Libro XIII°
Oppressioni operate da Bacchide
Libro XIII:1 - I, I. - In che modo la nazione giudaica ha riconquistato la libertà dopo che era stata soggiogata dai Macedoni, e quanto numerose e severe furono le difficoltà affrontate da Giuda, il loro generale, prima di morire combattendo per essa, l'abbiamo riferito nel libro precedente.
Libro XIII:2 Dopo la morte di Giuda tutti gli empi e trasgressori dei costumi di vita della loro terra che vi erano tra i Giudei, sorsero nuovamente, spuntarono da ogni parte e li danneggiarono.
Libro XIII:3 Alla malvagità di costoro giovò pure la fame che aveva colpito il paese; al punto che molti per la mancanza del necessario e per l'incapacità di sopportare il peso di dure traversie, cioè la fame e i nemici, passarono dalla parte dei Macedoni.
Libro XIII:4 Allora Bacchide radunò i Giudei che avevano abbandonato il genere di vita della loro terra e scelto quello comune alle altre nazioni, e affidò a essi il governo della nazione; costoro poi presero gli amici di Giuda e quanti simpatizzavano con lui e li consegnarono a Bacchide: egli prima li torturò e li maltrattò a suo piacere, e in questo modo li portò alla fine.
Libro XIII:5 Dopo la calamità nella quale erano caduti i Giudei, calamità più grande di quante ne avessero finora sopportate dopo il ritorno da Babilonia, questi sopravvissuti compagni di Giuda, vedendo la loro nazione perire così miseramente, andarono da Gionata, suo fratello, e lo supplicarono di imitare il fratello che aveva preso tanto a cuore la sorte dei propri connazionali fino a morire per la comune libertà, e di non permettere che la nazione restasse priva di un difensore o perisse nelle presenti calamità.
Libro XIII:6 Perciò Gionata si dichiarò pronto a morire per loro, e così, essendo giudicato in nulla inferiore al fratello, fu designato comandante dei Giudei.
Gionata sfugge a Bacchide
Libro XIII:7 - 2. Ma, saputo questo, Bacchide, temendo che Gionata potesse creare torbidi contro il re e i Macedoni, come aveva fatto Giuda prima di lui, cercava di ucciderlo a tradimento.
Libro XIII:8 Che questa fosse la sua intenzione non era ignorato da Gionata e da suo fratello Simone; e non appena ne vennero a conoscenza, presero tutti gli amici e fuggirono subito nel deserto più vicino alla città; e giunti all'acqua chiamata Cisterna di Asfar, qui si fermarono.
Libro XIII:9 Bacchide si avvide che se n'erano andati e che ora si trovavano in quella località: contro di essi inviò tutto il suo esercito che si accampò al di là del Giordano ove si fermò.
Libro XIII:10 Saputo che Bacchide era venuto contro di lui, Gionata mandò suo fratello Giovanni, detto pure Gaddi, dagli Arabi Nabatei per lasciare il suo equipaggiamento presso di loro fino a quando non dovesse combattere contro Bacchide: essi erano, infatti, amici dei Giudei.
Libro XIII:11 Ma mentre Giovanni era in cammino verso i Nabatei, i figli di Amareo tesero un agguato a lui e ai compagni fuori della città di Medaba e, spogliatili di quanto portavano, uccisero Giovanni e tutti i suoi uomini. Di questo
misfatto ebbero poi il meritato castigo per opera dei suoi fratelli, come fra poco riferiremo.
Bacchide attacca di sabbato
Libro XIII:12 - 3. Quando Bacchide seppe che Gionata si era accampato nei luoghi palustri lungo il Giordano, attese il giorno di sabbato per attaccarlo, pensando che in quel giorno non avrebbe combattuto a motivo della Legge.
Libro XIII:13 Gionata spronò i suoi compagni: dicendo che era in gioco la loro vita poiché si trovavano chiusi tra il fiume e il nemico, e nell'impossibilità di sfuggire, perché il nemico li attaccava di fronte e il fiume era alle loro spalle, e, pregato Dio affinché concedesse loro la vittoria, attaccò la battaglia contro il nemico;
Libro XIII:14 ne atterrò molti ma, allorché vide Bacchide avanzare arditamente contro di sé, allungò la destra per colpirlo; lui però previde il colpo e lo scansò; allora si gettò d'improvviso nel fiume con i compagni e in questo modo si rifugiò sull'altra sponda del Giordano, poiché il nemico non lo inseguì più al di là del fiume; e Bacchide si ritirò presto nell'Akra, in Gerusalemme, dopo avere perso duemila uomini circa.
Libro XIII:15 Bacchide, in seguito, occupò molte città della Giudea e le fortificò: così fu di Gerico, Emmaus, Bethoron, Bethel, Tamnatha, Faratho, Techoah e Gazara.
Libro XIII:16 In ognuna di queste città innalzò torri e le circondò di forti mura molto alte, insediò in esse dei soldati affinché di là potessero compiere frequenti scorrerie e tormentare i Giudei;
Libro XIII:17 ma soprattutto fortificò l'Akra in Gerusalemme; prese anche come ostaggi i figli delle principali persone della Giudea e li rinchiuse nell'Akra; e in questa maniera li teneva sotto custodia.
Gionata e Simone vendicano l'uccisione
del fratello
Libro XIII:18 - 4. Intorno a quel tempo, qualcuno andò da Gionata e suo fratello Simone a riferire che i figli di Amareo avevano una celebrazione di nozze, e portavano la sposa, figlia di una delle più distinte famiglie arabe, dalla città di
Nabatha e che la fanciulla sarebbe stata accompagnata da una splendida e costosa processione.
Libro XIII:19 Perciò Gionata e Simone ritennero che fosse questa l'occasione favorevole per vendicare il fratello; credendo di potere ottenere soddisfazione per l'uccisione di Giovanni, uscirono in direzione di Medaba e si posero tra le montagne in attesa dei loro nemici.
Libro XIII:20 Appena li scorsero che accompagnavano la fanciulla e lo sposo, con una lunga processione di amici, com'è consuetudine per le nozze, balzarono dal loro nascondiglio e li uccisero tutti, presero come bottino il corredo e il resto delle cose personali che portavano, e ritornarono indietro.
Libro XIII:21 Questa fu la vendetta che inflissero ai figli di Amareo per l'uccisione del fratello Giovanni: questi uomini, gli amici che li accompagnavano, con le mogli e i bambini perirono tutti; erano circa quattrocento.
Libro XIII:22 - 5. Simone e Gionata fecero ritorno alle località palustri del fiume e restarono là, mentre Bacchide, assicuratosi tutta la Giudea , con guarnigioni, ritornò dal re. Nel mentre gli affari dei Giudei ebbero due anni di pace.
Libro XIII:23 I fuoriusciti e gli empi, vedendo che Gionata e i suoi seguaci vivevano nella regione con la più grande sicurezza, a motivo della pace, mandarono dal re Demetrio per istigarlo ad inviare Bacchide a impadronirsi di Gionata, asserendo che l'impresa si poteva realizzare senza alcuna difficoltà; qualora i suoi uomini si scagliassero inaspettatamente su di loro di notte, potrebbero ucciderli tutti.
Libro XIII:24 Perciò il re mandò subito Bacchide; e, arrivato in Giudea, scrisse ai suoi amici, Giudei e alleati, di impadronirsi di Gionata per lui.
Libro XIII:25 E tutti compivano ogni tentativo per portare questo a buon fine, ma non riuscivano a impadronirsi di Gionata: egli si era accorto del complotto e stava bene in guardia. Bacchide allora, incollerito contro i fuoriusciti perché credeva che avessero ingannato sia lui che il re, catturò cinquanta loro capi e li uccise,
Scontro tra Bacchide e Gionata
Libro XIII:26 Nel mentre Gionata, per timore di Bacchide, si ritirò a Bethalaga con suo fratello e i suoi compagni: si trattava di un villaggio nel deserto nel quale innalzò torri e lo circondò di mura, e così si mantenne difeso e al sicuro.
Libro XIII:27 Quando Bacchide seppe questo, uscì con l'esercito che aveva con sé e con (uomini) presi dai Giudei suoi alleati e andò contro Gionata, assalì le sue fortificazioni e lo assediò per molti giorni;
Libro XIII:28 Gionata, tuttavia, non si arrese davanti alla durezza dell'assedio, ma, dopo avere resistito con decisione, lasciò il fratello nella città a continuare la lotta contro Bacchide, e furtivamente se ne andò nella regione, radunò un largo numero tra quanti simpatizzavano per lui e, notte tempo, assalì il campo di Bacchide, ne scannò un buon numero, annunziando così al fratello Simone che si era scagliato sui nemici.
Libro XIII:29 Simone, resosi conto che il nemico era stato colpito da lui, anch'egli uscì contro di loro, bruciò le macchine usate dai Macedoni per l'assedio e fece macello di un considerevole numero di uomini.
Libro XIII:30 Bacchide, vedendosi stretto in mezzo ai nemici, parte gli stava davanti e parte alle spalle, si perdette di coraggio e passò in uno stato di alterazione mentale e di confusione per l'inattesa uscita degli assediati;
Libro XIII:31 e sfogò la propria rabbia sui fuorusciti che avevano domandato al re la sua persona: pensava infatti di essere stato ingannato da loro; egli desiderava porre termine all'assedio, se possibile, e poi fare ritorno a casa in modo onorevole.
Pace tra Bacchide e Gionata
Libro XIII:32 - 6. Gionata, quando seppe quello che pensava, gli mandò un'ambasciata con una proposta di alleanza pacifica e militare e che ognuna delle due parti restituisse i prigionieri catturati.
Libro XIII:33 Bacchide giudicò la proposta come la ritirata più dignitosa e concluse con Gionata un patto amichevole, e ambedue giuravano di non molestarsi più l'un l'altro; e dopo il ritorno dei prigionieri e riavuti i propri uomini, fece ritorno ad Antiochia dal re. Dopo tale partenza non invase mai più la Giudea.
Libro XIII:34 Ottenuta la libertà d'azione, Gionata fece di Machma la sua residenza e di qui amministrava gli affari del popolo, puniva i malvagi e gli empi, e così ripulì la nazione.
Alessandro Bala, Demetrio, Gionata
Libro XIII:35 - II, I. - Ora nell'anno centosessanta, Alessandro, figlio di Antioco Epifane, salì in Siria e occupò Tolemaide per il tradimento dei soldati che l'occupavano, i quali erano nemici di Demetrio a causa della sua arroganza e inaccessibilità.
Libro XIII:36 Si era infatti rinchiuso in un palazzo con quattro torri da lui costruite non lungi da Antiochia e non (vi) ammetteva alcuno, ed era anche pigro e neghittoso negli affari pubblici; e ciò accese ancora più l'odio dei sudditi, come abbiamo detto altrove.
Libro XIII:37 Ma allorché Demetrio udì che Alessandro si trovava a Tolemaide, prese tutto il suo esercito e mosse contro di lui. Mandò anche degli ambasciatori a Gionata per proporgli una pacifica alleanza militare di buona volontà: volle anticipare Alessandro il quale avrebbe potuto trattare con Gionata, ottenendo da lui assistenza.
Libro XIII:38 Fece questo per timore che Gionata gli portasse rancore a motivo della sua precedente inimicizia, e perciò si unisse all'azione contro di lui. Gli ordinò di radunare una forza, di provvedere armi e di riprendersi i Giudei ostaggi che Bacchide aveva rinchiuso nell'Akra in Gerusalemme.
Libro XIII:39 Ricevuto questo messaggio da Demetrio, Gionata si recò a Gerusalemme e lesse la lettera del re in presenza di tutto il popolo e di quanti erano di guardia all'Akra.
Libro XIII:40 Quando furono lette queste istruzioni, gli empi e i fuorusciti dell'Akra restarono in preda a grande paura, ora che il re permetteva a Gionata di adunare un esercito e il ritorno degli ostaggi; egli però restituì ognuno ai suoi genitori.
Libro XIII:41 Così Gionata portò la sua residenza a Gerusalemme: fece varie riparazioni nella città e sistemò ogni cosa secondo il suo gusto. Così diede ordine che le mura della città si alzassero con pietre squadrate affinché fossero più sicure contro i nemici.
Libro XIII:42 I soldati disposti a difesa delle guarnigioni nella Giudea, quando videro questo, abbandonarono subito tutti i loro posti e fuggirono ad Antiochia, con le sole eccezioni di coloro che si trovavano nella città di Betsur e di quelli che si trovavano nell'Akra di Gerusalemme, poiché la maggioranza di costoro erano Giudei empi e fuorusciti: per questo non abbandonarono le guarnigioni.
Alessandro e Gionata
Libro XIII:43 - 2. Ora quando Alessandro fu informato delle promesse che Demetrio aveva fatto a Gionata, conoscendone il coraggio e le grandi gesta compiute nella guerra contro i Macedoni e, d'altra parte conoscendo quanto ebbe a soffrire da Demetrio e da Bacchide, generale di Demetrio, disse ai suoi amici che nella presente congiuntura non poteva trovare migliore alleato di Gionata, essendo coraggioso in guerra e avendo anche i suoi motivi di odio verso Demetrio per le molte sofferenze inflittegli da lui e per quelle che egli stesso aveva inflitto a lui.
Libro XIII:44 “Se noi decidiamo di farlo nostro amico contro Demetrio, in questo momento non v'è nulla di più vantaggioso, che invitarlo a stringere un'alleanza militare con noi”. Quando lui di persona e i suoi amici decisero di inviare a Gionata (una missione), scrisse la seguente lettera:
Libro XIII:45 “Il re Alessandro a Gionata, suo fratello, salute. Da tempo abbiamo sentito del tuo coraggio e lealtà, per tale motivo ti abbiamo proposto l'invito di amicizia e alleanza militare. Oggi, dunque, ti eleggiamo sommo sacerdote dei Giudei con il titolo di mio amico. Ti ho mandato pure, quali regali, una veste di porpora e una corona d'oro; e ti prego che tu, da noi onorato, ti comporti verso di noi allo stesso modo”.
Demetrio e Gionata
Libro XIII:46 - 3. Ricevuta questa lettera, era il tempo della festività dei Tabernacoli, Gionata indossò la veste del sommo sacerdote: erano passati quattro anni dalla morte di suo fratello Giuda e durante tale periodo non c'era stato alcun sommo sacerdote; arruolò poi molta gente e raccolse un gran numero di armi.
Libro XIII:47 Demetrio fu molto addolorato allorché seppe queste cose, e si accusò per la propria lentezza che gli aveva impedito di anticipare Alessandro
nell'estendere i privilegi di Gionata, piuttosto che lasciare all'altro questa opportunità. Scrisse dunque anch'egli una lettera a Gionata e al popolo, che suonava così:
Libro XIII:48 “Il re Demetrio a Gionata e alla nazione dei Giudei, salute. Siccome avete mantenuto costantemente la vostra amicizia verso di noi e a dispetto delle offerte tentatrici non avete aderito ai miei nemici, lodo la vostra lealtà verso di me, e vi esorto a continuare sulla stessa linea, e perciò riceverete da noi una ricompensa e il nostro favore.
Libro XIII:49 Per questo vi rilascerò la maggior parte dei tributi e delle imposte, che avete pagato ai miei predecessori e a me; intanto, per ora, vi libero dai tributi che avete sempre pagato. Inoltre vi condono la tassa per il sale e la tassa per la corona che voi mi sborsavate; e da oggi, in luogo di un terzo del grano e della metà dei frutti degli alberi, cedo a voi la mia parte.
Libro XIII:50 Ancora, la tassa pro capite che mi si pagava dagli abitanti della Giudea e dalle tre toparchie annesse, la Samaria , la Galilea e la Perea , ve la condono adesso e per sempre.
Libro XIII:51 Inoltre, è mio desiderio che la città di Gerusalemme sia sacra e inviolabile, e fin dove si stendono i suoi confini sia libera dalla decima e dai tributi; e l'Akra la metto in mano del vostro sommo sacerdote Gionata e di quegli uomini che egli giudicherà fedeli a lui e amici: egli vi potrà mettere una guarnigione che la custodisca per noi.
Libro XIII:52 Inoltre libero i Giudei che furono presi prigionieri e sono nel nostro regno in schiavitù; ordino che le bestie da soma dei Giudei non siano requisite per il nostro esercito, e che nei sabbati e in tutte le festività e i tre giorni che precedono una festa i Giudei siano esenti dal lavoro.
Libro XIII:53 Allo stesso modo libero gli abitanti giudei del mio regno e li assicuro che non saranno infastiditi; e a quanti desiderano servire nel mio esercito concedo la libertà di farlo; questo sarà permesso fino al numero di trentamila e ovunque vadano, riceveranno la stessa paga del mio esercito.
Libro XIII:54 Alcuni di costoro metterò nelle guarnigioni, altri porrò come mie guardie del corpo e li farò miei ufficiali di corte; e permetterò che vivano in accordo alle leggi della loro patria e nella loro osservanza; ed è mio volere che quanti vivono nei tre distretti annessi alla Giudea siano soggetti a queste leggi, e
che sia di spettanza del sommo sacerdote che nessun Giudeo abbia per il culto nessun altro tempio all'infuori di quello di Gerusalemme.
Libro XIII:55 Per le spese annuali dei sacrifici do, dalle mie entrate, centocinquanta dracme; la somma che sopravanza a queste spese, è mio desiderio che sia a carico vostro. Inoltre le diecimila dracme che solevamo ricevere dal tempio, io le rimetto a voi perché appartengono ai sacerdoti che sono al servizio del tempio.
Libro XIII:56 E tutti coloro che si rifugiano nel tempio di Gerusalemme o in qualsiasi altro luogo che da esso prenda nome, perché hanno debiti verso il re o per qualche altro motivo, siano liberati e i loro beni siano lasciati indenni.
Libro XIII:57 Vi permetto pure di riparare e ristrutturare il tempio, e le spese necessarie saranno a carico delle mie entrate; vi concedo ancora di innalzare le mura della vostra città, di erigere alte torri e di restaurare tutte queste cose a mie spese. Perciò se c'è qualche guarnigione che per il bene della regione dei Giudei necessita di venire ulteriormente fortificata, anche questo sarà eseguito a mie spese”.
Demetrio ucciso da Alessandro Bala
Libro XIII:58 - 4. Queste, dunque, erano le promesse e i favori che offriva Demetrio allorché scrisse ai Giudei. Nel frattempo il re Alessandro radunò una grande forza di mercenari e di soldati provenienti dalla Siria che si unirono a lui e marciarono contro Demetrio.
Libro XIII:59 Nella battaglia che ne seguì l'ala sinistra di Demetrio pose in fuga i suoi nemici e li insegui lungo una grande distanza, ne uccise un gran numero e devastò il loro accampamento; l'ala destra, dove, per avventura, si trovava Demetrio, fu sconfitta;
Libro XIII:60 e sebbene tutti gli altri fuggissero, Demetrio lottò valorosamente e uccise non pochi nemici, ma nell'inseguimento spinse il cavallo in un acquitrino dal quale era difficile emergere, egli non riuscì a fuggire e fu ucciso.
Libro XIII:61 I nemici, infatti, scorgendo quanto gli era accaduto, tornati indietro, circondarono Demetrio, e tutti scagliarono contro di lui i loro giavellotti: egli, trovandosi a piedi, dopo avere combattuto e dato prova di grande valore, alla fine, colpito in più parti, non poté più resistere e cadde a
terra. Questo fu il destino al quale soccombette Demetrio dopo undici anni di regno, come abbiamo riferito anche altrove.
Onia e vicende dei Giudei in Egitto
Libro XIII:62 - III, I. - Il figlio del sommo sacerdote Onia, che portava lo stesso nome del padre, fuggito dal re Tolomeo, detto Filopatore, viveva in Alessandria, come abbiamo detto sopra, vedendo che la Giudea era dilapidata dai Macedoni e dai loro re,
Libro XIII:63 desideroso di guadagnarsi fama e gloria immortale, decise di inviare dei messi al re Tolomeo e alla regina Cleopatra, domandando a loro l'autorizzazione di erigere in Egitto un tempio simile a quello di Gerusalemme e di designare Leviti e sacerdoti della stessa sua stirpe.
Libro XIII:64 Questo desiderio era incoraggiato principalmente dalle parole del profeta Isaia, vissuto più di seicento anni prima che aveva predetto che da un Giudeo certamente sarebbe stato eretto in Egitto un tempio al Dio Altissimo. Incitato da queste parole, Onia scrisse la lettera seguente a Tolomeo e Cleopatra:
Libro XIII:65 “Molti e grandi sono i servizi che, con l'aiuto di Dio, ti ho prestato nel corso della guerra, allorché ero in Cele-Siria e Fenicia, quando con i Giudei venni a Leontopoli nel nomo di Eliopoli, e negli altri luoghi ove risiede la nostra nazione;
Libro XIII:66 e trovai che la maggior parte di costoro hanno templi contrari a quanto è corretto, e per questo motivo sono l'un l'altro mal disposti come avviene pure tra gli Egiziani a motivo della quantità dei loro templi e della varietà dei modi di sentire circa le forme religiose; ho trovato che è un luogo molto opportuno la fortezza così detta del campestre Bubasti, ove abbondano alberi di varie specie ed è pieno di animali sacri;
Libro XIII:67 perciò domando che mi sia concesso di pulire questo tempio, che non appartiene a nessuno ed è in rovina e di edificare un tempio al Dio Altissimo a somiglianza di quello di Gerusalemme e delle stesse dimensioni, in favore tuo e di tua moglie e dei tuoi figli, onde i Giudei abitanti in Egitto possano quivi convenire con mutua armonia e servire ai vostri interessi.
Libro XIII:68 Ed è quanto predisse il profeta Isaia: “In Egitto ci sarà un altare per il Signore Dio” ed egli predisse molte altre cose a proposito di questo luogo”.
Libro XIII:69 - 2. Così scrisse Onia al re Tolomeo. E chiunque può farsi un'idea della pietà del re e di sua sorella e moglie Cleopatra della lettera di risposta che essi scrissero, poiché si liberarono da ogni peccato e trasgressione della Legge sul capo di Onia, con la seguente risposta:
Libro XIII:70 “Il re Tolomeo e la regina Cleopatra a Onia, salute. Abbiamo letto la tua petizione nella quale domandi che ti sia concesso di ripulire il tempio in Leontopoli nel nomo di Eliopoli detto campestre Bubasti. Ci stupiamo che possa riuscire caro a Dio che sia eretto un tempio in un luogo di dissolutezza e licenziosità e pieno di animali sacri.
Libro XIII:71 Ma siccome tu asserisci che molto tempo addietro il profeta Isaia lo predisse, noi assentiamo alla domanda, se questo è conforme alla Legge e non può sembrare che noi abbiamo, in qualsiasi modo, peccato contro Dio”.
Libro XIII:72 - 3. E così Onia occupò il luogo e vi innalzò un tempio e un altare a Dio, simile a quello di Gerusalemme, più piccolo, tuttavia e meno ricco. Adesso non mi pare necessario descrivere le dimensioni e gli arredi, perché sono già stati descritti nel settimo libro della mia Guerra Giudaica.
Libro XIII:73 Onia poi, trovò alcuni Giudei pari a lui e sacerdoti, e Leviti per il servizio del tempio. Su questo tempio abbiamo già detto abbastanza.
Giudei alessandrini e Samaritani
Libro XIII:74 - 4. Ora sorse in Alessandria una grande contesa tra i Giudei e i Samaritani che veneravano Dio nel tempio sul Monte Garizim, eretto all'epoca di Alessandro; essi discutevano a proposito dei rispettivi loro templi in presenza dello stesso Tolomeo: i Giudei affermavano che era il tempio di Gerusalemme che era stato innalzato secondo le leggi di Mosè, e i Samaritani che era quello sul Garizin.
Libro XIII:75 E domandavano al re di sedere in consiglio con i suoi amici per sentire i loro argomenti sulla materia, e punire con la condanna a morte quelli che risultassero sconfitti. Dunque Sabbeo e Teodosio parlarono in favore dei Samaritani, mentre Andronico, figlio di Messalamo, parlò per gli abitanti di Gerusalemme e della Giudea.
Libro XIII:76 Giurarono davanti a Dio e davanti al re di addurre prove concordi alla Legge, e domandarono a Tolomeo di mettere a morte chiunque si trovasse a violare questi giuramenti. Il re, dunque, radunò in consiglio molti dei suoi amici e sedettero per ascoltare gli oratori.
Libro XIII:77 I Giudei che allora si trovavano in Alessandria erano molto ansiosi a proposito degli uomini che avevano il compito di esprimere l'indignazione riguardo al tempio di Gerusalemme, poiché erano indignati che qualcuno tramasse per distruggere il tempio di così alta antichità e il più celebrato di tutti quelli dell'ecumene.
Libro XIII:78 Ma allorché Sabbeo e Teodosio concessero ad Andronico di parlare per primo, questi iniziò con argomenti tratti dalla Legge, dalle successioni dei sommi pontefici mostrando come ognuno divenne capo del tempio ricevendo questo ufficio da suo padre, e come tutti i re dell'Asia abbiano onorato il tempio con offerte dedicatorie e con splendide donazioni; mentre nessuno dimostrò riguardo o considerazione per quello sul Garizin, come se non ci fosse nemmeno.
Libro XIII:79 Con queste e molte altre argomentazione simili, Andronico persuase il re a decidere che il tempio di Gerusalemme fu costruito secondo le leggi di Mosè, a ordinare l'esecuzione della sentenza di morte contro Sabbeo, Teodosio e compagni. Queste sono le vicende che accaddero ai Giudei in Alessandria sotto il regno di Tolomeo Filometore.
Alessandro Bala, la figlia di Tolomeo e Gionata
Libro XIII:80 - IV, I. Dopo la morte di Demetrio in battaglia, come abbiamo detto sopra, l'autorità reale in Siria passò ad Alessandro il quale scrisse a Tolomeo Filometore per unirsi in matrimonio con sua figlia; perché, disse, era giusto che Tolomeo si imparentasse con uno che assunse il trono di suo padre ripristinatogli dalla Provvidenza di Dio, e aveva vinto Demetrio e per altri motivi ancora non sarebbe stato indegno di stringere alleanza con lui.
Libro XIII:81 Di buon grado Tolomeo accolse la sua domanda, e gli rispose rallegrandosi con Alessandro per la assunzione al trono di suo padre; gli promise che gli avrebbe dato la figlia e gli disse di incontrarlo a Tolemaide, ove avrebbe condotto sua figlia perché, diceva, egli stesso l'avrebbe scortata dall'Egitto fino a quella città, e quivi gli avrebbe dato in sposa la sua bambina.
Libro XIII:82 Dopo avere scritto così, Tolomeo si incamminò sollecitamente verso Tolemaide portando con sé la figlia Cleopatra; ove incontrò Alessandro che aspettava, come lui gli aveva scritto: gli diede la figlia e per sua dote la quantità di argento e di oro che conviene a un re.
Libro XIII:83 - 2. Mentre si stavano celebrando le cerimonie nuziali, Alessandro scrisse al sommo sacerdote Gionata chiedendogli di andare da lui a Tolemaide; egli si recò dai re portando splendidi regali e fu ricompensato da tutti e due con onori.
Libro XIII:84 Alessandro lo costrinse a togliersi il proprio abito (comune) e a indossarne uno di porpora e lo fece sedere al suo fianco sul podio, ordinò agli ufficiali di andare con lui al centro della città e di bandire che a nessuno era permesso parlare contro di lui o infastidirlo.
Libro XIII:85 Quando gli ufficiali eseguivano ciò, quelli che si erano preparati ad accusare Gionata e gli erano ostili, vedendo l'onore che gli era fatto dal re con pubblico bando, si dileguarono per timore di incorrere in qualche guaio. Tanto era l'amichevole premura che il re Alessandro aveva verso Gionata che lo iscrisse come primo dei suoi amici.
Demetrio II e Alessandro Bala
Libro XIII:86 - 3. Ma nell'anno centosessantacinque, Demetrio, figlio di Demetrio, salpò da Creta con molti mercenari procacciatigli dal cretese Lastene, e navigò verso la Cilicia.
Libro XIII:87 Venuto a conoscenza di questo, Alessandro cadde in uno stato di affanno e confusione, e dalla Fenicia si affrettò ad Antiochia per rendere più sicura la sua posizione nel caso arrivasse Demetrio.
Libro XIII:88 Lasciò Apollonio Tao governatore della Cele-Siria che andò a Jamnia con un esercito numeroso e mandò dal sommo sacerdote Gionata per dire che era cosa ingiusta che solo lui se ne stesse al sicuro, in libertà, facesse quello che voleva e non fosse soggetto al re; al parere di tutti, era una grande vergogna che ancora non si fosse assoggettato all'obbedienza del re.
Libro XIII:89 “Non ingannare te stesso, aggiunse, standotene tra le montagne credendo di essere forte; se hai fiducia nella tua forza, vieni giù in pianura e
misura la tua forza contro il mio esercito: la vittoria dimostrerà chi dei due è il più coraggioso.
Libro XIII:90 Tu dovresti sapere, tuttavia che nel mio esercito ci sono gli uomini migliori di ogni città, e costoro sono proprio quelli che sempre furono vittoriosi sui tuoi antenati. E tu scenderai in lotta con noi su questa terra ove ognuno non combatte con i sassi, ma con le armi, dove non c'è posto per lo sconfitto che fugge”.
Disfatta di Apollonio per opera di Gionata
Libro XIII:91 - 4. Profondamente provocato da queste parole, Gionata convocò diecimila soldati scelti, uscì da Gerusalemme con il fratello Simone, si diresse verso Joppa, e si accampò fuori della città perché gli abitanti gli avevano chiuso le porte in faccia dato che avevano dentro un presidio messovi da Apollonio.
Libro XIII:92 E quando Gionata si preparava ad assediarli, avendo paura che prendesse la città con un assalto, gli aprirono le porte. E quando Apollonio seppe che Joppa era stata occupata da Gionata, prese tremila cavalieri e ottomila fanti e andò ad Azoto e di qui si allontanò con una marcia facile e lenta fino a che giunse a Joppa; di qui si ritirò e Apollonio trasse Gionata in pianura, perché aveva una totale fiducia nella sua cavalleria e poneva in essa le sue speranze di vittoria.
Libro XIII:93 Perciò Gionata avanzò inseguendo Apollonio fino ad Azoto, e quando vide il nemico disceso nella pianura, si girò indietro e lo attaccò.
Libro XIII:94 Apollonio però aveva posto un migliaio di cavalieri in un torrente per un'imboscata, per sorprendere il nemico alle spalle; ma Gionata avvenutosi dell'imboscata non si spaventò: raccolse il suo esercito in un quadrato e si preparò a combattere il nemico da qualsiasi parte, di fronte e a tergo.
Libro XIII:95 Perdurando la battaglia fino a sera, affidò parte delle sue forze al fratello Simone, e ordinò loro di impegnare la parte più importante del nemico; nel mentre egli diede ordine ai propri uomini di fare una difesa con i loro scudi, in modo di accogliere le frecce scagliate dai cavalieri.
Libro XIII:96 Fecero come era stato loro ordinato mentre i cavalieri nemici scagliavano frecce contro di loro fino all'esaurimento, senza fare loro male alcuno, perché i dardi non giungevano fino al loro corpo, ma sorvolavano gli
scudi collegati a una barriera, uniti in modo così compatto, sicché venivano facilmente girati lateralmente e cadevano senza fare alcun danno.
Libro XIII:97 Siccome questo scagliare frecce seguitò dalle prime ore del mattino fino alla sera, il nemico si stancò; Simone intuì che erano affaticati, impegnò il corpo più importante e il grande slancio dimostrato dai suoi soldati mise in fuga il nemico.
Libro XIII:98 Quando la cavalleria vide la fuga dei soldati, non resistette più e, stanchi per avere combattuto fino a sera, persero la speranza di un soccorso dalla fanteria: anch'essa, infatti, si era data a una fuga disordinata e confusa e con le righe smagliate si sparpagliò su tutta la pianura.
Libro XIII:99 Gionata li insegna fino ad Azoto, uccidendone molti e costringendo i dispersi a salvarsi rifugiandosi nel tempio di Dagon che era ad Azoto. Ma con un attacco improvviso, Gionata prese la città e la incendiò con i villaggi vicini.
Libro XIII:100 Non risparmiò neppure il tempio di Dagon: bruciò anche questo e squartò quanti in esso si erano rifugiati. Il numero complessivo dei nemici caduti in battaglia e di quelli che bruciarono nel tempio fu di ottomila.
Libro XIII:101 Superato un esercito così grande, da Azoto si diresse ad Ascalon, e si accampò fuori della città: allora gli abitanti di Ascalon uscirono a incontrarlo portandogli doni per dimostrargli che era il benvenuto, e onorandolo; egli perciò espresse la sua approvazione verso la loro intenzione amichevole, e di là si diresse a Gerusalemme, portandosi soltanto il bottino preso per la vittoria sui nemici.
Libro XIII:102 Quando Alessandro seppe che il suo generale Apollonio era stato sconfitto, si comportò come se ne fosse rimasto contento, quasi che contro la sua volontà Apollonio fosse andato a combattere Gionata, suo amico e alleato; e scrisse a Gionata per testimoniargli la propria ammirazione dandogliene premio e ricompensa compresa anche una fibbia d'oro, dono che si offre solitamente ai parenti di re; gli concesse pure Accaron e la sua toparchia come proprietà ereditaria.
Tolomeo e Alessandro Bala
Libro XIII:103 - 5. All'incirca in questo stesso tempo, il re Tolomeo, soprannominato Filometore, andò in Siria con una forza di navi e di soldati per combattere, come alleato di Alessandro.
Libro XIII:104 Per ordine di Alessandro tutte le città l'accolsero di buon grado e lo accompagnarono fino alla città di Azoto, ove tutti gli abitanti si rivolsero a lui dolendosi con schiamazzi e domandando a lui soddisfazione per l'incendio del loro tempio di Dagon, e accusavano Gionata di averlo distrutto e devastato col fuoco, e ucciso molti dei loro uomini.
Libro XIII:105 Mentre a tali lamentele Tolomeo se ne stava in silenzio, Gionata andò a incontrarlo a Joppa e da lui ricevette splendidi doni e un'accoglienza sommamente onorevole; poi l'accompagnò fino al fiume detto Eleutero e ritornò nuovamente a Gerusalemme.
Libro XIII:106 - 6. Ma quando giunse a Tolemaide, contro ogni attesa, corse il pericolo di essere ucciso a motivo di un complotto tesogli da Alessandro per mezzo di Ammonio, suo amico.
Libro XIII:107 Scoperto il complotto, Tolomeo scrisse ad Alessandro e richiese che Ammonio per punizione gli fosse consegnato, dicendogli del complotto ordito contro di lui da Ammonio e perciò si aspettava che ne pagasse il fio. Ma quando Alessandro rifiutò di consegnarglielo, comprese che era stato Alessandro a ordire il complotto e restò molto amareggiato contro di lui.
Libro XIII:108 Ora in antecedenza, Alessandro aveva offeso gli Antiocheni a motivo di Ammonio e ne avevano avuti molti danni per causa sua: Tuttavia Ammonio ebbe finalmente la punizione per i suoi crimini: fu scannato ignominiosamente come una donna, perché aveva compiuto ogni sforzo per nascondersi sotto abiti femminili, come abbiamo riferito altrove
Libro XIII:109 - 7. Tolomeo si pentì di avere dato sua figlia in moglie ad Alessandro, e per avere stretto con lui alleanza militare contro Demetrio; e sciolse qualsiasi legame che aveva con lui.
Libro XIII:110 Prese subito sua figlia da lui, inviò subito (un'ambasciata) da Demetrio proponendogli un'alleanza militare e amicizia e promettendogli anche di dargli in moglie la figlia e di rimetterlo sul trono di suo padre. Demetrio, soddisfatto delle proposte fattegli dagli ambasciatori, accettò l'alleanza militare e il matrimonio.
Libro XIII:111 A Tolomeo restava ancora un compito difficile, persuadere cioè gli Antiocheni ad accogliere Demetrio, verso il quale avevano sentimenti di ostilità a motivo delle iniquità compiute contro di loro da suo padre Demetrio.
Libro XIII:112 Ma gli andò bene anche questa impresa; a motivo di Ammonio, come abbiamo detto, gli Antiocheni odiavano Alessandro ed erano pronti ad allontanarlo da Antiochia; e così, espulso da Antiochia, andò in Cilicia.
Libro XIII:113 Quando giunse dagli Antiocheni, Tolomeo fu acclamato re da essi e dai loro eserciti, e fu costretto a mettersi due diademi: quello dell'Asia, e quello dell'Egitto.
Libro XIII:114 Tuttavia, essendo persona buona e integra per natura, alieno dall'ambizione di abbaglianti fortune, e ancora essendo uomo accortissimo nel vedere il futuro, stabilì di guardarsi dall'offrire ai Romani qualche dispiacevole pretesto; così convocò gli Antiocheni in assemblea e cercò di persuaderli ad accettare Demetrio,
Libro XIII:115 affermando che se egli fosse da loro accolto bene, non avrebbe portato alcun rancore a motivo di suo padre ed egli stesso accettò di essere buon consigliere e guida per Demetrio, e promise che qualora Demetrio tentasse di compiere azioni indegne, egli non gli avrebbe consentito di metterle in atto. Per la sua persona, aggiunse, bastava il trono dell'Egitto. E con queste parole persuase gli Antiocheni ad accogliere Demetrio.
Morte di Tolomeo e di Alessandro Bala
Libro XIII:116 - 8. Contemporaneamente Alessandro aveva approntato nella Cilicia un cospicuo esercito con molti approvvigionamenti di armi e attaccò la Siria incendiando e devastando il territorio degli Antiocheni; perciò Tolomeo marciò contro di lui assieme a suo genero Demetrio - gli aveva già dato in moglie la propria figlia -, sconfissero Alessandro e lo posero in fuga.
Libro XIII:117 Costui fuggì in Arabia. In questa battaglia avvenne che il cavallo di Tolomeo, all'udire il barrito di un elefante, si spaventò, disarcionò Tolomeo e lo gettò a terra: il nemico, vistolo, si precipitò su di lui e gli inflisse molte ferite intorno alla testa, e lo ridusse in fin di vita; la guardia del corpo lo strappò dalle loro mani in una condizione così seria che per quattro giorni fu incapace sia di intendere sia di articolare parola.
Libro XIII:118 Nel mentre il capitano arabo Zabeilo tagliò la testa ad Alessandro e la mandò a Tolomeo, il quale, riavutosi nel quinto giorno dalle sue ferite e ripresi i sensi, nello stesso momento seppe la notizia della morte di Alessandro e vide la sua testa, gli eventi cioè più piacevoli da sentire e da vedere.
Libro XIII:119 Ma di lì a poco, colmo di gioia per la morte di Alessandro, anch'egli morì: Alessandro, detto Bala, aveva regnato sull'Asia per cinque anni, come abbiamo riferito altrove.
Demetrio II Nicatore
Libro XIII:120 - 9. Ma dopo avere assunto il regno, Demetrio, detto Nicatore, si comportò subito iniquamente maltrattando i soldati di Tolomeo, dimenticando interamente l'alleanza con lui e il fatto che Tolomeo era suo suocero ed era imparentato con lui col matrimonio con Cleopatra. I soldati, sfuggendo ai suoi attacchi, ripararono in Alessandria, ma Demetrio si impadronì degli elefanti.
Libro XIII:121 Intanto il sommo sacedote Gionata, raccolto un esercito da tutta la Giudea , assalì e pose sotto l'assedio l'Akra di Gerusalemme, che era tenuta da una guarnigione macedone e da alcuni empi Giudei, che avevano abbandonato le usanze della patria.
Libro XIII:122 All'inizio, costoro guardavano alla leggera le misure che allestiva Gionata per impadronirsi dell'Akra, perché avevano fiducia nella fortezza del luogo, ma alcuni di quei compagni indegni, nel cuore della notte, fuggirono e si recarono a informare Demetrio dell'assedio dell'Akra.
Libro XIII:123 Profondamente irritato da questa notizia, egli uscì da Antiochia con l’esercito e andò contro Gionata; e, giunto a Tolemaide, scrisse a Gionata ordinandogli che quanto prima si affrettasse là da lui a Tolemaide.
Libro XIII:124 Gionata, senza interrompere l'assedio, prese con sé gli anziani del popolo e i sacerdoti e si recò da Demetrio portando oro, argento, vesti e una quantità di altri doni e quando gli offrì tutto questo raddolcì lo sdegno del re; fu da lui onorato e ricevette da lui la conferma del pontificato come l'aveva avuta dai re suoi predecessori.
Libro XIII:125 Demetrio non ascoltò le accuse rivolte dai disertori contro Gionata, anzi, quando Gionata gli domandò il permesso di pagare un tributo di soli trecento talenti per tutta la Giudea e le tre toparchie di Samaria, Joppa e
Galilea, lo esaudì e gli diede una lettera in merito a tutta questa materia, del seguente tenore:
Lettera di Demetrio a Gionata
Libro XIII:126 “Il re Demetrio a suo fratello Gionata e alla nazione dei Giudei: salute. Vi ho inviato copia della lettera scritta da me al nostro parente Lastene, affinché conosciate il contenuto di essa.
Libro XIII:127 Il re Demetrio a suo padre Lastene. Salute. Alla nazione dei Giudei, nostra amica che osserva correttamente gli obblighi che ha verso di noi, ho deciso di donare, qual compenso per la sua benevolenza, i tre distretti di Afairema, Lidda e Ramathaim, che sono stati smembrati dalla Samaria e annessi alla Giudea, con quanto appartiene a essi.
Libro XIII:128 E oltre a questo tutto ciò che i re miei antecessori riscuotevano da quanti offrono sacrifici in Gerusalemme, e tutto ciò che riscuotevano dai frutti della terra e degli alberi, e le altre cose a noi dovute come il sale delle saline e le corone che erano portate a noi, tutto questo io lascio a loro, e nulla di tutto ciò sia ingiustamente preso da loro, sia adesso sia per ogni tempo. Provvedi, dunque, che sia fatta una copia di queste istruzioni e sia data a Gionata e sia posta in un luogo ben esposto nel tempio santo”.
Libro XIII:129 Tale era il contenuto della lettera. Quando Demetrio vide che aveva ottenuto la pace e che non c'era da temere alcun pericolo di guerra, congedò l'esercito e ne diminuì gli stipendi, e seguitò a pagare soltanto i mercenari venuti con lui da Creta e dalle altre isole.
Libro XIII:130 Si attirò così l'inimicizia e l'odio di coloro ai quali non dava più nulla, mentre i re suoi antecessori seguitavano a pagarli anche in tempo di pace, per mantenerli leali e zelanti combattenti, se mai ce ne fosse stato bisogno.
Trifone, Antioco VI, Demetrio II
Libro XIII:131 - V, I. - Di questa disaffezione dei soldati verso Demetrio si accorse uno dei generali di Alessandro, Diodoto, detto Trifone, nativo di Apamea; costui andò da Malco, l'Arabo, che allevava Antioco figlio di Alessandro; manifestatagli la disaffezione dell'esercito verso Demetrio, lo convinse a consegnargli Antioco, affermando che l'avrebbe fatto re e l'avrebbe posto sul trono di suo padre.
Libro XIII:132 All'inizio Malco si mostrò restio per diffidenza, ma alla fine, dopo che Trifone lo pregò per molto tempo, fu conquistato al piano propostogli con insistenza da Trifone, e accettò. Così stavano gli affari di quest'uomo.
Gionata, Demetrio, Antioco
Libro XIII:133 - 2. Intanto il sommo pontefice Gionata volendo che se ne andassero dall'Akra di Gerusalemme sia i Giudei disertori ed empi sia le guarnigioni in tutta la regione, inviò a Demetrio un'ambasciata con doni, domandandogli di espellere quanti si trovavano nelle fortezze della Giudea.
Libro XIII:134 E Demetrio non solo promise di accordargli quanto chiedeva, ma di fare per lui anche molto di più al termine della guerra che aveva in corso; perché, asseriva, il suo tempo era preso da questa. E domandò a Gionata di inviargli aiuto militare, informandolo della rivolta del proprio esercito; così Gionata gli inviò tremila soldati scelti.
Libro XIII:135 - 3. Ora gli Antiocheni non potevano sopportare Demetrio per il cattivo trattamento ricevuto dalle sue mani e anche gli erano nemici a motivo di molti crimini commessi contro di loro da suo padre Demetrio, e aspettavano di cogliere l'occasione per scagliarsi contro di lui.
Libro XIII:136 Così, riflettendo sull'aiuto giunto a Demetrio da Gionata, decisero che se non avessero fatto presto, anticipando gli eventi, egli avrebbe radunato una ragguardevole forza, presto afferrarono le armi, circondarono il suo palazzo come se si fosse trattato di un assedio, bloccarono tutte le uscite e cercarono di avere in mano il re.
Libro XIII:137 Ed egli, quando vide che il popolo degli Antiocheni, in armi, era pronto a fargli guerra, prese i mercenari e i Giudei inviati da Gionata, scese in battaglia contro gli Antiocheni; ma da questi fu sopraffatto, poiché erano molte migliaia, e veniva battuto.
Libro XIII:138 Quando i Giudei videro che gli Antiocheni sopravanzavano, salirono sul tetto degli edifici del palazzo, e di là iniziarono a scagliare frecce contro gli Antiocheni; e di lassù, molto al di sopra degli avversari e molto lontani per subire da essi qualche danno e combattendo dall'alto inflissero loro molti danni e così li respinsero dalle abitazioni vicine;
Libro XIII:139 e ad esse appiccarono presto il fuoco; e siccome le case erano molto vicine e, in maggior parte edifici di legno, le fiamme si allargarono all'intera città e la bruciarono.
Libro XIII:140 Non potendo né porvi riparo, né controllare il fuoco, si diedero alla fuga; mentre i Giudei balzando da tetto in tetto li inseguivano in questa strana maniera ed era un modo strano di inseguire.
Libro XIII:141 Il re quando si accorse che gli Antiocheni, premurosi di salvare i fanciulli e le donne, non potevano più combattere, si volse contro di loro, li cacciò fuori mano in strade strette e, affrontandoli, ne uccise molti, costringendoli poi a posare le armi e ad arrendersi a Demetrio.
Libro XIII:142 Egli però perdonò i loro atti di sfida, e così pose fine all'insurrezione; poi concesse ai Giudei i bottini conquistati, e li ringraziò per essere stati sommamente responsabili della sua vittoria; in fine li rinviò a Gerusalemme con un riconoscimento a Gionata per il suo aiuto.
Libro XIII:143 Più tardi tuttavia si comportò male verso di lui, venne meno alle sue promesse e gli minacciò la guerra se non pagava ogni genere di tributi richiesti alla nazione giudaica fin dal tempo dei primi re. Minaccia che avrebbe eseguito se non gli si fosse opposto Trifone e i preparativi contro Gionata li rivolse per i propri interessi.
Libro XIII:144 Poiché Trifone dall'Arabia era tornato in Siria con il giovane Antioco, che per età era ancora fanciullo, e gli pose sul capo il diadema: l'intero corpo dell'esercito, non avendo ancora ricevuto la paga, abbandonò Demetrio e andò da lui; egli dichiarò guerra a Demetrio, lo attaccò in battaglia, lo vinse e si impadronì e degli elefanti e della città di Antiochia.
Antioco VI onora Gionata
Libro XIII:145 - 4. Demetrio, dunque, rimasto battuto, si ritirò in Cilicia, mentre il giovane Antioco inviò ambasciatori con lettere a Gionata proponendogli di farlo suo amico e alleato, e confermandolo sommo sacerdote, e concedendogli i quattro distretti che erano stati aggiunti al territorio dei Giudei;
Libro XIII:146 gli inviò pure vasi e coppe d'oro, abiti di porpora con il permesso di usarli; donò ancora la fibbia d'oro e il diritto di essere chiamato uno dei primi
tra i suoi amici. E designò Simone, fratello di Gionata, comandante dell'esercito dalla Scala di Tiro fino all'Egitto.
Libro XIII:147 Gionata, lieto per gli onori conferitigli da Antioco, inviò ambasciatori a tutti e due, ad Antioco e a Trifone, professandosi amico e alleato militare, e d'accordo a combattere con lui contro Demetrio perché, spiegava, non gli aveva dimostrato alcuna gratitudine per i molti favori da lui ricevuti in tempo di bisogno, anzi, al contrario, gli rese ulteriori danni in risposta delle gentilezze da lui ricevute.
Vittorie di Gionata contro Demetrio II
Libro XIII:148 - 5. E quando Antioco gli concesse di arruolare dalla Siria e dalla Fenicia una vasta forza contro i generali di Demetrio, Gionata si incamminò verso quelle città. Ma queste, pur ricevendolo con grande onore, non gli diedero alcuna milizia.
Libro XIII:149 Così di là, si recò nella città di Ascalon, i cui abitanti lo accolsero con doni e onori, ed egli spinse loro e ognuna delle città della Cele-Siria ad abbandonare Demetrio e unirsi ad Antioco e combattere con lui nel tentativo di ottenere soddisfazione dei torti fatti loro da Demetrio; poiché, diceva, vi sono molti motivi per cui essi dovrebbero essere volentieri ai suoi fianchi.
Libro XIII:150 Dopo avere convinto le città ad allearsi con Antioco, andò a Gaza, per accattivare anche il loro gradimento per Antioco; ma trovò che il popolo di Gaza era molto più ostile di quanto si aspettava: gli chiusero le porte in faccia, e sebbene avessero abbandonato Demetrio, decisero di non passare dalla parte di Antioco.
Libro XIII:151 Questo decise Gionata a porvi l'assedio e a devastare il loro territorio; investì Gaza con una parte del suo esercito, ed egli, col resto, percorse la loro terra, distruggendo e incendiando. Allorché il popolo di Gaza vide in quale situazione si trovava e che da Demetrio non giungeva alcun aiuto ma che al contrario, la miseria era su di loro, e la possibilità di un'assistenza si faceva più remota ed era incerta, se mai fosse giunta, decisero che era saggio finire di attendere un aiuto, e riscattare invece la propria miseria.
Libro XIII:152 Inviarono, dunque, un'ambasciata a Gionata per proporgli concorde amicizia e alleanza militare. E, infatti, prima di sperimentare la sfortuna, gli uomini non capiscono quale sia il loro bene; e soltanto quando si
trovano in difficoltà e dopo avere caparbiamente resistito a quanto potevano fare di meglio e sono perfettamente indenni, scelgono finalmente di compierlo allorché sono nel dolore.
Libro XIII:153 Così egli strinse un pacifico accordo con loro, accettò i loro ostaggi e li inviò a Gerusalemme, mentre egli attraversò tutta la regione fino a Damasco.
Libro XIII:154 - 6. Ma allora gli giunse la notizia che i generali di Demetrio avanzavano verso Kedasa con un grande esercito: questa città è situata tra la terra di Tiro e la Galilea ; questi, infatti, supponevano che lo avrebbero tratto dalla Siria alla Galilea come alleato di quest'ultima e che egli non avrebbe sopportato che i Galilei, gente del suo stesso popolo, venissero attaccati dal nemico, ma egli uscì per incontrarli e lasciò in Giudea suo fratello Simone;
Libro XIII:155 e anche Simone raccolse da questa provincia il più considerevole esercito che era possibile (ottenere) si accampò davanti a Betsur per assediarla: questa era una notevole fortezza in Giudea difesa molto bene e tenuta da una guarnigione di Demetrio. Ma di questo ho già parlato prima.
Libro XIII:156 Quando Simone innalzò i terrapieni e le macchine d'assedio, dimostrò molto fervore nell'assedio di Betsur, la guarnigione si spaventò temendo che la località potesse essere presa d'assalto ed essi fatti a pezzi; e così inviarono da Simone per chiedere di potere lasciare il posto e andarsene da Demetrio: ricevuto il giuramento che dalle sue mani non sarebbe avvenuto loro nulla di male, se ne andarono.
Libro XIII:157 Egli perciò diede queste garanzie, e li pose fuori dalla città e vi sistemò dentro una sua propria guarnigione.
Libro XIII:158 - 7. Intanto Gionata, partito dalla Galilea, dalle acque di Genesar, come sono dette, - qui erano accampati - procedette verso la pianura di Asor, non sapendo che là vi era il nemico.
Libro XIII:159 Ma il giorno innanzi agli uomini di Demetrio, saputo che Gionata stava venendo contro di essi, tesero un'imboscata di uomini che l'aspettavano tra le montagne, mentre andavano loro incontro in pianura col grosso dell'esercito. Quando Gionata li vide pronti alla guerra, anch'egli preparò i suoi soldati come per contrastarli per quanto possibile.
Libro XIII:160 Quando però gli uomini disposti per l'imboscata dai generali di Demetrio, apparvero alle spalle dei Giudei, questi, temendo di venire colti tra due fuochi e uccisi, si affrettarono a fuggire.
Libro XIII:161 E così tutti abbandonarono Gionata; pochi restarono al loro posto, una cinquantina, e tra questi Mattia, figlio di Absalon e Giuda, figlio di Chapsaio, che erano i comandanti dell'intero esercito; costoro con temerarietà e disperazione fecero indietreggiare il nemico, sgomento del loro coraggio con la loro forza lo misero in fuga.
Libro XIII:162 Quando i soldati di Gionata che erano fuggiti, videro il nemico ritirarsi, rientrarono dalla loro fuga e si affrettarono all'inseguimento, e proseguirono fino a Kedasa ove il nemico aveva l'accampamento.
Gionata Rinnova l'alleanza con
Roma e con Sparta
Libro XIII:163 - 8. Uccisi duemila nemici e ottenuta una brillante vittoria, Gionata fece ritorno a Gerusalemme. E allorché vide che tutti i suoi affari, grazie alla provvidenza di Dio andavano bene, secondo i suoi desideri, mandò un'ambasciata ai Romani, per rinnovare l'amicizia che la sua nazione aveva stretto in precedenza con loro.
Libro XIII:164 Alla stessa ambasciata diede istruzioni affinché nel ritorno da Roma visitasse gli Spartani rammentando loro l'amicizia e la parentela dei Giudei. Giunti a Roma, apparsi davanti al Senato, esposero la missione loro affidata dal sommo sacerdote Gionata, dicendo che erano stati mandati per confermare l'alleanza:
Libro XIII:165 il Senato, dopo, ratificò i decreti precedenti riguardanti l'amicizia con i Giudei, e diede loro delle lettere da portare a tutti i re dell'Asia e d'Europa, e ai magistrati delle città, affinché per mezzo di loro ottenessero il salvacondotto per la propria regione; nel ritorno passarono da Sparta e consegnarono la lettera ricevuta da Gionata.
Libro XIII:166 Eccone una copia. “Gionata, sommo sacerdote dei Giudei, e il senato e il consiglio dei sacerdoti ai loro fratelli, gli efori, il senato e il popolo dei Lacedemoni, salute. Se voi state bene, e i vostri affari pubblici e privati procedono in modo soddisfacente, è quanto noi desideriamo.
Libro XIII:167 “Anche noi stiamo bene. Nei tempi passati avvenne che Demotele portò a Onia, allora nostro sommo sacerdote, una lettera da parte di Ario, vostro re, lettera della quale abbiamo posto una copia in calce alla presente, riguardante la parentela tra noi e voi; lettera che fu accolta da noi con gioia e ci dimostrammo favorevolmente disposti verso tutti e due, Demotele e Ario, sebbene non abbiano bisogno di una simile evidenza, visto che la parentela è stata assicurata dai nostri sacri scritti;
Libro XIII:168 non abbiamo ritenuto opportuno precedervi nel riconoscere tale relazione, per non apparire avidi di quell'onore che voi ci avete fatto. Molto tempo è passato da quando, per la prima volta, fu discussa la nostra relazione, ciononostante, quando offriamo sacrifici a Dio, nei giorni festivi e memorabili, noi seguitiamo a supplicarlo per il vostro benessere e per la vittoria.
Libro XIII:169 “Ora, benché intricati in molte guerre per la cupidigia dei nostri vicini, non abbiamo voluto dare noia né a voi né ad altri nostri amici. Ma, superati i nostri nemici, abbiamo inviato ai Romani Numenio, figlio di Antioco e Antipatro, figlio di Giasone, ambedue membri del nostro senato e in onore presso di noi: abbiamo dato loro una lettera per voi onde rinnovassero i vincoli che abbiamo con voi.
Libro XIII:170 Perciò voi farete bene a scriverci informandoci di qualsiasi cosa possiate avere bisogno, convinti che noi saremo impazienti di compiere ogni vostro desiderio”. I Lacedemoni accolsero gli inviati amichevolmente e dopo avere redatto un trattato di amicizia e di alleanza con i Giudei, li rinviarono.
Le tre correnti di pensiero dei Giudei
Libro XIII:171 - 9. Ora in questo periodo vi erano tra i Giudei tre correnti di pensiero che tenevano opinioni diverse riguardo alle cose umane. La prima corrente è detta dei Farisei, l'altra dei Sadducei, la terza degli Esseni.
Libro XIII:172 I Farisei dicono che certi eventi sono opera del destino, ma non tutti; mentre altri eventi, se avvengono o meno, dipendono da noi. La corrente degli Esseni, invece, sostiene che il destino è signore di tutto quanto avviene, e che nulla accade agli uomini senza che sia conforme al suo decreto.
Libro XIII:173 I Sadducei prescindono dal destino, sostenendo che esso non esiste e che le azioni umane non si realizzano in base al decreto, ma che tutte le cose sono in potere nostro, di modo che noi stessi siamo responsabili del nostro
bene, e noi subiamo la sfortuna a motivo della nostra irriflessione. Di questa materia ho dato un'analisi più dettagliata nel libro secondo della Guerra Giudaica.
Altre vittorie di Gionata su Demetrio II
Libro XIII:174 - 10. Ora i generali di Demetrio, desiderando di volgere in bene la sconfitta subìta, raccolsero un esercito maggiore del primo e andarono contro Gionata; ma questo, venuto a conoscenza della loro mossa, andò subito a incontrare nella regione di Amath, avendo determinato di non concedere loro tempo sufficiente per invadere la Giudea.
Libro XIII:175 Si accampò a cinquanta stadi dal nemico, e inviò degli uomini a spiare il loro comportamento per vedere in che modo si erano trincerati. Quando gli esploratori gli riferirono ogni cosa, e gli uomini catturati nella notte gli rivelarono che il nemico stava per attaccarlo,
Libro XIII:176 egli, preavvertito, prese le misure per la propria salvezza disponendo sentinelle fuori dall'accampamento e serbando la sua forza in armi durante tutta la notte; ed esortò i soldati a mantenere alto lo spirito e i sensi vigili, pronti a combattere, se necessario, anche di notte, affinché il piano del nemico non li sorprendesse.
Libro XIII:177 Quando però i generali di Demetrio scoprirono che Gionata conosceva il loro piano, non furono più capaci di un giudizio equilibrato e, scoperti dal nemico, rimasero confusi per essere stati scoperti: non potevano aspettarsi di sopraffarlo con altri mezzi, ora che il loro stratagemma era fallito; non si consideravano più competitivi per gli uomini di Gionata qualora si fosse combattuto in luogo aperto.
Libro XIII:178 Decisero, perciò, di fuggire; dopo avere acceso molti fuochi affinché il nemico, vedendoli, potesse credere che erano ancora lì, essi si ritirarono. Ma quando Gionata, sul fare del giorno, si avvicinò all'accampamento e lo trovò deserto, constatò che erano fuggiti e li inseguì;
Libro XIII:179 ma non fu abbastanza veloce per raggiungerli, poiché avevano già attraversato il fiume Eleutero, ed erano in territorio sicuro. Allora si volse indietro di là, verso l’Arabia, e fece guerra ai Nabatei, catturando molto del loro bestiame e prendendo prigionieri e giunse a Damasco ove li vendette tutti.
Libro XIII:180 Intorno allo stesso tempo, suo fratello Simone andò per tutta la Giudea e la Palestina fino ad Ascalon, assicurando le fortezze e fortificandole con edifici e guardie; raggiunse poi Joppa, la occupò e vi introdusse un numeroso presidio: perché aveva sentito che gli abitanti di Joppa erano pronti a consegnare la loro città ai generali di Demetrio.
Fortificazioni a Gerusalemme
Libro XIII:181 - 11. Regolate queste materie, Simone e Gionata andarono a Gerusalemme; e qui Gionata radunò tutto il popolo nel tempio e raccomandò loro la riparazione delle mura di Gerusalemme, e la nuova erezione delle mura attorno al tempio, mura che erano state abbattute, e la fortificazione del recinto con alte torri,
Libro XIII:182 e ancora l'erezione di un altro muro in mezzo alla città per impedire a quelli dell'Akra di raggiungere la città, tagliando così loro una larga parte delle provviste; oltre a ciò, consigliò ancora di rendere più forti e sicure, di quanto erano allora, le fortezze sparse per la regione.
Libro XIII:183 Dopo che il popolo approvò questo piano, egli stesso diede inizio alle costruzioni nella città e mandò il fratello Simone a rendere più sicure le fortezze della regione.
Demetrio II catturato dai Parti
Libro XIII:184 Intanto Demetrio passò in Mesopotamia nel desiderio di occupare sia la regione e Babilonia,
Libro XIII:185 sia di prendere possesso delle satrapie superiori: per fare di esse la base per un tentativo di controllo di tutto il regno. Poiché i Greci e i Macedoni che vivevano in questa regione gli mandavano di continuo ambasciate affinché venisse da loro, in tale caso essi si sarebbero uniti a lui nella guerra contro Arsace, re dei Parti.
Libro XIII:186 Allettato da queste speranze, partì per la loro regione determinato ad assoggettare i Parti e aumentare la propria forza; avrebbe poi fatto guerra a Trifone e l'avrebbe scacciato dalla Siria. Accolto volentieri dalla gente della regione, raccolse assieme una forza e mosse guerra ad Arsace, ma perse tutto il suo esercito, ed egli stesso fu preso vivo, come è stato riferito altrove
Disegni di Trifone contro Gionata
Libro XIII:187 - VI, I. - Quando Trifone seppe dell'esito dell'impresa di Demetrio, cessò il suo appoggio ad Antioco e complottò invece di ucciderlo e prenderne il regno. Ma a questo piano c'era un ostacolo, cioè il timore che aveva di Gionata, amico di Antioco; perciò decise di liberarsi, prima, di Gionata; e poi tentare contro Antioco.
Libro XIII:188 Decise di agire con inganno e tradimento, e andò da Antioco a Bethsan, dai Greci chiamata Scitopoli, ove Gionata l'incontrò con un esercito di quarantamila uomini scelti, poiché aveva il sospetto che Trifone fosse venuto per attaccarlo.
Libro XIII:189 Visto che Gionata era pronto alla guerra, Trifone tentò di prenderlo con donativi e maniere cortesi, e ordinò ai suoi ufficiali di obbedire a Gionata; con questi mezzi sperava di convincerlo della sua buona volontà e di allontanare tutti i sospetti, per coglierlo alla sprovvista, e togliere la guardia non sospettando nulla.
Libro XIII:190 Gli insinuò poi di licenziare l'esercito perché ora, disse, non era necessario averlo al seguito non essendoci guerra e su tutto regnava la pace. Tuttavia l'invitò a mantenere con sé alcuni uomini e ad andare con lui a Tolemaide dicendo che gli avrebbe offerto la città e avrebbe sottoposto al suo potere tutte le altre fortezze della regione: era per questo motivo, asseriva, che si recava là.
Trifone cattura Gionata
Libro XIII:191 - 2. E così, fuori da qualsiasi sospetto, anzi credendo che Trifone gli avesse dato tale consiglio per benevolenza e con sincerità, Gionata congedò l'esercito e mantenne solo tremila uomini, duemila dei quali lasciò in Galilea, ed egli con un migliaio andò a Tolemaide con Trifone.
Libro XIII:192 Ma gli abitanti di Tolemaide chiusero le porte, così era stato ordinato loro da Trifone, ed egli catturò Gionata vivo, e uccise tutti gli uomini che erano con lui; inviò pure soldati contro i duemila uomini che erano stati lasciati in Galilea affinché li annientassero;
Libro XIII:193 ma essi, udite le voci su quanto era avvenuto a Gionata e ai suoi uomini, si difesero con le loro armi ed ebbero successo nell'uscire fuori dalla regione prima che giungessero gli uomini inviati da Trifone; e quando arrivarono quelli inviati da Trifone contro di loro, visto che erano pronti a combattere per la loro vita, se ne ritornarono da Trifone senza molestarli in alcun modo.
Libro XIII:194 - 3. Allorché gli abitanti di Gerusalemme seppero della cattura di Gionata e dell'annientamento dei soldati che si trovavano con lui, alzarono lamenti sul destino che aveva colpito lui e tutti gli altri, e tutti piansero amaramente per la perdita dell'eroe.
Libro XIII:195 Allo stesso tempo, come d'altronde era naturale, furono presi da grande paura e costernati perché ora che si sentivano scoraggiati e privi del preveggente Gionata, le nazioni circostanti ostili, che finora si erano mantenute tranquille soltanto per merito di Gionata, potevano sollevarsi contro di loro spingendoli alla guerra e sottoporli a danni ancora più estremi.
Libro XIII:196 E quanto sospettavano fu, infatti, quello che accadde loro. Quando le nazioni circostanti seppero della morte di Gionata, iniziarono a fare guerra contro i Giudei, pensando che fossero privi di una guida. Lo stesso Trifone raccolse una forza con l'intento di salire contro la Giudea e fare guerra ai suoi abitanti.
Simone succede a suo fratello
Libro XIII:197 Perciò Simone, vedendo il popolo dei Gerosolimitani scoraggiato di fronte a queste vicende, e desideroso di infondere loro coraggio con le sue parole, decise di opporsi a Trifone che stava avanzando contro di essi, convocò il popolo nel tempio e qui iniziò a esortarlo:
Libro XIII:198 “Fu per la vostra libertà, o connazionali, che io e i miei fratelli insieme a nostro padre, lieti, abbiamo affrontato la morte, come voi oggi non potete fare a meno di conoscere; avendo davanti a me degli esempi così buoni e credendo che gli uomini della mia famiglia siano nati per morire per le nostre leggi e per la nostra religione, non conosco una paura che sia così grande da scacciare questo pensiero dalla mia mente o da introdurre in vece sua l'amore della vita e il disprezzo della gloria.
Libro XIII:199 Perciò, siccome voi non siete privi di un condottiero abile a sostenere e a compiere per voi le più grandi gesta, seguitemi arditamente contro chiunque io vi conduca. Poiché né io sono migliore dei miei fratelli, per ch'io debba risparmiare la mia vita, né io sono inferiore a loro da fuggire, né io rifiuto quanto a loro parve l'atto più nobile di tutti, cioè morire per le leggi e la religione del vostro Dio.
Libro XIII:200 Al contrario, in ogni modo io devo dimostrare di essere un vero loro fratello, e questo io lo dimostrerò. Ho, infatti, fiducia che mi vendicherò del nemico, e che vi libererò tutti, con le vostre mogli e figli, dalla loro violenza, e che con l'aiuto di Dio, manterrò il tempio inviolato; poiché vedo che le nazioni vi disprezzano come se foste privi di una guida, mentre siete impazienti di fare la guerra”.
Libro XIII:201 - 4. Mentre Simone pronunciava queste parole, si rinforzava il coraggio della folla, e dopo avere avuto lo spirito infranto dalla pusillanimità, ora il loro spirito era rinfrancato e buona la fiducia, sicché tutto il popolo gridò all'unisono che il loro condottiero doveva essere Simone, avere autorità su di loro, e così prendere il posto dei suoi fratelli Giuda e Gionata e affermarono che avrebbero obbedito a qualsiasi comando avrebbe dato.
Libro XIII:202 Perciò egli raccolse subito con la propria forza quanti erano atti a combattere e subito si affrettarono a riedificare le mura della città; e quando la resero sicura con torri alte e robuste, inviò uno dei suoi amici, Gionata, figlio di Absalon, con un esercito a Joppa con l'ordine di cacciarne via gli abitanti; temeva, infatti, che potessero consegnare la città a Trifone. Egli stesso rimase a custodia di Gerusalemme.
Altri inganni di Trifone e uccisione di Gionata
Libro XIII:203 - 5. Intanto Trifone, uscito da Tolemaide con un grande esercito, venne in Giudea, portando anche Gionata come suo prigioniero. Simone, col suo esercito, l'incontrò nella città di Addida, situata su di una collina, con la pianura della Giudea davanti a essa.
Libro XIII:204 Ma Trifone, saputo che Simone era stato costituito dai Giudei loro condottiero, nell'intento di aggirare meglio con frode e astuzia anche lui, gli mandò degli ambasciatori a dirgli che se voleva il rilascio di suo fratello Gionata, gli inviasse cento talenti d'argento e i due figli di Gionata come ostaggi, per assicurazione che una volta libero non avrebbe suscitato una rivolta contro il re
della Giudea; per il momento, disse, era tenuto in catene per la somma di denaro che gli era stata imprestata dal re, del quale era ancora debitore.
Libro XIII:205 Ora Simone non era ignaro della frode di Trifone, e vedeva chiaramente che avrebbe perso qualsiasi somma gli potesse dare, senza avere libero il proprio fratello, e anzi con lui manderebbe anche i suoi figli a perdersi in mano del nemico; tuttavia temeva che il popolo potesse imputargli la morte del fratello qualora non desse né il denaro né i figli, e così radunò l'esercito e l'informò dell'offerta di Trifone,
Libro XIII:206 aggiungendo che essa nascondeva frode e inganno, ma che ciononostante era meglio inviargli il denaro e i figli di Gionata, piuttosto che rifiutare le proposte di Trifone e incorrere nell'accusa di non avere voluto salvare il proprio fratello. Simone, dunque, mandò i figli di Gionata e il denaro.
Libro XIII:207 Ma Trifone, dopo averli ricevuti non stette ai patti e non liberò Gionata, anzi prese l'esercito e marciò attraverso tutta la regione e, deciso a salire a Gerusalemme attraverso l'Idumea, giunse finalmente ad Adora, città dell'Idumea. Intanto Simone, col suo esercito, marciava nella stessa direzione, accampandosi sempre di fronte a lui.
Libro XIII:208 - 6. Intanto quelli dell'Akra mandarono soldati a Trifone per sollecitare la sua venuta e affinché li provvedesse di vettovaglie; egli approntò la cavalleria nell'attesa che in quella stessa notte fosse a Gerusalemme; ma nella notte venne un'abbondante nevicata che coprì le strade e lo strato era così spesso da rendere malagevole il viaggio, specialmente per i piedi dei cavalli e così impedì l'arrivo a Gerusalemme.
Libro XIII:209 Per questo motivo Trifone partì da Adora e raggiunta la Cele-Siria , si affrettò a invadere la Galaadite , e qui uccise Gionata, ordinò che fosse sepolto e se ne ritornò ad Antiochia.
Libro XIII:210 Simone inviò persone alla città di Basca e trasportò le ossa di suo fratello, che seppellì in Modeein, suo luogo natìo, mentre tutto il popolo innalzava su di lui una grande lamentazione.
Libro XIII:211 Simone edificò anche un mausoleo assai grande di marmo bianco liscio per suo padre e i fratelli; innalzato a una altezza considerevole, lo circondò di un portico ed eresse pilastri monolitici: opera meravigliosa da vedere. Oltre a questo, eresse ancora per i suoi genitori e per i suoi fratelli sette piramidi, una
per ognuno, tanto da suscitare la meraviglia per la grandezza e bellezza: opere a tuttoggi preservate.
Libro XIII:212 Tanto fu lo zelo, che noi conosciamo, dimostrato da Simone nella sepoltura di Gionata e nell'erigere un mausoleo per la sua famiglia. Gionata morì come sommo sacerdote: per quattro anni era stato capo della nazione. Queste, dunque, furono le circostanze della sua morte.
Attività militare e diplomatica di Simone
Libro XIII:213 - 7. Simone fu scelto come sommo sacerdote dalla moltitudine, e nel primo anno del suo pontificato liberò il popolo dalla servitù dei Macedoni, sicché non dovettero più pagare loro un tributo. Questa liberazione ed esenzione dal tributo, i Giudei l'ebbero nel centosettantesimo anno del regno siriano, calcolando dal tempo in cui Seleuco, soprannominato Nicatore, occupò la Siria.
Libro XIII:214 Tanta era la stima del popolo verso Simone che nei contratti privati come nei documenti pubblici si datava “dal primo anno di Simone, benefattore ed etnarca dei Giudei”: perché sotto il suo governo essi ebbero una grande prosperità e vinsero i nemici che li circondavano.
Libro XIII:215 Simone, infatti, sottomise le città di Gazara, Joppa, Jamnia, ed espugnò, con un assedio, anche l'Akra di Gerusalemme, e la rase al suolo sicché non potesse più essere utilizzata dai suoi nemici come una base da occupare e, da essa, compiere misfatti, come era avvenuto. Compiuto questo ritenne che sarebbe stata una cosa eccellente e vantaggiosa livellare anche la collina sulla quale poggiava l'Akra di modo che il tempio risultasse più alto di essa.
Libro XIII:216 Poi chiamò il popolo a un'assemblea allo scopo di persuaderlo ad avere compiuto questo ricordando loro quanto esso ebbe a sopportare sotto la guarnigione e i Giudei disertori, e ancora ammonendolo su quanto avrebbero da sopportare in avvenire qualora un capo straniero occupasse nuovamente il reame e vi ponesse un nuovo presidio.
Libro XIII:217 Con tali parole persuase il popolo, perché egli patrocinava quanto era vantaggioso per lui. E così si mise al lavoro: iniziò a livellare la collina, notte e giorno, senza arrestare il lavoro; la spianò dopo tre interi anni portandone la superficie al livello della circostante pianura. Una volta che l'Akra e la collina sulla quale poggiava furono demoliti, il tempio si trovava al di sopra di tutto. Questi furono i lavori realizzati al tempo di Simone.
Trifone uccide Antioco
Libro XIII:218 - VII, I. - Non molto tempo dopo che Demetrio era stato preso prigioniero, Trifone che faceva da tutore di Antioco, detto Theo, figlio di Alessandro, lo mise a morte dopo che aveva regnato per quattro anni; e intanto egli diffondeva la voce che era morto sotto le mani di un chirurgo;
Libro XIII:219 però inviò suoi amici e familiari tra i soldati promettendo di dare notevoli somme di denaro se lo avessero eletto re, facendo notare che Demetrio era stato fatto prigioniero dai Parti e che se fosse salito sul trono suo fratello Antioco farebbe passare loro molti guai vendicandosi della loro rivolta.
Libro XIII:220 E così, sperando in una vita facile qualora il trono fosse offerto a Trifone, lo elessero loro capo. Ma, divenuto padrone di ogni cosa, Trifone rivelò la sua natura disonesta. Poiché, mentre come persona privata coltivava la folla e assumeva un carattere mite e in tal modo la portava a compiere ciò che lui voleva, una volta ottenuto il potere regio tirò fuori ogni pretesa e divenne quel Trifone che realmente era.
Libro XIII:221 In questa maniera egli fece più forti i suoi nemici: l'esercito che l'odiava si ribellò e passò a Cleopatra, moglie di Demetrio, che a quell'epoca era rinchiusa con i suoi figli a Seleucia.
Libro XIII:222 Allorché Antioco, denominato Sotèr, fratello di Demetrio, andava vagabondando perché, a richiesta di Trifone, nessuna città voleva accoglierlo, Cleopatra mandò a invitarlo di andare a sposarla e a prendersi il trono. La ragione per cui lei invitò Antioco con queste profferte, in parte era perché i suoi amici l'avevano persuasa ad agire così, e in parte era perché ella temeva che qualcuno degli abitanti di Seleucia potesse consegnare la città a Trifone.
Antioco Sidete
Libro XIII:223 - 2. Antioco andò dunque a Seleucia; e siccome la sua forza cresceva di giorno in giorno, decise di fare guerra a Trifone: lo sconfisse in battaglia, lo espulse dalla Siria superiore nella Fenicia, ove lo inseguì e quando si rifugiò in Dora, fortezza difficile da espugnare, lo assediò. Intanto mandò un'ambasciata a Simone, sommo sacerdote dei Giudei, proponendo amicizia e alleanza militare.
Libro XIII:224 Simone accettò volentieri l'offerta e provvide generosamente ai soldati che assediavano Dora con notevoli somme di denaro e con provvigioni che mandò ad Antioco, tanto che per un certo periodo fu considerato uno dei suoi amici più stretti. Quanto a Trifone, fuggì da Dora ad Apamea, ove, assediato e catturato fu messo a morte dopo avere regnato per tre anni.
Libro XIII:225 - 3. Antioco, per cupidigia e disonestà, dimenticò i servizi che Simone gli aveva fatto allorché si trovava nel bisogno, e diede una forza militare a Cendebeo, suo amico, e lo inviò a saccheggiare la Giudea e catturare Simone.
Libro XIII:226 Venuto a conoscenza del cattivo comportamento di Antioco, Simone, sebbene ormai avanzato negli anni, si ribellò per l'ingiusto trattamento ricevuto da Antioco, dotato di un vigore superiore ai suoi anni, assunse il comando della guerra come un giovanotto.
Libro XIII:227 E mandò in testa i suoi figli con i migliori soldati combattenti, mentre egli con la sua truppa avanzò in un'altra direzione, e nascose molti dei suoi tra le montagne in luoghi defilati per compiere agguati; e non fallì in alcuna impresa. Dopo avere vinto il nemico ovunque, passò in pace il resto della sua vita. Egli strinse pure un'alleanza militare con i Romani.
Uccisione di Simone
Libro XIII:228 - 4. (Simone) governò i Giudei, complessivamente, per otto anni, e morì durante un banchetto per un complotto teso contro di lui da parte di suo genero Tolomeo, il quale catturò e mise in prigione sua moglie e due dei suoi figli, e spedì uomini per uccidere il terzo figlio, Giovanni, detto anche Ircano.
Libro XIII:229 Ma il giovane, allertato del loro arrivo, si sottrasse al pericolo sfuggendo alle loro mani, e si affrettò nella Città confidando nell'aiuto del popolo a motivo delle benemerenze di suo padre e del fatto che la folla odiava Tolomeo. Perciò, quando Tolomeo cercò di entrare in Città da un'altra porta, il popolo, che già aveva accolto Ircano, lo respinse.
Ircano succede a Simone suo padre
Libro XIII:230 - VIII, I. - E così Tolomeo si ritirò in una delle fortezze sopra Gerico, chiamata Dagon. Ircano dopo avere assunto l'ufficio di suo padre, di sommo sacerdote, subito propiziò Dio con sacrifici, poi marciò contro Tolomeo e
attaccò la sua fortezza; e sebbene sotto ogni altro aspetto lui fosse superiore, in una cosa era svantaggiato, nel sentimento di pietà per la madre e per i fratelli.
Libro XIII:231 Tolomeo, infatti, li aveva portati su sulle mura e li straziava sotto gli occhi di tutti, e minacciava di precipitarli, testa in giù, se Ircano non toglieva l'assedio; onde Ircano, credendo che quanto più avrebbe allentato gli assalti per impadronirsi del luogo, tanto maggiore sarebbe stata la gentilezza da lui dimostrata verso i suoi cari risparmiando loro i maltrattamenti, allentò il suo accanimento.
Libro XIII:232 Tuttavia sua madre stese le mani supplicandolo di non intenerirsi per lei, e aumentasse ancor più il suo accanimento dando via libera allo sdegno e facesse ogni tentativo per prendere la fortezza, per impadronirsi del nemico e vendicare le persone a lui più care; poiché, diceva, per lei sarebbe stato piacevole morire tra i tormenti se il nemico che li trattava in quel modo avesse avuto la pena meritata per i suoi crimini.
Libro XIII:233 Allorché sua madre disse questo, Ircano fu preso da un impellente desiderio di espugnare la fortezza; ma quando vedeva la madre sotto le percosse e tra i tormenti, si perdeva d'animo, oppresso dalla pietà per la maniera in cui veniva trattata sua madre.
Libro XIII:234 Mentre l'assedio si protraeva in questo modo, giunse l'anno nel quale i Giudei si astengono dal lavoro: essi seguono tale consuetudine ogni settimo anno, proprio come fanno ogni settimo giorno.
Libro XIII:235 Tolomeo, liberato dalla guerra per questa ragione uccise i fratelli e la madre di Ircano, poi fuggì presso Zenone, soprannominato Cotila, che tiranneggiava la città di Filadelfia.
Antioco Sidete invade la Giudea
Libro XIII:236 - 2. Antioco, nel quarto anno di regno, e nel primo anno di Ircano e nell'Olimpiade centosessantadue, pieno di risentimento per le ingiurie avute da Simone, invase la Giudea.
Libro XIII:237 E dopo aver saccheggiato la regione, rinchiuse Ircano nella Città contro la quale, all'inizio, non riuscì a nulla pur avendola circondata con sette accampamenti; e questo sia per la robustezza delle mura e per il coraggio degli
assediati, nonostante la scarsezza d'acqua, alla quale, invero, provvide una pioggia torrenziale venuta giù al tramontare delle Pleiadi.
Libro XIII:238 Ma nella parte settentrionale del muro, ove il suolo era alquanto spianato, innalzò cento torri, ognuna a tre piani, sulle quali fece salire manipoli di soldati.
Libro XIII:239 Essi, ogni giorno riuscivano a compiere attacchi contro il nemico e ogni volta che allontanavano la loro guardia, infliggevano notevoli danni, mentre, quando il nemico li colpiva, non avevano difficoltà a ritirarsi.
Libro XIII:240 Ma, allorché Ircano osservò che il loro numero elevato si rivelava uno svantaggio a motivo del rapido consumo delle provviste e del fatto che il lavoro compiuto in nessun modo corrispondeva al numero, separò dagli altri quelli che risultavano inutili e li mandò via trattenendo esclusivamente quanti erano nel fiore degli anni e abili nel combattimento.
Libro XIII:241 Antioco, da parte sua, impedì agli espulsi di uscire e così essi, aggirandosi attorno alle mura, tra le linee, furono i primi a essere esausti tra sofferenze crudeli, al punto che morivano miseramente. Tuttavia, proprio allora, giunse la festa dei Tabernacoli e quelli dentro la città si mossero a pietà di loro e li accolsero di nuovo dentro.
Libro XIII:242 Poi, Ircano mandò un'ambasciata ad Antioco per chiedere sette giorni di tregua a motivo della festività: egli accettò e, deferente verso la Divinità , mandò un magnifico sacrificio di buoi dalle corna dorate e coppe d'oro e d'argento piene di ogni genere di spezie.
Libro XIII:243 Quelli che stavano alle porte (della città), accolsero il sacrificio da quelli che lo portavano e lo trasportarono nel tempio, mentre Antioco faceva festa con l'esercito; certo era molto diverso da Antioco Epifane, il quale, quando si impadronì della città, uccise porci sopra gli altari e contaminò il tempio col loro grasso pervertendo in tal modo i riti dei Giudei e la religione dei loro padri, azioni con le quali suscitò la guerra della nazione che divenne il suo implacabile nemico.
Libro XIII:244 D'altra parte questo Antioco, a motivo della sua iperbolica pietà, era da tutti chiamato Pio (Eusebes).
Libro XIII:245 - 3. Ircano fu impressionato favorevolmente dalla affabilità e, conosciuto il suo zelo verso la Divinità , gli mandò una ambasciata per
domandargli che restaurasse ai Giudei la loro antica forma di governo; egli non respinse la sua lettera né seguì il consiglio di coloro che gli suggerivano di distruggere questa nazione a motivo del loro modo asociale di vivere,
Libro XIII:246 ma siccome riteneva che essi in ogni cosa avevano agito con pietà, disse agli ambasciatori che gli assediati consegnassero le armi, gli pagassero il tributo per Joppa e per le altre città confinanti con la Giudea , e accettassero un presidio, e che a questi patti sarebbero liberi da guerre.
Libro XIII:247 Essi, mentre erano pronti ad accettare gli altri termini, non gradivano il presidio, perché non verrebbero a contatto con gli altri a motivo della loro scontrosità. Tuttavia in luogo del presidio offrirebbero degli ostaggi e cinquecento talenti d'argento: trecento dei quali e gli ostaggi, tra i quali lo stesso fratello di Ircano, li darebbero subito. Il re accettò, e abbatté le mura che circondavano la città.
Libro XIII:248 E così, a queste condizioni, Antioco tolse l'assedio e si ritirò.
Ircano assiste Antioco contro i Parti
Libro XIII:249 - 4. Ircano, poi, aprì il sepolcro di Davide, le cui ricchezze sorpassavano quelle di tutti gli altri re, estrasse tremila talenti d'argento e, partendo da tale somma, divenne il primo re dei Giudei a spesare truppe straniere.
Libro XIII:250 Strinse amicizia e alleanza militare con Antioco, lo accolse in Città, con abbondanza e generosità, aiutò il suo esercito con tutto ciò di cui aveva necessità. E quando Antioco fece la spedizione contro i Parti, Ircano uscì con lui. Di questo abbiamo la testimonianza di Nicola di Damasco, che scrive come segue:
Libro XIII:251 “Dopo avere visto il generale parto, Irdate, ed eretto un trofeo al fiume Lico, Antioco rimase quivi due giorni a richiesta del giudeo Ircano a motivo di una festa della sua nazione, festa nella quale, per i Giudei, non era consuetudine viaggiare”.
Libro XIII:252 Nell'affermare questo non diceva il falso: perché cadde la festa di Pentecoste seguita proprio dal sabbato, e a noi non è lecito porci in cammino sia di sabbato sia in un giorno festivo.
Libro XIII:253 Attaccando il re parto Arsace, Antioco perse gran parte del suo esercito ed egli stesso fu ucciso; perciò suo fratello Demetrio gli succedette sul trono della Siria che Arsace aveva restituito dalla prigionia alla libertà, dopo che Antioco aveva invaso la Persia , come è detto altrove.
Ircano distrugge il tempio samaritano e
giudaizza gli Idumei
Libro XIII:254 IX, I. Non appena seppe della morte di Antioco, Ircano mosse contro le città della Siria pensando di trovarle, come fu in realtà, sprovviste di soldati e di gente buona a difenderle.
Libro XIII:255 Prese, dopo sei mesi durante i quali il suo esercito ebbe a sopportare grandi privazioni, Medaba; in seguito soggiogò Samoga e le sue vicinanze e, oltre a queste, Sikima e Garizin
Libro XIII:256 e la nazione dei Chuthei che abita vicino al tempio edificato sul modello del sacro tempio di Gerusalemme; Alessandro aveva concesso al loro governatore Sanaballete di edificarlo per amore di suo genero Manasse, fratello del sommo sacerdote Jaddua, come sopra abbiamo riferito; duecento anni dopo questo tempio fu ridotto a un deserto.
Libro XIII:257 Ircano prese anche le città di Idumea e di Adora e Marisa, e dopo avere soggiogato tutti gli Idumei, permise loro di rimanere nella loro regione fino a quando si sottoponevano alla circoncisione e a vivere conforme alle leggi dei Giudei.
Libro XIII:258 E così per attaccamento alla terra dei loro padri, si sottomisero alla circoncisione e la loro maniera di vivere la fecero, sotto ogni aspetto, conforme a quella dei Giudei. E da allora in poi continuarono a essere Giudei.
Ircano rinnova l'alleanza con Roma
Libro XIII:259 - 2. Volendo il sommo sacerdote Ircano rinnovare l'amicizia con i Romani, mandò a loro un'ambasciata. Il senato ricevette la sua lettera e con lui strinse una pacifica alleanza, in questi termini.
Libro XIII:260 “Fannio figlio di Marco pretore radunò il senato il giorno ottavo prima delle Idi di febbraio nel comizio alla presenza di Lucio Mallio, figlio di Lucio della tribù di Menenia, e di Gaio Sempronio, figlio di Gaio della tribù
Falernia, per trattare degli argomenti presentati dagli inviati di Simone, figlio di Dositeo e Apollonio, figlio di Alessandro e da Diodoro, figlio di Giasone, persone degne e illustri inviate dal popolo giudaico,
Libro XIII:261 che pure trattarono dell'amichevole alleanza che c'è tra il loro popolo e i Romani e di affari pubblici come della loro richiesta che Joppa e i suoi porti e Gazara e Pegae e le altre città e territori che Antioco tolse loro con la guerra, contro il decreto del Senato, siano a loro restituite,
Libro XIII:262 e ai soldati del re non sia permesso di attraversare il loro territorio e quello dei loro sudditi e che le leggi contrarie al decreto del Senato, fatte da Antioco durante questa guerra, siano annullate,
Libro XIII:263 e che, per mezzo di ambasciatori, siano restituite ai Giudei le località tolte loro da Antioco che sia fatta la stima del valore del territorio distrutto durante quella guerra, e ancora siano muniti di lettere per i re e le città libere per un sicuro loro ritorno in patria.
Libro XIII:264 In merito a questi argomenti fu stabilito che l'alleanza di amicizia sia rinnovata con gli uomini degni e notabili mandati da un popolo buono e amico”.
Libro XIII:265 Tuttavia, in merito alle lettere, risposero che avrebbero deliberato in futuro, quando il Senato avrebbe avuto tempo libero dai propri affari e che si sarebbero premurati affinché, in futuro, ingiustizie del genere non fossero commesse contro di loro, e che il pretore Fannio, dall'erario pubblico, avrebbe dato loro denaro per il ritorno in patria.
Libro XIII:266 In tal modo Fannio congedò gli ambasciatori dei Giudei: provvisti di denaro dell'erario pubblico, del decreto del Senato per quelli che li avrebbero accompagnati e li fornì di salvacondotto per il ritorno in patria.
Alessandro prende il trono da Demetrio
Libro XIII:267 - 3. Tale era la situazione sotto il sommo pontefice Ircano. Il re Demetrio era impaziente di marciare contro Ircano, ma non trovava né il tempo né l'occasione propizia perché tanto i Siriani e i loro soldati gli erano ostili, perché lui era cattivo, e aveva inviato un'ambasciata a Tolomeo, soprannominato Fisco, domandandogli di mandargli qualcuno della famiglia di Seleuco a occupare il trono.
Libro XIII:268 Tolomeo, perciò, mandò Alessandro, detto pure Zebina, con un esercito: ne seguì una battaglia con Demetrio nella quale questi fu sconfitto; onde fuggì in Tolemaide da sua moglie Cleopatra; ma questa non lo accolse, per cui egli andò a Tiro: e qui fu preso e messo a morte dopo avergli fatto passare molti guai per mano di coloro che l'odiavano.
Libro XIII:269 Allora Alessandro prese il potere regio e strinse amicizia col sommo sacerdote Ircano. In seguito, in una battaglia con Demetrio figlio di Antioco soprannominato Grypo, fu sconfitto e ucciso.
Antioco Grypo diventa re e attacca
Antioco Cyzico
Libro XIII:270 - X, I. - Ma quando Antioco si impadronì del potere regio della Siria, fu cauto nell'attaccare la Giudea , avendo saputo che suo fratello da parte di madre, anch'egli chiamato Antioco, stava raccogliendo forze contro di lui da Cyzico.
Libro XIII:271 Così decise di restare nella propria regione e prepararsi a incontrare l'incursione di suo fratello, soprannominato Cyziceno perché era stato educato nella città di Cyzico, essendo figlio di Antioco soprannominato Sotèr, che trovò la morte nella guerra contro i Parti; questo (Antioco) era fratello di Demetrio, padre di Grypo: accadde così che Cleopatra sposò due fratelli come altrove abbiamo narrato.
Libro XIII:272 Antioco Cyziceno venne in Siria e per molti anni fu in guerra con suo fratello. Durante tutto questo tempo Ircano viveva in pace;
Libro XIII:273 poiché dopo la morte di Antioco (Sidete) anch'egli si ribellò ai Macedoni e non fornì più alcun aiuto né come suddito, né come amico; anzi, il suo governo crebbe ed ebbe grande fortuna durante il regno di Alessandro Zebina, e in particolare sotto questi fratelli. Perché durante la guerra che c'era tra loro ebbe modo di sfruttare indisturbato le rendite della Giudea col risultato di ammassare illimitate quantità di denaro.
Libro XIII:274 E così, mentre il Cyziceno devastava la sua terra, egli palesava chiaramente la sua intenzione, e vedendo che Antioco era stato abbandonato dagli Egiziani suoi alleati e che ambedue, lui e suo fratello, si comportavano malamente nella loro lotta reciproca, egli dimostrò disprezzo per tutti e due.
Ircano contro la Samaria
Libro XIII:275 - 2. Mosse, dunque, da Samaria, città molto ben fortificata: come sia stata fondata da Erode sotto il nome di Sebaste, come oggi è chiamata, lo riferiremo a suo tempo. Egli l'attaccò e l'assediò con rabbia, perché odiava i Samaritani mascalzoni a motivo dei torti fatti al popolo di Marisa, colono e alleato dei Giudei, assecondando il volere dei re della Siria.
Libro XIII:276 Scavò un fosso tutto attorno alla città, da ogni lato, e a distanza di ottanta stadi eresse un muro doppio, e affidò l'impresa ai suoi due figli Antigono e Aristobulo. E, stringendo essi l'assedio, i Samaritani furono ridotti dalla fame a un tale stato di bisogno da cibarsi di cose non proprio adatte a tale scopo, e allo stesso tempo a chiamare in aiuto Antioco Cyziceno;
Libro XIII:277 il quale accorse sollecito in loro aiuto, ma fu vinto da Aristobulo, e inseguito poi dai fratelli fino a Scitopoli dove si era rifugiato; essi (i fratelli) poi ritornarono in Samaria, chiusero nuovamente i Samaritani dentro le mura, sicché chiesero aiuto al medesimo Antioco per la seconda volta;
Libro XIII:278 questo si rivolse a Tolomeo Lathyro con la richiesta di seimila uomini che egli infine, contro il volere di sua madre, gli diede; ma lei, quando lo seppe, fu sul punto di cacciarlo dal regno. Con questi Egiziani, Antioco, sulle prime, invase e saccheggiò come un brigante il territorio di Ircano, non osò incontrarlo in una lotta, faccia a faccia: la sua forza non era adeguata allo scopo; supponeva che, saccheggiandone il territorio avrebbe costretto Ircano a togliere l'assedio da Samaria.
Libro XIII:279 Ma, dopo aver perso, in imboscate, molti dei suoi uomini, se ne andò a Tripoli lasciando a Callimandro e a Epicrate la direzione della guerra contro i Giudei.
Ircano distrugge Samaria
Libro XIII:280 - 3. Ma avendo Callimandro attaccato il nemico in modo troppo incauto, fu messo in fuga e ucciso. Epicrate, avido com'era di denaro, diede apertamente Scitopoli e altre località vicine ai Giudei, ma non poté liberare Samaria dall'assedio.
Libro XIII:281 Dopo averla assediata per un intero anno, Ircano prese la città, e, non contento di questo, la cancellò totalmente facendola spianare da torrenti di montagna, poiché scavò fino a che cadde nel letto dei torrenti cancellando così tutti i segni della sua passata esistenza.
Libro XIII:282 A proposito del sommo sacerdote Ircano si narra in una singolare storia come la Divinità venne a parlare con lui: si dice che nello stesso giorno nel quale i suoi figli affrontarono Cyziceno, egli, come sommo sacerdote, era solo nel tempio per l'offerta dell'incenso, udì una voce che diceva che i suoi figli avevano sconfitto Antioco;
Libro XIII:283 e uscito dal tempio, egli rivelò questo alla folla. E così realmente era accaduto. Tale era, dunque, l'andamento delle vicende per Ircano.
Situazione favorevole dei Giudei in Egitto
Libro XIII:284 - 4. In questo periodo godevano di condizioni fiorenti non solo i Giudei di Gerusalemme e della regione, ma anche quelli che vivevano in Alessandria, in Egitto e a Cipro.
Libro XIII:285 Perché la regina Cleopatra, in rotta col figlio Tolomeo, soprannominato Lathyro, aveva designato suoi capitani Chelkia e Anania, figli di Onia, che aveva eretto il tempio nel nomo di Heliopoli, simile a quello di Gerusalemme, come sopra abbiamo riferito.
Libro XIII:286 Affidato a costoro l'esercito, Cleopatra non faceva nulla senza la loro approvazione, come testimonia anche Strabone di Cappadocia scrivendo quanto segue:
Libro XIII:287 “La maggioranza, infatti, sia di quelli che erano ritornati dall'esilio, sia di quelli che in seguito furono inviati a Cipro da Cleopatra, passarono subito da Tolomeo. E soltanto i Giudei del distretto di Onia rimasero fedeli a lei, perché i loro concittadini Chelkia e Anania godevano di un favore speciale presso la regina”. Questo è quanto afferma Strabone.
Ircano e i Farisei
Libro XIII:288 - 5. Contro Ircano sorse l'invidia dei Giudei a motivo dei suoi successi e di quelli dei suoi figli; particolarmente ostili gli erano i Farisei che sono una delle scuole giudaiche delle quali abbiamo parlato sopra; tanto grande
è il loro influsso tra la folla che anche quando parlano contro un re o contro un sommo sacerdote hanno credito immediatamente.
Libro XIII:289 Anche Ircano era un loro discepolo e molto era da loro amato. Un giorno li invitò a una festa e li trattò cortesemente; e quando vide che erano ben allegri, prese a dire che essi conoscevano il suo desiderio di essere giusto e in ogni cosa cercava di piacere a Dio e a loro, poiché pure i Farisei professavano questa credenza;
Libro XIII:290 nello stesso tempo li pregava che qualora notassero che compiva qualcosa di erroneo o deviante dal retto sentiero, lo riconducessero indietro e lo correggessero. Tutti però testimoniarono che egli era assolutamente virtuoso, ed egli si compiacque delle loro lodi.
Libro XIII:291 Uno, però, degli ospiti, di nome Eleazaro, aveva una natura cattiva e si compiaceva del dissenso e disse: “Visto che hai domandato che ti si dica la verità, se vuoi essere giusto, dimettiti dal sommo pontificato e accontentati di governare il popolo”.
Libro XIII:292 Quando Ircano gli domandò per quale ragione dovrebbe dimettersi dal sommo pontificato, egli replicò: “Perché dai nostri anziani abbiamo sentito che la madre che ti ha generato era schiava sotto il regno di Antioco Epifane”. La storia era falsa; Ircano divenne furioso verso di lui, e tutti i Farisei ne restarono indignati.
Ircano abbandona i Farisei
Libro XIII:293 - 6. Uno degli amici più stretti di Ircano era Gionata apparte-nente alla scuola dei Sadducei, che sosteneva opinioni contrarie a quelle dei Farisei; ora egli affermò che le ingiuriose affermazioni dette da Eleazaro avevano l'approvazione generale di tutti i Farisei; e aggiunse che questo sarebbe apparso chiaramente, qualora Ircano domandasse loro quale punizione meritava Eleazaro per quello che aveva detto.
Libro XIII:294 E così Ircano domandò ai Farisei che pena ritenevano meritasse, perché, disse, si sarebbe convinto che l'ingiuriosa osservazione non era stata fatta col loro assenso qualora fissassero una pena proporzionata al crimine, ed essi risposero che Eleazaro meritava battitura e catene; essi, infatti, non ritenevano giusto condannare a morte uno per una calunnia, e, ad ogni modo, i Farisei sono naturalmente moderati nelle punizioni.
Libro XIII:295 Ircano ne rimase molto arrabbiato e iniziò a credere che colui che aveva pronunciato quelle ingiurie lo avesse fatto con l'approvazione degli altri;
Libro XIII:296 e Gionata infiammò così tanto la sua collera e lo lavorò così abilmente da farlo passare al partito dei Sadducei e abbandonare i Farisei, abolire le norme da essi prescritte al popolo e castigare quanti le avessero osservate. Da qui, di certo, crebbe l'odio delle masse contro di lui e i suoi figli.
Libro XIII:297 Ma di ciò parleremo appresso. Per ora voglio solo rilevare che i Farisei avevano passato al popolo certe norme trasmesse dalle precedenti generazioni e non scritte nelle leggi di Mosé, per tale motivo sono respinte dal gruppo dei Sadducei i quali sostengono si debbano considerare valide solo le norme scritte (nelle Scritture) e quelle trasmesse dalle generazioni precedenti non sono da osservare.
Libro XIII:298 Su questa materia nacquero controversie e differenze profonde tra i due partiti: i Sadducei si curavano soltanto dei ricchi e non avevano seguito tra le masse, mentre i Farisei avevano il sostegno delle masse. Ma su queste due scuole e sugli Esseni è stato dato un esposto dettagliato nel secondo libro della mia Giudaica.
Libro XIII:299 - 7. Sedata la rottura, Ircano ebbe vita felice; morì dopo avere amministrato il governo in maniera eccellente per trentun anni, e lasciò cinque figli. Da Dio fu stimato degno dei tre più grandi privilegi: il governo della nazione, l'ufficio del sommo sacerdozio e il dono della profezia;
Libro XIII:300 poiché la Divinità era con lui abilitandolo a vedere e preannunciare il futuro; così, per esempio, predisse che i suoi due figli più anziani non sarebbero rimasti padroni degli affari. E vale la pena raccontare la storia della loro caduta per fare vedere quanto furono lontani dalla buona fortuna del loro padre.
Aristobulo e Antigono
Libro XIII:301 - XI, I. - Dopo la morte del padre, il figlio più anziano, Aristo-bulo vide l'opportunità di trasformare il governo in un regno, giudicando questo la forma migliore. Così fu il primo che si mise sul capo il diadema dopo
quattrocentoottantuno anni e tre mesi dal ritorno del popolo dalla cattività babilonese nella sua terra.
Libro XIII:302 Dei suoi fratelli amava soltanto Antigono, il secondo dopo di lui, e lo considerava degno di una posizione simile alla sua, mentre tenne gli altri fratelli in catene; imprigionò anche sua madre la quale era in controversia con lui a proposito del trono - era lei, infatti, che Ircano aveva lasciato signora di tutto - e a tanto spinse la sua crudeltà, da causarne la morte per inedia in prigione.
Libro XIII:303 Alla morte della madre aggiunse quella del fratello Antigono che pareva amasse in modo particolare tanto da averlo associato nel regno, ma dal quale si era allontanato a motivo di calunnie; dapprincipio non diede peso a quanto si diceva: in parte perché amava Antigono in modo particolare, in parte perché credeva trattarsi di calunnie sostenute per invidia.
Invidia di Aristobulo
Libro XIII:304 Ma in una occasione, quando Antigono ritornò glorioso da una campagna, essendo prossima la stagione della festività nella quale si erigono a Dio tabernacoli, avvenne che Aristobulo si ammalò e Antigono, schierato con grande splendore accompagnato dai suoi soldati in armi pesanti, salì al tempio per celebrare la festa e pregare con fervore per la guarigione di suo fratello;
Libro XIII:305 uomini senza scrupoli impegnati a rompere la buona armonia che regnava tra di loro, trovarono in Antigono una ostentazione ambiziosa e nel successo che aveva conquistato un pretesto per andare dal re e, esagerando maliziosamente la pompa della sua apparizione alla festa,
Libro XIII:306 affermarono che tutto non era avvenuto nei limiti del comportamento di una persona privata e che le sue azioni indicavano piuttosto uno che immaginava di essere re, ed era venuto con un forte corpo di guardia con l'intenzione di uccidere Aristobulo, pensando che per lui sarebbe stata un'azione da stolto credere di avere parte a un'alta carica quando avrebbe potuto essere il re.
Aristobulo uccide il fratello
Libro XIII:307 - 2. E’ con riluttanza che Aristobulo incominciò a credere a tali accuse, d'altra parte, guardando di non cadere sotto i sospetti del fratello, ma
anche provvedendo alla propria incolumità, nascose a intervalli la sua guardia del corpo in un oscuro passaggio sotterraneo, poiché egli giaceva infermo nella torre che poi si chiamò Antonia, e diede ordini che nessuno (della guardia) toccasse Antigono, se disarmato, ma lo uccidesse qualora venisse dal re armato.
Libro XIII:308 Mandò a invitare Antigono a venire da lui disarmato; ma la regina e gli uomini che con lei complottavano contro Antigono convinsero l'inviato a dire il contrario, cioè che suo fratello aveva sentito che si era preparato con armi ed equipaggiamento militare, e lo invitava a recarsi da lui armato, affinché potesse vedere il suo equipaggiamento.
Libro XIII:309 Antigono, fidandosi dei sentimenti amichevoli del fratello e non sospettando alcun inganno, andò da Aristobulo così com'era, in completa armatura per mostrargli le sue armi. Ma quando raggiunse la cosiddetta Torre di Stratone, proprio dove il passaggio era molto oscuro, la guardia del corpo lo uccise.
Libro XIII:310 Questa morte dimostra chiaramente che non c'è nulla di tanto potente quanto l'invidia e la calunnia, e nulla che più di loro valga a spegnere facilmente l'amicizia e i vincoli naturali.
Libro XIII:311 A tale proposito può stupire la storia di un certo Giuda di stirpe Esseno, del quale non si sapeva che avesse mai pronunziato una profezia falsa. Questi alla vista di Antigono che entrava nel tempio esclamò, tra i suoi conoscenti e amici che si trovavano con lui per essere istruiti sulla predizione del futuro,
Libro XIII:312 che per lui sarebbe stato meglio morire come uno che aveva pronunziato il falso, avendo visto Antigono ancora vivo, sebbene lui avesse predetto che sarebbe morto in quello stesso giorno nel luogo detto Torre di Stratone, e ora, vedendolo vivo - il luogo ove aveva predetto che Antigono sarebbe stato assassinato distava circa seicento stadi dal posto ove si trovava - siccome era ormai passata la maggior parte della giornata, la sua profezia correva il pericolo di essere falsa;
Libro XIII:313 ma mentre egli se ne doleva e lamentava, gli venne la notizia che Antigono era stato ucciso nel passo sotterraneo, detto anche Torre di Stratone, dallo stesso nome di Cesarea sulla riva sinistra del mare. Fu dunque questo fatto che aveva confuso il profeta.
Rimorso e morte di Aristobulo
Libro XIII:314 Aristobulo fu presto colto dal rimorso per l'assassinio del fratello; ne seguì una infermità, la sua mente fu sconvolta a motivo della sua azione colpevole; l'angoscia fu così intensa da causare disordine nel suo intestino e vomitò sangue. Una volta uno dei servi che lo assistevano, mentre portava via questo sangue, lo versò - penso per una divina disposizione - proprio nel luogo ove erano ancora visibili le tracce lasciate dal sangue dell'assassinio di Antigono.
Libro XIII:315 Coloro, perciò che videro quanto era accaduto al servo, gridarono che lo aveva fatto a bella posta; e allorché Aristobulo udì le grida, domandò quale ne era il motivo, non vollero dirglielo ed egli divenne ancora più risoluto nella determinazione di conoscerlo: poiché in questi casi, in ciò che è coperto dal silenzio, gli uomini naturalmente sospettano sempre il peggio.
Libro XIII:316 Ma quando sotto le minacce e costretti dalla paura gli dissero la verità, la sua mente fu colpita dalla consapevolezza della colpa e pianse a dirotto e tra profonde lamentazioni esclamò: “Vedo che il nefando ed empio crimine non poteva sfuggire a Dio! Subito mi ha colpito il castigo per l'assassinio del consanguineo.
Libro XIII:317 Fino a quando, svergognatissimo corpo, tratterrai in te la vita che è dovuta agli spiriti di mio fratello e di mia madre? Perché, invece di darla a essi in un sol colpo, devo offrire il sangue goccia a goccia come una libagione a coloro che furono così follemente assassinati?”.
Libro XIII:318 Non appena pronunciò queste parole spirò. Il suo regno fu di un anno, con il titolo di Filelleno. Apportò molti benefici alla sua patria, combatté contro gli Iturei, conquistò buona parte del loro territorio che aggiunse alla Giudea, e obbligò gli abitanti a farsi circoncidere e vivere secondo le leggi dei Giudei, se volevano rimanere nel loro territorio.
Libro XIII:319 Aveva una natura gentile ed era dotato di grande modestia, come attesta anche Strabone sull'autorità di Timagene, scrivendo quanto segue: “Quest'uomo fu una persona gentile, molto vantaggioso ai Giudei, perché allargò i confini del loro territorio e unì a loro una porzione della nazione degli Iturei obbligandoli con il vincolo della circoncisione”.
Alessandro Janneo
Libro XIII:320 - XII, I. Alla morte di Aristobulo, sua moglie Salina, dai Greci chiamata Alessandra, liberò i suoi fratelli - Aristobulo, infatti, li aveva imprigionati come abbiamo detto sopra - e designò re Janneo, conosciuto pure come Alessandro, che per età e serenità di temperamento era più idoneo degli altri per questo ufficio;
Libro XIII:321 ma fu suo destino essere odiato dal padre fin dalla nascita e non comparire mai al suo fianco fino a tanto che egli visse. Il motivo di questo odio, a quanto si dice, era il seguente.
Libro XIII:322 Di tutti i figli Ircano amava soprattutto i primi due, Antigono e Aristobulo; una volta che Dio gli apparve in sonno, egli Gli domandò quale dei suoi figli era destinato a succedergli. E quando Dio gli mostrò i contrassegni di Alessandro, egli si rattristò che questo dovesse essere l'erede di tutti i suoi beni, e per questo - fin dalla nascita - lo fece portare in Galilea. Dio però non disse il falso a Ircano.
Libro XIII:323 E, infatti, dopo la morte di Aristobulo fu lui che assunse il potere regio, mettendo a morte uno dei suoi fratelli, che macchinava per il trono, mentre tenne in onore l'altro suo fratello che preferiva vivere lontano dagli affari pubblici.
Libro XIII:324 - 2. Lasciato il governo in una condizione giudicata vantaggiosa per lui, Alessandro mosse l'esercito contro Tolemaide, ne sconfisse in battaglia gli abitanti, li chiuse nella città, poi la circondò e li assediò. Delle città costiere, infatti, gli restava da conquistare soltanto Tolemaide e Gaza, e ancora la Torre di Stratone e Dora tenuta dal locale tiranno Zoilo.
Libro XIII:325 Ora, siccome Antioco Filometore e l'altro Antioco suo fratello soprannominato Cyziceno combattevano l'uno contro l'altro e fiaccavano reciprocamente le loro forze, da essi non poteva venire alcun aiuto al popolo di Tolemaide;
Libro XIII:326 ma mentre gemeva sotto l'assedio, Zoilo che teneva la Torre di Stratone, venne con una compagnia di soldati che manteneva perché aveva l'ambizione di farsi padrone assoluto a motivo della disputa tra i due re, e diede un leggero aiuto al popolo di Tolemaide.
Libro XIII:327 Né i re erano così amici che questo popolo potesse attendersi da essi una qualche assistenza, giacché erano nello stato di atleti esausti che hanno
vergogna ad arrendersi, e così seguitarono a prolungare la competizione con periodi di inattività e di riposo.
Libro XIII:328 L'unica speranza che gli restava era rappresentata dai sovrani d'Egitto e da Tolomeo Lathyro, signore di Cipro il quale, scacciato dal regno dalla madre Cleopatra, si era rifugiato nell'isola di Cipro. Fu così che il popolo di Tolemaide inviò a lui un'ambasciata domandandogli di venire in suo aiuto per salvarlo dalle mani di Alessandro dal quale erano posti in pericolo.
Libro XIII:329 Gli inviati lo incoraggiavano con la speranza che, qualora avesse attraversato la Siria , avrebbe avuto come compagno il popolo di Gaza affianco a quello di Tolemaide e ancora Zoilo; gli dissero pure che a lui si sarebbero uniti i Sidoniani e molti altri. Dunque, pieno di fiducia, egli si affrettò a mettersi in navigazione.
Tolomeo Latbyro e le città della costa
Libro XIII:330 - 3. Nel mentre tuttavia il popolo di Tolemaide era stato persuaso a cambiare i suoi piani da Demeneto, che in quel tempo godeva della loro fiducia e aveva influsso sul popolo; costui diceva che per loro era meglio rischiare uno scontro con i Giudei, sebbene l'esito fosse incerto, piuttosto che esporsi a una aperta servitù offrendosi a un padrone assoluto e per di più non pensando soltanto alla guerra attuale ma a un'altra molto più seria da parte dell'Egitto.
Libro XIII:331 Poiché Cleopatra non avrebbe permesso che Tolomeo si facesse forte con la forza delle città vicine, si sarebbe schierato contro di essi con un grande esercito; visto che lei cercava ogni mezzo per scacciare il figlio anche da Cipro. Ma se a Tolomeo fossero rimaste deluse le sue attese, gli restava ancora il rifugio in Cipro, mentre essi sarebbero andati incontro a un estremo pericolo.
Libro XIII:332 Ora Tolomeo, lungo la via, seppe, con disappunto, che il popolo di Tolemaide aveva cambiato parere, proseguì nondimeno la navigazione e approdò a un luogo detto Sycamina, ove sbarcò la sua forza.
Libro XIII:333 L'esercito che aveva seco, tra fanti e cavalieri, ammontava, in tutto, a trentamila, lo condusse nelle vicinanze di Tolemaide e quivi si accampò; siccome però i suoi messi non furono accolti né ascoltate le sue proposte, egli si trovava in grande inquietudine.
Libro XIII:334 - 4. Ma quando vennero da lui Zoilo e la gente di Gaza con la richiesta di aiuto perché la loro regione era devastata dai Giudei sotto Alessandro, per il timore che aveva di Tolomeo, Alessandro tolse subito l'assedio, mandò a casa l'esercito e d'allora in poi ricorse all'astuzia; segretamente, infatti, mentre mandava ambasciate a Cleopatra affinché attaccasse Tolomeo, apertamente proponeva a lui amicizia e alleanza militare, comportandosi in maniera ipocrita;
Libro XIII:335 gli promise anche quattrocento talenti d'argento purché lo ricambiasse levando via di mezzo Zoilo il tiranno e passando la sua regione ai Giudei. Allora Tolomeo stabilì, con gioia, amicizia con Alessandro e mise le mani su Zoilo.
Libro XIII:336 Ma, in seguito, quando seppe che Alessandro aveva inviato in segreto da sua madre Cleopatra, ruppe il giuramento d'intesa che aveva stretto con lui e attaccò Tolemaide e al suo rifiuto ad accoglierlo, l'assediò. Poi, lasciati i suoi generali e parte dell'esercito, marciò alla conquista della Giudea.
Libro XIII:337 Alessandro, quando venne a conoscenza dell'intenzione di Tolomeo, raccolse lui pure un esercito di cinquantamila connazionali, o di ottantamila - come affermano alcuni scrittori - e con la sua forza andò contro Tolomeo. Tolomeo però scagliò, di sabbato, un improvviso attacco su Asochi, città della Galilea: la prese d'assalto, catturò circa diecimila persone e una grande quantità di bottino.
Tolomeo Latbyro sconfigge Alessandro Janneo
e invade la Giudea
Libro XIII:338 - 5. Fece un tentativo anche contro Seffori, poco distante dalla città or ora saccheggiata, ma perse molti dei suoi uomini, e proseguì per combattere contro Alessandro. Alessandro l'incontrò nelle vicinanze del fiume Giordano, e pose l'accampamento vicino al nemico.
Libro XIII:339 La sua avanguardia era composta da ottomila uomini: costoro egli aveva denominato “i cento combattenti”: portavano lunghi scudi ricoperti di bronzo; anche l'avanguardia di Tolomeo aveva scudi rotondi ricoperti di bronzo, ma siccome l'equipaggiamento della sua truppa era inferiore a quello del nemico, si dimostrava più cauto a rischiare uno scontro;
Libro XIII:340 valse però non poco a incoraggiarlo l'abile tattica di Filostefano, che disse loro di attraversare il fiume che era tra il loro accampamento e il nemico. Alessandro decise di non impedire loro l'attraversata, pensando che in seguito avrebbe catturato più facilmente il nemico quando questo avesse il fiume alle spalle e si sarebbe trovato nell'impossibilità di fuggire.
Libro XIII:341 Sul principio si ebbero azioni di valore e coraggiose e massacri da ambo le parti dei due eserciti; ma quando gli uomini di Alessandro iniziarono ad avere il predominio, Filostefano divise la sua forza, e portò abilmente aiuto a quelli che arretravano.
Libro XIII:342 E non essendovi alcuno che desse aiuto a quella parte della forza giudaica che ripiegava, non le restò altro che la fuga; anche coloro che erano vicini non li aiutavano, ma si unirono anzi a loro nella fuga. Tutto all'opposto fu l'azione degli uomini di Tolomeo:
Libro XIII:343 infatti, inseguirono i Giudei, li uccisero fino a quando, allorché erano completamente disfatti, diedero loro la caccia e li fecero a pezzi fin tanto che le spade divennero spuntate a forza di uccidere e le loro braccia totalmente stanche.
Libro XIII:344 Si dice che ne perirono trentamila: Timagene parla di cinquantamila; gli altri in parte furono fatti prigionieri, e in parte scapparono nelle loro regioni native.
Libro XIII:345 - 6. Dopo questa vittoria Tolomeo invase la regione e, calata la sera, si fermò in alcuni villaggi della Giudea che vide pieni di donne e fanciulli; perciò ordinò ai suoi soldati di tagliare la gola a tutti e farli a pezzi e cacciarli in caldaie bollenti e assaggiarli.
Libro XIII:346 Diede quest'ordine affinché gli scampati alla battaglia, al ritorno alle loro case, potessero credere che il nemico mangiasse carni umane, e alla vista di questo ne traessero motivo di maggiore spavento.
Libro XIII:347 Che egli abbia trattato i Giudei così come ho detto or ora, lo attestano sia Strabone, sia Nicola. I soldati di Tolomeo presero d'assalto anche Tolemaide, come altrove abbiamo indicato.
Intervento di Cleopatra contro
Tolomeo Latbyro
Libro XIII:348 - XIII, I. - Quando Cleopatra vide suo figlio crescere in potenza e depredare impunemente la Giudea e assoggettare Gaza, decise di non dimostrarsi pigra mentre egli, divenuto più grande, era alle porte e anelava al trono d'Egitto;
Libro XIII:349 e così gli contrappose subito una forza marina e terrestre, designando capi di tutto il suo esercito i giudei Chelkia e Anania. Nello stesso tempo, mandò in salvo a Coos la maggior parte della sua ricchezza, i suoi nipoti e il suo testamento.
Libro XIII:350 In seguito ordinò a suo figlio Alessandro di fare vela verso la Fenicia con un numeroso naviglio, mentre lei di persona si diresse a Tolemaide con tutto l'esercito, e siccome gli abitanti si rifiutarono di accoglierla, lei assediò la città.
Libro XIII:351 Allora Tolomeo, lasciata la Siria , si affrettò a raggiungere l'Egitto, pensando di poterlo occupare all'improvviso mentre si trovava sguarnito dell'esercito: ma la sua fiducia andò delusa. Proprio in quel tempo morì, in Cele-Siria, Chelkia, uno dei due comandanti nominati da Cleopatra, mentre inseguiva Tolomeo.
Libro XIII:352 - 2. Quando Cleopatra seppe dei tentativi fatti da suo figlio, e che i suoi piani a proposito dell'Egitto non avevano avuto l'esito positivo che egli sperava, lei mandò una parte dell'esercito contro di lui, e lo cacciò dalla regione. Così egli abbandonò l'Egitto un'altra volta e passò a Gaza.
Libro XIII:353 Nel mentre Cleopatra espugnava la guarnigione di Tolemaide e prendeva la città. Alessandro (Janneo) andò da lei con doni e con segni di attenzione quali si aspettavano dopo i maltrattamenti avuti da Tolomeo: egli infatti non aveva altro rifugio che questo; alcuni degli amici di lei la consigliavano di accettare prima i doni e poi di invadere e occupare la sua regione e non consentendo che una tale abbondanza di risorse appartenesse a un solo uomo che era un Giudeo.
Libro XIII:354 Ma Anania gli diede un consiglio opposto, dicendole che significava commettere una ingiustizia privare un alleato delle sue proprietà,
“specialmente un nostro congiunto. Desidero, infatti, che tu sappia, soggiunse, che un torto fatto a lui, equivale a renderti nemici tutti noi”.
Libro XIII:355 Questa esortazione di Anania persuase Cleopatra a non compiere torto alcuno ad Alessandro: anzi lei stipulò con lui un'alleanza militare a Scitopoli in Cele-Siria.
Distruzione di Gaza
Libro XIII:356 Libero dal timore di Tolomeo, Alessandro marciò subito sulla Cele-Siria e, dopo un assedio di dieci mesi, espugnò Gadara, prese anche Amathus - la più grande fortezza tra quelle occupate al di là del Giordano, ove Teodoro, figlio di Zenone, teneva le sue più pregevoli e più importanti proprietà; costui si era lanciato improvvisamente sui Giudei, uccidendone diecimila e saccheggiando il bagaglio di Alessandro.
Libro XIII:357 Ma queste disgrazie non scoraggiarono Alessandro, che si diresse sulle città costiere, Rafia e Antedone, nome che il re Erode cambiò con Agrippiade, e conquistò anche questa all'assalto.
Libro XIII:358 E quando vide che Tolomeo, fuggito da Gaza, era andato a Cipro, e sua madre Cleopatra in Egitto, nella sua collera contro i Gazei che avevano chiesto aiuto a Tolomeo, assediò la loro città e saccheggiò il loro territorio.
Libro XIII:359 Apollodoto, generale dei Gazei, piombò di notte sull'accampamento dei Giudei con duemila mercenari e diecimila schiavi, e per tutta la notte i Gazei furono vittoriosi, perché avevano fatto credere al nemico che colui che li attaccava era Tolomeo; ma, spuntato il giorno e apparsa la falsità di quella credenza, visto lo stato reale delle cose, i Giudei ripresero i loro ranghi, attaccarono i Gazei e ne uccisero un migliaio.
Libro XIII:360 Tuttavia i Gazei resistevano e non cedevano terreno né per la mancanza di rinforzi, né per il numero dei loro uccisi: erano pronti a subire qualsiasi destino piuttosto che cadere in mano al nemico; il loro coraggio era accresciuto dall'attesa dell'aiuto che sarebbe venuto da Areta, re degli Arabi.
Libro XIII:361 Ma accadde, prima, la morte di Apollodoto: suo fratello, Lisimaco, invidioso del prestigio di cui godeva tra il popolo della città, lo uccise; in seguito radunò l'esercito e consegnò la città ad Alessandro;
Libro XIII:362 dopo il suo ingresso si comportò in modo pacifico ma in seguito diede ai suoi la licenza di sfogarsi contro i Gazei e permise che si vendicassero su di essi: e così andarono chi in una direzione, chi in un'altra, uccidendo i Gazei; e questi non si perdevano d'animo, al contrario si difendevano contro i Giudei servendosi di qualsiasi mezzo veniva loro in mano, e ne uccisero non meno di quanti essi ne avevano perduti.
Libro XIII:363 Alcuni, lasciati soli, appiccarono il fuoco alle loro case affinché in esse non rimanesse nulla che il nemico potesse prendere come bottino. Altri giungevano fino a eliminare, con le proprie mani, i loro fanciulli e le loro mogli, essendo questo l'unico mezzo che li costringeva a salvarli dalla schiavitù sotto i loro nemici.
Libro XIII:364 Vi erano in tutto cinquecento consiglieri cittadini che si erano rifugiati nel tempio di Apollo - perché l'attacco sopraggiunse proprio mentre sedevano in consiglio - e Alessandro li uccise lì dov'erano; abbattuta la città su di loro fece ritorno a Gerusalemme, dopo aver trascorso un anno nell'assedio.
Lotta fratricida dei Seleucidi
Libro XIII:365 Intorno a questo tempo morì Antioco, soprannominato Grypo, vittima di una congiura ordita contro di lui da Eracleone: aveva quarantacinque anni d'età e ventinove di regno.
Libro XIII:366 Gli succedette sul trono il figlio Seleuco che proseguì la guerra contro il fratello di suo padre, soprannominato Cyziceno; e dopo averlo sconfitto, lo fece prigioniero e l'uccise.
Libro XIII:367 Poco dopo, Antioco, figlio di Cyziceno, detto Eusebe, andò ad Arado, prese la corona e mosse guerra a Seleuco e, dopo averlo sconfitto, lo cacciò da tutta la Siria.
Libro XIII:368 Seleuco perciò fuggì in Cilicia, si recò in Mopsuestia dove cercò nuovamente di esigere soldi dagli abitanti. Ma il popolo di Mopsuestia si indignò, diede fuoco al suo palazzo, distrusse lui e i suoi amici.
Libro XIII:369 Mentre sulla Siria regnava Antioco figlio di Cyziceno, Antioco, fratello di Seleuco, lo attaccò, ma fu sconfitto e perì col suo esercito; e dopo la
sua morte il fratello di lui, Filippo, si pose sul capo la corona e iniziò a regnare su di una parte della Siria.
Libro XIII:370 Intanto Tolomeo Lathyro fece venire da Cnido il quarto fratello di lui, Demetrio, detto Acairo, e lo fece re di Damasco.
Libro XIII:371 A questi due fratelli si oppose decisamente Antioco; ma questi presto morì, perché era andato in aiuto di Laodice, regina dei Sameniani, che aveva ingaggiato guerra contro i Parti, e cadde combattendo con coraggio. E la Siria venne così in potere dei due fratelli Demetrio e Filippo, come è stato riferito altrove.
Alessandro Janneo contro il suo popolo
Libro XIII:372 Quando il suo popolo si rivoltò contro Alessandro - la nazione infatti gli si rivoltò contro - durante la celebrazione di una festività, mentre egli stava a lato dell'altare ed era in procinto di offrire il sacrificio, gli lanciarono contro dei cedri: è costume dei Giudei che nella festività dei Tabernacoli ognuno porti tirsi intrecciati con rami di palma e cedro - queste cose le abbiamo descritte altrove -; aggiunsero insulti rinfacciandogli di essere di condizione servile e quindi indegno di mantenere quell'ufficio e di offrire sacrifici;
Libro XIII:373 egli, rabbioso per tutto questo, ne uccise circa seimila, e innalzò una barriera protettiva (del cortile) di legno attorno all'altare e al tempio fino al luogo nel quale era lecito entrare ai soli sacerdoti; e con questo mezzo tenne il popolo lontano da lui.
Libro XIII:374 Egli manteneva anche soldati stranieri della Pisidia e della Cilicia: non poteva servirsi dei Siri, perché era in guerra con loro. Dopo avere vinto gli Arabi di Moab e di Galaadite, che aveva costretto a pagare il tributo, distrusse ancora Amathu, poiché Teodoro non aveva l'ardire di avventurarsi in campo contro di lui.
Libro XIII:375 Poi attaccò Obeda, re degli Arabi e incappò in un agguato in una regione aspra e difficile; e una moltitudine di cammelli fu costretta a gettarsi in una valle profonda nelle vicinanze di Garada, villaggio della Galaadite, e a stento riuscì a salvarsi la vita, d'onde poi fuggì e venne a Gerusalemme.
Libro XIII:376 E quando la nazione lo attaccò a motivo di questa sfortuna, le dichiarò guerra, e in sei anni scannò non meno di cinquantamila Giudei.
Allorché li esortava a por fine alla loro ostilità verso di lui, essi accrebbero il loro odio a motivo di quanto era avvenuto. E quando domandò che cosa doveva fare e che cosa volevano da lui, tutti gridarono “morire”, e inviarono una missione a Demetrio Acairo, chiedendogli di venire in loro aiuto.
Demetrio Acairo sconfigge Alessandro Janneo
Libro XIII:377 - XIV, I. - Demetrio venne col suo esercito, si unì con coloro che lo avevano invitato e si accampò nelle vicinanze della città di Sichem. Da parte sua Alessandro con seimila e duecento mercenari e circa ventimila Giudei favorevoli alla sua causa, andò a incontrare Demetrio che aveva tremila cavalli e quarantamila fanti.
Libro XIII:378 Da un campo e dall'altro ci fu molto movimento: gli uni intenti a fare disertare i mercenari di Alessandro, perché erano Greci, gli altri intenti a convincere alla diserzione i Giudei che erano con Demetrio. Ma nessuna parte riuscì a convincere l'altra, e così si impegnarono in battaglia: vinse Demetrio, e tutti i mercenari di Alessandro morirono dando prova della loro lealtà e del loro coraggio. Morirono tuttavia anche molti soldati di Demetrio.
Crudeltà di Alessandro Janneo
Libro XIII:379 - 2. Alessandro fuggì poi sulle montagne ove, per compassione verso di lui, a causa di questo rovescio subito, seimila Giudei si radunarono attorno a lui; e Demetrio, allarmato, si ritirò. Ma in seguito, i Giudei si schierarono contro Alessandro, furono sconfitti e molti perirono in battaglia.
Libro XIII:380 I più potenti dei suoi nemici, egli, però, li rinchiuse e assediò nella città di Bethroma; quando prese la città e li ebbe in suo potere, li portò indietro a Gerusalemme. E qui compì un'azione di una crudeltà senza pari: mentre egli se ne stava banchettando in luogo aperto con le sue concubine, ordinò che fossero crocifissi circa ottocento Giudei e, mentre quegli infelici erano ancora vivi, davanti ai loro occhi fece trucidare i figli e le mogli.
Libro XIII:381 Questa fu la vendetta che si prese per le sventure che aveva passato, ma il castigo che pretese fu inumano per tutti, anche se egli, com'è naturale, attraversò molte gravi difficoltà nelle guerre combattute contro di loro, e alla fine si trovò nel pericolo di perdere la vita e il trono: essi non erano soddisfatti di portare avanti la lotta con le proprie forze e ricorsero pure agli stranieri
Libro XIII:382 e alla fine lo ridussero alla necessità di restituire al re degli Arabi il territorio che aveva conquistato in Moab e nella Galaadite con le rispettive fortezze, affinché non si unisse ai Giudei nella guerra contro di lui; essi inoltre commisero innumerevoli atti offensivi e oltraggiosi contro di lui.
Libro XIII:383 Ma ciononostante parve che egli abbia proceduto senza necessità: onde per la sua eccessiva crudeltà fu soprannominato dai Giudei Tracide. In seguito i suoi oppositori, in tutto circa ottomila persone, fuggirono notte tempo e rimasero in esilio fino a tanto che visse Alessandro. Ed egli, libero da ogni preoccupazione, che essi gli avevano procurato in precedenza, da allora in poi regnò in completa tranquillità.
Demetrio e Mitridate
Libro XIII:384 - 3. Intanto Demetrio, ritornato dalla Giudea, assediò suo fratello Filippo con diecimila soldati e un migliaio di cavalli. Perciò Stratone, tiranno della Berea, si alleò con Filippo, chiamò Azizo, filarco degli Arabi, e Mitridate Sinace, governatore dei Parti.
Libro XIII:385 E così, con grandi forze, andarono e assediarono Demetrio dentro il suo campo barricato, e con le frecce e con la sete costrinsero alla resa gli uomini che erano con lui. Asportarono poi il bottino della regione, presero con sé Demetrio, lo inviarono a Mitridate, che allora regnava sui Parti, mentre i prigionieri che erano cittadini di Antiochia li resero agli Antiocheni gratuitamente.
Libro XIII:386 Ora Mitridate, re della Parthia, tenne Demetrio in grandissimo onore fino alla morte di Demetrio per malattia. Mentre Filippo, subito dopo la battaglia, marciò su Antiochia, la prese e divenne re della Siria.
Antioco Dioniso invade la Giudea
Libro XIII:387 - XV, I. - In seguito Antioco, chiamato Dioniso, che era fratello di Filippo e alimentava il disegno di regnare, andò a Damasco ottenne nelle sue mani il governo della città, e diventò re. Ma allorché uscì in una campagna contro gli Arabi, venutone a conoscenza, suo fratello Filippo, marciò su Damasco.
Libro XIII:388 Allora Milesio, che era stato lasciato a custodire la fortezza e i Damasceni consegnarono a lui la città; ma siccome si dimostrò ingrato verso Milesio e gli negò ogni cosa che Milesio aveva sperato allorché lo aveva accolto, al contrario cercava di fare apparire come se avesse preso la città per merito della paura che lui ispirava piuttosto che per un favore di Milesio, come egli avrebbe dovuto per i servizi prestatigli, divenne oggetto di sospetto e fu nuovamente espulso da Damasco.
Libro XIII:389 Una volta, infatti, che egli era uscito per andare all'ippodromo, Milesio chiuse le porte dietro di lui e custodì Damasco per Antioco. E non appena Antioco seppe dell'esperienza di Filippo, tornò dall'Arabia e subito si mise in campo andando contro la Giudea con ottomila soldati, ad armi pesanti, e ottocento cavalli.
Libro XIII:390 Alessandro, che temeva una sua invasione, scavò un profondo camminamento che iniziava a Chabarsaba - ora si chiama Antipatre - e seguitava fino al mare a Joppa, unico spazio ove era possibile attaccare; eresse una muraglia e pose torri di legno e mura ogni due torri per lo spazio di centocinquanta stadi: e poi aspettò l'attacco di Antioco.
Libro XIII:391 Ma Antioco bruciò tutte queste costruzioni e così aprì la strada al suo esercito diretto in Arabia. Sulle prime il re arabo si ritirò, ma in seguito apparve improvvisamente con diecimila cavalli, e sebbene Antioco l'incontrasse con grande coraggio, fu ucciso proprio quando stava vincendo e andava ad aiutare la parte del suo esercito che era in difficoltà. E allorché cadde Antioco, l'esercito fuggì nel villaggio di Cana, dove poi la maggior parte perì di fame.
Areta invade la Giudea
Libro XIII:392 - 2. Dopo di lui, Areta regnò sulla Cele-Siria, ove era stato chiamato a prendere il trono da quelli che tenevano Damasco per l'odio che portavano verso Tolomeo, figlio di Menneo. Di qui passò in Giudea ove sconfisse Alessandro in una battaglia vicino alla fortezza di Adida; in seguito ad accordi con lui, lasciò la Giudea.
Alessandro Janneo in Transgiordania
Libro XIII:393 - 3. Alessandro assalì poi nuovamente la città di Dion, la prese e spinse il suo esercito contro Essa ove Zenone teneva i più cospicui possedimenti,
e circondò il luogo con una triplice muraglia; presa la città senza combattere passò a Gaulana e Seleucia.
Libro XIII:394 Conquistate anche queste città, si impadronì pure della così detta Valle di Antioco, e della fortezza di Gamala. E avendo fondati motivi per lagnarsi di Demetrio, governatore di queste località, lo depose dall'ufficio. Passati ormai tre anni di campagne militari, se ne ritornò a casa, ove i Giudei gli serbarono un ardente benvenuto per il buon esito delle sue imprese.
Territorio giudaico sotto Alessandro Janneo
Libro XIII:395 - 4. In questo tempo i Giudei tenevano le seguenti città della Siria, dell'Idumea e della Fenicia: sulla costa marittima: la Torre di Stratone, Apollonia, Joppa, Jamnia, Azoto, Gaza, Antedone, Rafia, e Rhinocorura.
Libro XIII:396 Nell'entroterra, verso l'Idumea: Adora, Marisa e tutta l'Idumea, Samaria, il Monte Carmelo, il Monte Tabor e Scitopoli e Gadara; Gaulanitide, Seleucia, Gabala;
Libro XIII:397 in Moab, Essebon, Medaba, Lemba, Oronaim, Agalain, Thona, Zoara, la Valle dei Cilici e Pella - quest'ultima città fu demolita dagli uomini di Alessandro perché gli abitanti non vollero adottare i costumi dei Giudei -, e altre città importanti della Siria che erano state conquistate.
Ultimi eventi di Alessandro Janneo
Libro XIII:398 Ma dopo queste conquiste il re Alessandro, per gli eccessi del bere, si ammalò e per tre anni fu afflitto dalla febbre quartana e ciononostante non si astenne dalle campagne belliche fino a tanto che, esausto dalle fatiche, incontrò la morte tra le montagne dei Geraseni mentre assediava Ragaba, una fortezza al di là del Giordano.
Libro XIII:399 Quando la regina si accorse che era sul punto di morire e non aveva più alcuna speranza di guarigione, tra gemiti e singhiozzi, lamentando la sua solitudine e quella dei suoi figli, gli disse: “A chi lasci me e i tuoi figli bisognosi dell'aiuto degli altri, sapendo quanto sia l'ostilità della nazione verso di te!
Libro XIII:400 Perciò egli le consigliò di seguire i suoi suggerimenti per mantenere il trono per sé e per i figli; nascondere ai soldati la sua morte fino alla conquista della fortezza;
Libro XIII:401 poi le disse di fare ritorno a Gerusalemme come dopo una splendida vittoria; dare un po' di potere ai Farisei, poiché questi in compenso la elogeranno per questo segno di riguardo, disporranno la nazione in suo favore; costoro, assicurò, hanno grande prestigio tra i Giudei, sono pericolosi, se nemici, e molto vantaggiosi, se amici;
Libro XIII:402 costoro godono della totale fiducia delle masse, allorché criticano qualcuno, anche quando la loro condotta è dettata dall'invidia; egli stesso, aggiunse, entrò in conflitto con la nazione a motivo di costoro, perché li aveva trattati molto duramente.
Libro XIII:403 E così, proseguì lui, quando tu arrivi a Gerusalemme manda a chiamare i loro aderenti e mostrando il mio cadavere e, con i segni di tutta la sincerità, permetti loro di trattarmi come a loro piacerà, sia che desiderino disonorare il mio cadavere lasciandolo insepolto a motivo delle molte ingiurie da loro sofferte per mano mia, sia che nella loro rabbia vogliano fare al mio cadavere qualche altra forma di villanie,
Libro XIII:404 prometti loro che quando sarai sul trono non compirai alcuna azione senza il loro assenso. Se tu parlerai così, io riceverò da loro un funerale più splendido di quello che riceverei da te: perché una volta che ne hanno il potere, non sceglieranno di trattare malamente il mio cadavere, e tu regnerai sicura”. Con queste esortazioni a sua moglie, egli morì dopo ventisette anni di regno all'età di quarantanove anni.
Alessandra e i Farisei
Libro XIII:405 - XVI, I. Dunque, dopo la conquista della fortezza, Alessandra conferì con i Farisei, come suo marito le aveva suggerito, e pose nelle loro mani tutto ciò che riguardava il cadavere di lui e il potere regio, ammansì la loro collera contro Alessandro e fece di essi i suoi benevoli amici.
Libro XIII:406 Ed essi, a loro volta, davanti al popolo, in discorsi pubblici, esposero le gesta di Alessandro, dissero che in lui avevano perso un re giusto, e con le loro lodi suscitarono in modo così profondo il cordoglio e il rimpianto del popolo che ebbe funerali così splendidi che mai furono offerti a re prima di lui.
Alessandra e i due figli
Libro XIII:407 Ora, sebbene Alessandro avesse lasciato due figli, Ircano e Aristobulo, dispose per testamento il potere regio in favore di Alessandra. Di questi due figli, Ircano era inetto all'amministrazione degli affari e inoltre amava il quieto vivere, mentre il più giovane, Aristobulo, era un uomo d'azione e di coraggio. La regina era amata dalle masse perché si pensava che disapprovasse i crimini commessi da suo marito.
Libro XIII:408 - 2. Essa designò Ircano come sommo sacerdote, sia in ragione dell'età, e, più ancora per il suo disinteresse per la politica; e lasciò che i Farisei facessero in ogni cosa quello che volevano e comandò al popolo di obbedire a loro; e tutti gli ordinamenti che erano stati introdotti dai Farisei, conforme alla tradizione dei padri, e aboliti da suo suocero Ircano, lei li ristabilì.
Libro XIII:409 Così mentre lei aveva il titolo di regina, il potere lo tenevano i Farisei. Ad esempio, essi richiamarono gli esiliati, e liberarono i prigionieri: in una parola, il loro potere non era diverso da un potere assoluto. Ciononostante la regina si preoccupava del benessere del regno e reclutò una grande forza di mercenari, e raddoppiò il proprio esercito: col risultato che diffuse il terrore nei tiranni attorno a lei e ricevette ostaggi da essi.
Alessandra e il dominio dei Farisei
Libro XIII:410 Per l'intera regione c'era tranquillità, eccetto che per i Farisei; costoro sobillavano i sentimenti della regina e tentavano di persuaderla a uccidere quelli che avevano spinto Alessandro a mettere a morte gli ottocento. Più tardi essi stessi ne eliminarono uno, di nome Diogene, e la sua morte fu seguita da quella di uno dopo l'altro,
Libro XIII:411 fino a che i cittadini più importanti andarono alla reggia e tra essi Aristobulo - ovviamente costui disapprovava quanto stava accadendo, e mostrava chiaramente che alla prima occasione che gli si offrisse, non avrebbe lasciato a sua madre alcun potere - ed essi le (alla regina) ricordarono le imprese che avevano condotto a buon fine, nonostante i molti pericoli, dimostrando immutata fedeltà al loro padrone, e perciò erano stati giudicati degni di sommi onori.
Libro XIII:412 E la pregavano di non spezzare del tutto le loro speranze perché affermavano, dopo essere scampati dai pericoli della guerra, adesso correvano il pericolo di essere scannati come bestie in casa propria dai loro avversari e nessuno li avrebbe vendicati.
Libro XIII:413 Dicevano ancora che se i loro nemici si dimostravano paghi dei già trucidati, essi avrebbero sopportato in modo equanime quanto era finora accaduto, per un senso di genuina devozione verso i loro signori; ma qualora intendessero continuare alla stessa maniera, pregavano che almeno fosse data loro la libertà, poiché senza questa non sosterrebbero di provvedere alla propria salvezza con ogni mezzo, se non per quanto verrà da lei, e avrebbero accolto volentieri la morte nel palazzo di lei non potendo sopportare slealtà della propria coscienza.
Libro XIII:414 Sarebbe una grande vergogna per loro e per lei che governa come regina, aggiungevano, qualora fossero abbandonati da lei, cacciati dai nemici di suo marito. L'arabo Areta, e altri principi sarebbero ben lieti di annoverare tra i mercenari uomini di così grande valore, dei quali possono dire che il solo nome fa tremare quei principi, prima ancora che lo odano pronunciato ad alta voce.
Libro XIII:415 Ma se questo non si può ottenere, e lei fosse decisa a favorire i Farisei al di sopra di tutti, scelga il migliore partito, sistemi ognuno di loro nelle fortezze, affinché qualora un cattivo genio fosse così sdegnato con la casa di Alessandra, essi almeno si dimostrerebbero (leali) pur vivendo in umili circostanze.
Libro XIII:416 - 3. Proseguendo su questo tono indugiavano rievocando le ombre di Alessandro per muovere a compassione su quelli che erano già stati uccisi, quanti erano in pericolo di correre la stessa sorte; e tutti gli astanti scoppiarono in lacrime. Aristobulo in particolare chiarificò i suoi sentimenti rimproverando amaramente sua madre.
Libro XIII:417 Anche loro stessi però erano da biasimare per le loro disgrazie, in quanto permettevano di regnare a una donna perdutamente e irragionevolmente bramosa di potere, quando i suoi figli erano nel fiore degli anni. Così lei (la regina) non sapendo che fare coerentemente alla sua dignità, affidò loro la vigilanza sulle fortezze ad eccezione di Ircania, Alessandreion e Macheronte, ove si trovavano le sue più consistenti ricchezze.
Libro XIII:418 Non molto tempo dopo lei mandò suo figlio Aristobulo con l'esercito a Damasco contro Tolomeo, figlio di Menneo, come era chiamato, che era un inquieto vicino della loro città. Ma egli ritornò senza avere compiuto nulla di importante.
Invasione di Tigrane
Libro XIII:419 - 4. Intorno a questo tempo avvenne che Tigrane, re dell'Arme-nia, invase la Siria con un esercito di trecentomila uomini e stava marciando contro la Giudea. Naturalmente , questo fatto spaventò la regina e la nazione. Così, mentre egli assediava Tolemaide, gli inviarono un'ambasciata con molti e considerevoli doni.
Libro XIII:420 Infatti la regina Selene, detta anche Cleopatra, allora regnante sulla Siria, indusse gli abitanti a chiudere le porte contro Tigrane. L'ambasciata perciò l'incontrò e gli chiese di accordare termini benevoli alla loro regina e al suo popolo.
Libro XIII:421 Egli lodò la loro cortesia di essere venuti a rendergli omaggio da tanta distanza, e diede loro buone ragioni di sperare per il meglio. Ma aveva appena presa Tolemaide, che a Tigrane viene riferito, come Lucullo, inseguendo Mitridate che gli era sfuggito di mano e si era rifugiato tra gli Iberi, aveva poi saccheggiato l'Armenia e stava assediando (la capitale). Venuto a conoscenza di questo, fece ritorno a casa sua.
Aristobulo prende il potere
Libro XIII:422 - 5. Qualche tempo dopo la regina fu colpita da una pericolosa infermità, perciò Aristobulo decise di compiere il tentativo di prendere il potere: fuggì nascostamente di notte con uno dei suoi attendenti, e andò in giro tra le fortezze ove erano stati suddivisi gli amici di suo padre.
Libro XIII:423 Da tempo mal sopportava l'agire di sua madre, proprio allora temeva che alla sua morte tutta la loro famiglia cadesse sotto il governo dei Farisei; vedeva, infatti, l'incapacità del fratello destinato a succederle sul trono.
Libro XIII:424 L'unica persona a conoscenza del suo operato era sua moglie, che aveva lasciato in città con i figli. Egli prima di tutto si recò ad Agaba, dove trovò Paleste, uno degli uomini più importanti ed ebbe da lui protezione.
Libro XIII:425 Il giorno appresso la regina fu informata della fuga di Aristobulo, e per un certo periodo pensò che la sua partenza non fosse motivata da un inizio di rivolta; ma allorché si succedettero molti corrieri e l'un dopo l'altro riferivano che aveva occupato la prima fortezza, in seguito la seconda, e poi tutte: una volta che la prima aveva dato l'inizio, una alla volta si sottomisero tutte al suo volere; infine tanto la regina quanto la nazione si trovarono nella più grande costernazione.
Libro XIII:426 Sapevano, infatti, che Aristobulo non era lungi da impadronirsi del trono, ed erano molto spaventato che egli potesse esigere adeguata soddisfazione per gli eccessi compiuti contro la sua casa. Decisero perciò di rinchiudere sua moglie e i figli nella fortezza sovrastante il tempio.
Libro XIII:427 Intanto Aristobulo riceveva molte adesioni da ogni parte, tanto che si era formato attorno a lui un vero seguito regale. Soltanto in quindici giorni aveva occupato ventidue fortezze e ottenuto da esse risorse, radunò un esercito dal Libano, dalla Traconitide e da principi locali. Questi uomini si sottomisero subito a lui, attratti dalla parte più forte, e d'altronde ritenevano che aiutando Aristobulo potevano essere utili al suo regno non meno di quelli che gli erano più vicini in quanto erano stati gli strumenti della sua conquista.
Libro XIII:428 Intanto gli anziani dei Giudei e Ircano andarono dalla regina e la pregarono di dar loro qualche consiglio in merito alla presente situazione. Aristobulo, asserivano, era già padrone di quasi tutta la regione per il fatto che aveva occupato un notevole numero di fortezze; tuttavia non era giunto ancora il momento di fare dei piani da soli, per quanto grave fosse la malattia, lei era ancora viva; tuttavia il pericolo non era affatto lontano.
Libro XIII:429 Lei rispose di fare quanto giudicavano fosse meglio, assicurando che le loro risorse erano abbondanti: una nazione in buone condizioni, un esercito e ricchezze nei gazofilaci. Quanto a lei, non si dava più gran pensiero dei pubblici affari, giacché la sua forza fisica le stava venendo meno.
Morte di Alessandra
Libro XIII:430 - 6. Non molto dopo che aveva pronunciato queste parole, lei morì. Regnò nove anni, e visse in tutto settantadue anni. Era una donna che non mostrò alcuna delle debolezze del suo sesso; portata in modo eccessivo dal desiderio di comandare, mostrò con le sue gesta l'abilità di realizzare i suoi piani
e nello stesso tempo manifestò la follia di quegli uomini che continuamente vengono meno nel mantenere il potere sovrano.
Libro XIII:431 Lei, infatti, valutava più il presente che il futuro, e facendo ogni cosa secondaria rispetto alla regola assoluta, in vista di questo, non si diede pensiero né del decoro né della giustizia. Alla fine le cose andarono in modo così sfortunato per il suo casato che per quel potere che ella acquistò attraverso grandi pericoli e difficoltà, di lì a poco le fu tolto sia per il suo desiderio di cose non convenienti a una donna e sia perché adottò gli stessi sentimenti di coloro che erano contrari alla sua famiglia, e anche perché lasciò il regno senza alcuno che avesse a cuore i suoi interessi.
Libro XIII:432 E anche dopo la sua morte fu la causa per cui il palazzo si riempì di sfortune e di disordini, sorti dalle misure pubbliche prese da lei durante la sua vita. Tuttavia nonostante abbia regnato in tale maniera mantenne la nazione in pace. Così, dunque, fu la fine di Alessandra.