasciò Gerusalemme, mentre i sacerdoti, dolenti per queste parole, proruppero in pianto e supplicavano Dio di scamparli dai loro nemici.
Sconfitta di Nicanore
Libro XII:408 Nicanore, uscito da Gerusalemme, si recò in un villaggio chiamato Bethoron: quivi si accampò e fu raggiunto da altre forze provenienti dalla Siria. Giuda si era accampato in Adasa, un villaggio distante trenta stadi da Bethoron, con in tutto duemila uomini,
Libro XII:409 che egli esortò a non lasciarsi atterrire dal numero dei nemici, né temere coloro con i quali avrebbero dovuto battersi, e tenere a mente piuttosto chi erano, per quale motivo si cimentavano nel pericolo, investendo il nemico con coraggio; poi li condusse alla lotta. Impegnò Nicanore in uno scontro feroce, atterrò molti nemici, e ne uccise molti: alla fine cadde lo stesso Nicanore combattendo valorosamente.
Libro XII:410 Quando egli cadde, il suo esercito non resistette più: perso il comandante, gettò le armi e si diede alla fuga. Giuda li inseguì e ne fece strage, e dai trombettieri fece dare il segnale ai villaggi circostanti che egli stava inseguendo il nemico in disfatta.
Libro XII:411 Non appena gli abitanti udirono ciò, balzarono in armi e si diressero verso i fuggitivi e, incontratili, li uccisero, sicché da questa battaglia non sfuggì neppure uno dei novemila che vi avevano partecipato.
Libro XII:412 Questa vittoria ebbe luogo il giorno tredici del mese che dai Giudei è detto Adar, e dai Macedoni Dystro; e ogni anno in questo mese i Giudei celebrano la loro vittoria e osservano questo giorno come festivo. Sebbene dopo questa guerra, da quel giorno la nazione giudaica abbia respirato per un po' di tempo e goduto la pace, in seguito fu nuovamente impegnata in un periodo di contrasti e pericoli.
Morte di Alcimo
Libro XII:413 - 6. Mentre il sommo sacerdote Alcimo progettava di abbattere il muro del luogo santo, che era molto antico ed era stato eretto da antichi profeti, fu percosso da Dio con un colpo improvviso; per cui cadde al suolo senza dire una parola, e morì tra tormenti dopo molti giorni: fu sommo sacerdote per quattro anni.
Trattato dei Romani con i Giudei
Libro XII:414 Alla sua morte, il popolo diede il sommo sacerdozio a Giuda; avendo preso conoscenza della forza dei Romani, che avevano soggiogato la Galazia, la Iberia, Cartagine in Libia e ancora conquistato la Grecia, vinto i re Perseo, Filippo e Antioco il Grande, decise di stringere con essi un trattato di amicizia.
Libro XII:415 Così inviò a Roma due dei suoi amici, Eupolemo, figlio di Giovanni e Giasone, figlio di Eleazaro, e per mezzo di loro domandò ai Romani di divenire suoi alleati e amici e di scrivere a Demetrio che non facesse più guerra ai Giudei.
Libro XII:416 Giunti a Roma gli ambasciatori di Giuda, il Senato li ricevette, e dopo che ebbero parlato della loro missione, convennero per l'alleanza militare; e su ciò fu steso pure un decreto, ne fu inviata copia in Giudea, mentre l'originale fu inciso su tavolette di bronzo e depositato in Campidoglio.
Libro XII:417 Diceva quanto segue: “Decreto del Senato riguardante un trattato di alleanza militare e buona volontà con la nazione giudaica. Nessuno di coloro che sono soggetti ai Romani faccia guerra alla nazione giudaica o assista coloro che fanno guerra a essi con viveri, naviglio, denari;
Libro XII:418 e se qualcuno attaccasse i Giudei, i Romani li soccorreranno secondo le proprie forze, d'altra parte, qualora i Romani venissero assaliti, i Giudei, come alleati, andranno in loro aiuto. Se poi la nazione giudaica volesse aggiungere o togliere qualcosa da questo trattato di alleanza, ciò si può fare, con l'assenso del popolo romano: e qualsiasi cosa si aggiunga, sarà valida”.
Libro XII:419 Il decreto fu firmato da Eupolemo, figlio di Giovanni, e da Giasone, figlio di Eleazaro, essendo Giuda sommo sacerdote della nazione, e Simone, suo fratello, comandante dell'esercito. Così, dunque, è quanto avvenne con il primo trattato di amicizia e alleanza militare tra i Romani e i Giudei.
Demetrio manda Bacchide a uccidere Giuda
Libro XII:420 - XI, I. - Informato della morte di Nicanore e con lui della disfatta del suo esercito, Demetrio inviò nuovamente un esercito in Giudea, con Bacchide.
Libro XII:421 Partito da Antiochia, giunse in Giudea e si accampò ad Arbela, città della Galilea; e dopo avere assediato quanti si trovarono nelle grotte, molti infatti vi si erano rifugiati, li catturò; partito di qui, si affrettò alla volta di Gerusalemme.
Libro XII:422 Quando seppe che Giuda si trovava accampato in un villaggio di nome Berzetho, si incamminò alla volta di lui con ventimila fanti e duemila cavalieri, mentre tutta la forza di Giuda non ne contava più di mille. Allorché
costoro videro il grande numero degli uomini di Bacchide, si spaventarono e, abbandonato il campo, fuggirono a eccezione di ottocento.
Libro XII:423 Ma Giuda, abbandonato dai suoi soldati e con il nemico che incalzava senza concedergli il tempo di riunire le sue forze, era pronto ad attaccare gli uomini di Bacchide con i suoi ottocento; esortò questi pochi ad affrontare con coraggio il pericolo e li spinse ad avanzare in battaglia.
Libro XII:424 Essi però dissero di non essere forti abbastanza per affrontare un nemico così numeroso e l'esortarono a ritirarsi per un momento e metterli così in salvo; radunati poi i suoi uomini, avrebbe attaccato il nemico. “Mai il sole vegga una cosa simile, rispose, ch'io mostri le spalle al nemico.
Libro XII:425 Anche se la circostanza presente mi costasse la vita, e dovessi certamente morire combattendo, resisterò con fermezza e sopporterò qualsiasi cosa piuttosto che fuggire macchiando ora le mie imprese passate e la gloria che con esse guadagnai”. Così parlò a quelli che gli erano rimasti incitandoli a dimostrare disprezzo del pericolo affrontando il nemico in battaglia.
Ultima lotta di Giuda contro Bacchide
Libro XII:426 - 2. Intanto Bacchide condusse la sua forza fuori dal campo e pose i soldati in ordine di combattimento: ai lati dispose la cavalleria, gli armati leggeri e gli arceri li pose di fronte al corpo principale dell'esercito, mentre egli era all'ala destra.
Libro XII:427 Diviso così il suo esercito, si avvicinò al campo nemico e ordinò al trombettiere di suonare la carica e all'esercito di innalzare il grido di guerra e avanzare.
Libro XII:428 Giuda fece la stessa cosa: caricò il nemico: da ambo le parti si combatteva strenuamente e la mischia si protrasse fino al tramonto del sole. Vedendo che Bacchide e il fianco più forte del suo esercito erano l'ala destra, Giuda prese i più arditi dei suoi uomini, attaccò da quella parte ferocemente e smagliò quei solidi ranghi;
Libro XII:429 cacciatosi egli stesso in mezzo a loro, li costrinse a fuggire e poi li inseguì lontano fino al monte Aza, come è chiamato. Allora quelli dell'ala sinistra, vedendo in rotta quelli dell'ala destra, serrarono alle spalle Giuda che li inseguiva, e lo presero in mezzo a loro.
Libro XII:430 Non potendo fuggire, circondato dal nemico, resistette con i suoi che lo seguivano e combatté. Ma dopo avere ucciso molti nemici, alla fine, stanco, cadde anche lui. Così, compiendo gesta gloriose come quelle compiute in passato, diede l'ultimo respiro.
Libro XII:431 Caduto Giuda, privi di una persona alla quale guardare, privati di un così grande comandante, fuggirono.
Libro XII:432 Allora Simone e Gionata, fratelli di Giuda, avuta dai nemici una tregua, ottennero il cadavere e lo portarono a Modeein dove era stato sepolto il loro padre, e celebrarono gli ultimi riti. Il popolo lo pianse per molti giorni e l'onorarono pubblicamente con le solite cerimonie.
Libro XII:433 Tale è stata la fine di Giuda che fu uomo valente e grande combattente: memore delle ingiunzioni di suo padre Mattatia, ebbe la forza di fare e di sopportare ogni cosa per la libertà dei suoi concittadini.
Libro XII:434 Tanto fu il valore di questo uomo che lasciò i più grandi e gloriosi ricordi: avere liberato la sua nazione e averla tolta dalla schiavitù sotto i Macedoni. Ed egli aveva tenuto il sommo pontificato per tre anni allorché morì.